La verità non basta. By Federica, fdelponte1980@hotmail.com A Matteo, la cui intelligenza pone più domande di quante possiedano una risposta. Era una delle domeniche più calde dell'anno. Erano le ore più calde del pomeriggio, la canicola dell'estate bruciava i corpi, l'afa estirpava sudore da ogni lembo di pelle: era inutile cercare la fuga all'ombra, non esisteva pietà in questo assalto di sole agostano. Ilaria cominciava a pentirsi di aver acconsentito ad accompagnare Teo alla sua partita di calcio. Era convinta che la periferia non fosse il loro ambiente, e si stupiva del fatto che il suo ragazzo la frequentasse da tanti anni, ogni domenica d'estate e ogni sabato di inverno, sottoponendosi ad una tale tortura degli elementi per una stupida partita di pallone con gli amici. In periferia le sembrava che il clima fosse anche più selvaggio e sprezzante della natura umana di quanto avvenisse nei loro quartieri; le pareti più scalcinate e bianche, le muraglie lunghe senza finestre, le strade deserte delle zone industriali, la polvere in abbondanza - rendevano quella zona più simile alle contrade di una città minacciata da battaglie recenti, o collocata in luoghi poco civilizzati, dove ogni centimetro di terreno riarso e bruciato dal sole deve essere difeso con il sudore e lo scontro fisico dei corpi, con la forza bruta. Matteo amava la sua partita domenicale come quando era bambino. Cercava nel parco da lontano gli amici, stava già pregustando il momento in cui le squadre si sarebbero affrontate in campo. Indossava una divisa del Milan ridotta alla sola canottiera ufficiale, per il caldo soffocante, e ai pantaloncini bianchi. Somigliava d'aspetto ad un idolo delle teenager, la natura lo aveva fornito dei lineamenti che le case discografiche impongono a fatica ai divi che calcano i palchi della musica leggera di tutto il mondo; sebbene si avvicinasse all'età in cui di solito ci si laurea, il suo volto, i suoi gesti, la sua camminata, il suo abbigliamento e il suo linguaggio continuavano a ricordare un liceale scappato dai compiti per casa. Era la statura a tradirlo, probabilmente le sue misure ridotte lo avrebbero spogliato per sempre dal gusto di aspirare un giorno al ruolo di rock-star, oltre che di percorrere la carriera del basket, e persino degli amatissimi campi da calcio. Probabilmente le major del cinema e della musica avrebbero gradito poco anche i peli che ricoprivano il suo petto, e che guastavano la sua immagine efebica. D'altra parte Ilaria sembrava gradirlo così com'era; e questo gli bastava. Stavano attraversando i primi spazi verdi del parco, disseminato di campi da gioco quasi deserti. In realtà parlare di erba sarebbe stato eccessivo, vista la quantità di polvere e la rarità dei ciuffi d'erba - resi quasi gialli dalla ferocia del sole. Avevano raggiunto il quartiere alla periferia della città con la macchina, e contro ogni sua abitudine questo viaggio aveva trasformato Matteo in un compagno di squadra che arriva in anticipo sull'appuntamento. Nell'aria immobile e deserta, qualcuno si sollevò dall'ombra di un albero per venire loro incontro. Non era un amico coinvolto nella partita, non aveva indosso nemmeno la divisa da calciatore, per amor di precisione non era un maschio. Era invece una ragazza, una donna che Teo conosceva molto bene, perché era stata la sua ragazza per quasi due anni; la loro relazione si era interrotta 3 mesi prima. Matteo aveva preso l'iniziativa di interrompere il rapporto, non tanto perché si fosse reso conto di non aver mai amato Sara (di questo in realtà era sempre stato consapevole), ma perché la nuova relazione con Ilaria stava per cominciare, e l'incantesimo di questa storia ancora tutta da sperimentare, di questa sensazione di universo ancora da godere, da scrutare, da dilapidare, appariva troppo seducente per poterla sacrificare all'altare della fedeltà. Sara aveva subito la sua scelta prima con una desolazione muta e rassegnata, poi con una serie di scoppi di collera con i quali lo assaliva quasi all'improvviso, in pubblico, in casa, in biblioteca. Matteo aveva reagito secondo regole che sembravano impartite dal suo stesso codice genetico: era sparito, non si era lasciato più avvicinare, nemmeno al telefono, aveva cominciato ad evitare i luoghi dove erano soliti incontrarsi, era svanito nella nuvoletta dorata dove lo aspettavano le delizie della nuova relazione con Ilaria. Il disprezzo di Sara per il calcio lo aveva rassicurato nella convinzione che al parco non lo avrebbe mai raggiunto. Ma l'imprevedibilità era la caratteristica di Sara che Matteo sosteneva di aver apprezzato per prima. Lei parve pronta di nuovo a non deluderlo. Non disattese nemmeno il timore che avrebbe allestito una scenata di disperazione. Avrebbe voluto cambiare strada e sottrarsi all'incontro, ma quando riuscì a distinguerla era ormai troppo tardi. Questa volta però la presenza di Ilaria accrebbe la tensione secondo una scala di violenza che era inusuale anche per i tempi più caldi delle litigate. Sara non risparmiò nemmeno un dettaglio circa la sua opinione su Ilaria, le dichiarò il suo odio, volle che sapesse che doveva considerarsi una puttana, e che solo una stronza della sua misura avrebbe potuto comportarsi così. "Ma sei fuori?! - la rimproverò Matteo - lei non c'entra un cazzo. Se devi prendertela con qualcuno, pigliatela solo con me!" "Che bella coppia di coglioni siete - replicò Sara - siete fatti davvero uno per l'altra!" "Ti prego Sara, calmati, stai sparando cazzate!" "So bene quello che dico, e adesso non farmi il principino solo perché c'è questa troia a guardarti" urlò Sara. "Cazzo, non chiamarla più puttana, hai capito?! Cazzo, non ti permettere più!" replicò secco Matteo. La scena era tanto concitata, che quasi nessuno notò come dall'albero dove Sara si era riparata dal sole, stava sopraggiungendo un'altra ragazza con passo sicuro e un'espressione accigliata. "Qua l'unico stronzo che deve cercare di stare molto tranquillo sei tu!" diede sulla voce a Matteo l'amica di Sara. Matteo la guardò come se stesse ammirando un prodigio. Era sorpreso di non averla scorta mentre avanzava verso di loro, perché la figura della donna misteriosa era imponente rispetto alle altre due ragazze, persino un più alta e muscolosa di quanto apparisse Matteo stesso. Le sue spalle avevano la struttura larga di una nuotatrice, le sue gambe esponevano la potenza di allenamenti assidui, la loro flessuosità suggeriva che non si trattasse di una semplice cultrice delle palestre, ma che fosse una donna capace di usare i suoi muscoli per conquistare importanti risultati in diverse discipline sportive. Il suo volto era squadrato e severo, come quello di un ufficiale dell'esercito: i capelli erano corti e biondissimi, gli occhi erano verdi e glaciali. Nel complesso Matteo subiva la suggestione di trovarsi di fronte ad una ragazza bellissima ma dall'aspetto marziale, inquietante. "E lei chi è?" domandò Matteo a Sara. "Si chiama Eva - rispose Sara - e mi ospita in casa sua come sua nuova coinquilina". "Ciao Eva, sono Matteo" le disse porgendole la mano. "Lo so chi sei, pirla - dichiarò Eva con uno sguardo sprezzante e senza rispondere all'invito della mano tesa - e puoi rivolgere le tue domande direttamente a me". "Scusa" borbottò Matteo a disagio. "E' che a stare con questa puttana si rincoglionisce - proclamò Sara - devi capirlo poveretto". "Cazzo, l'hai detto ancora - si ribellò Matteo - mi stai rompendo il cazzo Sara!". "Ehi, stronzetto, ti ho avvertito di essere ubbidiente - lo interruppe Eva - non puoi rivolgerti a Sara in questo tono, ricordati sempre che sei tu il responsabile del casino. E che io ti odio per questo!" "Ma scusa, tu che cazzo ne sai di questa storia?" cercò di aggredirla Matteo. "Sara mi ha raccontato ogni particolare - rispose pacatamente Eva - e ho passato lunghe ore a consolarla dalla tua arroganza. Le ho spiegato che non doveva soffrire per un rottoinculo come te, le ho assicurato che se si fosse presentata l'occasione sarei stata io stesso a mostrarglielo. Sara merita tutto l'amore che tu non hai saputo rivolgerle, ha bisogno di qualcuna che ricambi la passione e la generosità con la quale dona se stessa. Io cerco di offrirle tutto quello che merita.". "Non ci posso credere, mi hai trascinato in mezzo ad un covo di lesbiche." sussurrò Ilaria al suo ragazzo; il volume tuttavia non fu abbastanza discreto, perché Sara afferrò il senso della frase che i due amanti si erano scambiati. "La tua troietta è così limitata da non riuscire a capire i veri sentimenti?! - Sara schernì Matteo - Proprio degna di te!" "Cazzo, finisci di fare la stronza Sara! - esplose Matteo - Ma cazzo hai da essere così acida?!" "Ehi, pallemosce, non basta dare fiato alla bocca per ottenere quello che si vuole! Se vuoi il nostro silenzio, battiti contro di me. Se vincerai, non vedrai mai più né Sara né me, nessuno verrà più a romperti le palle per quella vecchia storia. Altrimenti toccherà a te obbedire, e mollerai la tua puttana, come chiede Sara." "Ma non dire cazzate Eva - replicò agitato Matteo - io non mi batto contro una donna." Non riuscì a terminare la frase, che Eva lo colpì con un montante velocissimo al mento. Matteo rovinò a terra. Eva lo fissava con aria di sfida, assumendo la posizione di difesa pugilistica, mentre il ragazzo si massaggiava il mento. Anche Ilaria lo fissava, ma lei accorse con spavento per aiutarlo a risollevarsi. "Andiamocene Ilaria, queste sono pazze" sentenziò Matteo mentre si rialzava dal suolo. Ma Eva lo afferrò in presa bearhug sotto le braccia, stringendolo all'altezza del petto: "Dove credi di scappare, brutto vigliacco" gli urlò in un orecchio, mentre lo scagliava di nuovo nella polvere dopo averlo fatto roteare verso sinistra. "Stronza, te la sei cercata!" ringhiò Matteo, sorgendo in piedi con un sorprendente colpo di reni e scagliandosi verso Eva: la sua frequentazione dei campi di calcio si faceva sentire anche in questa occasione. Eva sventò il primo impeto di Matteo scansandosi agilmente, e resistendo alla pioggia di pugni con la quale il ragazzo cercava di sopraffare la sua arroganza e la sua resistenza. In gran parte i colpi di Matteo si perdevano nel vuoto; altri venivano parati dalle braccia solide della donna, che erano in grado anche nei punti di massima tensione di allontanarlo con spintoni violenti. Infine Matteo cominciò ad ansimare, la sfuriata di reazione alla provocazione si concludeva per esaurimento del fiato senza aver raggiunto ancora nessun risultato. Lo scambio di colpi divenne più equilibrato, con una fase di studio degli avversari. Ilaria e Sara assistevano al match: Ilaria sembrava tesa e preoccupata, non immaginava che il suo ragazzo avrebbe reagito alla provocazione accettando il confronto, e tutto era successo troppo in fretta perché lei potesse intervenire per cercare di fermarlo. Sara invece appariva tranquilla, un sorriso di sfida le tracciava il viso: sembrava che si aspettasse già tutto, che avesse già tutto previsto e cercato. Eva trovò improvvisamente la via per raggiungere Matteo al corpo, frustandolo con un destro violento allo stomaco. Il ragazzo si piegò in due con un lamento, coprendosi gli addominali devastati con entrambe le braccia. Eva alzò la gamba sferrando un calcio sul fianco di Matteo. "Aaah cazzo. aaaaaah. aaaaaah.!" gemette Matteo, in grande difficoltà. Il ragazzo continuava a rimanere piegato, con il braccio destro impegnato a proteggere lo stomaco ferito; poiché era momentaneamente incapace di attaccare, la sua unica strategia per qualche tempo consistette nella fuga dalla donna, che lo torturava con ogni forma di colpo per approfittare del vantaggio e di mettere termine alla prova. Lo pestò su tutto il corpo, ma Teo imparò a temere soprattutto la furia delle sue gambe, la cui potenza distruttrice sarebbe riuscita a spezzarlo se avesse infiertito sul suo fisico abbastanza a lungo. Infine un calcio centrò la coscia destra del ragazzo, con il risultato di farlo inginocchiare a terra. Sul volto di Matteo si dipinse un'espressione straziata, mentre Eva lo fissava con sprezzo dall'alto; si voltò anche in direzione di Sara, per scambiare uno sguardo di intesa, alludendo al fatto che il maschio sembrava ad un passo dalla sconfitta definitiva. Ma con uno sforzò che costò un gemito allo stesso Matteo, questi riuscì a scattare proprio mentre Eva tornava a posare lo sguardo su di lui, raggiungendo l'avversaria distratta con un montante al volto. Questa volta toccava alla ragazza rovinare nella polvere stordita dall'attacco del maschio, mentre Teo si precipitò a cavalcioni sul suo seno con l'obiettivo di finirla con una gragnola di pugni al volto. Il progetto fallì perché Eva bloccò le sue braccia con le mani, mentre si inarcava nel tentativo di disarcionare l'avversario. La lotta delle braccia tendeva i corpi dei lottatori, che digrignavano i denti, emettevano gemiti per lo sforzo; ma proprio mentre Matteo sembrava sul punto di minacciare il volto di Eva, con un'ultimo arco la ragazza riuscì a farlo scivolare giù dal proprio bacino, alla portata della stretta delle sue gambe. Le cosce della donna stritolavano i fianchi del maschio, costringendolo ad affannare il respiro e a perdere fiato; in breve Teo comprese che la potenza delle gambe femminili era tutt'altro che un mito, e il dolore al tronco lo costrinse ad abbandonare il confronto con le bracia di Eva, al fine di utilizzarle per allentare la morsa delle cosce dell'avversaria. I peli del suo petto inondavano la canottiera milanista di sudore; non appena Eva si ritrovò con le braccia libere, inarcò gli addominali e si trovò faccia a faccia con il ragazzo, che veniva torturato al bacino dalla forza inesorabile delle sue cosce. Lo colpì con un pugno devastante alla bocca dello stomaco, proprio dove terminava la macchia di sudore che gli inondava il petto. Il maschio si afflosciò pietosamente, e lei lo scagliò lontano con le gambe. Matteo annaspava di nuovo disteso nella polvere, mentre lei si alzò e si avvicinò con un incedere altero. Con una nuova mossa a sorpresa, prima che Eva potesse infierire sul suo corpo ferito, il ragazzo le spazzò i piedi con un takle da terra; la donna, colta impreparata, cadde al suolo. Matteo potè rialzarsi e riprendere la tattica della fuga vigliacca davanti alla furia distruttrice della donna. Ilaria cercava di incitarlo, con un'ansia che non aveva smesso di crescere dal momento in cui il suo ragazzo aveva deciso di accettare la provocazione ed avventurarsi nel confronto fisico. La sua espressione e i suoi gesti lasciavano trasparire ogni oscillazione della sua empatia: il terrore mentre Teo rotolava a terra o cercava la via della fuga dalle percosse di Eva, la speranza mentre il maschio sembrava sul punto di sopraffare la ragazza, di nuovo la paura e il disprezzo mentre il suo ragazzo si sottraeva alla sfuriata della donna. Tutto l'incontro era punteggiato dal clamore dei suoi interventi: "Attento Teo!!!", "Via Teo, occhio!!", "Forza Teo, fagliela pagare!!". Ma è poco probabile che Matteo riuscisse a percepire tutte queste sfumature; senza dubbio invece, oltre al dolore fisico, provava una vergogna opprimente al pensiero che la sua ragazza lo vedesse fuggire dallo scontro mentre si trovava in difficoltà, e che sentisse i suoi lamenti sotto i colpi con cui Eva sferzava il suo corpo - sempre più provato dalla lotta e indifeso dagli attacchi devastanti dell'avversaria. Infine Eva riuscì a raggiungere con un calcio l'ombelico di Matteo; mentre il ragazzo si piegava in due per lo strazio agli addominali, la donna vibrò un montante al mento che lo fece crollare a terra. Eva lo ribaltò con la schiena al suolo, si sedette sul suo petto imprigionandogli le braccia (ancora impegnate a proteggere gli addominali) con le gambe ai lati del tronco; quindi cominciò a demolirlo di pugni sul suo volto infantile. Il maschio si sentì indifeso e spezzato dall'aggressione finale di Eva: piangeva e gridava, i suoi occhi esprimevano un terrore assoluto - come riesce a comunicarlo un bambino - e nella congestione della sua faccia gonfia di botte, dalla sua gola usciva un lamento rotto dai singhiozzi che invocava pietà dalla vincitrice. "Ti prego, basta, basta!" le domandò con voce quasi neutra Ilaria, afferrandola per le spalle - ma non con violenza, anzi, quasi accarezzando le sue spalle ampie e centellinando il gusto di tastare i muscoli possenti di Eva, con un passaggio delle sue mani anche sui bicipiti robusti, sulle braccia vittoriose. Davanti ad una richiesta così delicata, l'anima di Eva non poteva risultare indifferente; con un'emozione appena accennata dal movimento delle sopracciglia, interruppe il massacro del ragazzo, volgendosi per qualche istante a fissare Ilaria negli occhi. Poi all'improvviso si sollevò lasciando libere le braccia di Matteo, che stravolto dall'umiliazione che stava subendo sotto lo sguardo della sua donna, si coprì il volto pestato continuando a singhiozzare sotto le sue mani composte ad una protezione tardiva della faccia. La vista del ragazzo era annebbiata dalle lacrime e oscurata dalle dita che si componevano a mascherare pietosamente il suo volto delicato, percosso e violato dalla brutalità dell'avversaria vittoriosa. Purtroppo, nello stato di prostrazione indifesa in cui giaceva, Matteo non poté verificare che la lottatrice si era sollevata dal suo petto per girare attorno alle sue gambe e raggiungere una posizione mediana tra le cosce che - nello spasimo della sofferenza - il maschio aveva sollevato e divaricato. Mentre i lamenti di Teo proseguivano soffocati dalle mani, Eva si scagliò con un calcio sui coglioni del ragazzo, comprimendoli sotto la suola delle scarpe. "AAAAAAAAAAAAAAAAAAAARRRRRRRRGGGGGGGGGGGGGGGGGHHHHHHHHH - strepitò il maschio colpito sul punto più fragile e prezioso della sua virilità - aaaaaaaahhhhhh nnnnooooooooooooooo. aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaahhhhhhhhhh cccccazzo. aaaaaaaaaaaaaaaahhhhhhhhh." In realtà la pressione con cui Eva torturava le palle del ragazzo non era così intensa, come la sorpresa e lo spavento facevano temere a Matteo. Il suo obiettivo infatti non era ancora quello di infliggere il colpo definitivo della vittoria finale sul corpo del ragazzo - ma quello di strappare la resa che avrebbe trasformato in una disfatta umiliante la sconfitta del maschio. Il match infatti non poteva terminare soltanto con la sottomissione fisica di Matteo, ma con la sua promessa solenne di rispettare la volontà di Sara e di estinguere in questo modo la causa stessa della gara. La sopraffazione che Eva stava perpetrando sul corpo del ragazzo aveva il compito di dimostrare che le sue ragioni erano soltanto menzogne di fronte all'odio che Sara provava per lui, e che questo odio doveva essere soddisfatto. Ma Eva aspirava ad ottenere ancora di più: bramava di mostrare con la più struggente mortificazione del suo avversario, che non esisteva nessuna dignità nel corpo di un maschio tale da poter suscitare la stima di una donna, quindi anche il suo amore e il suo desiderio. Voleva liberare Sara dalla sua sudditanza nei confronti di quello che l'abitudine e l'educazione le avevano insegnato ad attendersi da un ragazzo - ma del tutto infondatamente, o almeno così sperava di dimostrare. Le mani di Matteo avevano cessato di coprire il volto, e avevano circondato il piede opprimente di Eva che stritolava la delicatezza delle sue palle; la sua schiena si era inarcata nello contrazione che il dolore ai coglioni infliggeva a tutto il suo corpo, travolgendogli il petto di crampi e soffocandogli il respiro. "Ah, ccccazzo!... aaaaaaaaahhhhhhhh. basta. aaaaaaaahhhhhhhh. ti prego, no. aaahhhh." continuava a gemere dalla sua posizione accartocciata intorno al piede che gli macinava i coglioni. "Hai perso stronzetto - commentò la donna, che lo tiranneggiava dalla sua posizione dominante, e che poteva da un momento all'altro schiacciargli letteralmente la vita con un piede - ora dovrai ammettere i tuoi torti" "Cazzo. ammetto quello che vuoi. aaaaaaahhhhhhhhh. ti prego." "Non mi interessa il tuo fiato, me ne fotto delle tue implorazioni - lo minacciò Eva aumentando per un istante la pressione sulle sue palle - voglio che tu ammetta la tua colpa nei confronti di Sara e che ne tragga le conseguenze, con una promessa". "AAAAAAAAAAAAAAHHHHHHHHH." "Hai capito mezzasega?! - insistette la ragazza - sto aspettando il giuramento che libererà Sara dalle sue seghe mentali!" "Ti pregoooo. aaaaaaaaaaaaaahhhhhhhhh. fa male. le palle, cazzooooooo. aaaaaaaaaaaahhhhhhhh." implorò il maschio con gli occhi chiusi in lacrime, attorcigliandosi attorno ai suoi coglioni in fiamme e cercando invano di liberarli con le mani, afferrate alla caviglia del piede che lo torturava dal punto più fragile del suo corpo fino al neurone più sensibile in fondo all'anima. "Allora, non riesci a scongiurare Sara come si deve, stronzetto?" intimò Eva. "Sì, sì. aaaaaaaahhhhhhh. sono stato uno stronzo. cazzo, aaaaaaaaaahhh. perdonami Sara. aaaaahhh. sono stato disonesto con te.cazzo, che male!. . aaaaaaaaaaaaaaaaaahhhhhhhh. non lo farò più. aaaaaaaaahhhhh. le palle!. aaaaaahhhhhh" "Ma che puttanate dici, testa di cazzo! - esclamò la vincitrice - ma sei ritardato anche più di quanto sei stronzo! Non ti ho fatto a pezzi per sentire i pensierini di un bambino delle lementari! Voglio sentirti giurare che non vedrai mai più questa puttana nella tua breve e inutile vita!" "NOOOOOOOOOOOOOOOOOOO! - gridò Teo mentre il piede di Eva gli stritolava i coglioni spingendo con tutto il suo peso - AAAAAAAAAAAARRRRRRRRRGGGGGGGGGHHHHHH. le palle!. aaaaaaaaaaaaahhhhhhh. basta.bastaaaaaaaaaaaa." "Devi giurarlo, pezzo di merda!" "Mai!. AAAAAAAAAAAAAAAHHHHHHHHHHH. lasciami. noooooooooo. i miei coglioni!. aaaaaaaaaaahhhhhhhhhhhhhh." Il logo del Milan ormai sembrava invisibile sul petto del ragazzo, tanto la sua canottiera era impregnata del sudore che traspirava dal suo pelo; il terrore di non dover più vedere Ilaria la faceva risplendere nella sua immaginazione annebbiata come l'angelo custode che aveva interrotto per qualche istante i colpi con cui la sconfitta stava ingiuriando il suo corpo e infliggendogli sofferenze disumane - come la ragazza insostituibile della sua vita. "Se vuoi conservare qualche straccetto del tuo uccello da mezzasegna e qualche pezzetto delle tue inutili palle, è meglio che canti il giuramento più solenne della tua esistenza!" "Aaaaaaaaaaahhhh. no. ti prego. aaaaaaahhhhhhh" Teo gemeva per la demolizione sistematica dei suoi coglioni: il piede di Eva stava macerando ogni porzione della sua mascolinità. Ora stava concentrandosi sul testicolo destro, un lembo del tallone riusciva a calpestare anche lo scudo del Milan sulla coscia. "Il tuo sesso ha ancora pochi secondi di vita, testa di cazzo.!" intimò la donna. La contrazione degli spasmi di dolore, imponeva al corpo del ragazzo di torcersi verso Ilaria, che restava a contemplare la sua disfatta a pochi passi da Eva. Fino a quel momento questa situazione aveva ferito Matteo in modo più bruciante delle torture che infliggeva alle sue palle l'avversaria vittoriosa: l'umiliazione che stava subendo alla propria mascolinità di fronte alla sua ragazza, rendeva vulnerabile e puniva il suo corpo proprio nel luogo e nella potenza che lei amava - e che avrebbe dovuto desiderare sempre di più. Eppure d'un tratto, mentre le contrazioni spostavano il fuoco del suo sguardo verso gli occhi d'acciaio di Eva, una specie di luce algida irruppe dall'interno della sua anima, investendolo di un sentimento estatico, come una specie di resurrezione. L'energia che lo aveva avvolto fremette lungo tutto il suo corpo; infine gli scosse il petto quasi fino a farlo impazzire, poi il suo stomaco si rovesciò e il vomito zampillò dalla sua bocca. Lo stomaco si contrasse ancora altre tre volte; ormai erano soltanto succhi gastrici quelli che fiottavano fuori dal suo corpo. Ma la luce non si era estinta, l'energia continuava a percuotere la sua anima insieme ai battiti del cuore, che il ragazzo sentiva risuonare pesantemente nel suo scroto devastato e compresso. Era come una promessa, una fiducia angelica, che sorgeva dalle ceneri stesse della sua mascolinità massacrata. "Cazzo. aaaaaaaaaaahhhhhhhhhhhhh. te lo giuro. basta. - implorò Teo - non la. aaaaaaahhhhh. non la vedrò. più. aaahhhhhhh." "E bravo la mezzasega! - esultò Eva - finalmente ce l'ha fatta. Vedete, non vale nemmeno la sporcizia che le sue palle schifose depositano sulle mie scarpe. E' solo un sacco di merda!" Eva accompagnò la sua sentenza con un ultimo calcio ai coglioni del maschio, battuto e spezzato. La luce, per il momento, si spense dagli occhi azzurri di Teo, liberandolo dalla sofferenza. Matteo non fu mai nemmeno sfiorato dalla convinzione ad accettare alla lettera le imposizioni inflitte dopo la sua sconfitta; tuttavia, per qualche tempo continuò a tormentarsi al pensiero di come controllare la possibilità che qualcuno lo spiasse, o che seguisse Ilaria. Quando invitava la ragazza a casa sua il timore lo afferrava, verificava più volte che nessuno nei paraggi potesse mostrare un aspetto somigliante a quello di un delatore - o peggio, a quello delle femmine che lo avevano massacrato nel parco! Non varcava mai la soglia del portone in compagnia di Ilaria, i loro accessi erano dilazionati di parecchi minuti perché non si generasse la possibilità di un collegamento tra le loro comparse all'ingresso, perché nemmeno la voce della loro relazione potesse in qualche modo circolare, mettendo a rischio la sua vita o quella di Ilaria. Non appena gli era stato imposto il divieto di rivederla, di frequentarla, Teo aveva avvertito quasi come una fitta dolorosa il bisogno di sentirla accanto a sé, di poter colorare le giornate con l'immagine della sua donna, di poterle cantare con la voce di lei, di sentirsi circondato dal suo amore e dalla lenta rigenerazione della sua stima. Nutriva un bisogno struggente di quella ragazza, come mai aveva vissuto la necessità di una compagna, di un'amante, di un angelo custode per la sua autostima, per la sua vita, per il senso di ciascuna delle sue giornate. D'altra parte Ilaria si era comportata durante quelle giornate in modo che Matteo non dovesse nutrire dubbi sulla solidità del suo sentimento, né che dovesse in qualsiasi momento sentirsi ferito per l'umiliazione che aveva subito e che aveva spezzato il suo orgoglio di ragazzo. Era affettuosa, cercava di confortarlo in ogni modo, non lesinava l'impegno a far avvertire la sua propria presenza accanto al suo ragazzo, affinché non ci fosse nulla di cui Teo dovesse dispiacersi. Cercò di soccorrerlo proprio sugli aspetti che più insistevano sulla sua potenza maschile e sul fascino che poteva suscitare sulle donne in forza della sua virilità. Per qualche giorno dopo il match, le palle e il cazzo di Matteo conservarono un aspetto troppo lacerato e piagato per poterci fare alcunché; il ragazzo soffriva per qualsiasi contatto che intervenisse tra il suo pacco e altri oggetti, per quanto potesse essere delicato e amorevole. Tuttavia, non appena un po' di coraggio e un'eccedenza di eccitazione tornarono nel suo corpo, Ilaria si prestò con la massima tenerezza e comprensione a cercare rapporti sessuali con il suo ragazzo, tentando prima tutte le vie della masturbazione, infine trascinandolo in un rapporto completo che affrettò il tempo di guarigione di Teo. Trascorsero insieme una settimana nella casa di Ilaria in montagna: partirono il giorno stesso della sfida e della sconfitta, prima che i genitori del ragazzo potessero constatare le sue condizioni e dare inizio all'interrogatorio. La sera del quarto giorno di astinenza dal sesso, Ilaria cominciò a massaggiargli lo scroto, affinché i coglioni si riabituassero a considerare il contatto con il corpo altrui come un evento desiderabile. La carezza delle dita sembrò ancora troppo aggressiva - così la ragazza impiegò la morbidezza della sua lingua e il velluto delle sue labbra per sfiorare ogni punto sulla sacca delle palle di Matteo, imperlando i suoi peli di saliva dolce e limpida. Nemmeno il petto villoso del maschio fu trascurato dalle carezze dolci di Ilaria - ma gli umori che affluirono sul pelo folto del suo torace appartenevano al sudore dell'eccitazione del ragazzo e a quelli della fica della sua donna, che strofinava sul petto nudo dell'amante la sua vulva bramosa mentre la sua lingua passava e ripassava la radice dello scroto. Il giorno dopo Ilaria immerse nelle sue fauci anche l'enorme prepuzio dell'uccello di Matteo; la sua lingua sfiorò, lambì, leccò, il cazzo del maschio fino a trasformarlo in un blocco di marmo, duro e turgido. Poi le sue labbra lo inghiottirono e succhiarono il cazzo infondendogli una nuova anima di acciaio, tornendolo come la torre invincibile di un castello, e rizzandolo come l'albero maestro di una nave inaffondabile. Prima dell'alba Matteo era tornato ad essere un uomo, il suo uccello penetrava come il rostro di una triremi d'assalto, nella fica della sua donna, sferrava colpi che avrebbero abbattuto il portale di una rocca, e avrebbe potuto gareggiare in fertilità con l'intera valle del Nilo. Ilaria riceveva gli assalti del maschio ululando di piacere, i testicoli le comprimevano le grandi labbra strofinandole la carne eccitata, la sua vagina divorava il cazzo di Matteo stringendolo come se dovessero strapparlo dla suo posto e ingoiarlo definitivamente. Ma dopo ogni assalto l'uccello del ragazzo riemergeva umido di liquori lubrichi e di un nuovo desiderio di immersione e di rifugio fin nel cuore dell'eterno femminino. La sconfitta aveva steso un manto nero di sconforto sul cuore di Matteo. L'umiliazione era penetrata come un veleno nelle vene più profonde dell'anima, una ferita sanguinante aveva squarciato il suo petto indifeso e aveva trafitto l'orgoglio della sua virilità, devastando la sua sensibilità di ragazzo e annichilendo la sua capacità di sentirsi maschio e di pensare come un maschio. Con i segni delle ferite e delle lacerazioni sulle palle sul cazzo, Matteo giaceva prostrato nei confronti del suo sesso come un militare caduto prigioniero il cui corpo venisse dilaniato in ogni brandello di carne dai vincitori. Eva era riuscita a piegare e a sopraffare il cuore maschio di Teo, lasciandogli un corpo profanato e senza vita. Ilaria stava infondendo una nuova vita e una unità inedita nell'anima del suo ragazzo, guidandolo a riemergere da una morte in cui era stato gettato da una donna, verso un'esperienza più profonda e armonica dell'essere - che di nuovo gli era concessa da una ragazza. Matteo ebbe l'impressione di intuire che, se è affidato alle donne il compito di donare alla vita gli esseri umani, da loro deve essere anche interpretato il ruolo di chi strappa dalle gioie dell'esistenza e conduce alla morte. Lo strazio della sconfitta aveva incenerito nel suo cuore le passioni tipicamente maschili che avevano composto la sua infanzia e la sua adolescenza - il calcio, il desiderio di sfida con la consapevolezza della propria superiorità, il desiderio indeterminato e infedele di sesso, l'azione fine a se stessa, il culto dei muscoli, il rock duro, i motori, la velocità e le prestazioni della macchina, le dimensioni del cazzo, il disprezzo dei sentimenti. Sapeva di avvertire meno ragioni di quanto fosse mai accaduto, per distinguersi dalla sua ragazza, per riuscire a vivere la loro storia in maniera più indiferente ed autonoma; sapeva di aver raggiunto un'unità profondissima con lei - e persino con il corpo di Eva, che aveva annullato per primo le differenze tra loro, infliggendo la punizione distruttiva che aveva ulcerato i suoi coglioni, e soffocando in qualche modo il luogo stesso della diversità e del rinvio incolmabile tra i sessi. Soltanto una donna, intrisa di una passione profondissima come Ilaria, avrebbe potuto restituirgli il suo sesso e la sua identità - in una specie di rinascita tutta femminile, terrena, bramosa di nuova unità e nuovo sesso. Mentre Ilaria restituiva al suo ragazzo il suo cuore maschio, il sole dell'estate accendeva gli ultimi lunghi tramonti di agosto; l'aria splendeva di una luce rossa e nostalgica, i campi incensavano l'aria della fragranza dell'erba pronta ad essere tramutata in fieno, degli ultimi fiori prima della decadenza autunnale. Poi i due anamti rientrarono in città, cominciarono le ansie di Matteo, il turbamento della persecuzione, l'ossessione dei controlli, gli appostamenti, gli ingressi differiti in casa. L'aria era già rinfrescata, e il giubbino jeans ricopriva durante le uscite serali le canottiere scure del ragazzo - quando Ilaria divenne meno assidua ed attenta agli appuntamenti fissati, mentre il bisogno che Matteo nutriva della sua presenza cresceva senza posa. In generale, l'invcanto della passione sembrava aver rallentato i suoi effetti: Matteo tornava a perdere la testa per il Milan, per le sue partite a pallone, per i motori e per il rock metal. Eppure la necessità delle attenzioni e della passione che gli aveva dimostrato la sua ragazza seguitavano a comporre il senso necessario della sua vita - e in merito a questo argomento non coltivava alcun dubbio interiore. Gli risultava difficile ammetterlo anche ai suoi stessi occhi, ma Ilaria stava evidentemente perdendo interesse nei suoi confronti. Teo sembrava incapace di reagire se non moltiplicando le attenzioni e le preghiere verso la sua donna, arivò persino a rimproverarle i suoi ritardi, gli appuntamenti saltati - la tempestò di domande al fine di scoprire se lei fosse stata minacciata da qualcuno, o se in qualche modo temesse di subire la ritorsione di Eva e di Sara. Nulla di tutto questo sembrava essere accaduto, Ilaria appariva tranquilla e quasi stupita dal clima di agitazione che turbava il suo ragazzo. Infine, una sera il portone di casa del ragazzo si spalancò davanti a lui prima che vi avesse inserito la chiave - e l'irreparabile cominciò a precipitare su di lui. Sara lo fissò dall'antro della casa, mentre qualcuno di muscoloso lo afferrò per le spalle da dietro, arpionando senza scampo la sua carne attraverso il giubbino Levi's e stritolando i suoi muscoli. Sara lo colpì in faccia con uno schiaffo che fece rimbalzare via dagli occhi le lenti da sole, ma non il cappellino da rapper dalla sua testa. Indossava un abbigliamento "da duro", completo jeans, scarpe da basket e canottiera dei Korn - ma non riuscì ad opporre la minima resistenza all'attacco di due donne. Lo trascinarono all'interno della macchina parcheggiata di fronte al portone di ingresso. Sul sedile davanti, accanto a quello dell'autista, era già accomodata Ilaria. Eva, che fino a quel momento si era assicurata la sua obbedienza stritolandogli le clavicole, prese posto accanto a lui sul sedile posteriore; Sarà si mi se alla guida. Si domandò se avessero violentato la sua ragazza, se l'avessero forzata in modo brutale, come era successo a lui, per montare sulla vettura. Ma, per quanto fosse possibile distinguere dalla postazione dietro, sembrava che Ilaria dispensasse un'espressione del tutto tranquilla sul volto, senza che alcun turbamento né alcuna ansia le attraversassero il pensiero e lo sguardo. Nessuno scambiò una sola parola con lui durante il viaggio: nessuno rispose alle sue richieste inquiete su quale fosse la loro destinazione, e su quali fossero le intenzioni e le ragioni delle sequestratrici. D'altra parte il viaggio non fu breve, perché durò per tutta la durata del tramonto, fino a quando il cielo non si fu del tutto oscurato. La macchina li condusse fuori città; Matteo si domandò se Ilaria non fosse stata costretta a confessare la loro frequentazione clandestina, il viaggio in montagna, i loro rapporti, la restitutzione al ragazzo della sua potenza maschile e le sue prestazioni assidue nel corso degli ultimi due mesi. Si augurò in cuor suo a più riprese che la sua ragazza non lo avesse tradito - benché con ogni evidenza la situazione deponesse contro questa assurda speranza. Infine raggiunsero un casolare in mezzo alla campagna, situato lontano da qualsiasi sguardo potesse raggiungerli dalle strade con passaggi casuali di automobili o di pedoni. La cascina si trovava infatti ai margini di un bosco, in fondo ad una strada sterrata quasi abbandonata in mezzo ai campi. L'edificio mostrava un aspetto diroccato, come se da molti anni nessuno lo abitasse e se ne prendesse cura. All'interno soltanto una stanza appariva in condizioni tali da essere frequentata ed animata da visite umane. Si trattava di una camera interna, senza sbocchi verso la strada, illumimata da una lanterna sospesa al centro della stanza. Le dimensioni della camera erano vaste, con un tavolo di legno grezzo posto al centro, proprio sotto la lanterna, e diversi sgabelli posizionati davanti al tavolo, come per assistere ad uno spettacolo. In effetti, nella luce fioca che illuminava le pareti, si vedevano in attesa alcune donne, che manifestarono cenni di soddisfazione e di impazienza all'arrivo della comitiva. Matteo fu spinto all'interno della stanza dalle braccia robuste di Eva, che continuava ad assicurarsi il possesso della sua volontà afferrandolo per le spalle. Lo condusse al centro della stanza, appoggiandolo al tavolo. Le donne sedute sulle sedie ammutolirono per contemplarlo; ma era difficile scorgere il loro volto nella luce desolata e gialla. Sara e Ilaria presero posto su due sedie dall'altra parte del tavolo, mentre Matteo ochieggiava verso la porta di ingresso, meditando sulla possibilità di sfuggire alla presa, cogliendole tutte di sorpresa - e di scomparire nel bosco dietro la casa. Mentre si concentrava sulla sua volontà e sul momento corretto per imboccare la via della fuga, sentiva quasi sullo sfondo della prorpia coscienza la voce di Sara che pronunciava il suo nome e cognome alle donne radunate nella stanza, e raccontava del modo in cui - a suo dire - lui l'avesse sedotta e tradita, e avesse innescato lo stesso gioco perverso con Ilaria. Descrisse anche il modo in cui, secondo le confidenze della sua ragazza, avesse tradito la parola data per salvarsi dall'umiliazione estrema dopo la sconfitta subita al parco contro Eva, di come fosse un essere immorale e senza scrupoli. Infine Sara introdusse l'elemento della storia che lo colpì come uno sparo in pieno petto, che gli mandasse in pezzi il cuore svuotando le vene di ogni goccia di sangue, la vita di ogni succo linfatico, la mente di ogni futuro pensiero. Raccontò infatti di come lei stessa ed Eva avessero incontrato Ilaria alla fine di agosto, in modo pacifico, durante una serata in un caffè; di come avessero seguitato a frequentarsi, scoprendo affinità imprevedibili, fino al giorno in cui - con l'aiuto di Eva - Ilaria aveva scoperto la prorpia passione per le donne, e avesse deciso di entrare a far parte del loro circolo lesbico. Naturalmente, il prezzo di questo accesso era consistito nella confessione completa della storia del suo rapporto con Matteo. Il ragazzo non resse a queste ultime rivelazioni; strattonò la sua custode mentre esplodeva in lacrime e corse verso l'uscita. Prima che potesse inquadrare l'uscio tuttavia uno spintone alla schiena lo fece inciampare e nella scivolata intercettò il muro invece della maniglia. Cercò di ripartire, ma prima che la porta cedesse sotto la sua pressione, Eva lo raggiunse afferrandolo per un braccio con una mano, mentre con l'altra si infilò tra le sue cosce e gli arpionò le palle. "Nooooooooooo!" singhiozzava Matteo mentre Eva gli stritolava i coglioni rendendo la sua presa sempre più efficace e micidiale. "AAAAAAAAAAAAAAAHHHHHHHHHHHH!" l'urlo del ragazzo divenne sempre più un lamento inarticolato, mentre il suo corpo si afflosciava per il dolore sul terreno sudicio e le sue mani tentavano inutilmente di liberare i coglioni dall'assalto straziante della donna. Matteo continuava a singhiozzare, mentre Eva allentava finalmente la morsa con cui aveva giustiziato il tentativo di fuga comprimendogli i testicoli - e lo trascinava di peso verso il tavolo al centro della stanza distendendolo sopra. Il maschio era troppo in affanno nell'esercizio di proteggerse inutilmente le sue palle ferite, per portare a piena coscienza il fatto che il clamore suscitato dal suo tentativo di fuga era tornato a smorzarsi nel silenzio, intanto che la voce monotona di Sara aveva ripreso il discorso interrotto senza preavviso. Annunciava che il ragazzo sarebbe stato spogliato di tutti gli indumenti, al fine di affrontare la sfida finale completamente nudo. Eva infatti aveva già provveduto a togliergli il giubbino denim, lasciandolo con la maglietta nera senza maniche; nel frattempo anche Ilaria aveva cominciato a spogliarsi, mettendo in luce una tutta aderente da danzatrice, che aveva conservato fono a quel momento invisibile sotto la giacca e i pantaloni. Eva sfilò dal corpo di Matteo anche la canottiera dei Korn, mostrando alla luce gialla che inondava il volto congestionato del ragazzo, il suo petto nudo coperto di peli e il disegno elegante dei suoi muscoli torniti. Continuò la sua opera di spoliazione levando le Adidas nere dai suoi piedi, i jeans e in fine i boxer. Le donne presenti nella sala ondeggiarono in un fitto bisbiglio per commentare l'insospettabile grazia del corpo di Matteo, nonostante la sua magrezza, e naturalmente le dimensioni del cazzo - che in effetti disponeva di un diametro superiore alla media, nonostante la flaccidezza in cui giaceva dopo l'incursione dolorosissima della mano di Eva. "Ora Ilaria affronterà la prova che lei stesso ha domandato di compiere - concluse Sara - al fine di misurare la completezza della sua trasformazione interiore. I riti possiedono un valore solo quando si crede in loro. Ilaria ha scelto di celebrare la faida che le consente di vendicare la profanazione del suo sesso perpetrata da un uomo - e il suo successo nella lotta proverà se davvero il maschio l'ha forzata e ingannata. Essendo la parte offesa, ha diritto alla non nudità completa e all'impiego di un arma da combattimento". "Accetto la prova - replicò Ilaria - e accolgo di utilizzare questo bastone". Afferrò un bastone di legno grezzo, anch'esso depositato sul tavolo in un angolo che Matteo non aveva notato; quindi si avvicinò al ragazzo, che intanto era stato aiutato da Eva a tornare in piedi. Quando Teo avvertì il contatto dei suoi piedi con il suolo freddo e sporco, si teneva ancora le mani a coppa sui coglioni, massaggiandoli per la sofferenza che continuavano a provocargli. Tutto si era svolto troppo in fretta perché potesse afferrare il senso di quello che gli stava capitando; solo quando la sua donna lo fronteggiò con la tuta azzurra aderente e il bastone serrato nel pugno, comprese la gravità della sua situazione, il pericolo che correva il suo corpo nudo, la desolazione infinita della solitudine in cui era precipitato. Ancora il suo cuore voleva respingere la verità che gli testimoniavano i suoi occhi e tutti i sensi in tumulto sotto i colpi che aveva ricevuto da Eva; ancora una volta rifiutò di misurarsi con una donna - con la sua ragazza che gli si avvicinava minacciosa e con uno strumento violento di punizione. "No Ilaria, dimmi che è uno scherzo, ti prego è uno scherzo. - cominciò a singhiozzare Matteo - è uno scherzo." "Difenditi Teo - replicò dura Ilaria - non c'è un cazzo da scherzare!". "Amore no, ti prego. - supplicò il ragazzo - ti prego non posso lottare con te. ti prego Ilaria andiamocene, ti porto via." Ilaria vibrò un colpo di bastone sulla sua spalla sinistra, a pochi centimetri dal collo, prima che Matteo potesse terminare la frase. "AAAAAAHH cccazzo - urlò Matteo - aaaahh. aaaaaaaaah." si piegò e si coprì la spalla percossa con la mano. Tentò di sfuggire ai colpi di Ilaria scappando attorno al tavolo, risparmiandosi in effetti altre due fiondate. Sulla spalla apparve immediatamente una zona arrossata e un livido pesante; il petto cominciò a traspirare sudore a gocce sul vello scuro, mentre il cazzo e le palle ciondolavano vistosamente nell'affanno della sua corsa. Infine un altro colpo scagliato dall'alto verso il basso lo raggiunse in pieno alla schiena, provocando di nuovo un urlo di sofferenza. La fuga terminò incespicando, il ragazzo si appoggiò al tavolo nel tentativo di verificare con le mani cosa stava accadendo alla sua schiena offesa. "Ilaria, ma che cazzo ti ha preso?!" la invocò Matteo. "Sta zitto e difenditi - gli intimò la donna - Tra poco pagherai tutto il fiato che hai sprecato" "Ma se tu fossi appena un po' meno stronza, capiresti quanto cazzo mi stai facendo male!" esplose il ragazzo, che di scatto si slanciò verso la sua avversaria afferrandole le braccia con le mani, ribaltandola e avvincendola a sé con la sua schiena stretta al proprio petto. Teo le aveva immobilizzato le braccia avvinghiandola da dietro, mentre tentava con strattoni di farle cadere il bastone di mano per disarmarla. "Eva e Sara mi hanno fatto capire. - rispondeva Ilaria nell'affanno di liberarsi dalla morsa - ho visto come ti hanno umiliato. non puoi capire che godimento ammirare Eva. E' un piacere che tu non riesci nemmeno ad immaginare. Gli uomini non possono nemmeno figurarsi cosa sia la vera forza e il vero piacere. Eva mi insegna." Mentre pronunciava queste frasi Ilaria tentava di strattonare il ragazzo per allargare la presa delle sue bracia ed estrarre le proprie dalla morsa in cui erano state bloccate. Riuscì ad indietreggiare fino ad appoggiare il corpo di Matteo al bordo del tavolo; quindì lo colpì con gomitate ripetute ai fianchi, fino a quando la stretta del braccio sinistro del ragazzo cominciò a cedere e a lasciare maggiore agio di movimento ad Ilaria. Con un movimento brusco infine la donna riuscì a disancorare il proprio braccio e ad introdurlo sotto quello del proprio oppressore, strattonandolo con un colpo secco e violento, e trascinandolo via dalla sua posizione fino a portarlo al suo fianco.Una volta che il maschio perse del tutto il controllo di Ilaria e si venne a trovare sbilanciato sulla sua sinistra, lei infierì con un colpo di bastone sui suoi addominali, suscitando un nuovo urlo di dolore e facendolo piegare in due dal dolore. Matteo cercò di allontanarsi dall'avversaria, coprendosi il ventre con entrambe le braccia, e lamentandosi con gemiti soffocati per la sofferenza. "Ecco, vedi stronzetto? - lo schernì Ilaria - vedi che non reggi il confronto nemmeno nel corpo a corpo? Vedi che non puoi permetterti il lusso di confrontarti con una donna?" La ragazza lo rincorse attorno al tavolo, percorrendo per tre volte tutto il perimetro del mobile. "Come potrei amare qualcuno che non sa battersi con me? - insistette Ilaria - come posso ammirare un vigliacco he scappa invece di battersi?!". Matteo si fermò di colpo. Si voltò in silenzio e la aspettò. La ragazza cercò di colpirlo a bastonate sulla testa e sulle spalle; il maschio resistette riparandosi con le braccia, che si riempirono di lividi mentre la sua voce spezzata dall'affanno continuava a gemere, e ad ogni colpo indietreggiava stordito di qualche passo. Più per disperazione che per una decisione cosciente, Teo afferrò con entrambe le mani il bastone mentre sibilava per tornare a colpirlo: era un tentativo di difesa scattato sotto l'impulso del terrore di subire nuovi assalti, altri colpi e ancora fitte insostenibili di sofferenza. La tensione dei muscoli delle braccia congestionava i volti dei lottatori, i pettorali del ragazzo vibravano sotto la sua pelle bianchissima e i peli grondanti il sudore della fatica e del dolore. Il bastone oscillava sotto le spinte he alternativamente Ilaria e Teo imprimevano con i loro tentativi di attacco; i loro corpi seguivano flessuosamente i movimenti capricciosi dell'arma - e talvolta toccava ad Ilaria indietreggiare il piede per mantenere l'equilibrio, più volte capitava al maschio di dover ripiegare in ritirata per sopportare gli assalti dell'avversaria. Mentre lo sforzo del ragazzo raggiungeva il vertice della sua capacità di sopportazione, con un guizzo della gamba destra la donna riuscì a calciarlo sul polpaccio sinistro, facendogli perdere l'equilibrio. Teo perse la stretta sull'impugnatura del bastone, oscillò sfiorando il suolo, ma riuscendo a non abbattersi a terra con l'aiuto della mano destra. Lo sbilanciamento e la caduta seguirono un andamento così rocambolesco che gli permisero di sfuggire al colpo di bastone che l'avversaria roteò a mezz'aria, nel tentativo di ferirlo. Tuttavia, lo spettacolo della grandinata di colpi sul ragazzo riprese come prima della sua reazione, mentre le sue braccia si erano notevolmente indebolite, e parevano ormai incapaci di proteggere i punti vitali del corpo dalla vendetta di Ilaria. Infine le sue braccia doloranti non ressero più e scivolarono lungo il suo tronco, Matteo si rannicchiò a guscio nel tentativo di proteggere le parti più fragili del suo corpo dai colpi; ma il bastone fiondò invece che dall'alto, in orizzontale da destra verso sinistra, infrangendosi sul suo volto infantile. Uno schizzo di sangue fiottò dalla bocca del ragazzo, mentre l'urto lo faceva precipitare sul tavolo di faccia, per poi rotolare sul suo fianco sinistro. Riuscì a reggersi puntando i gomiti sul piano del tavolo e appoggiandovi la schiena. Il suo corpo indifeso era inarcato nel tentativo di mantenere l'equilibrio, del tutto esposto ai colpi fontali di Ilaria. La donna lo assalì afferrandolo per la spalla sinistra e conficcandogli il bastone nelle palle con un montante durissimo. "AAAAAAAAAAAAAARRRRRRRRRRRRGGGGGGGGGGGGHHHHHHHH" urlò il maschio mentre Ilaria gli rigirava il bastone sui coglioni cercando di distruggere ogni lembo di testicoli dentro il suo scroto. "I miei coglioni, ti prego aaaaaaaaaaaahhhhhhhhhh. aaaaaaahhhh!" la implorò il ragazzo. Ma la donna continuava a premere con il bastone le sue palle, sogghignando la proclamazione della propria superiorità. Infine Ilaria lasciò la presa e distolse il bastone dai coglioni. Matteo scivolò a terra continuando a gemere, e coprendosi le palle massacrate con le mani. "AAAAAAH. aaaaaaahhh. cazzo. aaah. no, ti prego.aaaaaaaah." continuò a lamentarsi il maschio con la voce sempre più soffocata dai colpi di tosse, e dai rantoli di sofferenza. Ilaria non risparmiò al ragazzo nemmeno uno dei passaggi della sua umiliazione. Lo schiacciò nella polvere spingendolo a terra con un piede sul petto; quindi rimase in posa, decretando la propria vittoria con l'umiliazione del maschio incapace di proteggere il proprio petto villoso dalla profanazione della suola dell'avversaria. "Cosa posso amare in un essere fatto per strisciare sotto i miei piedi?! - mormorò Ilaria - Sei morto". A queste parole la piccola folla di donne radunata nella stanza scoppiò in un grido di esultanza; continuò a vociare a lungo, senza che Teo riuscisse ad afferrare il senso delle loro frasi. Le parole di Ilaria infatti lo avevano ferito nel profondo, loro sì - davvero a morte! Il dolore che gli affliggeva i coglioni era insostenibile; sentiva il bisogno di vomitare, lo spasmo lo costringeva a restare raggomitolato con le mani sulle palle. Il respiro era simile all'annaspare di chi è sul punto di annegare: il suo petto era bloccato da una paralisi del diaframma, come se una colata di gesso gli fosse discesa nel cuore e ne fosse stata proiettata attraverso tutto il torace. Ma il dolore bruciava tutti gli addominali, le cosce, si infiltrava come un rampicante su attraverso il petto, il collo, fino all'ultima terminazione del cervello - fino a trasformare ogni cosa del reale in sofferenza e nausea. Ma Ilaria naturalmente non era ancora soddisfatta. Sotto l'incitazione delle donne presenti nel pubblico, introdusse le sue mani tra quelle di Teo, che proteggevano la carne straziata dello scroto e delle palle. Lo afferrò di nuovo per i coglioni. "Noooooooooo! AAAAAAAAAAAAHHHHHHHHHH - gridò terrorizzato il maschio - ti prego NOOOOOOOOOOOO!. AAAAAAAAAAAAARRRRRRRRGGGGGGGHHHHHHHH". Ilaria gli strattonò le palle per sollevarlo. Tra lamenti inumani, il ragazzo cerò di seguirla nella direzione in cui lo trascinava. "AAAAAAAAHHHHHHH. Basta. Basta!. aaaaaaaaaaahhhhhhhhh." la implorava Teo. Ma le donne spettatrici sollevavano un clamore ancora più fragoroso, erano eccitate e trionfanti per la scena che stavano contemplando, inneggiavano ad Ilaria come ad un'eroina. Ilaria trascinò il ragazzo sul tavolo, appoggiandolo alla superficie di legno con la schiena. Lo teneva per le palle, per il maschio non c'era possibilità di fuga. Matteo cercava di avvicinare i coglioni con le mani, ma la stretta della donna sembrava invincibile. La nausea lo sopraffece quando sentì la freddezza dura del tavolaccio sotto la schiena; a spruzzi, il vomito cominciò a sgorgare fuori dalla sua gola. Ma nemmeno questo spettacolo di demolizione e di disfacimento fu sufficiente ad impietosire il cuore d'acciaio della vincitrice. Ilaria voleva il suo trofeo di umiliazione, le sue orecchie gioivano nel percepire i lamenti che ancora uscivano dalla bocca impastata del maschio, tra spruzzi di sangue e di vomito "Pietà. ahi. aaaaaaahhhh, basta ti prego. aaaaaaaahhhhhh.. aaaaaaahhhhhhh". Una funicella sottile discendeva dal lampadario sospeso proprio sopra il tavolo; alla sua estremità si annodava una sorta di piccolo cappio. Ilaria accompagnò la discesa della corda, fino quasi a raggiungere il livello al quale si trovava il corpo di Matteo. Poi fu il turno dei coglioni del ragazzo, ancora fermamente impugnati dalla sinistra della donna, a doversi alzare per raggiungere il cappio rimasto sospeso. "Male eh?!" sogghignò Ilaria rivolta verso il maschio, mentre un grido animale usciva dalla sua gola soffocata, a testimoniare il grado estremo di strazio che stava sopraffacendo la sua virilità. "Aspetta - gli intimò la ragazza vittoriosa - perché questo è ancora nulla confronto a quello che ti aspetta, mezzasega!" Ilaria infilò lo scroto del maschio nel cappio; tirò la fune per assicurarsi che fosse abbastanza stretto. "AAAAAAAAAAAAAAAHHHHHHHHH. NOOOOOOOOOOOOOOOOO. Bastaaaaaaa. aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaahhhhhhhhhhhhhhhhhh." Il corpo del ragazzo era contratto come un guscio attorno ai suoi coglioni strattonati e sollevati all'altezza del cappio; la fune stringeva lo scroto sotto le palle, rendnendo impossibile l'operazione necessaria per sciogliere il nodo, che era stretto dal peso stesso del corpo di Matteo tenuto in sospensione. Il grido del maschio si spense in un rantolo; Ilaria tirava la fune a due mani, il cappio continuava a salire strattonando verso l'alto i coglioni indifesi del ragazzo. "Sei nudo e indifeso come un verme nella polvere. E' questo che sei per una donna". Teo svenne dopo il terzo strattone; ma la vergogna rimase impregnata nella sua anima ben oltre la perdita dei sensi.