TARZANELLA By Bettino L'uomo era intento a scassinare la piccola cassaforte da muro posta, senza molta fantasia, dietro a un brutto quadro. Era abbastanza esperto nel ramo, e la serratura non era delle più complicate: una lunga chiave universale, una forte torsione e, con un rumore di lamiera rotta, la portina cedette. L'uomo aprì il sacchetto che si era portato dietro e, con movimenti rapidi, iniziò a trasferirvi il contenuto della cassetta di sicurezza: buste, probabilmente contenenti danaro, piccola scatolette di gioielli. Nella camera accanto, la proprietaria dell'appartamento, la nota soubrette Marinella, chiamata anche Tarzanella per il suo fisico atletico, stava facendo stretching da mezz'ora. Nota per una trasmissione in cui, vestita di un ridottissimo bikini, faceva bella mostra di sé su un'isola deserta ove era l'unica superstite assieme ad un anziano signore ed a un pupazzo antropomorfo, non faceva fatica a recitare la parte dell'oca svampita dalla voce di bambina, che le veniva anzi affatto naturale. Intervallava, peraltro, battute piuttosto infantili con performance atletiche di tutto rispetto, come la scalata di palme con la sola forza delle braccia, scene in cui prendeva in braccio come un baby il suo attempato partner per sfuggire ad un presunto attacco di selvaggi. Invariabilmente, la puntata si concludeva con una scena in cui il pupazzone veniva picchiato od atterrato da Tarzanella, che gli si sedeva sul petto torturandolo ed umiliandolo in vari modi. Chi realizzava la trasmissione, dedicata ad un pubblico familiare, puntava sul contrasto tra grazia e forza fisica, tra ingenuità ed aggressività corporea. Marinella ne era l'interprete ideale, poiché il suo profilo psicologico era ancora sospeso tra candore e perversione, quasi come un'adolescente non ancora maturata. Marinella, concentrata negli esercizi, non si era accorta del tentativo di furto in corso, come del resto neppure il ladro aveva percepito una presenza estranea. Il "crack" della serratura che cedeva l'aveva fatta trasalire: si era avvicinata silenziosamente alla porta tra le due stanze, camminando sulla punta dei piedi scalzi e, chinatasi a guardare dal buco della chiave, aveva visto un'ombra affaccendata alla cassaforte. Col cuore che le balzava nel petto, decise che doveva assolutamente fermare il ladro: oltre ai gioielli che le erano stati regalati nel corso di una breve, ma intensa carriera, nella cassaforte v'erano foto che la vedevano in atteggiamento a dir poco intimo con un importantissimo uomo politico che, divulgate, avrebbero avuto l'effetto di una bomba. Marinella le aveva scattate avvalendosi di una polaroid con autoscatto, e le aveva conservate all'insaputa di lui, forse per ricordo, forse perché pensava che, un giorno, potevano tornarle utili. Chiamare la polizia sarebbe stato controproducente: avrebbero confiscato la refurtiva, avrebbero riconosciuto l'uomo nudo immortalato nelle foto. Si recò nella sua stanza da letto, comunicante con quella convertita in palestra ove si trovava, e prese la piccola Beretta calibro 22 dal cassetto del comodino. Poi, con il cuore in gola, percorse in punta di piedi il corridoio e spalancò violentemente la porta, facendo trasalire il ladro, che la guardò terrorizzato: " Posa quel sacchetto e voltati contro il muro o.ti sparo!" escalmò tentando di domare l'emozione che le faceva tremare la voce. L'uomo, 1.65di media statura, i capelli ricci ormai radi, stempiato, apparteneva certo a qualche popolo del Mediterraneo. Vicino ai cinquant'anni, magro ma dotato di una prominente pancetta, ciò che rimaneva di più vitale in lui erano i suoi occhi, percorsi da un lampo rapace che trapelava anche in un momento di paura. Quagli occhi la guardarono per un attimo, ma l'avevano fotografata: avevano memorizzato una bruna alta poco più della media, dai lunghi capelli neri, il viso delicato, un corpo femminile coperto da un solo slip che ostentava due seni di medie dimensioni, ma perfetti, e dalle cosce un po' robuste. Ciò che l'uomo, vissuto per la maggior parte della sua vita in un ambiente culturale ove i ruoli sessuali erano ben definiti al limite dello stereotipo, non aveva colto, era l'atletismo di quella donna: le spalle larghe, le braccia nervose di chi è abituato a fare decine e decine di flessioni, le gambe muscolose, la definizione di che dedica da sempre al proprio corpo oltre due ore d'esercizio al giorno. Come aveva scritto un noto giornalista di costume, poteva sembrare un pugile della categoria dei pesi leggeri corredato di tette e con un viso d'angelo, ma pronto a sostenere un incontro di boxe sui 15 round, tonico, resistente ed esplosivo. Ciò che l'uomo vide, fu invece solo una donna bella, una preda di cui sfamarsi, solo che avesse potuto impadronirsi di quella pistola. "Ok, non sparare". Egli lasciò cadere la refurtiva, si girò appoggiando la mano su un tavolino e, con una velocità inaspettata, le tirò contro la mano che teneva la rivoltella un pesante libro che aveva raccattato sul vicino tavolino balzandole nel contempo addosso. Marinella non se lo aspettava, e l'impatto del libro contro la sua mano le fece cadere la pistola, che lei seguì con lo sguardo mentre si infilava sotto la pesante libreria, in una bassa fessura ove sarebbe stato difficile recuperarla. Intanto, l'uomo l'aveva atterrata con il suo slancio, cadendole sopra, e tentava di immobilizzarle i polsi. "Cosa credevi, puttana, di riuscire a fermarmi? Ora ti insegnerò io come chiava un vero uomo, non come i ricchi che finora avrai conosciuto". Marinella sentiva il suo alito pesante, la sua barba nera che le graffiava la pelle, le mani forti. Ne ebbe ripugnanza, stava per cedere, quando ricordò le parole del suo personal trainer: "La sconfitta inizia dal cervello. Resta fredda, pensa ed agisci". Decise di resistere, mettendo in pratica le mosse di judo che conosceva. Si inarcò a ponte, riuscendo a fare cadere l'uomo sotto di lei, poi cominciò a lavorargli un braccio, tentando una leva articolare. Era forte, allenata, giovane: troppo forte, troppo allenata e troppo giovane per il suo avversario, che si ritrovò con il gomito sottoposto ad una fortissima pressione. Non riusciva a liberarlo, malgrado impegnasse tutta la sua forza, malgrado che con il braccio libero colpisse la schiena solida della sua avversaria. Ed allora, come una bestia in pericolo, la morse, violentemente, sulla spalla. Marinella lasciò libero il braccio scattando in piedi, e constatò, toccandosi, che sanguinava. "Cane bastardo, se mi resta il segno, giuro che ti uccido". Lui si era rialzato, gonfio d'ira per l'umiliazione subita. "Ora ti faccio vedere io, troia. A modo mio." Estrasse dalla tasca dei calzoni un coltello a serramanico, lo fece scattare mostrando una lama d'acciaio minacciosa. "Ti faccio a pezzi, ti sfregio, te lo infilo nel culo e nella figa". "La sconfitta inizia dal cervello" si ripeté Marinella. Dopo la lotta a terra, sapeva di essere la più forte, e decise di provocarlo, di farlo infuriare sino a farlo cadere in errore. Fece un passo indietro, si levò le mutandine e gliele gettò in faccia, dicendo beffarda. "Ti secca che una donna sia più forte di te, vecchio barbone? Ti batterei anche se tu venissi qui con dieci altri come te. Sei troppo vecchio per battermi.troppo vecchio per chiavarmi. Questa figa puoi solo guardarla. e tirarti una sega". Non era solo tattica, ma anche un istinto primordiale alla lotta, al confronto fisico, che era un po' la parte latente di lei, la parte soffocata dall'educazione e dalla convenienza. Era l'Marinella adolescente che si batteva con i ragazzini più grandi, riuscendo a vincerli ed a umiliarli immobilizzandoli a terra sotto di lei, prima che capisse che esistevano altri modi di capitalizzare il suo corpo. "Sporca puttana" fece l'uomo, balzando avanti. Marinella schivò il colpo con un passo laterale, poi con un violento calcio colpì il polso dell'uomo che, con un grido strozzato, lasciò la presa sul manico. Il coltello descrisse un semicerchio in aria, per cadere vicino ad Marinella, Lei lo prese e, guardando l'uomo bene in faccia, gli disse: "da parte mia, non ho bisogno di armi, per vincere. Ti voglio piegare a mani nude, vecchio." E, serrato il coltello, lo gettò lontano. Si mise in guardia, una guardia da boxe appresa in anni di allenamenti. Voleva vincere, era ridiventata la Marinella selvaggia e violenta dei suoi 13 anni, un po'sadica, un po'atleta. L'uomo si mise in guardia anche lui, goffamente. "Non sei granché, quanto a tecnica" lo derise la donna. Lei abbassò la guardia, provocandolo "hai paura, vecchio? Colpisci, se ne hai il coraggio." Egli partì con un largo colpo, mezzo diretto destro, mezzo gancio, che lei schivò con un sorriso. "Poca tecnica. Innanzitutto, per essere un discreto boxeur è necessario saper usare il sinistro" disse vibrandogli due jab all'occhio, "il destro segue" continuò vibrandogli un gancio alla mascella. Non affondava i colpi, voleva esasperarlo. Lui reagì, facendosi sotto scomposto ed ansimante, vibrando alcuni ganci che andarono a vuoto. "Non sottovalutare il lavoro al corpo" fece Marinella, colpendolo ai reni con una serie di pugni che lo fecero restare senza fiato, e facendo un passo indietro prima che potesse reagire. L'uomo cominciava a capire che era lei la più forte, e che doveva giocare sporco se voleva tirarsi fuori da quella situazione imprevista. Se quella riusciva a metterlo fuori combattimento ed a farlo arrestare, tutti avrebbero saputo che era stato battuto da una donne: sia che divertimento, in galera, l'avrebbero sfottuto ed avrebbero abusato di lui in tutti i modi. Decise un attacco violento: abbassò la testa e le saltò addosso, tentando di colpirla al ventre. Ma era un attacco scontato: la donna si spostò e, afferratolo per la nuca con una mano, gli spinse la testa contro la parete. L'urto fu violento, tale da intontirlo: si sentì gettare a terra poi, indistintamente, vide la donna a cavalcioni sopra al suo petto, che lo colpiva con pugni e infine gli sbatteva la testa per terra. Quando fu svegliato da un bicchiere d'acqua in faccia, si accorse di avere i calzoni abbassati. Tarzanella gli era sopra, completamente nuda, e gli schiava la trachea con un piede: lui non riusciva, né osava, difendersi. "Volevi chiavarmi, vecchio? Te l'avevo detto che non sono pane per i tuoi denti. Tu, al massimo, puoi tirarti una sega!" L'uomo stava impaurito ed imbarazzato, senza osare far nulla. "Dai, cosa aspetti? Masturbati, pensando a me! E' un ordine! Masturbati, o ti massacro." L'uomo si prese in mano il cazzo, lo maneggiò finché non gli divenne duro. Non era un membro piccolo. "Il tuo cazzo è migliore di te. Fatti questa sega, è l'unica cosa che puoi fargli fare." Con le lacrime agli occhi per l'umiliazione, alfine venne: un fiotto di sperma cadde sul suo corpo e, parzialmente, sul pavimento. "Pulisci, porco. Leccala!" Rassegnato e vinto, eseguì. "Ora alzati" L'uomo si alzò e si ricompose. Tarzanella gli era vicino, sapeva che non avrebbe tentato più nulla. "Ora dammi il tuo portafoglio." L'uomo le consegnò un lercio taccuino, che Tarzanella aprì, estraendone alcuni biglietti da centomila. "Ti rende, la tua attività! Questi me li tengo, per il disturbo, per la lezione di combattimento e.per la sega che ti sei tirato pensando a me. Ora vattene" disse rendendogli il portafoglio vuoto. L'uomo la guardò timoroso, poi con un balzo raggiunse la porta e si precipitò giù delle scale a piena velocità, seguito dalla risata sfottente della donna. Qualche secondo dopo, squillò il campanello. Marinella rispose al citofono; era il suo partner nella trasmissione, il vecchio Gabriel, che passava a salutarla prima di tornare a casa. Diceva che lo faceva per darle dei consigli professionali, ma lei non si lasciava ingannare, veniva apposta per guardarla, per tentare delle pur discrete avances. Gabriel entrò tutto preoccupato, poi si rilassò: "Figurati, Tarzanella, che mi ero agitato per te. Ho visto un tipo mal in arnese precipitarsi fuori casa, sembrava un malintenzionato." "Sarà stato il nuovo portinaio. Qui non c'è alcun problema." "E cosa fanno questi soldi sul tavolino?" fece con aria inquisitoria. "Li ho trovati in fondo ad una borsa. Oggi è la mia giornata fortunata." "Tarzanella, Tarzanella" gli fece prendendola per un braccio "non me la racconti giusta, mi nascondi qualcosa. Sei fortunata che io sia tuo amico, che ti proteggo contro le cattiverie del mondo. Potrei difenderti anche fisicamente. Sai a 70 anni sono ancora forte come una quercia. Ieri ho battuto un cameraman a braccio di ferro. Batterei anche Tartan, figurarsi Tarzanella." "Ci credo" fece lei con aria materna baciandolo sulla fronte. "Come, non sei convinta? Vuoi che proviamo?" disse intuendo un tono di benevole condiscendenza nella sua risposta. "Se insisti. sul tavolino ci sono 400.000 Lire. Mettine altrettante, chi vince prende tutto." Gabriel era notoriamente avaro, e gli seccava rischiare dei soldi, ma era anche avido e credeva di poterli guadagnare la posta. Depositò quindi le sue quattrocentomila. "Ok Tortorella," disse storpiandole il nome "siediti qui che ti faccio vedere come è facile perdere soldi quando si è troppo semplici." Allacciarono le mani, mentre Marinella sorrideva soave. "Ed ora . via" Gabriel diede il segnale dopo aver già cominciato a spingere. Lei cedette lentamente, dandogli un vantaggio di qualche grado. Poi, inesorabile, iniziò a spingere, senza neppure impiegare tutta la sua forza, finché la mano del suo avversario non toccò il tavolino. Gabriel si alzò tutto rosso, ferito nell'orgoglio e nel portafoglio, farfugliando qualche giustificazione per la sconfitta.. Marinella gli sorrise e, per farsi perdonare, gli diede un bacio sulla bocca. "Ora però basta, vai a casa. Devo prepararmi per uscire. Lo spinse quasi fuori dalla porta, tutto rosso in volto, imbarazzato ed eccitato come uno studentello. Sarebbe tornato l'indomani, pronto a tutto pur di averla, previde la donna. Finalmente sola, si sdraiò sul letto. Ed iniziò a masturbarsi, eccitata per il confronto fisico e le vittorie. Esaltata, si disse: la prossima volta, voglio battere un uomo più giovane. Come quel comico che, all'inizio di carriera, mi prendeva in giro mentre ballavo facendo l'oca: non quello più furbo, no quello non mi eccita, ma l'altro dai capelli ricci e l'aria da bambino: ecco, mi piacerebbe serrargli il collo tra le coscie, fino a farlo implorare pietà.