LA VITA DI PATTY Patty ed alcuni piccoli particolari Questa e' il ventiquattresimo episodio de . Nei precedenti racconto di come io sia diventata una dominatrice, usando le armi della seduzione e la mia abilita' nel judo e nella kick-boxing per sottomettere prima mio marito e poi diversi altri uomini. Prima di raccontarvi del viaggio a Barcellona, trovo doveroso mettervi al corrente di alcuni particolari della mia vita in quel momento. Ero dunque diventata una dominatrice di professione. Non per soldi, ma per sesso e potere. Riuscivo a capire subito come dovermi comportare per fare in modo che l'uomo che avevo scelto diventasse un giocattolo nelle mie mani. C'erano dei particolari che ovviamente non cambiavano mai. Quale uomo riusciva a resistermi vedendomi in abiti sexy? Ma non era solo quello, sarebbe stato troppo facile. La mia capacita' era quella di capire cosa volevano, al di la' del sesso. Quello era poi la ciliegina sulla torta, ma a me interessava vederli imbambolati, diciamo pure rincoglioniti, di fronte a me. Ero pertanto diventata veramente brava in quello che facevo e riuscivo ad ottenere risultati straordinari. Un segreto vero e proprio non c'era, era un insieme di piccoli particolari che, messi insieme, mi davano la possibilita' di manovrarli a mio piacimento e ad eccitarli in modo veramente considerevole. Con alcuni il potere che avevo raggiunto nei loro confronti era talmente elevato ed assoluto che riuscivo addirittura a farli venire solo a comando, senza neanche sfiorarli. Ovvio quindi che tutto questo mi dava delle sensazioni veramente straordinarie. L'altra cosa che mi metteva su un piano di assoluto predominio era il fatto che riuscissi a sottometterli anche sul piano fisico. Nel corso di quei tre anni ero diventata naturalmente sempre piu' forte e piu' brava e la padronanza con la quale riuscivo a sconfiggerli era aumentata in modo impressionante, tanto da farmi prendere in considerazione l'idea di scegliere uomini in grado di impensierirmi di piu' invece dei soliti che avevo scelto fino a quel momento. Ad ogni modo la prima loro reazione era di sorpresa e poi veniva logicamente la paura. Una donna piu' forte di un uomo era una cosa che non riuscivano a concepire minimamente ed ovviamente creava in loro una certa sudditanza che solo il desiderio sessuale che provavano per me, riusciva a far si che accettassero quella condizione. Quella era la parte piu' complicata della vicenda ma, accettata questa situazione solo per il desiderio che provavano nei miei confronti, riuscivano poi a calarsi perfettamente nei panni del maschio sottomesso. Era strana quella cosa. Un conto era un uomo che aveva gia' nel proprio istinto il desiderio di avere una donna superiore a lui, come mio marito ad esempio, un altro era constatare come molti altri uomini si adattassero completamente e perfettamente a quella situazione. Mi faceva pensare a due cose. La prima era che bastava fare sesso in una certa maniera, seducendoli, facendo in modo che mi desiderassero allo spasimo, per dominare psicologicamente un uomo e l'altra che forse era proprio il genere maschile stesso a desiderare la superiorita' femminile. Questo non � un trattato psicologico e non e' certo il luogo adatto per discernere di questo argomento, ma l'impressione che ne ho ricavato in tanti anni e' che il maschio, laddove trovi una donna capace, una con le palle per intenderci, ma femminile nei modi e soprattutto in grado di sfruttare quella femminilita', e' destinato inevitabilmente alla sconfitta. Comunque sia, tutto questo non faceva altro che aumentare ogni volta il mio ego, arrivato ormai a picchi elevatissimi. Ma lo schiavo piu' docile, piu' devoto ed anche piu' affascinante in assoluto rimaneva sempre Marco. Puo' sembrare strana quest'ultima affermazione, ma io trovavo mio marito, a distanza di tanti anni da quando l'avevo conosciuto, ancora un bell'uomo. Mi piaceva un po' tutto di lui, i suoi lineamenti tipicamente maschili, la sua carnagione scura ed anche il suo corpo ben proporzionato. Per ultimo, ma non per ordine d'importanza, mi piaceva immensamente il suo modo di adorarmi. Se gli altri uomini mi veneravano come una dea, lui mi faceva sentire la regina delle dee. Ma non per questo io lo trattavo meglio degli altri. Anzi, mentre con gli altri mi ponevo certi limiti, con lui davo fondo a tutta la mia perversione e trasgressione, imponendogli tutto quello che mi capitava per la testa, sapendo perfettamente che con lui tutto mi era concesso. Ma con Marco non usavo sempre e solo le maniere forti ed ero capace di slanci affettivi particolari, come vedremo piu' avanti. Se con i maschi quindi, mi sentivo irresistibile, c'erano delle persone che invece, mi facevano ritornare sulla terra. In primis le mie bambine, ovviamente, ancora troppo piccole per fortuna per capire che la loro mamma usciva quasi tutte le sere non per lavoro ma per andare da altri uomini. E poi c'erano mia madre e una delle mie sorelle che non perdevano occasione per rimproverarmi aspramente, senza tra l'altro immaginare minimamente cosa facessi realmente. Una volta mi capito' ad esempio di andare a casa di mia sorella per il compleanno di mio nipote. Mi ero vestita per l'occasione carina, ma senza abbondare su particolari sexy, cosi' almeno credevo di aver fatto. Appena entrata pero', mia sorella mi prese per un braccio trascinandomi in una stanza dove non c'era nessuno, accompagnata da mia madre " Disgraziata che non sei altro" mi apostrofo' duramente " ma ti rendi conto di come vai in giro conciata?" Mi guardai l'abitino un po' scollato e le mie scarpe col tacco alto e mi trovavo deliziosa e non certo scostumata " Perche', come sono vestita?" ribattei infatti " Ma sentila lei. Come sei vestita? Hai le tette di fuori e se tuo marito non ti dice niente perche' l'hai completamente plagiato con quel tuo musetto da ninfetta e con quel corpicino che ti ritrovi, allora sono costretta a dirtelo io che sono tua sorella piu' grande. Patty, vai in giro come una ragazzina o come una mignottella, anzi, come una ragazzina mignottella invece che come una madre di famiglia" Provai ad obiettare che non era vero, che si trattava di moda, ma mia sorella e mia madre si erano coese e non c'era niente che facesse loro cambiare idea. Mia sorella aveva solo tre anni piu' di me, ma eravamo completamente diverse o almeno lo eravamo diventate. Lei era nata per avere una famiglia, come ero io all'inizio del matrimonio tra l'altro, ma soprattutto aveva una mentalita' antiquata. Solo una volta ero riuscita a confidarmi con lei e questo avvenne proprio all'inizio del cambiamento di Marco, quando le confidai le mie perplessita' riguardo appunto quel cambiamento. Credo che solo in quel caso la sentii parlare apertamente di sesso, cosa che, fra due sorelle con pochi anni di differenza, dovrebbe essere abbastanza normale. Lei era ancora una donna carina, un po' di viso ci somigliavamo, con una decina di centimetri meno di me, ma alta comunque nella media, ma quando parlava e per come si vestiva sembrava molto piu' vecchia. Piu' volte scherzando con lei le dicevo che aveva diritto alla pensione anticipata per motivi di mentalita' e non certo di eta'. Avevo anche un'altra sorella, la maggiore, con la quale i rapporti erano sempre stati complicati. Quella fisicamente era l'opposto di me e diversa anche dalla sorella mezzana: bassina e rotondetta. Scherzando dicevo ai miei genitori che col passare del tempo e con l'esperienza acquisita avevano aggiustato la mira, diventando piu' bravi a sfornare figlie, con me naturalmente come perfetta conclusione. E forse i nostri rapporti erano difficili anche un po' per invidia. Naturalmente non glie l'ho mai detto in faccia, tanto avrebbe negato, ma questo dubbio mi e' sempre rimasto dentro di me. Ma ritornando a quell'episodio, mia madre e mia sorella me le cantarono un po'. Dopo il vestito venne la critica sulle scarpe, questa volta da parte di mia madre " E poi c'e' bisogno di andare in giro con quei tacchi? Ma non ti rendi conto che cosi' metti in difficolt� quel poveretto di Marco, che Dio lo benedica, facendolo sembrare un nanetto al tuo confronto. Almeno nello sceglierti il marito ti sei dimostrata brava, ma te lo devi anche saper mantenere. Dove lo trovi un santo del genere?" E gia', quel santo di mio marito. Se avessero saputo cosa combinavo con quel santo. E poi guai a toccare Marco a mia madre. Lo adorava. Ho sempre creduto che volesse piu' bene a lui che a me. Per lei, lui era perfetto, il marito ideale ed io ero la fortunata che era stata scelta e per questo dovevo ringraziare Dio ogni giorno della mia vita. Che fossi stata fortunata, a dir la verita', lo pensavo anch'io. Solo che anch'io ero l'ideale per lui. Eccome se lo ero. Liquidai la faccenda tacchi dicendo loro che era proprio mio marito che amava le scarpe col tacco alto e siccome anch'io le adoravo, non capivo per quale motivo non avrei dovuto farlo contento. Aggiunsi pure che quello dimostrava che volevo mantenermelo il mio maritino e che ero ben felice di accontentarlo. Non uscii da quella stanza senza prometter loro che il mio abbigliamento, da quel momento in poi, sarebbe stato piu' consono al mio status di donna sposata. Almeno quando mi sarebbe capitato di vederle, aggiunsi tra me. Ma non e' che io andassi sempre in giro con tacchi sproporzionati. Le scarpe erano la mia passione e quelle col tacco alto lo erano ancor di piu', ma mi ponevo dei limiti. Come ho gia' avuto modo di sostenere, le indossavo solo in circostanze particolari perche' altrimenti avrebbero massacrato i miei poveri piedi. I motivi principali del mio amore per quel tipo di scarpe era perche' donavano al mio incedere una sensualita' notevole. Provare per credere. Una donna con le ballerine cammina in un modo, con i tacchi alti in un altro. Ovviamente se questa donna sa camminarci, cosa che e' meno semplice di quanto gli uomini possano credere. E, a saper camminare sopra i trampoli, io non ero seconda a nessuno. L'altro motivo era ovvio e scontato. Mi piaceva mettere in imbarazzo gli uomini abbinando la mia altezza considerevole al tacco alto. Andando in giro con mio marito in quelle condizioni eravamo subito additati. Facevamo l'articolo , ma questo non creava imbarazzo a lui, che vedeva in questo dislivello la prima pietra della sua sottomissione, figuriamoci a me. Ma credo a questo punto di dover aprire una parentesi. Immagino che molti di voi che leggeranno queste mie parole siano tentati a credere che in ogni attimo della mia giornata io fossi vestita per provocare ed avessi sempre atteggiamenti dominanti. Niente di piu' sbagliato. C'erano molti momenti in cui amavo passare completamente inosservata. Quasi tutti i pomeriggi, ad esempio il mio look era minimalista. Me ne andavo in palestra completamente struccata, mi legavo i capelli, scarpe rigorosamente senza tacco, addirittura infradito d'estate e semplici scarpe da tennis durante le altre stagioni ed abbigliamento che non desse adito a sguardi particolari. Io abitavo in un punto abbastanza tranquillo, ma a poche centinaia di metri c'era una via commerciale piuttosto rinomata ed un mercatino aperto tutti i giorni da mattina a sera, pertanto, terminati i miei allenamenti, non di rado mi facevo una camminata tra le bancarelle oppure a guardare le vetrine dei negozi. Un po' per curiosita' femminile ed un po' per deformazione professionale. Spesso mi piaceva andarci con le mie figlie, sia per stare insieme che per comprare loro qualcosa che trovavo interessante. In questi frangenti, era difficile che qualcuno mi guardasse con ammirazione o che mi facesse complimenti. Poteva accadere ma era molto raro. Una donna se vuole puo' nascondersi completamente agli occhi degli altri ed io amavo anche quei momenti, soprattutto se trascorsi con le mie ragazze. Tra l'altro, in quella versione riuscivo addirittura a dimostrare meno dei miei anni e nessuno avrebbe immaginato che io potessi essere la mamma di quelle due belle fanciulle che mi accompagnavano. Ovviamente quando mi capitava di uscire, la cosa cambiava drasticamente. Sia che lo facessi con Marco oppure quando mi recavo dai miei amanti sottomessi, il mio look diventava aggressivo e spregiudicato e comportava mini scandalose, lattice, stivali con tacchi a spillo alti fino al ginocchio e via discorrendo. La cosa particolare era che non e' che mi vestissi in quel modo per aderire alla classica visione della donna dominatrice, ma perche' lo trovavo veramente di una sensualita' estrema. Mi piacevo in quei panni e soprattutto facevo impazzire i miei uomini. Un discorso a parte merita invece quando, ormai molto raramente, si usciva con i vecchi amici o si frequentavano persone per i piu' disparati motivi. In quei casi mi piaceva usare una via di mezzo, farmi molto carina e comunque al mio massimo, senza usare abiti particolarmente provocanti. Un'altra cosa su cui mi voglio soffermare sono i complimenti che ricevevo. Ho appena detto come spesso cercavo l'anonimato ed in quei casi i complimenti scarseggiavano vistosamente, ma appena calcavo un po' la mano sul trucco e sull'abbigliamento, mi capitava di riceverne a iosa. Evidentemente ai maschietti, malgrado quello che sostengono a parole, la ragazza acqua e sapone risulta poco piu' che trasparente ed io non facevo eccezione. Nella mia vita mi e' capitato di ricevere complimenti di tutti i tipi ed ho sempre sorriso soddisfatta, qualunque cosa mi dicessero. Dagli apprezzamenti per il sedere a frasi tipo , accettavo di tutto con piacere, anche se quelli che amavo maggiormente erano quelli timidi, magari semplicemente sguardi ammirati o la classica bocca aperta. Da non tralasciare assolutamente erano le frasi particolarmente simpatiche. Alcune di queste mi sono rimaste impresse nella memoria anche a distanza di anni. Mi trovavo in un bar all'aperto da sola, attendendo mia cugina Alessandra con la quale dovevo fare certe cose che riguardavano il lavoro. Ero immersa nella lettura quando si fermo' un bel giovanotto davanti al mio tavolo che sorridendo mi disse: " Dimmi la verita', vieni pagata dal sindaco per abbellire questa citta?" Inutile dire che rimasi molto sorpresa e compiaciuta, ma ciononostante declinai la sua offerta di farmi compagnia. Come ho gia' detto non mi interessavano semplici avventure e quel ragazzone non aveva certo l'aria di uno che sarebbe stato disposto a farsi sottomettere da me. Un'altra frase particolarmente spiritosa la ricevetti durante un matrimonio di una coppia di amici. Ero con il mio abito da sera lungo e nero, un vestito che mi stava divinamente e stavo cercando il bagno di quella bellissima villa che ospitava quel matrimonio, quando andai quasi a scontrarmi con un uomo a me sconosciuto, sbucato dall'altra parte. L'uomo mi dette un'occhiata poi mi sorrise " Ma lei ce l'ha l'assicurazione?" " Ma di cosa sta parlando. Se non l'ho nemmeno sfiorata. E poi e' lei che e' sbucato all'improvviso" " Ma io non intendevo questo. Lei dovrebbe avere l'assicurazione obbligatoria contro l'infarto, non contro gli incidenti. Un pover'uomo che la vede all'improvviso rischia seriamente di avere problemi cardiaci. Ecco, senta come batte il mio cuore" Gli risposi che mi sarei preoccupata di sentir battere il cuore di mio marito e lo lasciai li che continuava a guardarmi mentre mi allontanavo per cercare il bagno, ma dentro di me non potevo fare a meno di essere molto soddisfatta. Ma tra tutti i complimenti che ho ricevuto nella mia vita, ce n'era uno che non sono mai riuscita a sopportare e che riguardava e riguarda tuttora la mia altezza ed e' quello di essere apostrofata come . Non so se e' usanza anche nelle altre parti d'Italia, ma nella mia citta' voleva significare una donna alta e non proprio filiforme. Premesso che ero e lo sono ancora per mia fortuna, piuttosto magra, forse quell'epiteto era dovuto, oltre che appunto per la mia altezza, per il mio seno diventato piuttosto prosperoso e che spesso, proprio come mi aveva rimproverato mia sorella, mi piaceva mettere in bella mostra. insomma era la frase incriminata. "Ma cavalla sara' tua madre" era immancabilmente la mia risposta. Con alcuni mi fermavo addirittura a bisticciare e, siccome non ho mai avuto il buon senso tra le mie doti, la mia lingua sapeva essere piuttosto tagliente. Come a quel tizio che parlando con un suo amico al mio passaggio disse: " Ma tu che le faresti ad una cavalla del genere?" Mi fermai sorridendo ed andai di fronte a lui " Hai detto bene, sono una cavalla e come tale avrei diritto ad un bel cavallo. Purtroppo tu sei solo un mini pony" Inutile dire che i due tizi rimasero a bocca aperta ed io ripresi tranquillamente a camminare per i fatti miei. La mia vita, pertanto, non era sempre quella che ho descritto finora. Ovviamente mi sono soffermata soprattutto sulle parti inerenti la dominazione, ma c'era anche la vita quotidiana, la vita di una donna come tante altre. La mia vita da dominatrice iniziava di solito la sera, nel momento stesso in cui rientravo in casa e venivo accolta da mio marito, ma per il resto della giornata ero solo Patty, la proprietaria del negozio di abbigliamento con tutti i problemi che questo lavoro mi creava: la scelta degli articoli, la quantita' dei capi da comprare, i problemi con le date di consegne che spesso non erano quelli che avevo richiesto, il deterioramento degli oggetti ed il loro passaggio di moda. Mettere in vetrina articoli dell'anno precedente era impensabile per un negozio che si basava proprio sulla moda del momento. Dovevo essere quindi sempre reperibile, anche il pomeriggio quando mi allenavo e non di rado mi squillava il telefonino per scocciature di ogni tipo nel bel mezzo di un combattimento. Anche in palestra ero semplicemente Patty. Il fatto che fossi diventata piuttosto brava in quello che facevo non lo davo certo a pesare. Volevo che tutti coloro che mi conoscevano pensassero a me come ad una donna normale e devo dire che riuscii pienamente nel mio intento. Chi mai avrebbe pensato che avevo inanellato gia' diversi maschi sottomessi? Anche perche' il mio carattere non faceva certo trapelare una possibilita' del genere. Non avevo peli sulla lingua e sapevo essere stronza come poche, ma ero anche una persona che sapeva scherzare, ironica e decisamente interessante e divertente. Ero una buona conversatrice e potevo dare ottimi consigli, soprattutto sull'argomento che conoscevo meglio: i maschi. Una volta una delle mie commesse aveva delle pene d'amore per un tizio. Avete presente cosa significa avere una commessa con il muso perenne? Ve lo dico io: le clienti scappavano. Le clienti avevano bisogno di vedere ragazze sorridenti che le servissero e non persone musone che sembrava facessero un favore a chi entrava. Insomma, mi feci dire cosa aveva e le diedi poi il consiglio giusto per accalappiare di nuovo quel ragazzo. La dominazione infatti, mi aveva fatto scoprire lati interessanti e prima completamente inesplorati della psicologia maschile, completamente differente per natura alla nostra. Questo mi dava una marcia in piu' nella capacita' di comprensione dell'universo maschile, marcia che la maggior parte delle altre donne non avevano di certo. Quando avevo l'occasione di conoscere degli uomini infatti, anche chi non avevo intenzione di ridurre ad oggetto mio personale, riuscivo ad intrattenere con loro delle conversazioni molto interessanti dal loro punto di vista. Risultato? Che poi alcuni di questi uomini facevano un paragone con le loro mogli o fidanzate pallose e si prendevano una bella cotta per me. Alcuni me lo avevano detto chiaramente, altri me lo facevano intuire, ma la mia reazione era sempre la solita e cioe' che io potevo essere solo un'amica e niente piu'. A meno che l'uomo in questione non fosse quello che avevo deciso di sottomettere. In quel caso ovviamente, il mio comportamento sarebbe stato completamente differente. Anche con mio marito non ero sempre la padrona inflessibile, come ho detto prima. C'erano diversi momenti nella nostra vita, in cui sentivo il bisogno di trascorrere semplicemente del tempo con una persona alla quale volevo bene. Ero sempre, in ogni istante che si stava insieme, la sua padrona. Lui non poteva permettersi di fare nulla senza la mia benedizione, ma questa dominanza era spesso molto tenue. Si trattava di quei momenti in cui il mio piacere non era tanto nell'obbligarlo a fare determinate cose, ma quello di dimostrargli la mia generosita' nei suoi confronti. Ad esempio, il sabato pomeriggio era uno di quei momenti che amavo trascorrere insieme a lui come una normale coppia, anzi, quasi come due fidanzatini. Come facevo tutti i sabati, mi recavo dal parrucchiere ed alcune volte, quando non avevo altre cose da fare, gli ordinavo di attendermi di fuori, dopo di che ci facevamo una passeggiata lungo la via principale, quella via commerciale citata prima. A volte mi capitava di vedere qualcosa che mi sarebbe piaciuto vedere indosso a lui. Mi fermavo quindi a vedere la vetrina e poi, se scorgevo qualche lampo d'interesse da parte sua, entravo e glie la compravo. Ma era la situazione che era anomala e che mi dava un potere molto piu' grosso di quello che avrei potuto avere dandogli uno schiaffo. Una volta vidi una bella camicia estiva bianca. Mi piaceva vederlo vestito di chiaro, lui cosi' scuro di carnagione. Lo accarezzai con tenerezza " Vuoi che te la compri?" gli bisbigliai " Se a lei piace, padrona" " Certo che mi piace" Entrammo e gli comprai non solo quella camicia, ma anche un altro paio di cose. Quando uscimmo lui mi guardo' estasiato. La sua dea gli aveva dimostrato il suo affetto ed era felice come un ragazzino. Mi ringrazio' diverse volte ed io lo baciai con passione, in mezzo alla gente che ci passava vicini. Ecco, mi piaceva dimostrare il mio potere anche in quei modi, non solo picchiandolo duramente o dandogli punizioni e scene come quella descritta si ripetevano in continuazione. Inutile dire che quando si stava in mezzo ad altre persone che ci conoscevano non esisteva piu' ne' la padrona ne' il maschio sottomesso, ma solo Marco e Patty, la coppia che si dimostrava un amore infinito, la coppia invidiata ed additata come esempio di matrimonio felice. Ho gia' parlato della mia famiglia e vorrei adesso parlare di quella di Marco. Con mio suocero erano tutte rose e fiori. Lui semplicemente mi adorava ed ero la nuora perfetta, la brava ragazza che rendeva felice suo figlio ed anch'io gli volevo veramente bene. Con mia suocera le cose funzionavano a corrente alternata, ma tutto sommato poteva definirsi un rapporto sgombro da rancori. Ogni tanto qualche discussione, del resto anche lei era una donna che non le mandava certo a dire, ma anche molto rispetto. Piu' particolare invece, il rapporto con mia cognata, la sorella di Marco. Per i primi tempi addirittura odio, almeno questo era quello che sentivo io da parte sua. Sono convinta che lei si sentisse defraudata dell'affetto enorme che nutriva per il suo fratellino. A peggiorare le cose avvenne un incidente di percorso. Mi trovavo a casa di Marco uno dei giorni successivi a quando scoprii di essere incinta la prima volta, prima quindi del matrimonio, e la sua famiglia stava facendo una tavola rotonda per cercare di risolvere la faccenda, mentre io, per vergogna, me ne ero andata in un'altra camera. Sentivo i genitori di Marco alzare la voce. Erano ovvi rimproveri, considerando la nostra giovane eta', ma lo facevano in modo costruttivo. Mi alzai per origliare, visto che le voci erano diventate nel frattempo piu' basse e sentii il mio futuro suocero " Ma io dico Marco, ma ti rendi conto che saresti dovuto stare piu' attento e che adesso siamo nei pasticci? Ancora devi terminare l'universita' e ti ritroverai con un figlio a carico, senza casa e senza lavoro" Intervenne lei, la sorella di Marco e mia futura cognata " Non riprendertela con Marco, papa', lui non c'entra niente. Lui e' maschio, che altro avrebbe dovuto fare? E' quella la' che doveva rifletterci bene prima di aprire le gambe per fare i suoi comodi. Secondo me l'ha fatto pure apposta per accalappiarsi Marco" Potete immaginare la mia reazione. Oh no, non feci nulla, ma non riuscii mai a perdonargliela del tutto, anche se durante i primi anni di matrimonio, proprio per amore di mio marito che aveva una specie di venerazione per sua sorella maggiore, ci frequentammo a lungo, con risultati tutto sommato soddisfacenti, a parte qualche discussione piuttosto animata che pero' non sfocio' mai in qualcosa di irreparabile. Col tempo le nostre frequentazioni si erano fatte piu' rare e, di conseguenza, anche i nostri bisticci tipicamente femminili. Come ho detto, non le perdonai mai quella frase, ma non potevo odiarla anche perche' lei aveva un bene morboso nei confronti delle mie bambine, oltre che per Marco, contraccambiata completamente soprattutto dalla grande, che la considerava molto piu' di una semplice zia. E se una persona, chiunque essa fosse, amava le mie figlie, per me era comunque da rispettare. Ma le nostre erano famiglie numerose e non c'erano solo i parenti stretti. Sia io che Marco eravamo pieni di zii e cugini. Nella mia famiglia ero considerata un po' come una peste, una ragazza educata nei confronti dei parenti piu' grandi ma pronta a discutere con tutti per qualunque cosa e a non darla vinta a nessuno. Il che, in fondo, era la sacrosanta verita' e che mi aveva fatto guadagnare un certo rispetto in quell'ambito. Ci vedevamo quasi esclusivamente in occasioni delle feste, ma essendo una famiglia appunto numerosa, le occasioni erano piuttosto frequenti. Piu' particolare era la situazione della famiglia di mio marito. Molti dei suoi zii e cugini erano decisamente snob e con un sacco di soldi. Non tutti, ma molti si ed io per lui venivo considerata una specie di rivincita sul suo parentame. Vediamo di spiegarmi meglio. I genitori di Marco erano brava gente alla quale non mancava nulla, ma erano considerati i parenti poveri. Quando lui mi presento' ai suoi zii e cugini ero una ragazza veramente molto carina e Marco era particolarmente orgoglioso di questo. Quando in seguito divenni quella che ero allora, il suo orgoglio era ancor piu' cresciuto e lui si beava delle frasi che i suoi parenti, snob ma molto educati e sempre molto falsamente cortesi, mi elargivano a piene mani. Ogni volta che mi vedevano era la stessa solfa. , e via discorrendo. Tutti complimenti che io contraccambiavo nello stesso modo, ma quelli riferiti a me almeno erano doverosi in quanto ogni volta che mi presentavo dinanzi a loro ero praticamente inappuntabile in ogni piccolo particolare. Sapevo benissimo come vestirmi e come truccarmi in ogni occasione e quando c'erano i parenti ricchi sapevo che il mio look ed il mio comportamento dovevano essere assolutamente di classe. Non solo. Marco quando parlava con i suoi parenti mi descriveva ancora meglio di quello che ero veramente. Raccontava che ero una perfetta donna d'affari, una sportiva nata, una ragazza intelligente che leggeva libri di tutti i tipi e che si interessava di tutto. Era capace di far arrossire persino me che avevo fatto del mio egocentrismo il perno portante di tutta la mia vita. Questo non accadeva solo con i suoi parenti ma in ogni situazione. Ogni occasione era buona per lui per decantarmi, al di la dei miei meriti reali, persino per cose banali. La pallavolo per esempio. O meglio, quello strano gioco che per me era il beach volley che si giocava ogni volta sulla spiaggia dove avevamo la casa al mare. Strano gioco perche' la beach si gioca in due ed invece li si giocava in sei e Marco adorava che io partecipassi a quelle partite. Piaceva anche a me in quanto la pallavolo era lo sport che adoravo e perche' d'estate mi permetteva di rimanere in forma, ma per una come me, che a 18 anni giocava in serie B, era fin troppo facile vincere contro chiunque mi capitasse a tiro. Anche Marco, tra l'altro piuttosto bravino, a volte partecipava a queste partite, ma il suo interesse principale era di rimanere a guardare insieme alle decine di persone che si accalcavano per vedere queste partite per dire loro: " La vedete quella? Quella ragazza bellissima, quella alta, la piu' brava? Ebbene, quella e' mia moglie" Spesso non ce n'era nemmeno bisogno in quanto quasi tutti in quello stabilimento mi conoscevano, ma se non poteva dire quello, era abbastanza abile a portare il discorso su basi tecniche, dicendo che gli altri non mi alzavano bene la palla oppure che non riuscivano a comprendere in tempo le mie alzate e che ero sprecata in mezzo a quei dilettanti. Probabilmente piu' di uno l'avra' mandato a quel paese, ma quel suo orgoglio per me era commovente. Sicuramente anche quello era un sintomo della sua voglia di avere a fianco una moglie dominante. Ho parlato della nostra casa al mare in quanto, dopo aver comprato il negozio, i soldi per un certo periodo di tempo scarseggiavano nella mia borsa e quella era l'unico tipo di vacanza che potevamo permetterci. Da li ad un paio d'anni, finito cioe' di pagare il debito con mia cugina, le cose sarebbero migliorate decisamente, ma in quel periodo la situazione era quella. O continuavamo a fare la nostra solita vita senza farci mancare nulla, ma risparmiando sulle vacanze oppure si risparmiava durante tutto l'anno per andare poi in vacanza un paio di settimane. Scelsi la prima possibilita', anche considerando che quella casa era per me un punto d'appoggio estivo veramente importante. Ma se quello era il suo comportamento nei momenti in cui stavamo insieme ad altra gente che conoscevamo, com'era il mio nei suoi confronti? E questa e' la cosa piu' strana di tutte in quanto io mi spogliavo quasi completamente del mio animo dominante. Attenzione! Ho detto quasi completamente ma mai del tutto. Ad esempio, se si stava al mare, vicino a tutte quelle famiglie che ci conoscevano da tanti anni, mi piaceva essere semplicemente Patty, la bella moglie di Marco, magari un po' rompiscatole in alcune occasioni, ma dolce e tenera in altre. Quando lo vedevo sdraiato sul lettino, ed io sapevo benissimo che lui lo faceva apposta, adoravo sedermi accanto a lui, toccargli i capelli ed il petto e poi, immancabilmente, costringerlo a voltarsi per potergli togliere i puntini neri dalla schiena. Ancora una volta devo rimarcare quanto fosse incredibile che i nostri piaceri concordassero in modo assoluto in tutto quello che facevamo. Forse a parte i miei tradimenti. Forse. Comunque io amavo toccarlo e lui andava in estasi nel sentirsi toccare e rimanevamo in quel modo a lungo, mentre io continuavo a chiacchierare con le mie vicine di ombrellone fino a che qualche suo conoscente lo reclamava per qualche partita a carte o per fare una passeggiata sul bagnasciuga. Marco si girava e mi guardava negli occhi in cerca della mia approvazione, approvazione che non gli negavo mai e che accompagnavo prima con un sorriso e con un lieve ed impercettibile movimento con la testa e poi con un grosso bacio che scatenava l'ilarita' delle mie vicine che mi vedevano come una moglie innamorata persa del marito. Ma dunque, cosa provavo esattamente per lui? Ho sostenuto che non l'amavo piu', non almeno come una donna dovrebbe amare un uomo, allora di cosa si trattava? Era un sentimento strano che anche in seguito non sarei riuscita a definire con precisione, ma di una cosa ero certa; guai a chi me lo toccava. In quel caso sarei diventata una belva. Mi ero accorta di cosa avrei potuto combinare in tal caso alcuni mesi prima. Era un giovedi' sera e come tutti i giovedi' Marco andava a giocare a calcetto con gli amici, cosa che, tranne in rare occasioni, non gli avevo mai negato. Quella era una serata sacra per me e non prendevo mai impegni in quanto la dedicavo completamente alle mie figlie. Durante la stagione fredda me ne restavo a casa con loro, giocando magari a cuscinate per poi fare qualcosa insieme al computer dove, immancabilmente, mi prendevano in giro per la mia quasi totale incapacita' di usarlo nel modo giusto, mentre loro, figlie della nuova generazione, potevano considerarsi delle piccole allieve di Steve Jobs. Infine ci mettevamo a vedere un po' di televisione, con loro che si addormentavano sistematicamente dopo pochi secondi addosso a me, stanche di una giornata piena di studio, sport e gioco. Meravigliosa sensazione. Ma, appena riscaldava l'aria, anche noi tre femmine facevamo compagnia a Marco. I compagni di calcetto di mio marito infatti, erano tutte persone che conoscevo anch'io e, di conseguenza, ne conoscevo molto bene le varie compagne. Si trattava di colleghi di lavoro, di amici ed anche di qualche parente, compreso il marito della sorella di Marco, mio cognato. Quindi molte di noi mogli ci recavamo non tanto a vederli, in quanto non ce ne fregava niente, quanto a chiacchierare nel bar di quell'impianto sportivo, mentre anche le bambine si divertivano giocando con altre coetanee, figlie di quegli improbabili campioni di calcetto. Fu proprio in una di quelle occasioni che sentimmo un urlo provenire dal campo. All'inizio non ci facemmo caso. Erano soliti litigare spesso, salvo poi riappacificarsi immediatamente da buoni amici, ma quella volta sembrava diverso e tutte noi ci alzammo per andare a vedere cosa era accaduto, in preda ad uno strano presentimento. Infatti, uno dei giocatori era in terra, apparentemente straziato dal dolore e mio marito in ginocchio su di lui con le mani sul volto. La moglie, Vanessa ed anche tutte noi chiedemmo spiegazioni ed uno dei giocatori ci disse che mio marito, scivolando sull'erba sintetica umida, aveva colpito in pieno sulla tibia quel poveretto, un certo Andrea. Questi pero' non era cosi' grave come sembrava e dopo alcuni minuti si rialzo', aiutato da mio marito che continuava a scusarsi con lui dicendogli che non l'aveva fatto apposta e che era semplicemente scivolato e da altri uomini. Anch'io lo seguii fino a che si capi' perfettamente che era in grado di farcela da solo e che probabilmente si trattava solo di una forte contusione. Gli applicarono del ghiaccio e la cosa sembrava terminata li'. Dopo alcuni minuti mi alzai per vedere come stava. Era accanto alla moglie che parlottavano di spalle e quindi non poterono sentirmi arrivare ma udii chiaramente quello che Vanessa gli diceva " La prossima volta spaccagli la gamba a quello stronzo" Mi sentii pervadere da una rabbia indescrivibile. La presi per un braccio e la feci alzare di colpo e la spinsi a forza contro il muretto degli spogliatoi ed iniziai a stringerla con violenza, senza preoccuparmi del fatto che ci trovavamo insieme a decine di altre persone e che lei nel frattempo si era messa a frignare come una bambina impaurita, assolutamente incapace di liberarsi " Stronza ci sarai tu. Mio marito non lo ha fatto apposta e se hai paura che il tuo possa farsi male, mandalo a fare danza classica" Intervennero subito tutti e per fortuna ebbi la capacita' di fermarmi. Anche Andrea non provo' ad alzarmi le mani ma cerco', inutilmente, di liberare sua moglie dalla mia stretta, altrimenti non so come sarebbe potuta finire per lui. Quell'episodio, che comunque non ebbe seguito tant'e' che gia' dal giovedi' seguente Andrea ritorno' a giocare piu' pimpante che mai, mi fece capire cosa sarebbe potuto accadere se qualcuno avesse toccato mio marito o semplicemente se ne avesse parlato male. Lui era mio, il nostro era un rapporto particolare e solo io potevo fargli certe cose. Su questo basavo il mio matrimonio particolare e su quello avrei proseguito. Un paio di settimane dopo le altre donne costrinsero sia me che Vanessa a fare pace, ma credo che tutti avessero compreso che la mia famiglia non si toccava e che, come i fili dell'alta tensione, chi lo faceva andava incontro ad una brutta fine. Tra l'altro questo scateno' ancor di piu' l'orgoglio che Marco nutriva nei miei confronti in quanto mi racconto' che nelle chiacchiere di spogliatoio si era parlato di me e della facilita' con la quale avevo sopraffatto Vanessa che pure non era proprio piccolina. Inutile dire che lui aveva risposto che non avevano visto nulla delle mie capacita' e che io ero in grado di fare ben altre cose. Sicuramente il suo sogno proibito era quello di far uscire dalle mura domestiche la mia dominazione nei suoi confronti, far vedere a tutti quanti che sua moglie era una specie di super eroina e, siccome anche io desideravo mettermi in mostra, proprio come avevamo provato nella vacanza in cui avevo incontrato Luca, pensai che qualcosa comunque si poteva fare. Non potendo farlo nei posti dove ci conoscevano, decisi, ma forse il termine piu' esatto sarebbe che Marco butto' giu' l'idea e poi io presi la decisione, di tanto in tanto di allontanarci dalla citta' e di andarcene in posti dove non avremmo corso rischi di trovare conoscenti. In quei casi mi vestivo piu sexy possibile, preferibilmente con uno dei miei tanti pantaloni di lattice e ci facevamo un centinaio di chilometri, mangiavamo in un ristorante dove io rimarcavo la mia dominazione davanti a tutti, dicendo ad esempio al cameriere quello che volevo per mio marito e sgridando Marco davanti a tutti. In seguito magari una bella passeggiata nel paese che avevamo scelto come meta, con tutti i residenti con gli occhi di fuori al mio passaggio. Ritornavamo a casa felici e contenti come due ragazzini e da allora non abbandonammo piu' questa folle idea di esibirci di fronte agli altri ed anzi, la migliorammo col passare del tempo. Ovviamente non era una pratica che potevamo fare sempre. Mancanza di tempo, le bambine e via discorrendo ci impedivano di farlo ogni domenica ma, appena trovavamo l'occasione, non ce lo facevamo ripetere. Ma come consideravano quindi gli altri la coppia Patty e Marco? Vallo a sapere con precisione. Probabilmente, come ho detto prima, tutti ci vedevano come una coppia felice, anche se era abbastanza evidente come io fossi il perno sul quale ruotava la nostra unione, ma niente lasciava trapelare la realta'. Il problema maggiore ce l'avevo semmai con i vicini di casa che qualcosa avevano cominciato ad intuire considerando le mie continue uscite da casa la sera. Pur dispiaciuta che Marco potesse passare per un cornuto contento, non avevo pero' intenzione di smettere solo per far contente quelle linguacce. D'altronde non dovevo frequentarli e certezze non ne avevano di certo in quanto non mi avevano mai visto con nessuno. Su quello non transigevo. Nessuno si sarebbe mai dovuto azzardare a venire sotto casa mia e le nostre frequentazioni si svolgevano solo in luoghi chiusi. Quindi o a casa loro oppure nella mia casa al mare solo e rigorosamente d'inverno, quando praticamente non c'era nessuno. Come si puo' evincere da tutto quello che ho raccontato quindi, la mia vita non era solamente indirizzata al dominio degli uomini e la maggior parte della mia giornata era imperniata su tante altre cose. Ma, come ho detto, appena arrivavo a casa la sera, tutto cambiava e soprattutto ero io a cambiare completamente pelle. Mi spogliavo completamente della Patty donna normale e diventavo Patty la dominatrice. Mi infilavo i miei abiti in lattice che ormai per me erano diventati l'emblema stessa della dominazione, mi truccavo pesantemente e mi apprestavo a sottomettere pesantemente e con tutti i mezzi a mia disposizione gli uomini che avevo scelto, per quello che ritenevo fosse per loro un onore. Si, l'onore di servire la loro dea, l'onore di obbedirmi ed anche quello di subire punizioni da me ed essere picchiati e solo quando vedevo in che modo li avevo ridotti, in che modo ognuno di loro mi desiderasse, cosa avrebbero fatto per una semplice carezza da parte mia, potevo ritenermi completamente soddisfatta. E quella sera, mentre ritornavo a casa con i biglietti per Barcellona, dopo aver trascorso la sera con uno dei miei sottomessi, pensavo ormai di aver raggiunto il massimo possibile e che i miei unici sforzi li dovevo compiere per mantenere questo livello di perfezione. Non sapevo che in Spagna avrei scoperto l'ultimo tassello, una sensazione che mi avrebbe fatta sentire ancora piu' potente, ancora piu' grande. Forse nessun'altra donna al mondo sarebbe mai riuscita a provare contemporaneamente tutte quelle sensazioni al cospetto di un uomo, del proprio uomo. Sentirsi adorate per la propria bellezza e' cosa normale, per la propria intelligenza anche, per le capacita' che si hanno, piuttosto usuale, per la superiorita' fisica molto piu' raro ma comunque possibile. Averle tutte era rarissimo, ma a giorni avrei provato la sensazione forse piu' rara di tutte, quella che mi avrebbe fatto diventare, almeno dal mio punto di vista, la dominatrice perfetta. Se volete dialogare con me, inviate una mail a pattytrasgressiva@tiscali.it