La professoressa 4 krispin@infinito.it Una giovane insegnante (e la madre) alle prese con un'allieva terribile (e la nonna). Era un palazzone alto e piuttosto antico, in pieno centro storico. Lisa suonò il campanello. "Salga. Quinto piano". Riconobbe la voce. Solo un paio d'ore prima aveva parlato a lungo al telefono con la nonna di Laura: i genitori della quindicenne vivevano gran parte dell'anno all'estero e la ragazza stava quasi sempre sola con lei. Un po'alla volta le aveva raccontato tutto: le aggressioni, gli scontri, le botte, non le aveva nascosto neppure i particolari più inquietanti e scabrosi. Del resto la famiglia di quella ragazza doveva assolutamente sapere. "Venga a trovarmi – le aveva detto alla fine la donna, che era rimasta quasi sempre in silenzio al telefono – Vorrei conoscerla di persona, fare due chiacchiere con lei". Aveva deciso di farlo subito e ora lo specchio dell'ascensore restituiva a Lisa la sua splendida figura, alta e snella. Le vacanze avevano cancellato i lividi e abbronzato il viso, incorniciato dai capelli neri tagliati corti. Quel giorno l'esile corpo della giovane professoressa era coperto da una camicetta bianca e una gonna blu che lasciava ammirare gran parte delle gambe lunghe e sottili. Si sentiva davvero bene, in forma, determinata a risolvere la questione una volta per tutte. Al quinto piano la porta davanti all'ascensore era semiaperta. Cautamente la ragazza avanzò, chiedendo permesso. "Entri, entri – sentì la stessa voce provenire da un'altra stanza – Si accomodi, sono subito da lei". Lisa si ritrovò in un soggiorno piuttosto ampio ed elegante. Ma non ebbe molto tempo per guardarsi attorno: la padrona di casa le venne incontro sorridente e allungando la mano: "Buongiorno, mi chiamo Annamaria, sono la nonna di Laura". Doveva avere 65-70 anni, ma era in ottima forma. Aveva la stessa struttura robusta della nipote ma era più alta, quasi quanto Lisa, e gli anni l'avevano resa ancora più abbondante. Era decisamente un donnone, molto imponente e dall'aria energica. Indossava una canottiera nera che le fasciava il seno prosperoso, mentre un paio di jeans stringevano fin troppo i larghi fianchi. "Tutto sommato è ancora affascinante – pensò Lisa – ma da giovane deve essere stata davvero una bella donna, una di quelle piene di curve che fanno girare la testa agli uomini". Finalmente l'altra le mollò la mano dopo avergliela stretta vigorosamente, fin quasi a farle male. "Venga, si accomodi in poltrona cara – le disse – Sono molto contenta di conoscerla". Lisa appoggiò la borsetta sul tavolino, si sedette e cominciò a parlare. "Ecco – esordì la ragazza – Per me non è facile dirle certe cose. Spero che lei possa comprendermi. Vede, non è stato solo doloroso, è stato anche molto umiliante. Purtroppo tutto quello che le ho raccontato al telefono è vero. Laura ha fatto delle cose tremende. Non soltanto a me, anche a mia madre. Ci ha aggredite, ci ha picchiate. Ha approfittato della sua forza fisica per sottometterci e umiliarci, anche...sessualmente. Comunque almeno per il momento abbiamo deciso di non denunciarla. Laura ha appena 15 anni. Sì, alla fine abbiamo pensato che la cosa migliore fosse parlare con la sua famiglia. Così ho chiamato lei e ora sono qua". "Ha fatto molto bene a venire" rispose la donna, che però non aggiunse altro. Se ne stava lì, in silenzio, e osservava Lisa. La guardava fissa negli occhi, senza dire nulla. Un po' imbarazzata, la giovane professoressa stava per parlare di nuovo quando finalmente fu l'altra ad aprire bocca. Ma quello che disse fu decisamente sorprendente: "Professoressa, lei è davvero una splendida ragazza". "Cosa? Beh, grazie" rispose un po' confusa la ragazza. "Sì – continuò – proprio un fiorellino – e dopo un'altra pausa aggiunse – Laura me l'aveva detto". Lisa si sentiva sempre più a disagio. "Laura le aveva detto, cosa?". "Mi aveva detto che lei è uno splendido, adorabile e fragile donnino. E aveva ragione". "Come? Mi scusi ma non capisco. Ma cosa sta dicendo?". Annamaria accavallò le gambe. Continuava a fissare la ragazza dritto negli occhi e il disagio di Lisa stava pian piano trasformandosi in paura. "Sì. Vede professoressa – disse la donna – Laura mi racconta sempre tutto quello che fa. Mi assomiglia molto. Io e lei abbiamo sempre avuto un rapporto speciale. Ricordo esattamente le sue parole: nonna, mi disse, è stato così eccitante stringerla nuda tra le mie braccia...sentire quel suo corpicino così lungo e magro fremere e inarcarsi contro il mio...è talmente debole...non volevo farle del male ma lei resisteva, lottava, si dibatteva...". Lisa si alzò di scatto. Era stupefatta, atterrita. Aveva iniziato a tremare come una foglia. Dunque quell'orribile donna era complice della nipote. Era un mostro anche lei, proprio come la ragazzina. E ora erano a tu per tu in quella stanza. Era sola con quel mostro, grosso il doppio di lei. Sola con quella donnaccia che da un momento all'altro le sarebbe saltata addosso, proprio come aveva fatto Laura. Non poteva crederci: senza neanche sospettarlo lontanamente, era andata a cacciarsi nei guai con le proprie mani. "Quand'è così – riuscì a dire con un filo di voce – penso proprio sia meglio che io me ne vada". Non c'era tempo da perdere, doveva uscire subito da quella casa. Si voltò di scatto e andò quasi di corsa verso la porta. Ma la donna, nonostante la mole, si rivelò sorprendentemente agile. Mentre la professoressa metteva la mano sulla maniglia e la porta si socchiudeva, l'altra la raggiunse, la afferrò saldamente per le esili spalle, la strinse come in una morsa, la strattonò e la spinse con forza all'indietro, facendola letteralmente volare, gambe all'aria, su una poltrona. Poi, di nuovo senza fretta, la nonna di Laura richiuse la porta alle sue spalle e si voltò. "Bene cara, ormai giochiamo a carte scoperte. Adesso – disse con un leggero sorriso sulle labbra – ho voglia di divertirmi un po' anch'io. Su, fai la brava e non ti succederà nulla. Non costringermi a farti del male. Comincia col toglierti la camicetta. Fammi vedere il tuo bel corpicino, quei tuoi seni così minuscoli, il tuo vitino da vespa". All'improvviso aveva smesso di darle del lei. Ora la trattava come una ragazzina. E ostentava platealmente la sua superiorità, la sua forza: se ne stava lì sulla porta, imponente e sicura di sé, le mani appoggiate ai larghi fianchi, il petto voluminoso che sembrava tendere la canottiera nera fino a farla scoppiare. Osservava la ragazza come fosse una preda. Una facile preda. Lisa si sentì in trappola. Dietro quel corpo voluminoso c'era la salvezza, ma come poteva fare a raggiungerla? C'era solo un modo. Lottare. Ma sapeva perfettamente di essere troppo debole. Non aveva la minima possibilità di spuntarla in uno scontro fisico con quel donnone. Sì, Annamaria era decisamente più anziana, forse sfiorava la settantina mentre lei aveva appena 29 anni, ma era molto più robusta, più pesante, più forte. Bastava guardare le sue braccia, lasciate scoperte dalla canottiera: erano grosse quasi come le gambe di Lisa. E il contatto fisico che avevano appena avuto era bastato alla ragazza per rendersi conto di essere come un fragile uccellino nelle mani di quel donnone. L'aveva presa e sballottata a piacimento, trattandola come una bambolina. Eppure non poteva cedere. Si disse che doveva provarci in qualche modo. E all'improvviso si slanciò in avanti, a testa bassa. Colpì il ventre molle di Annamaria mandandola a sbattere contro la porta. Poi, approfittando del momentaneo disorientamento della donna, le diede un pugno con tutta la forza che aveva. La prese in pieno volto. Quindi colpì di nuovo il ventre della donna, questa volta con una ginocchiata. E prima che potesse reagire, mentre la nonna di Laura si piegava su se stessa, continuò a tempestarla di pugni, quasi alla cieca, senza badare a dove colpiva. Era a un passo dalla porta. Se fosse riuscita a oltrepassarla, sarebbe senz'altro stata più agile e veloce di una donna anziana e grossa il doppio di lei. Sì, era quello il momento. Aveva giocato sul fattore sorpresa e la sua rivale, troppo sicura di sé, aveva sottovalutato quell'avversaria così magrolina e apparentemente indifesa. Ora Lisa doveva approfittarne e fuggire. Ancora una volta afferrò la maniglia. Ancora una volta aprì quella maledetta porta. Fece addirittura un passo nel corridoio, verso la salvezza. Ma ancora una volta si sentì afferrare per le spalle, strattonare, e riportare con violenza nella stanza. "Ce l'avevi quasi fatta" le disse la donna, più stupita che dolorante. "Sei un donnino coraggioso. Adesso però per te si mette male, davvero male" e le mollò un potente manrovescio al viso che fece girare la giovane professoressa su se stessa. Poi ancora uno schiaffo, un altro. Sempre al volto, con la mano destra. Ad ogni colpo Lisa barcollava e arretrava, reggendosi a stento in piedi. Le mani di Annamaria erano ben più pesanti delle sue e sul suo fragile corpo quei colpi così potenti avevano un effetto dieci volte più devastante rispetto a quelli, deboli, leggeri, che l'anziana aveva dovuto subire da lei qualche attimo prima. Confusamente la ragazza si buttò in avanti, cercando di afferrare la rivale per i capelli, ma fu l'altra a bloccarla in una morsa, quasi un abbraccio in cui Lisa si ritrovò inesorabilmente imprigionata. Per un periodo che alla ragazza sembrò eterno, Annamaria continuò a stringerla, sempre più forte, tanto che Lisa si sentiva soffocare e ormai non aveva più energie. Poi la lasciò andare all'improvviso e prima che la giovane professoressa crollasse a terra da sola, la colpì al volto con un pugno violentissimo, che mandò ancora una volta la ragazza gambe all'aria, sulla stessa poltrona di prima. Annamaria si fermò di nuovo a guardare la sua giovane rivale. Se ne stava lì in mezzo alla stanza, con le braccia conserte sotto quei seni enormi. Lisa, lentamente, si rialzò. Si reggeva a stento sulle gambe e provava dolori molto forti al viso, per gli schiaffi e il pugno ricevuto. "Mi lasci andare – provò a dire quasi in un soffio – La prego. Signora. La prego mi lasci andare. Mi faccia uscire di qui". L'idea di essere picchiata di nuovo, di subire altre violenze, fisiche e psicologiche, la atterriva. Lisa aveva lottato e aveva perso. Era stata inesorabilmente sconfitta e ormai aveva messo da parte anche l'ultima briciola di orgoglio. "La prego, signora...". Ora si stava umiliando al punto da implorare la sua avversaria. Ma Annamaria non era certo il tipo che si lascia intenerire. "Basta. Smettila di piagnucolare, è inutile. Non hai sentito cosa ti ho detto prima? Forza, spogliati. Togliti la camicia. Su da brava, fammi vedere quel fisichino da ballerina. Guarda che se non lo farai tu ci penserò io con le mie mani". No, ripetè mentalmente a se stessa la ragazza, non era in grado di sopportare altre violenze. Lisa pensò che almeno per il momento non c'era altro da fare che assecondare l'anziana donna. Si alzò in piedi, lentamente, senza parlare. E cominciò a sbottonarsi la camicetta bianca. Pian piano, un bottone dopo l'altro, mentre la rivale la guardava con aria tranquilla, senza muoversi dalla porta. Quando ebbe finito, Lisa si tolse la camicia e la lasciò cadere a terra. Poi istintivamente coprì i seni nudi, piccoli ma ben fatti, con le mani. "Su, non essere timida – le disse l'altra perentoria – Fatti vedere bene" e cominciò ad avvicinarsi. La giovane professoressa obbedì e abbassò le braccia, inarcando leggermente il petto in avanti, quasi nel tentativo di darsi un coraggio e una forza che sapeva benissimo di non avere. "Hai proprio il fisico di una ragazzina – disse la donna – Sei ancora più magra di quello che sembrava. Potrei quasi contarti quelle tue piccole ossa. Ma sei davvero deliziosa. Un fragile gioiellino, proprio come diceva Laura". Mentre parlava continuava ad avanzare e ormai era a un passo dalla ragazza. Erano alte più o meno uguali, ma i loro corpi non potevano essere più differenti: uno robusto, imponente, forte; l'altro esile, etereo, debole. "La prego – disse la ragazza a voce bassa – La prego, non mi metta più le mani addosso". "E come pensi di riuscire a fermarmi, cara?" rispose l'altra che ormai aveva perso ogni freno e le accarezzava dolcemente i corti capelli neri con la mano sinistra. Già, come fermarla, come sfuggirle. Era quello che Lisa continuava a domandarsi incessantemente. Impossibile avere la meglio lottando corpo a corpo con lei. Tantomeno metterla fuori combattimento a pugni e calci. Ci aveva provato, ma era stata facilmente sopraffatta. No, doveva usare la testa. L'unica possibilità era continuare ad assecondarla, aspettando il momento giusto per coglierla di nuovo di sorpresa. Mentre tentava di rimanere mentalmente lucida si sentì afferrare e sollevare di peso. Ora la donna la stava prendendo in braccio. "Quanto sei leggerina! – le disse – Dimmi un po': ci arrivi a 50 chili?". Era davvero molto forte. La teneva senza il minimo sforzo. Fece qualche passo. Poi l'adagiò lentamente sul divano. Quindi le tolse le scarpe e cominciò a sfilarle anche la corta gonna blu. Lisa questa volta lasciò fare, e in pochi secondi rimase completamente nuda. Come al solito non indossava mutandine. Annamaria non fece commenti, evidentemente la nipote le aveva raccontato anche quel particolare. L'anziana donna alzò le braccia e si sfilò la canottiera nera dalla testa, liberando all'improvviso un petto che alla ragazza, visto così dal basso, sembrò davvero enorme. Da quella posizione la nonna di Laura appariva ancora più grossa e minacciosa. Lisa vedeva le spalle larghe, le braccia robuste. E quel petto immenso. Quei seni così pesanti ormai a pochi centimetri dai suoi occhi. Il portacenere! Sì, pensò improvvisamente la ragazza, allungando il braccio destro sul tavolino poteva riuscire ad afferrarlo. Era di vetro pesante. Fosse riuscita a prenderlo e a sbatterglielo in testa con violenza, forse l'avrebbe tramortita. O almeno l'avrebbe messa fuori causa per qualche istante, il tempo che le serviva per sgattaiolare via da quella casa, a costo di andarsene di lì nuda. Doveva tentare, proprio come aveva fatto con Laura a casa sua, colpendola con la racchetta da tennis. Sì, era quella l'occasione. Il donnone, ancora in silenzio, ora le stava sopra. La osservava dall'alto. Poi, sempre lentamente, si abbassò fino a stendersi sulla ragazza. Il contatto con quel corpo pesante, insieme flaccido e robusto, le provocò una sensazione di disgusto che cercò a tutti i costi di combattere. Non poteva cedere, non poteva crollare proprio adesso. Doveva resistere ancora un po'. Il momento giusto stava per arrivare. Fu quando quella donnaccia disgustosa le si era ormai completamente sdraiata sopra, opprimendola col peso del suo corpo, quando sentì quei seni grossi e nudi che schiacciavano i suoi, minuscoli, fin quasi a farli scomparire, quando avvertì il contatto delle gambe robuste della donna contro le sue così snelle, fu in quell'attimo che Lisa allungò il braccio e afferrò il portacenere saldamente tra le dita. Quell'essere orribile stava addirittura per baciarla. Doveva agire subito. A rovinare tutto fu il cellulare. Si mise a squillare, proprio in quell'istante. Il telefonino dentro la borsetta di Lisa. Una sfortuna maledetta e incredibile. Annamaria istintivamente si voltò verso il tavolino e vide il portacenere che piombava verso di lei. Con riflessi e agilità ancora una volta sorprendenti per la sua età e la sua mole, riuscì a schivare almeno parzialmente il colpo. Il portacenere la colpì alla spalla. Un secondo dopo la donna afferrò il polso sottile di Lisa, lo strinse in una morsa e lo piegò facilmente all'indietro. Il portacenere cadde sul tappeto. Quindi, sempre senza dire una parola, la donna prese per entrambe le braccia la ragazza e la sollevò di peso, la tirò su come se fosse una marionetta, la mise in piedi, le afferrò i corti capelli neri con la mano sinistra e la colpì con un pugno violentissimo al basso ventre. Il dolore fece letteralmente piegare in due la giovane professoressa. Poi un secondo colpo, ancora più forte e portato con tutti e due i pugni chiusi, si abbattè su Lisa alla base del collo. La ragazza piombò violentemente a terra, a faccia in giù, priva di sensi. Pochi secondi e la partita era finita. Non c'era stata lotta. Non poteva esserci. Annamaria si voltò, frugò nella borsetta della ragazza, prese il telefonino e rispose. "Pronto". "Scusi chi parla – replicò una voce di donna dall'altra parte – Io cercavo Lisa, sono sua madre". "Lisa è qui con me, signora. Ha avuto un leggero svenimento ma si sta già riprendendo". "Uno svenimento? Ma cosa è successo? E lei chi è?". "Mi chiamo Annamaria, sono la nonna di Laura, l'allieva di sua figlia. Sì, quella allieva... Ma non si preoccupi. Lisa è venuta a casa mia e mi stava raccontando proprio quello che è successo tra voi e mia nipote. Quello che vi ha fatto. Sono davvero mortificata". "Lasci perdere. Adesso non importa. Voglio sapere come sta mia figlia. Perché è svenuta? Per favore me la passi". "Sta bene, signora, mi creda. Solo che ora non può rispondere al telefono, si è sdraiata un attimo sul letto. Guardi, facciamo una cosa. Perché non viene qui a prenderla? Magari si faccia portare in taxi, così poi potrete tornare a casa con la macchina di Lisa. Non so se la ragazza si sentirà in condizione di guidare". "Va bene, mi dia l'indirizzo". "Via Leopardi 13, quinto piano, prenda l'ascensore, è la porta proprio di fronte". "D'accordo, fra pochi minuti sarò lì". Annamaria si chinò e sollevò di nuovo, senza il minimo sforzo, l'esile corpo nudo e inanimato della giovane professoressa. Questa volta non fu tanto delicata e se la buttò in spalla come fosse un sacco di patate. Poi la portò nella stanza vicina e la scaraventò sul letto. Quindi tornò in salotto, si rimise la canottiera e si preparò ad accogliere la madre della ragazza. Laura gliel'aveva descritta: era un donnino sulla cinquantina ancora molto affascinante, una cosina alta, fragile e sottile, proprio come la figlia. La situazione si faceva sempre più interessante. (4 continua?) Per le puntate precedenti vedi La professoressa 1, 2 e 3.