Una napoletana nel West     È un giorno di ottobre del 1882. Nel saloon fumoso e maleodorante c’è la solita ressa di cow boy e ballerine. Vicino all’uscita, ad un tavolo, stanno tre uomini dall’aspetto poco raccomandabile. Sono tre famigerati banditi, che da qualche tempo fanno il bello e il cattivo tempo in città. La legge è impotente contro di loro, e le vessazioni nei riguardi dei cittadini si susseguono senza posa. Nessuno osa opporsi a loro. Ad un tratto la porta del saloon si spalanca, e, nella luce del tramonto, appare una grossa figura. È una donna, alta più di un metro e 80, dal massiccio fisico che supera di molto i 100 kg. I lunghi capelli neri sono legati a coda di cavallo, lasciando ben visibile il viso dai tratti marcati. L’abito ricorda quello di una ballerina, con la lunga gonna svasata e ben aderente ai robusti fianchi. Le poderose spalle sono lasciate scoperte. Si tratta di una napoletana giunta in America da pochi mesi, che lavora da poco nel saloon. Prima lavorava presso una fattoria, e si dice che fosse in grado di abbattere un toro afferrandolo per le corna e sbattendolo a terra. Ora, andata in malora la fattoria, si dà da fare nel saloon. La napoletana si siede ad un tavolo poco distante da quello dei tre fuorilegge, e prende a guardarsi intorno, in attesa che l’altra donna di servizio termini il suo turno. Ad un tratto uno dei tre afferra rudemente una ballerina e la trascina al tavolo, sbattendola sulle ginocchia di un altro. La donna urla e si dimena, ma nessuno interviene in suo aiuto. Solo la napoletana, senza nemmeno alzarsi, intima ai tre, con un vocione tremendo, di lasciarla stare. I tre, lasciata perdere la ballerina, si alzano e si avvicinano alla donna. Uno dei tre le chiede di ripetere quello che ha detto. Per tutta risposta la napoletana si limita ad alzare una natica dalla sedia e a svuotarsi fragorosamente gli intestini dell’aria in eccesso. Un attimo dopo si alza e alza anche il tavolo, col quale travolge tutti e tre i banditi, stendendoli al suolo. I tre restano qualche istante semistorditi, poi uno si alza e attacca la napoletana, la quale, brandendo una gamba del tavolino che si è frantumato, lo colpisce due tre volte alla faccia, rimandandolo al tappeto. Gli altri due, rialzatisi, attaccano rabbiosamente la donna. Uno la blocca da dietro, l’altro cerca di colpirla con un pugno, ma il pugno si infrange dolorosamente sul bastone di legno che la donna impugna. Poi la donna sferra un calcio poderoso ai genitali dell’uomo, stendendolo faccia a terra. Anche quello che la blocca da dietro sta per cedere: la napoletana, di molto più grossa di lui, arretra pesantemente e l’uomo diventa l’imbottitura di un sandwich le cui fette di pane sono la napoletana e il muro. Poi la donna si gira e lo finisce con due bastonate da ammazzare un cavallo. Gli altri due cercano istintivamente di mettere mano alle pistole, ma le fondine sono vuote! Le due ballerine del saloon gliele hanno sfilate e ora a debita distanza li tengono sotto tiro. Così la gigantesca napoletana può concludere l’opera: sui tre si abbattono calci e bastonate tremendi, fino a che uno dei tre tira fuori un coltello. Ma la napoletana lo disarma con una bastonata alla mano e poi, gettato il bastone, lo afferra per il collo e i genitali, lo solleva come un fuscello e lo scaraventa con inaudita forza contro il muro del saloon. Un urlo di dolore e poi l’uomo si abbatte a terra morto. Gli altri due, sanguinanti e doloranti, terrorizzati alla vista del complice ucciso a mani nude dalla napoletana, scappano via e da allora non ricompariranno più in paese. L’incubo è finito.   GIOVANNI