La professoressa by krispin@infinito.it Una giovane insegnante e la madre alle prese con un’allieva terribile. Silvia si chiuse la porta alle spalle dandole un calcio con un piede e finalmente appoggiò sul tavolo le due pesanti borse della spesa. "Accidenti – pensò – mi ci vorrebbe un facchino". Ansimava. Un po' per il caldo e molto per la fatica. Quasi non sentiva più le braccia. Non era mai stata quella che si definisce una donna atletica, robusta, anzi, a prima vista sembrava piuttosto una fragile ragazzina, con quel corpo lungo e sottile, i capelli ondulati, neri, che le scendevano sulle spalle. Solo a uno sguardo molto attento e ravvicinato ci si rendeva conto che Silvia era ormai una donna che viaggiava verso i 50 anni, peraltro ancora molto affascinante. Di anni, per l'esattezza, ne aveva 48, portati benissimo e lei ne andava molto fiera. Lo si vedeva e lo si capiva da tante cose, dal modo di muoversi ad esempio, decisamente sicura di sé, oppure dai vestiti che indossava, tutti ancora molto giovanili. Quel giorno era in jeans, t-shirt e scarpe da ginnastica. Niente di più. Del resto faceva caldo, molto caldo. Chi avesse visto da dietro quel corpicino ancora così armonioso e snello avrebbe potuto tranquillamente scambiarla per la figlia, Lisa. Dopo aver appoggiato le pesanti borse, Silvia sentì dei rumori provenire dal bagno. Dunque Lisa era già a casa. Le due donne vivevano sole ormai da cinque anni, da quando il matrimonio di Silvia col padre di Lisa, Pietro, era naufragato. Lui, quello che si dice un avvocato di grido, ora stava con una ragazza piuttosto giovane, dell'età di Lisa o poco più. Una biondona tutta curve e poco cervello, almeno questo era il giudizio che Silvia aveva impietosamente tranciato in pochi secondi su di lei la prima e unica volta che l'aveva incontrata. No, non era gelosia. Non amava più Pietro da tempo e nella sua vita era già entrata un'altra persona, ma non aveva potuto fare a meno di notare il contrasto, fisico e non solo, tra sé e la nuova donna del suo ex marito. Come se lui avesse voluto voltare pagina in tutti i sensi. Passando davanti alla porta del bagno, Silvia pensò che Lisa aveva sempre quella spiacevole abitudine di muoversi per casa in totale libertà. Non che la cose creasse particolari problemi, da fuori nessuno poteva vederla, ma lei, pur sentendosi una donna aperta e moderna, non avrebbe mai potuto girare seminuda da una stanza all'altra come faceva abitualmente la figlia. Naturalmente la porta era aperta, come sempre quando Lisa era in bagno. La ragazza era di spalle e indossava solo un minuscolo slip nero. Le spalle esili e un po' ossute erano piegate in avanti, verso lo specchio. Sembrava che si stesse truccando. "Strano – pensò Silvia – Lisa non si trucca mai". Del resto non ne aveva bisogno. Era una ragazza davvero splendida anche così, come si dice... acqua e sapone. Quasi la copia perfetta della madre, era anche lei alta e magra, molto magra, forse ancora più esile di Silvia. L'unica differenza evidente era nei capelli, scuri ma tagliati corti a caschetto. E nel viso, magari non altrettanto affascinante, ma comunque gradevole e decisamente più fresco. "Che stai facendo?" le chiese distrattamente mentre si dirigeva verso il salotto. Lisa non rispose. "Ho comprato un po' di cose da mangiare per stasera e per domani" continuò. Silvia si lasciò andare sul divano e cominciò a cercare il telecomando. Chissà cosa davano a quell'ora in tivù, probabilmente qualche stupida trasmissione in cui due donne facevano finta di litigare per lo stesso uomo mentre il pubblico prendeva le parti di una o dell'altra. Spazzatura. Schifezze. Ma dove diavolo era finito il telecomando? "Ciao mamma". C'era qualcosa di insolito nella voce di Lisa, e Silvia se ne accorse subito. Ora la ragazza era in piedi, all'ingresso del salotto, ancora in mutande ma almeno aveva avuto la decenza di infilare una canottiera, anche quella nera, che le copriva i piccoli seni, lasciandole scoperta la pancia, o per meglio dire, quella vita così sottile. "Che ti succede? – le chiese – Hai una voce strana. Ehi, ma cos'hai fatto? Lisa, tu hai pianto. Cos'è successo?". La ragazza si avvicinò e finalmente rispose: "Mamma, oggi a scuola è successa una cosa assurda, terribile". "Vieni qui, siediti e racconta". Lisa addirittura tremava e sembrava impaurita. Silvia si chiese cosa diavolo era potuto accadere in quella scuola in cui la figlia insegnava matematica già da un paio d'anni. Era un istituto privato, una di quelle scuole dove ricchi genitori mandano figli viziati e fannulloni che non hanno voglia di studiare. Lo stipendio era basso, ma ad appena 29 anni Lisa aveva già una cattedra ed era molto più fortunata di tante sue amiche. Prima o poi avrebbe trovato un posto in una scuola statale. E anche un marito. Del resto c'era già la fila dei pretendenti... "Forza – le disse dolcemente – siediti e racconta. Cos'è successo di così terribile?". "Sono stata aggredita". "Aggredita? – chiese la madre sempre più preoccupata – Ma come? E da chi?". "Da una mia allieva. Si chiama Laura. Ti ricordi? Te ne avevo parlato. E' una delle peggiori. Oggi in aula, alla fine delle lezioni. Mi ero fermata qualche minuto come faccio sempre. Lei è tornata indietro e ha chiesto di parlare un po' con me. Ovviamente ho detto sì. Sul momento non ho fatto caso al fatto che dopo essere entrata si era chiusa la porta alle spalle. Solo dopo ho capito perché". Dunque Lisa era stata aggredita da un'allieva. Da una ragazzina di 15 anni! Istintivamente Silvia tirò un sospiro di sollievo. Aveva temuto ben di peggio. Qualsiasi cosa fosse realmente accaduta, in fondo non poteva essere così grave. Si trattava di una ragazzina... "Ma come è stato possibile? – chiese con aria incredula alla figlia – E cosa significa esattamente che ti ha aggredita?". "Significa... – le rispose lei alzando la voce, un po' infastidita dal tono della madre – Significa che quella ragazza mi ha messo le mani addosso, ecco cosa significa. E poi mi ha minacciata. Ha detto che se non la promuovo mi farà del male, molto male". Silvia quasi non credeva alle sue orecchie. Una ragazzina di 15 anni, poco più che una bambina, aveva messo le mani addosso alla sua insegnante di 29 e lei, a quanto pareva, non solo non era stata in grado di difendersi, di reagire, ma ora era letteralmente terrorizzata. Era assurdo, inconcepibile. "Lo so cosa stai pensando – disse Lisa con rabbia, rivolta alla madre che era rimasta in silenzio, interdetta – Ma ti assicuro che se fosse capitato a te ora non te ne staresti lì così tranquilla e serena sul divano". "Lisa scusami, non credere che mi faccia piacere vederti in questo stato. E' che non riesco a rendermi conto. Insomma, non riesco a capire come una ragazzina abbia potuto terrorizzarti fino a questo punto". "Se tu la vedessi, se tu un giorno te la ritrovassi di fronte come è capitato a me, quella che tu chiami ragazzina, beh allora capiresti immediatamente. E sai una cosa? Se alzasse le mani anche su di te non credo proprio che riusciresti a fermarla. Anche se ha solo 15 anni Laura è ormai una donna fatta ed è molto robusta. Non è alta ma è grossa il doppio di me. Quando mi ha messo le mani addosso ho tentato di difendermi, ho cercato di reagire, ho lottato, ma io non sono certo una donna forte fisicamente e lei peserà almeno 20 chili più di me. E' accaduto tutto in pochi attimi – ormai Silvia aveva incominciato a raccontare – Senza dire nulla mi ha presa, mi ha afferrato i polsi, mi ha sballottata e poi sbattuta contro la parete e mi ha tenuta schiacciata lì, con la schiena contro il muro. Mi inchiodava e mi opprimeva con tutto il peso del suo corpo. E mi diceva cose terribili. Ha minacciato di farmi male, molto più male di quello che già mi stava facendo. Io reagivo ancora, lottavo disperatamente ma sempre più debolmente, tentavo con tutte le mie forze di divincolarmi ma lei mi teneva saldamente bloccata con quelle braccia e quelle gambe grosse il doppio delle mie. Era come se fossi io la ragazzina. Non faceva nessuna fatica a controllarmi. Per me non era solo doloroso, era anche umiliante essere trattata e manovrata come una marionetta da una mia allieva, una ragazza di 15 anni. Non mi ero mai sentita così debole, così fragile e così indifesa, ma non potevo farci nulla: lei era molto più forte di me. Mi schiacciava contro la parete e spingeva forte, sempre più forte, spingeva e mi schiacciava, opprimendomi con quei seni grossi e pesanti, spingeva e intanto sorrideva. Le si leggeva in faccia che si divertiva, che le piaceva quello che stava facendo, che godeva nel dimostrare la sua superiorità su di me, la sua forza. Mamma quella è una sadica. E non solo, è anche una lesbica". "Ti ha picchiata?". "No, ma ha minacciato di farlo. Ad un certo punto, sconfitta, ho smesso di lottare. Le ho chiesto di smetterla, l'ho perfino implorata di lasciarmi andare. Allora lei ha mollato i miei polsi, ma un attimo dopo mi ha stretto il collo con la mano sinistra, mentre con la destra faceva l'atto di schiaffeggiarmi. Io le ho afferrato il polso sinistro con tutte e due le mani, ma non riuscivo a liberarmi neanche spingendo con entrambe le braccia. Anzi, lei mi stringeva sempre più forte fin quasi a togliermi il respiro. Istintivamente ho chiuso gli occhi rassegnata, aspettando il colpo. Ma all'improvviso mi ha lasciata di nuovo, si è allontanata e mi guardava senza dire nulla. Io ero stravolta e respiravo affannosamente. Le gambe mi tremavano al punto tale che non riuscivo più a stare in piedi. Sentivo la schiena che lentamente scivolava lungo la parete e mi sono ritrovata a terra. Allora lei si è di nuovo avvicinata, si è inchinata e mi ha piantato un dito davanti agli occhi: "Ci siamo capiti professoressa? Ora sai cosa ti succederà se non farai la brava. Basta poco e tutto andrà bene. Ma se mi bocci, beh allora un giorno, all'improvviso, quando meno te l'aspetterai, mi ritroverai davanti a te. E quel giorno ti giuro che rimpiangerai di averlo fatto. Eccome se lo rimpiangerai. Ti riempirò di botte, di pugni e di schiaffi. Poi, quando avrò finito di picchiarti, mi divertirò con questo tuo bel corpo da ballerina, così fragile e così eccitante". A quel punto si è girata e se n'è andata. Io sono rimasta lì per terra ancora qualche minuto, atterrita e incredula. Singhiozzavo, facevo fatica a respirare, non riuscivo a riprendermi. Finché ho ritrovato un briciolo di forza e sono corsa casa senza parlare con nessuno". Krispin. (1 Continua?) Commenti, critiche, suggerimenti: krispin@infinito.it