La professoressa 3 by krispin@infinito.it Una giovane insegnante (e la madre) alle prese con un'allieva terribile. Lentamente metteva a fuoco gli oggetti. Si rese conto di essere in salotto, sdraiata sul divano. Sentiva forti dolori al basso ventre, la testa le girava e le faceva male anche il mento. All'improvviso si accorse di essere nuda. Completamente. La camicetta bianca e i corti calzoncini erano lì, gettati sul tappeto. Lisa si tirò su, pian piano. Provò a mettersi in piedi ma le gambe la reggevano a stento. Ispezionò la stanza e con sollievo vide che la sua tormentatrice non c'era più. Dunque se n'era andata. Dopo aver fatto i suoi porci comodi se n'era andata. Un po' alla volta ricordava quello che era successo. Non era riuscita a sbatterle la porta in faccia, allora aveva lottato, non si era piegata senza battersi, aveva reagito con tutte le sue forze, ma anche questa volta si era dimostrata nettamente più debole ed era stata facilmente sopraffatta. Ricordava i pugni, i calci. Poi il buio. E ora era lì, nuda. Dunque quella piccola serpe l'aveva spogliata quando era priva di sensi. Inorridiva solo al pensiero di cosa aveva potuto farle mentre lei era svenuta, inerme, sul divano. Beh, questa volta non l'avrebbe passata liscia. Questa volta l'avrebbe denunciata. Ma ora aveva assolutamente bisogno di riprendersi. Doveva raggiungere il bagno. Una doccia le avrebbe fatto bene, l'avrebbe rimessa almeno un po' in forze. Si toccò in varie parti del corpo. I dolori erano sempre più insistenti ma concluse che non doveva avere nulla di rotto. Per fortuna. Improvvisamente Lisa sentì un rumore in camera da letto. Si bloccò terrorizzata. Possibile che Laura fosse ancora in casa? Il primo impulso fu di fuggire, scappare fuori, nuda com'era. Ma poi si fece coraggio e decise di andare a vedere. Si avvicinò lentamente alla porta. Quando fu sulla soglia guardò dentro e per poco non perse i sensi un'altra volta. Sul letto c'erano due donne, erano nude, e stavano lottando. O meglio: una delle due, la più giovane e decisamente più robusta, era cavalcioni sopra l'altra, che cercava senza successo di liberarsi. Lisa inorridì quando vide che l'esile donna la cui vita straordinariamente sottile era implacabilmente stretta dalle potenti cosce della grossa quindicenne era sua madre, Silvia. "Lasciami maledetta" si lamentava, ma ogni suo sforzo era vano. Laura la teneva facilmente bloccata col peso del suo abbondante corpo. Le aveva incrociato sopra la testa i magri polsi, che ora controllava agevolmente con una sola mano, mentre con l'altra le stringeva (o le accarezzava, Lisa non riusciva a vedere bene) l'esile collo. "Cos'è – diceva con un tono di scherno, sembrava fosse lei la donna già fatta e l'altra la ragazzina – Adesso hai cambiato idea? Prima ti spogli da sola, fai la brava, vieni in camera da letto docile docile, e poi, proprio quando comincio a divertirmi, ti ribelli e cerchi di reagire? No, non si fa così. Non lo vedi che non hai nessuna possibilità? Non ti rendi conto che potrei spezzarti queste braccine così magre, potrei stringerti il collo fino a farti soffocare, potrei fare tutto quello che voglio e tu non riusciresti neppure a muoverti. Sei un donnino così fragile, uno scricciolo tutt'ossa come la tua figlioletta. Su, smettila di agitarti. Non serve a niente. Non costringermi a farti del male". Lisa si appoggiò allo stipite per non crollare. Era disperata, ma pensò che doveva assolutamente agire e doveva farlo in fretta, anche se le mancavano le forze. L'impulso era quello di precipitarsi nella stanza e gettarsi su Laura per difendere la madre. Avrebbero lottato ancora. E forse questa volta, in due contro una, ce l'avrebbero fatta ad avere la meglio sulla ragazzina. Ma non ne era tanto convinta. Laura era forte e loro deboli. Inoltre la lotta precedente, i colpi subiti l'avevano ulteriormente indebolita. Quanto alla madre, non doveva essere in condizioni molto migliori, a giudicare da come appariva inerme, schiacciata sotto il peso della sua giovane e grossa rivale. Almeno Lisa avesse avuto un'arma, qualcosa per minacciare Laura. Poteva andare in cucina e prendere un coltello! No, era troppo rischioso. Se poi quella l'avesse afferrata e fosse riuscita a disarmarla avrebbero potuto essere guai ancora più seri. Improvvisamente vide la racchetta da tennis. Era lì, sulla cassapanca. Poteva prenderla e arrivare silenziosamente alle spalle della ragazza. Tentare di metterla fuori combattimento con un colpo ben assestato. Era rischioso, certo, ma doveva provarci. Non aveva alternative. Avanzò cautamente e senza fare il minimo rumore con la racchetta in mano, fino alle spalle di Laura. La quindicenne nel frattempo aveva mollato i polsi di Silvia. Le stava sempre cavalcioni sopra, ma ora era col corpo eretto, le mani sui larghi fianchi. Sembrava una belva pronta a spiccare il balzo decisivo sulla sua inerme preda. Lisa le arrivò a un passo e colpì con tutta la sua forza. Col telaio della racchetta colpì in pieno la nuca della ragazza che emise un gemito e cadde pesantemente in avanti, addosso alla madre. Avrebbe voluto colpirla ancora, per sicurezza e per dare sfogo alla sua rabbia, ma non ce ne fu bisogno: Laura aveva perso i sensi. Silvia tentò di togliersela di dosso, ma non aveva abbastanza forza: la ragazza era troppo pesante. "Aiutami – disse a Lisa – Da sola non ci riesco". Insieme le diedero una spinta e la girarono pancia all'aria. Non c'erano dubbi, era proprio svenuta. Allora Silvia si alzò e con le lacrime agli occhi abbracciò la figlia. "Come stai – chiese la ragazza alla madre – Ti senti bene?". "Sì – rispose Silvia – Me la sono vista brutta ma ora tutto è passato. Tu piuttosto. Sei piena di lividi". "Ho male dappertutto, la testa mi scoppia, le gambe mi reggono a fatica. Ma non credo di avere nulla di rotto. A parte il morale. Inorridisco al pensiero di cosa mi avrà fatto quella belva mentre ero nuda e svenuta sul divano". "Non è riuscita a farti nulla, ti assicuro – mentì la madre – Quando sono arrivata a casa aveva appena terminato di spogliarti". "Hai lottato anche tu con lei?". "Avrei voluto. Ma mi vergogno a dirlo: non ne ho avuto il coraggio. Quando ho visto te sconfitta e svenuta ho pensato che avrei fatto la tua stessa fine. C'è poco da fare: anche se è solo una ragazzina peserà 20-30 chili più di me. Volevo chiamare la polizia ma lei mi si è messa davanti e me l'ha impedito. Mi sembrava un incubo. Avevo paura. Tremavo. Ho cominciato ad arretrare mentre lei avanzava minacciosa, sempre più vicina. Ero terrorizzata. Non capivo più nulla. Vedevo solo quel suo corpo nudo e pesante che mi veniva incontro, quelle grosse spalle, quel petto enorme, quei fianchi larghi. Allora ho pensato che l'unico modo per uscirne, e per soccorrere te, fosse assecondarla. Lisa, sono stata una vigliacca: ho ceduto! Mi sono spogliata senza reagire e siamo andate in camera da letto. Ma quando mi è venuta sopra, quando mi sono sentita il suo corpo addosso, la sua carne flaccida sopra la mia, i seni che davanti agli occhi mi sembravano immensi, in quegli attimi ho provato un fortissimo senso di oppressione e di repulsione. Ho capito che non avrei potuto sopportarlo, che non avrei resistito. E ho tentato di reagire, di liberarmi. Avevo fatto la cosa più idiota: se prima, in piedi, potevo forse avere una speranza su mille di batterla, così, sdraiata sul letto e schiacciata sotto il peso del suo corpo, non avevo neanche quell'unica possibilità. Ero già irrimediabilmente bloccata. Sono stata una stupida, Lisa. Codarda e stupida". "No, non dire così – l'abbracciò di nuovo la figlia – Io ho provato a lottare con lei, ma non ho saputo fare di meglio. Laura è solo una ragazzina, ma fisicamente è troppo forte per noi. Non importa. E' tutto finito. Ora dobbiamo chiamare la polizia". "Sì – replicò Silvia – Ma prima dobbiamo rivestirla. Se gli agenti la troveranno nuda sarà difficile dare una spiegazione. Vai di là e prendi la sua roba, intanto io cerco qualcosa per me nell'armadio". "Ok, dammi solo due minuti per una doccia". Lisa si sentiva decisamente meglio. Ammaccata nel fisico e nel morale, ma finalmente fiera di sé, per aver avuto il coraggio di aggredire la ragazza, sia pure alle spalle, ed essere riuscita a tramortirla. Si tolse l'accappatoio e si osservò nuda allo specchio. Di lividi nel suo corpo alto e snello, che sembrava quello di un'adolescente, ce n'erano parecchi. Ma facevano infinitamente più male quelli interni. Continuava a pensare a ciò che Laura poteva averle fatto quando l'aveva denudata. Le rassicurazioni della madre non erano state molto convincenti. All'improvviso sentì un colpo forte, poi un altro, e un altro ancora. Trasalì. I rumori provenivano dalla camera da letto. Si precipitò di là e vide una scena che la fece di nuovo rabbrividire. Vide l'esile corpo di Silvia, di spalle, mentre si afflosciava a terra davanti all'armadio, ai piedi di Laura. Quello che la giovane insegnante non poteva sapere era che qualche attimo prima la ragazza si era ripresa, aveva aggredito la donna, l'aveva afferrata per un braccio e per i lunghi capelli neri, e l'aveva sbattuta con violenza più volte contro l'armadio, fino a farla cadere a terra priva di sensi. Laura si girò e vide Lisa sulla porta. O meglio, vide confusamente l'alta e sottile figura di una donna nuda. La testa le scoppiava, sentiva la nausea salire dallo stomaco, era un miracolo se era ancora in piedi e se era riuscita a mettere fuori combattimento Silvia. Ridotta com'era per la violenta botta presa in testa, se avesse dovuto affrontare un'avversaria meno gracile non avrebbe avuto alcuna possibilità. E ora lì sulla porta c'era l'altra, la professoressa. Per la prima volta la quindicenne si chiese se era ancora fisicamente in grado di spuntarla. La ragazza letteralmente barcollava e Lisa se ne rese conto. Stava male, non c'erano dubbi. Forse stavolta aveva una possibilità. Forse poteva finalmente batterla. Del resto doveva provarci ancora, non aveva alternative, doveva lottare con quella ragazza che già due volte l'aveva facilmente sopraffatta. Decise di puntare tutto sull'agilità e sulla sorpresa. Erano le uniche carte che poteva giocare. Attaccò per prima. Si avvicinò e la colpì con un pugno al volto. Poi un altro, e un altro ancora. Un destro e un sinistro, un destro e un sinistro. Ci metteva tutta la forza che aveva nelle sue magre braccia, tutto il peso del suo esile corpo, colpendo sempre in pieno viso, senza mai fermarsi. Con la vista offuscata, Laura non vedeva partire i colpi e non aveva nessuna possibilità di pararli o di schivarli. Era costretta a subirli tutti. Per sua fortuna in quei pugni c'era ben poca potenza, ma si rese conto che alla lunga avrebbe ugualmente ceduto. Ormai non vedeva quasi nulla. Doveva fare qualcosa. Laura decise di tentare il tutto per tutto e si gettò in avanti alla cieca. Sorpresa, Lisa si ritrovò improvvisamente stretta tra le grosse braccia della rivale. Le sue erano libere, poteva ancora colpirla, ma solamente alla schiena, ed erano pugni talmente leggeri che l'altra non li sentiva neppure. Erano entrambe nude e le robuste cosce della ragazzina premevano contro quelle più lunghe e magre di Lisa, mentre i piccoli seni dell'insegnante quasi scomparivano, schiacciati da quelli ben più grossi e pesanti della rivale. Inoltre la stretta di Laura si faceva sempre più forte, sempre più potente e insopportabile. Lisa stringeva i denti ma sentiva forti dolori al torace. Temeva addirittura che la ragazza potesse fratturarle qualche costola. Si inarcò disperatamente all'indietro, provò a spingere via Laura con le sue magre braccia, ma in quella situazione la sua agilità e la sua altezza non le potevano servire, contava solo la forza fisica e in una lotta corpo a corpo, la superiore stazza di Laura stava avendo di nuovo il sopravvento. La ragazzina però continuava a lottare quasi senza vedere la rivale. Davanti ai suoi occhi era tutto sempre più offuscato. Nonostante tutto non era troppo sicura di sé. Temeva di svenire da un momento all'altro per i dolori alla testa e il senso di nausea. Pensò che certamente non avrebbe resistito ancora a lungo e allora strinse sempre più forte, sollevò addirittura da terra Lisa, poi si lasciò cadere in avanti, sempre tenendo stretta sotto di sé la rivale. La schiacciò violentemente a terra, sotto il peso del proprio corpo. E la bloccò, proprio come aveva fatto con Silvia sul letto. A quel punto Lisa si rese conto che ancora una volta era stata sconfitta. Tentò disperatamente di liberarsi ma le mancavano le forze. Riuscì a dibattersi ancora per qualche secondo, finché la quindicenne pose fine alla lotta: prese la rivale per i corti capelli neri e le sbattè la testa sul pavimento. Una, due, tre volte, fino a farle perdere i sensi. Laura si rialzò, sempre più confusa e barcollante. Le girava la testa e la nausea era fortissima. Doveva andarsene di lì, il più presto possibile. Non poteva rischiare di svenire. Trovò, chissà come, i suoi vestiti, riuscì a infilarsi la t-shirt e i jeans, e sgattaiolò via. In camera da letto rimasero, uno accanto all'altro, due esili corpi nudi e privi di sensi. Silvia e Lisa ancora una volta erano state battute. Ma l'incubo, forse, era finito. (3 fine?) Per le puntate precedenti vedi "La professoressa 1 e 2"