Tiziana, dai gusti particolari. Prima esperienza by una storia per te, unastoriaperte@tiscali.it scrivo anche su commissione Mi chiamo Tiziana, Titti per gli amici, e sono una ragazza apparentemente normalissima. Ho un lavoro da impiegata commerciale per l'estero in una ditta di materiali plastici. Mia madre è tedesca, e mi ha dato capelli biondi e occhi verdi chiari, e una pelle stranamente bianca per una italiana. Ma a Milano, dove vivo da 28 anni, non mi notano per questo. NOn faccio girare la testa neppure per essere la piu bella del reame: sono carina, ok, ma niente di strano. Ma sono molto molto alta. Sono 1.86, il che per l'italia è qualcosa di stranissimo. E peso 88 kg, senza essere grassa: molto robusta, ma non grassa. Non frequento palestre, ma dopo il lavoro e nel week end aiuto un vecchio amico di famiglia che una officina dove si riparano camion, e mi capita di sollevare attrezzi e parti molto pesanti; lo faccio volentieri, e mantengo muscoli ben sodi, non solo torniti, da culturista, ma duri, forti. Mi servono per coltivare una passione che voglio descrivervi. In fatto di gusti sessuali se ne sente di ogni colore, ma per me, che fin da piccola sono stata presa in giro perchè ero sempre troppo alta e grossa per qualunque situazione, maturare una perversione poteva essere lo sfogo più naturale per il disagio dell'emarginazione a cui il mio enorme corpo mi condannava. Ricordo che per vendetta, quando mi prendevano in giro, picchiavo i miei compagni di scuola, e la cosa mi dava un certo sollievo: dalla pubertà in avanti non si trattava più solo di questo. Piano piano mi sono resa conto che picchiare, sentire i colpi delle mie mani penetrare lo stomaco di qualcuno, o il mio gomito cozzare contro una mascella, mi dava un piacere difficile da descrivere, da ragazzina, e che solo poi avrei identificato come piacere sessuale. Il mssimo è e resata sentire una articolazione che si lussa, o un osso che si rompe, sotto il mio piede. Vi racconto il mio primo orgasmo, visto che vi ho resi curiosi; è stato a 14 anni. Ero già 1.80, ed eravamo con la mia classe in un parco fluviale, per una escursione. Gli insegnanti erano pochi e svogliati, ed il parco era grande. Durante la pausa del pranzo io e una mia amica ci eravamo allontanate, per fare due chiacchiere tra noi; lei aveva le prime cotte, e il ragazzino che le interessava, ricordo, ci raggiunse. Ma evidentemente non la meritava, anzi. Non la ricambiava, forse neanche capiva niente, e quando lei, incoraggiata da me, lo avvicinò per corteggiarlo, lui dapprima pareva starci, ma poi le combinò un brutto scherzo: le mise una lucertola viva in mano, e lei per lo spavento cacciò un urlo e quasi svenne. Io corsi subito li, ma lui con altri due mi si parò davanti, e disse, ricordo: - Guai a te se ti avvicini, cavalla tedesca, o ti accorciamo! - Prima che finisse di parlare aveva già il mio pugno in bocca. Era rimasto tramortito, più che altro per la velocità di reazione che non si aspettava: in genere prima di colpire sopportavo a lungo, ero paziente, o cercavo un diversivo. Quella volta no, avevo sia un motivo per picchiarli, sia una tremenda voglia di farlo. Uno degli altro tentò di sferrarmi un pugno allo stomaco, ma per evitarlo mi era bastato un passo indietro: lui aveva preso inerzia ed era sbilanciato, e un banale sgambetto lo ha fatto ruzzolare a terra. Il terzo mi ha lanciato lo zaino, che ho afferrato e lanciato a terra: poi ho fatto io la mossa di avvicinarlo, ed è scappato. Detto tra noi ha fatto bene, perche arrabbiata come ero, e mingherlino come era lui, lo avrei sbriciolato. Il primo nel frattempo era tornato dalla mia amica e l'aveva presa per un braccio: - Di alla giraffa di smettere o ti faccio molto male! - aveva detto; Sara, la mia amica, mi ha subito chiamato. -Titti, aiuto!- Mi è bastato, non ci ho visto più. Ho raccolto lo zaino dell'altro e glielo ho tirato, e gli sono saltata contro: lui ha cercato di farsi scudo con Sara, ma nel retrocedere per frapporla tra noi, aveva dovuto allentare la presa. Allora io ho preso Sara per l'altro braccio e gliela ho strappata. -Scappa Sara, che a questo ci penso io! -, furono le mie ultime parole. Lui capì la mala parata, ma era tardi. Tentò di scappare, ma il terreno era ciottoloso, e lui aveva le converse, a correre provava dolore, e infatti non si muoveva velocemente. Io invece avevo i miei anfibi viola, già 41, e correre non mi faceva per niente male. Lo spinsi a terra, e lui cadde di faccia. Quando tento di girarsi, lo rivoltai io con un calcio alle costole, e poi uno dritto allo stomaco, di punta. Dovevo avergli fatto male, perche non parlava, non urlava; e io potevo continuare indisturbata. Ricordo che aveva una camicia a scacchi, e io un paio di jeans da pochi soldi. MI sedetti sul suo sterno, con le ginocchia che gli tenevano le braccia, nella posizione degli atleti dell'oktagon, che avevo visto in televisione, quando sferrano la serie di colpi del KO. E ho fatto esattamente questo. Una serie di pugni in faccia, destro sinistro, senza pietà, finchè dalle labbra tumefatte non usciva sangue. Sara era tornata, e sembrava sgomenta per quello spettacolo di brutalità, non se lo aspettava: ma la rassicurai con un sorriso. - Adesso Le chiedi scusa, vero, brutto idiota? - feci io all'inetto, chiaramente stordito, mentre mi pulivo le nocche delle dita dal sangue sulla sua camicia. - No che non glielo chiedo scusa, e adesso togliti, o chiamo la professoressa. Me la paghi, ippopotama... - -Ma cosa vuoi che paghi, pollo, a un fesso che chiama la maestra.. - e lo sbeffeggiai per un po, schiffeggiandolo di continuo, fino ad arrossargli di nuovo la faccia. Stavo bene, mi stavo eccitando. Gli coprii la bocca con una mano, e con l'altra gli torcevo un orecchio fino a farlo diventare blu. Poi, appena tolta la mano, alzavo un po il sedere, fino a mettermi accucciata, e mi lasciavo ricadere su di lui, in modo per via di quei continui schiacciamenti della cassa toracica, non avesse fiato per urlare. Ad ogni sobbalzo mi bagnavo, e non sapevo cosa mi stesse accadendo, ma mi piaceva da morire. Prima che mi potesse chiedere di smettere, lo voltai a pancia sotto e gli intimai - Adesso chiedi scusa a Sara e le baci le scarpe, se no, parola mia, ti schiaccio la testa nel fango e e ti ammazzo qui.- Bluffavo, ma gli avevo fatto tanta paura con la spazzolata che gli avevo dato, che non osò contraddirmi. Le scarpe da ginnastica di Sara erano sporche di fango, e lui tentò di sottrarsi, ma fu un grave errore: gli saltai sulla schiena, gli presi un braccio e lo torsi verso l'alto, alzando mi in piedi. Fece per alzarsi anche lui, ma gli piantai lo stivaletto sulla nuca, bloccandolo a terra. Ero al culmine dell'eccitazione, bagnata come una spiaggia al mattino. Sara, che iniziava ad apprezzare, gli mise ma punta della scarpa davanti alla bocca, e lui, sussussando scuse, la bacio. Io gli schiacciai il piede in testa, e tirai il braccio: lui mugolò, io venni. Se ci penso mi esalto ancora. Lui non parlò a nessuno di quella volta; un pò per l'umiliazione, un po' perchè avrebbe dovuto spiegare il dispettaccio a Sara. A sua madre disse che era caduto su un sasso. Da allora mi è rimasto un certo gusto... ma vi racconterò presto qualcosa altro. Alla prossima!