Lo judoka Di Bettino Era un ragazzo giovane, che aveva da poco superato i diciott’anni. Il fatto che fosse campione regionale di judo nella categoria dei 70 chili non aveva impedito la sua iscrizione al circolo di lotta mista. Le regole non prevedevano alcun limite d’esperienza, di capacità tecnica: i fondatori avevano deciso così, coerenti con la loro impostazione profondamente libertaria dello sport e della vita. Alain si era rivelato subito forte, troppo forte per le prime avversarie. Cinque incontri, poco più di dieci minuti sulla materassina. Denise era stata la prima. Mora, un fisico compatto, terzino nella locale squadra di calcio femminile, era stata immobilizzata al suolo e costretta alla resa per due volte in nemmeno un minuto. Nell’ora di dominazione che il regolamento concedeva al vincitore, l’aveva posseduta più volte, inesausto, senza violenza ma anche senza sentimento, con il cazzo che penetrava nella sua vulva con il ritmo di un pistone nel cilindro. Se aveva avuto orgasmi, non lo diede a vedere: Denise invece urlava di piacere, ma anche di sgomento, perché sentiva che quell’uomo non provava nulla, né passione né desiderio, che voleva solo soddisfare un bisogno di dominio piuttosto che una pulsione erotica. Così era stato anche con Karin, la piccola culturista dal corpo incredibilmente muscoloso, con Ada, la streetfighter, con Marika, la pallavolista. Solo con Annie, lottatrice esperta e muscolosa, aveva impiegato cinque minuti a raggiungere le due sottomissioni che costituivano il limite dell’incontro. Ma anche per quest’ultima non v’erano state reali possibilità di vittoria, solo una difesa ben condotta. Dopo averla costretta alla resa con una dolorosa chiave articolare, il ragazzo la guardò con freddezza, sibilando: "Sei forte come un uomo...ma con me non basta! Dato che combatti come un maschio, ti prenderò come si prende un uomo...dal culo!" Fattala girare, la costrinse a sottoporsi ad una penetrazione anale che continuò per un’ora ininterrotta, staccandosi da lei solo quando l’arbitro gli segnalò che il suo tempo era scaduto. Alain fece un passo indietro, liberandola, e, brandendo il cazzo ancora eccitato, gridò la sua sfida: "Ewa, preparati, ora è il tuo turno. Ristabilirò l’ordine, qui dentro: è arrivato finalmente un maschio capace di mettere al suo posto tutte queste velleitarie donnette!" Lei sedeva in prima fila, ed aveva assistito con una certa ansia al supplizio cui la sua amica ed allenatrice Annie era stata sottoposta, pronta ad intervenire se avesse pensato che la sua salute era in pericolo. Si alzò in tutta la sua statura, e lo guardò fisso negli occhi: " Quando vuoi...sono pronta, ragazzino. Ma ti avverto: con me, la tua carriera finisce. Ingloriosamente." "Va bene, troia. Ci vediamo al prossimo meeting, tra in mese." Quelle quattro settimane che precedevano l’incontro non passavano mai, per Ewa. E non soltanto per gli allenamenti cui si sottoponeva, ma soprattutto perché, per la prima volta da quando era divenuta campionessa, aveva paura di perdere. Non aveva mai combattuto con un agonista, contro un giovane uomo così allenato e preparato fisicamente, abile dal punto di vista tecnico ed abituato al combattimento. Tentava di esorcizzare i suoi dubbi pensando in positivo, e di focalizzare i propri punti di forza. La statura, anzitutto, superiore di quasi 15 centimetri. Il peso: lei era sui 70 kg., al limite della categoria, Alain doveva renderle almeno 2 chili. Inoltre, l’esperienza specifica nella lotta submission style, e la sua indubbia superiorità nell’uso delle lunghe, potentissime gambe. In più, anche l’essere donna era obiettivamente un vantaggio: non solo perché un giovane uomo che viene sconfitto in combattimento da una femmina perde tutto il suo prestigio di maschio, e quindi si gioca tutto, mentre per una donna la sconfitta può essere considerata più naturale. Ma anche perché pensava di provocarlo sessualmente, di eccitarlo, di portarlo a comportamenti irrazionali. Alain si presentò nella piccola arena indossando la giacca del kimono da judo, serrata dalla cintura nera. Ewa entrò qualche minuto dopo, indossando un accappatoio rosso, il volto nascosto dal cappuccio. L’arbitro li chiamò al centro della materassina. Alain si tolse il kimono, restando in slip neri; Ewa a sua volta si sbarazzò dell’accappatoio, rimanendo con addosso un microscopico perizoma rosso, che a mala pena copriva il suo sesso rasato. Il giudice fece le raccomandazioni di rito, mentre i due si squadravano. Il giovane maschio mostrava un fisico atletico, tonico, dalla muscolatura esplosiva. Ma Ewa lo guardava sfottente dall’alto. La donna ostentava una muscolatura meno ipertrofica, ma più lunga, e le sue spalle apparivano più ampie di quelle del suo rivale. Fu lei a provocare:, avvicinandoglisi torreggiante, quasi schiaffeggiandolo con i suoi seni sodi dai capezzoli eretti: " Nano, per te è arrivata la fine del gioco! Oggi mi diverto io... come sempre." " Quello che ha passato la tua amica Annie è nulla...rispetto a quanto passerai oggi, puttana!" " Forse non lo sai ma mi sono allenata con una tua vecchia amica, Moira. Mi ha parlato molto bene di te..." Alain divenne di colpo rosso. Credeva che quanto occorsagli con Moira, campionessa nazionale assoluta di Judo, fosse ormai un episodio dimenticato. Era accaduto un paio d’anni prima: stava allenandosi con il suo circolo, quando entrò Moira seguita dal suo trainer. Lei chiese se c’era qualche cintura nera disponibile ad allenarla, e Alain fece il classico passo avanti, confidando nella tradizionale superiorità maschile. Mal gliene incorse, perché fu abbattuto da una serie di ippon e immobilizzato più volte al suolo di fronte a tutti i compagni di palestra ad un tempo imbarazzati e divertiti. "E’ una storia vecchia... ora le cose sono cambiate." "Credi? Sai come si dice qui: predente una volta, perdente per tutta la vita! E’ per quello che io vinco sempre, piccolino!" Lui la guardò con odio. Al cenno dell’arbitro, cominciarono lo scontro. Ewa, malgrado avesse segnato un punto a suo favore nello scontro verbale che aveva preceduto l’incontro, si sentiva tesa, e faticava a dominare i fantasmi della sua paura. Alain era sovraeccitato: portava ripetuti attacchi, che la donna evitava con difficoltà, poi riuscì ad atterrarla con una tecnica di piede. La seguì nella caduta, tentando di immobilizzarla: ma il fatto che la lotta si svolgesse a corpo nudo, senza indossare il kimono, dava qualche vantaggio alla donna che riuscì a svincolarsi. Si rialzarono, e Alain trovò subito una proiezione sopra la sua spalla, facendo cadere pesantemente la rivale. Sarebbe stato jppon, ma non era un incontro di judo: e lei si rialzò, dolorante ma determinata. Ewa capì che non doveva lasciargli troppo spazio, e gli cinse il collo con una cintura, serrandolo verso di sè con tutta la sua forza. La maggiore statura era un vantaggio, e riuscì a far piegare l’uomo, poi ad atterrarlo con uno sgambetto. Il pubblico impazzì di eccitazione, vedendo quel ragazzo così aggressivo in balia dell’avversaria. Ma Alain si dimostrò forte nella lotta a terra: riuscì a divincolarsi, a rovesciare la situazione ed infine a portare una chiave articolare al braccio della donna. Ewa fu tentata di resistere, poi temette che il suo contendente riuscisse a lederle l’articolazione, rendendo impossibile il prosieguo della lotta: quindi batté a terra in segno di resa. Gli astanti rimasero in silenzio, delusi. Alain le sibilò: "Questa è la prima sottomissione, puttana. Tra qualche minuto seguirà la seconda, poi mi divertirò..." Ewa lo guardò fredda: "Credi? Ti ho lasciato il primo punto solo per dare qualche emozione al pubblico... da adesso in poi faccio sul serio." Alain scrollò le spalle, ma il dubbio penetrò nel suo cervello. Dopotutto, quella troia era forte, molto forte...no, stava certamente bluffando. Ewa ritornò al suo angolo ove la aspettava Annie. "E’ forte, molto forte... ma ho capito che posso farcela. Devo solo evirare di dargli troppo spazio." "Usa le gambe, usa le gambe!" la martellava Annie. "Non è abituato alle forbici, è solo uno judoka." L’arbitro li richiamò al centro della materassina. Ewa si sentiva più tranquilla: lui era il combattente più temibile che avesse mai incontrato, ma lei poteva batterlo. Ne era sicura. Alain iniziò attaccando. Ewa lo bloccava in prese di lotta libera, approfittando della sua maggiore statura, e lo provocava continuamente. "E’ questo tutto ciò che sai fare, nano? Ora capisco come Moira ti abbia ridotta ad un tappetino...frocio!" "Maledetta puttana, ti rompo l’osso del collo! Ti inculo a sangue!" Lottavano scompostamente. La rabbia e la stanchezza che cominciava a farsi sentire li portava a trasformare il combattimento in una rissa, in una primordiale prova di forza. Fu nuovamente Alain ad atterrare la rivale con una proiezione di judo. Lottarono a terra, feroci come bestie. ed alla fine fu l’uomo a mettersi a cavalcioni sul petto dell’avversaria, inchiodandole i polsi a terra con tutta la forza delle sue braccia muscolose. Ewa finse di inarcarsi a ponte, poi fece partire fulminee le gambe, che si serrarono al collo dell’uomo in una forbice improvvisa e fortissima. Alain fu spinto verso l’indietro, mentre la presa dei polpacci, resa inestricabile dalle caviglie intrecciate, esercitava una pressione ed una torsione insopportabile per le sue vertebre cervicali. Tentò di resistere, di sciogliersi dalla stretta, ma fu presto costretto a battere la mano a sua volta in segno di resa. L’esito della ripresa scatenò il pubblico, che faceva compatto il tifo per la donna, tranne qualche maschio da lei battuto il quale sperava in un ridimensionamento di quella splendida femmina. "Brava, adesso fallo fuori, distruggilo!" "Fagli vedere chi comanda, a quello stronzo!" "Ewa, fagli vedere chi ha il cazzo!" fece uno degli spettatori. E nessuno rise. Annie la aspettava all’angolo, pronta a dispensare consigli. "Riprova a prenderlo con una forbice... puoi vincere!" "Certo che posso vincere" le fece Ewa. "Ma non voglio farlo con una forbice: voglio batterlo con una tecnica di braccio, come fossi un uomo! Voglio umiliarlo totalmente, non lasciargli né alibi né speranze." Iniziò il terzo e decisivo round. Adesso era la donna a mostrasi più sicura, mentre Alain appariva aver smarrito la sua confidenza. "Che fai, ragazzino, stai cominciando a capire che anche oggi sarai sconfitto da una donna?" "Non sei una donna, sei..." Alain non fece tempo a finire la frase, che Ewa si era strappata di dosso il tanga e glielo aveva scagliato in faccia, mostrando la figa depilata. Poi, prima che potesse riprendersi, lo afferrò in presa al collo e lo atterrò con una precisa proiezione di judo. Il pubblico impazzì per l’emozione e la sorpresa. Ewa seguì la caduta dell’avversario, piombandogli sopra al petto con tutto il suo peso, ed immobilizzandolo in una presa a terra. Alain si divincolava, si inarcava in ponte, tentava di respingerla con le braccia, ma lei lo teneva con una morsa ferrea. Alla fine, l’uomo riuscì a liberarsi, ed a rialzarsi rosso in viso ed ansimante. Lei gli sorrideva, ormai convinta di tenere in pugno le redini dell’incontro. Ma Alain era forte, molto forte e tenace: entrò con una spazzata, facendola cadere pesantemente a terra. Ewa piroettò indietro sulla sua testa, con una rapida capriola, evitando di essere attaccata a terra. Si afferrarono in presa, con tutte le forze rimaste. Ormai, non contava più la tecnica, né la forza: valeva solo la resistenza, e l’orgoglio. I due contendenti ansimavano, scambiandosi di tanto in tanto insulti e minacce, più sussurrati che pronunciati: "troia" "finocchio" "ti ammazzo" "ti rompo il cazzo". Alain provò a girarsi, per portare una proiezione sopracapo. Ma la fatica lo rese lento, ed Ewa riuscì a piegare le ginocchia, ad afferrarlo all’altezza del bacino, a sollevarlo stendendo le gambe e, quindi, a gettarlo all’indietro. Gli saltò sopra con tutto il peso, bloccandogli un braccio tra le gambe e serrandogli l’altro con le mani. Lui era immobilizzato a braccia aperte, quasi crocefisso, lei lo bloccava spietata. Ewa lo sfotteva, lo annullava con le parole non meno che con la sua forza. "Non vali a nulla, ragazzino, devi essere il campione di judo dei froci... la cintura nera dei minorati... " L’uomo provava a scalciare, a divincolarsi, ad inarcarsi. Tutto era vano: la stanchezza gli aveva prosciugato le energie, Lei lo lasciò stancare, quindi fece passare il suo avambraccio sotto il gomito dell’avversario, mentre con la mano spingeva il polso verso il braccio. Alain provò a resistere, attingendo alle ultime energie. poi batté il piede a terra, in segno di resa. Lei si alzò, trionfante, slanciando le lunghe e forti braccia vincitrici verso l’alto, il piede posato, in segno di trionfo, sul petto del giovane. Dal basso, lui la guardò, esterrefatto e spaventato: vide la sua espressione trionfante, sfuggì al suo sguardo per fissare i capezzoli eretti, la sua figa depilata Il pubblico era in delirio. Lei ringraziò, inchinandosi, recuperata per un attimo la sua impeccabile educazione formale. L’arbitro le alzò il braccio, mentre ancora lui era immobilizzato a terra dal suo piede. "La vincitrice, per due ad uno...Ewa! Ed ora, la domination." Ewa guardò verso il basso, fissandolo negli occhi. "Ad una come me, tu sei degno solo di leccare i piedi" disse, ponendogli la sua estremità inferiore destra, dalle unghie smaltate di un tradizionalista rosa, sulla bocca. "E vedi di fare un buon lavoro, altrimenti mi arrabbio. Alain cominciò a leccare, con cura. "Anche tra le dita... cane!" Lo costrinse a ripetere il trattamento anche all’altro piede. "Non sei degno che io serri nella mia figa il tuo cazzo adolescente... ma masturbati come sei solito fare, sognando di essere posseduto da me...soddisfati da solo. Lui obbedì, e venne una prima volta con uno schizzo copioso. Ewa gli ordinò di masturbarsi ancora, più volte, sinché lui non urlò di dolore. "Ah, vedo che siamo scarsini... o forse sono io che non ti eccito. E’ forse così?" lo interrogò minacciosa. "No, sono solo...stanco." rispose spaventato. "Stanco e scarso" ribadì Ewa. "Non è così?" "Si ... stanco e scarso. Scusami, non posso più venire, mi fa male l’uccello." "Ah. ti fa male? Povero piccolo" lo scarnì la donna. "Allora cambiamo gioco. Dato che sei un asino, giochiamo all’asinello. Mettiti a quatto gambe." Alain si alzò in ginocchio, poi appoggiò le mani a terra. Ewa gli montò sopra, a cavalcioni. "Ora faremo un giro attorno alla materassina. Il pubblico vuole vederti più da vicino... sai, non ha mai visto un asino con la cintura nera..." disse Ewa, mentre, presa la sua cintura, gliela fece passare da un angolo all’altro della bocca a guisa di morso, impugnandone le estremità come fossero redini. Lo guidava tirando ora con l’una, ora con l’altra mano, facendogli compiere numerosi giri, mentre lo spronava ad andare più veloce. Dopo qualche minuto, le braccia del giovane si piegarono dalla stanchezza, facendolo cadere a terra. Ewa si rialzò, ponendogli un piede sulla schiena: "Basta, penso che tu ne abbia avuto abbastanza. Vattene, e sappi che, se ritorni, avrai di nuovo a che fare con me! Lui si alzò, confuso, raccattò il kimono, la cintura nera e scivolò rapido fuori dalla sala.