LA GLADIATRICE Ottavo episodio di Davidmuscolo I nomi dei personaggi sono fittizi. Ogni somiglianza e omonimia e' puramente casuale. ATTENZIONE!!!! Questo racconto contiene scene di sesso e violenza. Ottava puntata Per il prosieguo del viaggio rimanemmo tutti e tre in perfetto silenzio e dopo un'altra decina di minuti arrivammo alla villa. Sonja si tolse la chiave che ciondolava dal suo collo come fosse una catenina e la porse ad Alejandro il quale tolse l'elettrificazione, apri' il cancello, lo richiuse dopo essere entrati col furgoncino per poi rimettere l'elettrificazione. In pochi minuti tutto era ritornato normale nella villa. Tutto normale? Io non ero nella stanza insieme a Joe ma stavo salendo le scale insieme a lei, ancora vestiti come quando ci stavamo affrontando nell'arena, con uno strano batticuore che mi ricordava la prima volta che feci sesso a quindici anni con una mia coetanea. Entro' prima lei ed io rimasi qualche istante sulla porta " Che intenzioni hai, adesso?" le chiesi appoggiando una mano sullo stipite " Con te o col colonnello?" " Con tutti e due" Sonja accenno' un sorriso " Vieni, entra" disse prendendomi per la mano e sedendosi poi sul bordo del letto "Per questa notte lasceremo tutto inalterato poi raddoppieremo la sorveglianza nella stanza delle telecamere" " Non credo che possa bastare. Ho paura che se dovessero vedere un intrusione da parte degli uomini del colonnello, i tuoi uomini, malgrado il terrore che nutrono nei tuoi confronti, possano decidere di schierarsi con loro pensando di essere liberati" " Sarebbe un suicidio. Cartright non li lascerebbe mai liberi. Non puo' permettersi di lasciare in vita dei testimoni" " Ma loro non lo sanno ed e' proprio su questo che dobbiamo lavorare. Dobbiamo fare in modo che loro capiscano che conviene schierarsi dalla nostra parte in caso di attacco. Abbiamo armi a disposizione?" " Una sola. Una pistola che usa Alejandro. Io non ho bisogno di armi" " Non possiamo fare in modo di trovarne almeno un altro paio?" " E' da escludere. E' Cartright che si occupa di queste cose e non credo sia il caso di chiamarlo per rifornirci di armi e munizioni" rispose Sonja sarcasticamente " Mi domando come faremo a fermare un eventuale attacco. A parte la tua forza e la tua bravura non possediamo nulla" " Ce la faremo bastare. Tu ancora non conosci tutte le mie potenzialita'" " Speriamo. Ma intanto, per prevenire eventuali tradimenti da parte dei tuoi schiavi, propongo che io ed Alejandro ci alterniamo durante la notte. Faremo dei turni di quattro ore e dormiremo durante il giorno" " E per quanto tempo potremo farlo? Cartright potrebbe attaccare domani, fra una settimana, fra un mese oppure non farlo mai" " Attacchera'" risposi con sicurezza. "Lo fara' perche' in questo momento io per lui sono un tarlo che gli rode nel cervello e che deve eliminare. Attendera' qualche giorno ma poi decidera'. Conosco la mentalita' degli uomini come lui. E poi non si fida piu nemmeno di te, malgrado tu gli abbia dato la disponibilita a combattere ancora. Credo che in questo momento ti ritenga piu' debole" " Debole io? Un controsenso considerando le mie capacita', non credi?" Mi inginocchiai e la presi tra le braccia sfiorandole le labbra " Debole psicologicamente. Se mi hai salvato la vita, se ti sei messa contro di lui, significa che qualcosa provi nei miei confronti. E questo ti rende appunto piu' debole ai suoi occhi" " Forse ai suoi occhi. Quanto a te, sbaglieresti se dovessi considerarmi una debole. Sono abituata a comandare e lo faro' anche con te e tu ti atterrai ai miei ordini. Potrai considerarti uno schiavo privilegiato ma non ci pensero' due volte a punirti per qualunque tuo errore, a possederti come ho fatto finora e ad ucciderti se dovessi tradirmi. Si, qualcosa cambiera' ma faresti il piu' grosso errore della tua vita se dovessi pensare che io mi sia imborghesita solo perche' ho scoperto che mi piaci. Mi piaci e ti voglio a cominciare da adesso" Sonja si alzo' dal letto e mi afferro' da dietro la nuca spingendomi con forza verso di lei. Anche i suoi baci erano dominanti, esprimevano desiderio ma anche possesso ed io stavo scoprendo quanto fosse sensuale ed eccitante tutto questo. Ricambiai, ovviamente, ma poi mi distaccai " Sonja" " Si, Jason" " Io ti amo" " Me lo hai gia' detto e ormai sono convinta che tu dica la verita'" " Si, e' una verita' assoluta. E proprio perche' ti amo io voglio dirti la verita' che mi riguarda. Voglio che tu nutra la piu' assoluta fiducia nei miei confronti" Sonja mi guardo'. Avevo paura della sua reazione ma dovevo dirle chi io fossi. Mi aveva salvato la vita e trovavo giusto che io le confessassi tutto. Deglutii nervosamente e poi continuai "Io sono un poliziotto, Sonja. Sono stato incaricato delle indagini sulla morte di uno degli uomini che tu hai ucciso" Vidi il volto di Sonja quasi trasformarsi e il suo respiro diventare affannoso " Tu, brutto stronzo. Mi hai ingannata" " No aspetta Sonja, ti prego ... ." Non feci in tempo a terminare la frase. Uno schiaffo di inaudita violenza mi colpi' in pieno volto mandandomi a sbattere contro il muro. Mi lasciai scivolare per terra. Il sangue mi colava dalla bocca e dal naso ma quello che mi interessava era convincere Sonja della mia buona fede. Gattoni, mi avvicinai a lei e, in segno di assoluta sottomissione ai suoi voleri, le baciai i piedi, o meglio gli stivali. Il mio orgoglio con lei non esisteva. Lei era assolutamente superiore a me ed io ne riconoscevo tutte le qualita'. Mi ero innamorato di lei proprio per quelle doti o chissa', forse anche per la violenza con la quale mi trattava " Non ti ho ingannata e ti ho fatto questa confessione per avere la tua fiducia. Voglio che tu ti possa fidare ciecamente di me, come fai con Alejandro" Con il suo piede Sonja spinse il mio volto verso l'alto in modo da poter incrociare il suo sguardo. Avevo quell'altissimo tacco a spillo sotto il mento e rabbrividii al pensiero di cosa avrebbe potuto fare se lei avesse voluto " La polizia sa di me?" " No Sonja, non sa nulla. Devi credermi. Tutto cio' che siamo venuti a scoprire era che c'erano dei combattimenti clandestini. Tutto qui'. Io mi sono finto il fratello di una vittima per scoprire qualcosa ma ho fatto l'indagine di nascosto dei miei superiori contando sul fatto che ero un buon combattente e sarei stato credibile, ma loro sono all'oscuro di tutto cio' che ti riguarda. Mai e poi mai avremmo potuto immaginare che l'artefice di quei delitti fosse una donna" " Perche' dovrei crederti?" " Perche' tu sai che e' la verita' e che te l'ho confessata apposta per avere la tua fiducia" " Quindi, ci saranno delle indagini anche sulla tua sparizione?" " E' probabile, ma non so nulla con certezza. Dal momento del nostro primo combattimento non ho avuto piu' nessun contatto con il mio distretto e con tutti quelli che conosco" " Alzati!" mi ordino'. Lo feci, andando di fronte a lei "Come intendi risolvere questo problema?" prosegui' lei. Sembrava essersi calmata e cio' mi fece tirare un sospiro di sollievo anche se non ero ancora sicuro delle sue intenzioni " Come tu mi ordinerai. Se tu vuoi, io rimarro' qui' accanto a te, altrimenti potro' tornare a Los Angeles, fingere di essere stato rapito e poi rilasciato ma di non sapere nulla dei miei rapitori. E poi dare le mie dimissioni, con la scusa dello choc subito. In ogni caso, accettero' qualunque tua decisione. L'importante e' che io possa stare accanto a te" Le avevo detto esattamente cio' che pensavo. Non contava piu' la mia carriera, tutto cio' che avevo lasciato a Los Angeles e l'unica cosa che contava per me era lei, respirare quella strana sensazione di stare accanto ad una donna del genere, conscio che non sarebbe stata una vita semplice e che avrei dovuto cambiare tutte le idee che avevo in fatto di convivenza " E chi mi dice che non mi tradirai? Che tu non dica ai tuoi colleghi dove abito e cio' che ho fatto?" " E allora fammi rimanere con te come schiavo. Non mi dare alcuna liberta' e tienimi prigioniero. Io non ti tradirei mai e capisco le tue incertezze ma se mi lascerai rientrare a Los Angeles io ti do la mia parola che sistemero' tutta la questione in pochi giorni. Non ho intenzione di perderti. Voglio rimanere accanto a te" " Ci rimarrai, Jason, ci rimarrai. Almeno fino a quando io non mi saro' stancata di te. Ma dei dettagli ne discuteremo dopo. Adesso abbiamo cose piu' importanti da fare" Si, avevamo cose molto importanti da fare ed io non vedevo l'ora di farle. Stavo per fare l'amore con la donna che mi ero reso conto di amare, stavo per partire per il mio paradiso personale accanto ad una donna di una bellezza unica. L'unico problema era che io rimanevo un suo schiavo e che lei poteva disporre di me come e quanto voleva. Ma era veramente un problema o lo consideravo un valore aggiunto a quella strana relazione? L'indomani mi svegliai accanto a Sonja. Era una strana sensazione. Strana e meravigliosa. Come meravigliosa era stata quasi tutta la notte a fare l'amore. Oh, non era stato sesso normale. Sonja non era una donna normale e non lo sarebbe stata mai, malgrado i suoi sentimenti verso di me. Amava il sesso violento, amava possedere il suo uomo e non fece eccezione con me. L'unica differenza stava nel fatto che io adoravo essere suo, amavo percepire il suo carisma e il suo assoluto dominio nei miei confronti. Aveva infatti usato nuovamente lo strap-on nei miei confronti ed io l'avevo accettato come logica conseguenza di questa strana relazione, domandandomi semmai come fosse possibile che io trovassi piacere con una pratica simile, lontana mille miglia dalle idee che avevo sempre avuto in fatto di sesso. Avevo sempre avuto questo insano desiderio oppure era soltanto Sonja, con la sua forza, con la sua autorita' e con il suo potere assoluto a farmi desiderare allo spasimo certe situazioni? Impossibile poter rispondere. Quel che era certo che avevo amato ogni istante trascorso con lei, sia nei momenti in cui Sonja era stata dominante e sia quando lei era stata un'amante dolce e tenera e il desiderio di trascorrere altri momenti simili era intensissima gia' dal mattino seguente. Ma c'erano altre incombenze urgenti da risolvere. Insieme a Sonja e ad Alejandro decidemmo di alternarci dinanzi ai monitor durante le notti susseguenti. Era improbabile che il colonnello, semmai avesse deciso di attaccare, lo avesse fatto durante il giorno ed il rischio c'era semmai in piena notte. Era evidente che non avremmo potuto continuare tutta la vita con quella spada di Damocle sulla testa e decidemmo che avremmo atteso un paio di settimane, dopodiche' avremmo deciso il da farsi. Le possibilita' erano diverse e con i soldi che Sonja aveva guadagnato in quegli anni non sarebbe stato complicato espatriare e rifarsi un'altra vita in una nazione che non aveva l'estradizione con gli Stati Uniti. Ma, in attesa di organizzare tutto alla perfezione, sarebbe stato meglio evitare rischi. Se il colonnello, come mi aveva assicurato Sonja, non era al corrente delle telecamere di sorveglianza, non avrebbe atteso a lungo. Quanto a me, Sonja decise che per il momento avrei continuato a soggiornare nella villa e solo in seguito avrebbe deciso quale fosse la cosa migliore da fare. Le dissi che le indagini su un poliziotto scomparso nel nulla sarebbero potute essere pericolose per lei perche' l'intensita' di quelle indagini sarebbe stata sicuramente ben superiore a quella di una normale scomparsa, ma dovetti convenire con lei che in quel momento era da escludere un mio ritorno, seppur momentaneo, alla vita normale. La vita normale ricomincio' invece all'interno della villa di Sonja anche se, ovviamente, il mio rapporto con coloro che erano stati i miei compagni di prigionia era drasticamente cambiato. Avevo detto loro del pericolo che correvano nel caso avessero accettato di tradire Sonja a favore del colonnello perche' quest'ultimo li avrebbe uccisi in quanto erano testimoni delle sue nefandezze ed avevo cercato di far capire loro che l'unica possibilita' di restare in vita era quella di rimanere fedeli alla loro padrona, lottando a fianco a lei in caso di attacco e che in caso di espatrio loro sarebbero tornati liberi ma, malgrado stessi agendo anche per i loro interessi, agli occhi della maggior parte di loro ero visto ormai come un traditore e venivo trattato con indifferenza anche se con un certo timore. D'altronde, il terrore che nutrivano nei confronti della loro padrona si era riversato in parte anche su di me ed i loro comportamenti nei miei confronti erano diventati molto timidi e sottomessi, seppur apparentemente normali. Ma se per tutti gli altri prigionieri niente era cambiato, per me la vita era diventata ben diversa. Trascorrevo parte della notte di guardia dinanzi le telecamere e dormivo durante il giorno, svegliandomi in tempo per assistere ai rituali allenamenti di Sonja e per ammirarne la straordinaria potenza. Ma Sonja trovava anche il tempo da dedicare al nostro strano rapporto ed era tempo dedicato soprattutto al sesso. Erano senz'altro i miei migliori momenti e non solo per il sesso fine a se stesso che pure era anomalo e straordinario ma perche' amavo starle a fianco e toccare quel corpo bellissimo. Dal momento in cui le avevo dichiarato il mio amore, lei non aveva avuto altri uomini e questo mi lasciava ben sperare sui sentimenti che nutriva nei miei confronti. Ma sarebbe stato riduttivo per me vederla solo come una bellissima macchina del sesso in quanto mi piaceva anche parlare con lei. Era dotata di un'intelligenza acutissima anche se i nostri discorsi vertevano soprattutto sulla situazione inerente al colonnello e sulla mancanza di sue notizie, cosa piuttosto strana in quanto lui aveva l'abitudine di venirla a trovare almeno due volte a settimana. Ma ormai erano trascorsi quattro giorni. Quella notte toccava a me fare il primo turno di guardia e lo feci come al solito da mezzanotte alle quattro di mattina, momento in cui Alejandro mi diede il cambio. Tornai nella camera di Sonja e mi sdraiai accanto a lei, bellissima come al solito e quasi interamente nuda a parte un minuscolo perizoma, cercando di non fare rumore. Avevo a timore di svegliarla. Anzi, avevo timore di lei in assoluto ma quel timore era adrenalinico, mi sconvolgeva e mi portava ad amarla ancora maggiormente di quanto gia' la amassi. Non riuscivo a capire il motivo di questo mio comportamento ma sapevo che avrei dato la vita per lei. La osservai per qualche istante, quasi a fissarmi nella mente le straordinarie forme che tanto mi eccitavano, resistendo alla persistente voglia di accarezzarla e quindi mi lasciai vincere dal sonno. Ma duro' poco. Sentii l'altoparlante installato appositamente da Alejandro gracchiare e poi la sua inconfondibile voce con accento texano " Allarme, mia padrona. Ci attaccano" Io e Sonja ci guardammo negli occhi per un solo secondo. Sapevamo come agire. Un minuto appena per vestirci, jeans maglietta e stivali per me e divisa militare con stivali senza tacco per Sonja e poi corremmo a perdifiato verso la stanza delle telecamere dove trovammo Alejandro ed un altro degli schiavi di Sonja " Alejandro, tu con me" disse al suo uomo di fiducia e poi si rivolse all'altro uomo "E tu sveglia tutti gli altri schiavi. Chi non combatte a fianco a me lo uccidero' con le mie mani" Sapeva perfettamente come dare ordini anche in questi casi drammatici. Io intanto diedi uno sguardo alle telecamere. Come m'immaginavo, gli uomini di Cartright avevano scavalcato il muro che cingeva la villa e, dopo aver evitato la corrente elettrica, erano entrati nel giardino. Erano armati di tutto punto e si muovevano agili e silenziosi. Ne contai una ventina piu' il famigerato colonnello dietro di loro. Guardai Sonja ed Alejandro. Come fermare quell'attacco? Non sembrava che potessimo avere molte possibilita' contro quel gruppo bene addestrato ma avevo il dovere di dare una mano. Se ci trovavamo in quella situazione, la colpa era mia e potevo fare qualcosa. Avevo fatto la guerra, non ero un pivellino e sapevo muovermi. Presi Sonja per un braccio " Dimmi cosa devo fare" Sonja si divincolo' e poi mi guardo' freddamente " Tu rimani qui' e ci darai le indicazioni su dove si trovano i nostri nemici. Io e Alejandro avremo gli auricolari e tu ci aiuterai a scovarli. Sarai i nostri occhi" " Ma io voglio dare una mano sul campo" obiettai ma per tutta risposta Sonja mi afferro' per il mento " Sono io che do gli ordini. Tu rimani qui' e se vedi che io e Alejandro non dovessimo farcela scapperai dal retro" Con l'altra mano si strappo' la catenina dal collo e mi diede la chiave "Questa serve per togliere l'elettrificazione. Fai quello che ti dico altrimenti quando sara' finita questa faccenda te ne faro' pentire" Non ebbi il tempo di replicare anche perche' non sarebbe servito a niente. Come aveva appena detto, era lei che dava gli ordini ed io dovevo solo obbedire e mi misi pertanto la chiave in tasca. In pochi secondi Sonja ed Alejandro erano gia' nel corridoio. Guardai i monitor. I soldati erano gia' entrati al piano terra della villa mentre i miei ex compagni che dormivano al primo piano erano ormai gia' svegli. Li guardai incuriosito. Erano indecisi sul da farsi. Dai loro movimenti si capiva come qualcuno di loro volesse schierarsi a favore di Sonja, ben sapendo cosa sarebbe potuto accadere nel caso noi fossimo riusciti a respingere l'attacco, mentre altri, malgrado le raccomandazioni che avevo fatto loro nei giorni scorsi, volevano schierarsi a favore del colonnello sperando cosi' nella salvezza. Tra i fedeli di Sonja riconobbi Joe, Liam, Jeff e Brian ma tutti gli altri corsero verso coloro che reputavano i loro salvatori. Fu un autentico massacro. Gli uomini di Cartright li accolsero con i fucili puntati e poi fecero fuoco. Mio Dio. Quei maledetti li avevano trucidati tutti e quattro. Avevo gli occhi colmi di lacrime ma non avevo tempo per soffermarmi sul dolore che provavo e dovevo cercare di aiutare la mia donna e il suo aiutante. La mia donna ... ..Suonava strano considerando quale fosse il nostro rapporto ma io la consideravo tale. I due intanto, erano scesi al primo piano ricongiungendosi con gli schiavi fedeli. Vidi Sonja dare a tutti degli ordini e poi sparpagliarsi nelle varie stanze. Il primo manipolo degli scagnozzi di Cartright composto da tre uomini stava intanto salendo le scale, seguiti da tutto il resto del plotoncino e dopo pochi secondi imboccarono il corridoio. Li osservavo attentamente per cercare il momento giusto e, appena vidi uno di loro che stava per entrare nella stanza dove erano nascosti Brian e Joe, avvertii Alejandro e Sonja che apri' silenziosamente la porta e poi punto' coraggiosamente l'uomo armato. Il braccio della donna cinse il collo del soldato che dopo un paio di secondi scivolo' inanimato a terra, probabilmente col collo spezzato, ulteriore dimostrazione della sua potenza. Gli altri due si erano nel frattempo voltati ma non ebbero il tempo di reagire. Uno di loro cadde sotto il fuoco della pistola di Alejandro mentre l'altro fu colpito da un tremendo calcio al volto della stessa Sonja. L'uomo ando' a sbattere contro il muro e Sonja lo raggiunse sferrandogli un pugno tremendo che lo fini' prima ancora che questi ebbe il tempo di replicare una pur minima difesa. Mio Dio che velocita' di esecuzione e che potenza. Non potevo rendermi conto se fosse ancora vivo o morto ma dubitai immediatamente che con un pugno dato con tale violenza quell'uomo potesse essere ancora in vita. Alejandro e Sonja raccolsero quindi i mitra dei soldati e se li misero a tracolla, offrendone uno anche a Joe. Ora la situazione cominciava a farsi interessante. Ma ormai tutti gli altri soldati avevano invaso il pianerottolo. Vidi uno di loro far fuoco e colpire in pieno il povero Brian ma anche Alejandro e Joe fecero altrettanto eliminando due dei nemici. Poi intervenne Sonja. Usci' da una delle stanze col mitra spianato sparando all'impazzata verso un piccolo gruppo di cinque soldati colpendone due in pieno petto e poi, arrivata a stretto contatto con loro, li affronto' con le sue armi preferite: mani e piedi. Due soldati caddero colpiti da quella donna dalla forza prodigiosa, il primo colpito da un tremendo calcio e il secondo prima da una gomitata e poi da un pugno che lo fece diventare una maschera di sangue. Era nata per combattere e la guardai ammirato. Sapeva esattamente come e dove colpire e sembrava quasi danzare, facendo ondeggiare il suo caschetto di capelli biondi. Ma l'ultimo rimasto si era allontanato di un paio di metri e stava per premere il grilletto. Rabbrividii al pensiero che sulla traiettoria c'era la donna che amavo. Urlai " Sonja, a ore dieci" le dissi in gergo militare e lei capi'. Si tuffo' a terra evitando la scarica di proiettili e quindi, girando prima su se stessa per rimettersi in posizione verticale e poi librandosi nell'aria, colpi' il malcapitato con una precisione millimetrica mandandolo a sbattere violentemente contro una delle porte che venne distrutta per l'impatto. Sonja guardo' verso una delle telecamere, sorrise e mi mando' un bacio. Ormai era vera e propria guerriglia. Si combatteva e si sparava ad ogni metro. Caddero un altro paio di soldati ma cadde anche il povero Liam. Ma Sonja era una vera e propria macchina da guerra. Grazie alle mie indicazioni, tolse di mezzo altri quattro degli uomini del colonnello e lo fece a mani nude. Ora la situazione numerica si era equiparata. Quattro erano i soldati rimasti e quattro i miei compagni. Ed in piu' c'eravamo io ed il colonnello che era rimasto al piano terra aspettando vigliaccamente gli eventi in contatto radio con i suoi uomini. E le notizie che riceveva erano, per nostra fortuna, poco incoraggianti per lui, tanto che si guardo' intorno con aria smarrita. Si era messo contro la persona sbagliata e se ne stava rendendo conto. Voleva scappare, il farabutto. Cosa fare? Sonja mi aveva dato l'ordine di rimanere incollato ai monitor ma stavolta non potevo obbedirle. Me l'avrebbe fatta pagare cara, lo sapevo, ma non potevo far scappare l'artefice di tutti quei morti. I miei compagni avevano ormai la vittoria in pugno e avrebbero potuto fare a meno delle mie indicazioni. Correndo all'impazzata, scesi dal secondo piano dove mi trovavo e attraversai il primo, vero e proprio scenario di guerra. Scavalcai i morti evitando alcune pallottole che mi sibilavano intorno e rallentai solo quando vidi Sonja nascosta ma pronta a scattare. Il suo volto era gelido ed ebbi quasi l'istinto di fermarmi. Mi nascosi anch'io dalla parte opposta del corridoio, proprio di fronte a lei " Dove stai andando? Ti avevo dato l'ordine di rimanere nella sala dei monitor" mi rimprovero' " Lo so e so anche che dopo mi punirai, ma Cartright sta scappando e me lo vado a riprendere" Il viso di Sonja si apri' in un sorriso tanto bello quanto poco opportuno in quello scenario di guerra " Quindi, non stai scappando" Mi voltai e mi fermai un solo istante " No, mia bellissima padrona. Non scappero' mai da te" Ripresi la mia corsa e accelerai ancora di piu'. Il colonnello non c'era piu' nella villa ed uscii giusto in tempo per vedere la sua sagoma illuminata dalla luna scavalcare il muro di cinta grazie ad una delle scale con le quali lui e i suoi uomini erano entrati. In pochi secondi raggiunsi anch'io la scala ma, appena mi affacciai nella parte esterna della villa, vidi un furgone partire sgommando. Non ci pensai un secondo. Mi gettai sul furgone e atterrai sul suo tettuccio, indolenzito ma ancora integro. Rapidamente, strisciai per qualche metro e poi, tenendomi spericolatamente appeso con le mani alle sporgenze del tettino del furgone, mi feci dondolare e calciai con tutte le mie forze e con entrambi i piedi. Il vetro si ruppe e rifeci la stessa operazione ma stavolta i miei piedi colpirono in piena faccia il colonnello intento alla guida. Rapidamente, scivolai nell'abitacolo cercando di prendere la guida del furgone ormai allo sbando senza piu' il suo guidatore che ormai ero riuscito a scansare dal suo posto originale. Con la mano sinistra cercai di evitare al furgone di ribaltarsi rimettendolo in carreggiata, mentre con la destra riuscii a colpire con un pugno il mio avversario. Ero riuscito nel mio intento. Avevo preso il colonnello che ora si massaggiava il mento indolenzito per il mio pugno ed avevo fermato la corsa spericolata del furgone. Afferrai Cartright per il bavero della sua divisa e lo trascinai fuori dall'abitacolo per colpirlo nuovamente in faccia con tutta la forza che possedevo. Era a terra ma aveva ancora la sua pistola nella fondina e dovetti colpirlo con un calcio per stordirlo e per poterlo poi disarmare. Mi misi la sua pistola nel retro del mio pantalone e lo afferrai nuovamente rialzandolo. Era sanguinante e la cosa mi entusiasmava addirittura. Odiavo quell'uomo ma non ero un assassino. Non potevo ucciderlo a sangue freddo. Lo guardai. La situazione si era completamente invertita dall'ultima volta che ci eravamo trovati faccia a faccia " Ti ricordi cosa ti avevo detto, Cartright?" " Non ho buona memoria" rispose sarcasticamente " Te lo rinfresco io. Ti dissi che avresti dovuto pregare il Signore di non incontrarmi mai spalleggiato dai tuoi soldati e soprattutto da Sonja" Il colonnello scoppio' a ridere " Povero fesso. Credi davvero che Sonja sia innamorata di te? Sei solo un suo sfizio. Gli piaci, ha un debole per te e forse crede anche di amarti, a modo suo. Ma lei non e' in grado di amare. Io la conosco meglio di tutti. Lei ti terra' con se per qualche tempo, ma scommetto che non supererai un mese insieme a lei. Dopodiche' ti uccidera'. Lei deve farlo. Ha bisogno di uccidere come dell'aria che respira e senza di me che gli preparo le offerte su un piatto d'argento ... .." " Le offerte?" ripetei stupito " Si, le offerte. Voi non siete altro che offerte sull'altare di una dea sanguinaria come Sonja. Solo io ho potere verso di lei. Solo con me riesce a chinare la testa. Io rimango il suo colonnello e lei una mia subalterna" " No, non piu' e te lo ha dimostrato rifiutandosi di uccidermi" " Piccole insubordinazioni che sono costretto a sopportare" " E allora per quale motivo hai assaltato la villa? Se sei cosi' sicuro del fatto tuo avresti potuto attendere gli eventi" " Perche' Sonja e' una femmina, malgrado tutto. E' una sanguinaria assassina ma e' una donna che ha momentaneamente perso la testa per te. E come tutte le donne e' particolarmente debole psicologicamente in questi casi. Tu sei abile, intelligente e particolarmente furbo. Sei stato in grado di manovrarla e forse saresti riuscito a farti regalare la liberta', quella liberta' che avrebbe messo in discussione tutto cio' che ho costruito in questi anni. Ho dovuto agire per evitare che questo accadesse" " Ma hai fatto male i tuoi calcoli" " A quanto pare. E adesso cosa vuoi farmi? Vuoi uccidermi con le tue mani?" Strinsi i pugni. Si, non mi dispiaceva quell'ipotesi " Vorrei farlo ma non riuscirei ad ucciderti a sangue freddo. Fammi un piacere. Cerca di scappare per darmi la scusa per spararti. Altrimenti stai buono e ti porto da Sonja. Sara' lei a decidere il da farsi" " Se speri che lei possa uccidermi, ti sbagli di grosso. Lei a me non fara' mai del male. Ti do un consiglio, Jason. Se vuoi davvero vedermi morto, uccidimi tu stesso, adesso, perche' lei non lo fara'. Vuoi scommetterci?" " Non mi interessa. Io le ho promesso che ti avrei impedito di fuggire e ho mantenuto la promessa. Andiamo, torniamo nella villa" Ci incamminammo verso la villa di Sonja distante ormai circa duecento metri. Avrei potuto cogliere l'occasione di fuggire. Ero fuori dalla villa, avevo addirittura un mezzo di trasporto e sarei dovuto semplicemente rimontare sul furgone e scappare il piu' velocemente possibile. Ma c'era qualcosa che mi impediva di farlo. O meglio, c'era qualcuno. Sonja. L'avevo lasciata quando l'attacco degli uomini di Cartright era agli sgoccioli ma non era ancora terminato e mi accorsi di essere preoccupato per lei. Oh, lei era in grado di sgominare i quattro rimasti in pochi secondi, eppure sentivo quella stretta allo stomaco che mi faceva quasi sentir male. Gli spari erano comunque terminati gia' da alcuni minuti e questo lasciava presagire che tutto fosse finito. E chi, se non Sonja, poteva uscire vittoriosa da quella guerriglia? Arrivai finalmente dinanzi al cancello della villa. C'era ancora, poggiata sul muretto, la scala usata per scavalcare e la usammo. Cartright era abbastanza tranquillo e sicuro del fatto suo. E se avesse avuto ragione? Se Sonja fosse stata cosi' subordinata ai suoi voleri da regalargli la liberta'? Al diavolo. Non m'importava nulla del colonnello e del suo destino. Mi preoccupava semmai il quadro che aveva dipinto sul rapporto tra me e Sonja ed in cuor mio mi dicevo che aveva ragione. Anch'io pensavo che Sonja, se appena si fosse stancata un po' di me, mi avrebbe ucciso senza nemmeno pensarci un minuto ed io ormai mi ero giocata la possibilita' di fuggire lontano da lei. Ma in fondo, io non volevo fuggire. Se ci fosse stata una sola possibilita' di far funzionare quel rapporto, io avevo il dovere di provarci. Aprii la porta con un po' di tensione che subito si stempero' appena misi a fuoco cio' che si trovava di fronte a me. Sonja era seduta sul divano con le gambe accavallate intenta a fumare una sigaretta ed in piedi Alejandro con un fucile puntato, Joe e Jeff e, sotto mira del fucile, in ginocchio, due degli uomini del colonnello. Come era stato facile pronosticare, era stata Sonja ad avere la meglio ed io sospirai soddisfatto. Eravamo riusciti a respingere l'attacco. Fine ottava puntata Per commentare questo racconto, inviate una mail a davidmuscolo@tiscali.it