LA GLADIATRICE Settimo episodio di Davidmuscolo I nomi dei personaggi sono fittizi. Ogni somiglianza e omonimia e' puramente casuale. ATTENZIONE!!!! Questo racconto contiene scene di sesso e violenza. Settima puntata Il cappuccio mi faceva mancare l'aria. Forse per il mio stato d'animo non proprio tranquillo, ma sentivo il mio respiro corto, nervoso. E poi il buio, quel buio che era anche sinonimo di ignoto, il non sapere nulla di quello che mi circondava, a parte i miei compagni e i miei aguzzini, ovvero gli scagnozzi di Cartright che ogni tanto mi pungolavano con le loro armi. Sentivo le loro risate, quasi sapessero che per me fossero gli ultimi istanti di vita. Perche' mi davano per spacciato? Di sicuro il mio avversario non era uno dei miei compagni, uno degli schiavi di Sonja. Per tutto il giorno mi ero informato con loro e, a meno che non fossero bugiardi patentati, tutti mi avevano assicurato che non sapevano chi fosse il mio avversario. Finalmente la camionetta si fermo'. Sentii il rumore di uno dei soldati saltare e poi la sua voce " Ora scendete lentamente. Vi aiuteremo noi a farlo ma non azzardatevi a togliervi i cappucci" Dopo qualche istante, sentii la mano di uno di loro afferrarmi per il braccio e aiutarmi a scendere dal mezzo, poi sentii diramare gli ordini. Uno dei soldati mi spinse in una direzione e finalmente entrammo in un ambiente chiuso: l'arena della morte. Finalmente? Ma si, finalmente. Quella giornata era stata straziante e non vedevo l'ora di combattere anche se non mi sentivo certo in forma smagliante ed il mio avversario si era quasi certamente potuto allenare, al contrario di me. Senza contare che la sera precedente avevo avuto un rapporto molto dispendioso con Sonja ed ero ancora leggermente dolorante. Gia', Sonja. L'avevo vista dispiaciuta, rammaricata mentre mi diceva che il giorno seguente avrei dovuto combattere. Forse il pensiero di poter perdere uno schiavo. Si, non ero altro che uno schiavo per lei, per quella donna tanto bella quanto crudele che godeva nell'infliggere dolore, umiliazione e morte. Ad attendermi nello spogliatoio c'era il colonnello Thomas Cartright. Riconobbi subito la sua voce mentre mi ordinava di togliermi il cappuccio " Allora, mio caro Jason, non ti sembra un deja vu?" " Come darle torto, colonnello. A proposito, lei e' ancora un colonnello dell'esercito statunitense oppure le e' rimasta la divisa soltanto?" " Che ironia! Sapevo dal primo momento che ti ho visto che tu eri diverso da tutti quelli che ti avevano preceduto. Colossi pieni di muscoli e con poco cervello. Ma tu ... .Tu hai qualcosa di diverso. Ed � per questo che ho fortemente voluto che tu combattessi di nuovo" " E' stato lei a decidere? Dovevo immaginarlo. Perche'? Perche' di nuovo io?" " Perche' tu sei pericoloso, mio caro Jason. Tu non te ne rendi conto ma io si. E' questo che fa grande un ufficiale: l'intuito. Ed io ho sempre avuto intuito. Sempre. Fin da quando scelsi Sonja per farle comandare il mio gruppo di soldati perfetti" Soldati perfetti? Uomini destinati a morire di tumore o ad impazzire? Avrei voluto replicare ma avevo dato la parola a Sonja di non far parola a nessuno delle sue confidenze e feci il finto tonto " Cosa vuol dire tutto questo?" " Vuol dire che Sonja non ha le mie capacita' di comando" " Sonja? Lei non ha capacita' di comando? Non ho mai conosciuto nessuno al mondo capace di dare ordini come lo fa lei" " Oh si, lei e' molto dominante e le riesce spontaneo dare ordini in maniera perentoria, ma io intendevo la capacita' di decidere per il verso giusto. Questo Sonja non sempre lo sa fare ed e' per questo che lei non voleva che tu combattessi" Ora capivo. Forse si trattava della discussione alla quale avevo assistito mentre ero di guardia davanti alle telecamere. E Sonja non avrebbe voluto che combattessi ma alla fine aveva ceduto, convinta da colui che era il suo comandante. Altre cose continuavano pero' a sfuggirmi e cercai di interrogare il colonnello " Che c'entra tutto questo? Non capisco. Perche' io sarei pericoloso?" " Capirai, Jason, capirai. Quando vedrai il tuo avversario capirai. Ora preparati al combattimento. Parlare � perfettamente inutile, ormai" Odioso. Apparentemente affabile ed odioso al contempo " Colonnello, lei e' credente?" gli domandai a bruciapelo " Cosa c'entra?" " Oh si, c'entra. Perche' se lei si ritiene credente, preghi il Signore di non incontrarmi mai al di fuori di questa situazione. Non sarebbe un bell'incontro per lei" Il colonnello scoppio' in una sonora risata " Non c'e' problema. Sara' molto difficile che noi possiamo incontrarci di nuovo. Sicuramente non in questa vita" " Mi da gia' per spacciato, vero? Sono gia' morto, colonnello? Chi e' il mio avversario? L'incredibile Hulk o Superman?" Avrei voluto prenderlo per la gola e strozzarlo, soffocarlo con le mie mani ma il soldato sulla porta con l'arma spianata mi fece desistere. Cartright si avvicino' a me e mi diede una pacca sulle spalle " Peggio, molto peggio, mio caro Jason" Fece dietrofront e si eclisso' dallo spogliatoio lasciandomi in compagnia del suo soldato. Ero quindi destinato a soccombere. Quel bastardo di Cartright aveva organizzato tutto per vedermi morto. Ma perche'? Cosa avevo io di pericoloso? Aveva scoperto la mia professione? Quasi impossibile ma era l'unica possibilita'. Altre non ne vedevo. Ma stranamente, mi consolava l'idea che Sonja non voleva che io combattessi di nuovo. E'vero, aveva poi accettato ma il semplice fatto che inizialmente non voleva mi faceva pensare che ... .No, cosa diavolo andavo a pensare. Mi vestii con calma, scegliendo un pantaloncino da pugile color oro e scarpe bianche con delle righe azzurre e quindi feci un po' di stretching, per rinfrancare i miei muscoli addormentati per l'inattivita' prolungata fino a che il soldato mi punto' l'arma " Andiamo Jason. E' giunto il momento" Lo guardai. Forse quello era il momento giusto. Eravamo io e lui e anche se era armato potevo almeno provarci e poi cercare la fuga. Non potevo rischiare un combattimento in quell'arena. La sicurezza del colonnello mi faceva pensare che avessi ben poche possibilita' e decisi di saltargli addosso ma, un solo istante prima che io agissi, altri due soldati irruppero nello spogliatoio " Dai, muovetevi. La folla sta aspettando il suo eroe" disse uno dei due con tono sarcastico. Avevo perso l'attimo giusto e non mi rimaneva che la lotta. Percorsi il breve corridoio scortato dai tre soldati. Si, aveva ragione il colonnello su questo. Era tutto un deja vu. Entrai nell'arena. I senatori assetati di sangue erano probabilmente tutti ai loro posti con le vetrate oscurate ed io proseguii con i miei esercizi di riscaldamento per alcuni minuti fino a quando notai tutti i miei compagni di prigionia entrare nell'arena. Tutto proprio come la prima volta. E dietro di loro, inchinatisi al suo passaggio, c'era di nuovo lei: Sonja, bellissima e giunonica, sexy e stramaledettamente fuori dalla mia portata. No, non era possibile. Ebbi un istante di smarrimento e le andai incontro, confuso e completamente fuori di testa " Perche' lei? Perche'? Mi aveva detto che non combatte mai due volte con lo stesso avversario" Ero ad un passo da lei, disperato. Combattere contro di lei equivaleva ad una condanna a morte. Sonja non mi rivolse la parola ma alcuni soldati vennero dietro di me e mi tirarono lontano da lei prendendomi per le braccia. Cercai di divincolarmi. Erano troppi ma mi fermai solamente quando sentii sulla tempia il gelo di un metallo ed il clic. Riconoscevo bene quel rumore e quella sensazione che da una pistola alla tempia. Mi lasciai trascinare per alcuni metri lontano da Sonja mentre gli altoparlanti con la voce del colonnello Cartright emanavano la gia' sentita litania del combattimento senza regole. Eravamo di nuovo di fronte io e lei, ma stavolta sapevo che si trattava di un combattimento impari. Sonja era troppo piu' forte di me, era troppo piu' brava di me, era tutto troppo per me per sperare in qualcosa di positivo. Avanzo' verso di me senza preoccuparsi di coprirsi, con le braccia lungo i fianchi " Avanti, colpiscimi, idiota. Prova a dare il meglio di te stesso e forse i senatori ti salveranno" Parlava a voce bassa, quasi sussurrata " E' gia' tutto stabilito. Hanno voluto che combattessi di nuovo contro di lei per togliermi di mezzo. Non so il motivo ma il colonnello mi vuole morto" " Combatti, cretino. Decideranno i senatori. Nemmeno Cartright puo' manovrarli" " Questo e' quello che pensa lei ma ho parlato col colonnello e lui mi ha gia' scavato la fossa" " Sono sicura che non e' cosi'. Avanti, mostrati ardito e coraggioso e forse ce la farai. Sei un buon combattente e puoi fare un'ottima figura" Non sapeva niente nemmeno lei e stava cercando di aiutarmi. Forse era vero. Forse potevo sperare. Feci un passo indietro e le sferrai un calcio con tutta la mia forza che Sonja nemmeno si prese la briga di parare e che ando' a cozzare con i suoi addominali. Fece un passo indietro e si piego' in due, tra il mio stupore. La guardai con gli occhi sbarrati " Veramente ha accusato il colpo?" " No, idiota, l'ho appena percepito ma continua" " Perche' mi sta aiutando?" " Perche' ... ..Perche' non e' giusto che tu debba morire in questo modo. E' vero, Cartright ha cambiato le regole del gioco ed io ... ." " E' lei?" " Basta parlare. Cerca di colpirmi di nuovo. Li senti i fischi? Se continuiamo cosi' i senatori non ti risparmieranno" Era vero. I fischi degli spettatori si stavano facendo sempre piu' intensi per la nostra mancanza di combattivita'. Decisi di provarci. Tanto ormai cosa cambiava? Mi misi in guardia, avanzai e scambiammo qualche pugno che ambedue parammo poi indietreggiai per prendere un po' di slancio e cercai un calcio volante per coglierla sul fianco e ci riuscii. Attaccai di nuovo e presi Sonja per ben due volte all'altezza dello stomaco. Mio Dio, aveva addominali di ferro ma lei finse di risentire i colpi. I fischi erano ormai sempre piu' intensi. Era assurdo per i senatori vedere Sonja in difficolta' ed i fischi erano forse per lei. I suoi colpi riuscivo ad assorbirli abbastanza bene ed era evidente che non erano portati con il massimo della sua straordinaria velocita' ed efficacia. Cominciavo pero' ad essere stanco. Non ero allenato ed il dispendio di energie fisiche e nervose era enorme e Sonja comincio' ad essere piu' incisiva. Prima un calcio alla testa che comunque riuscii a parare in parte ma poi un altro al fianco che mi mozzo' il respiro. Il combattimento era segnato. Un altro pugno in faccia mi mando' steso a terra " Avanti, alzati, ti ho colpito con relativa forza" Relativa forza? Mi era sembrato di essere stato colpito con una lastra d'acciaio ma era vero. Aveva usato accortezza nel colpirmi e mi rialzai, anche se a fatica. Mi lanciai verso di lei. Provai tutto il mio repertorio. Calci, pugni ed anche il corpo a corpo. Alcuni colpi andarono a bersaglio e poteva sembrare un vero combattimento. I fischi si stavano tramutando in applausi e mi sembrava di percepire anche qualche incoraggiamento. Ma anche alcuni colpi di Sonja, seppur dati col freno a mano tirato, li avevo ricevuti anch'io e quelli erano colpi che facevano male. Ormai avevo dato tutto quello che avevo. Le braccia mi facevano male nel tentativo di parare i colpi di Sonja e riuscivo a fatica a tenerli su. La mia guardia era ormai abbassata, troppo abbassata per poter fronteggiare una come Sonja. Un calcio al volto mi annebbio' la vista. Mi rialzai di nuovo ma ormai vedevo doppio. Un montante prima e un diretto poi misero fine al combattimento. Non avevo piu' la forza di rialzarmi per l'ennesima volta. Lei era troppo forte per me. Sonja era di un altro pianeta. Era maestosita', era bellezza, era femminilita', era forza, era dominanza, era tutto e tutto allo stato puro. Venne vicino a me mettendomi un piede sulla testa, in segno di vittoria e guardo' verso di me " Ce la fai a rialzarti?" " No signora" sospirai con le residue forze "Non ce la faccio piu'" " Rimani per terra. Ti daro' un calcio e dovrai fingerti svenuto. In tal modo ti evitero' l'umiliazione che riservo agli sconfitti. Vedrai che i senatori ti premieranno. Hai combattuto benissimo" Si allontano di circa un metro e poi fece partire il calcio. Chiusi gli occhi ma non svenni. Sonja aveva mantenuto la promessa ed evidentemente un'altra sua dote era quella di saper dosare la sua forza alla perfezione. Rimasi con gli occhi chiusi, con il cuore che mi batteva fortemente nel petto. Ancora una volta degli estranei stavano decidendo della mia vita. Avevo combattuto, ci avevo provato e avrebbero dovuto premiarmi per il mio coraggio. Sentivo il tacco della straordinaria combattente sul mio petto ed aprii per un attimo gli occhi per vederla nella classica posa vittoriosa e poi spostai per un attimo lo sguardo sui tabelloni. I numeri continuavano a girare. Lentamente quelli inerenti alla mia salvezza e vorticosamente quelli che mi volevano morto. Capii subito che era finita. I numeratori si fermarono e la stragrande maggioranza aveva votato per la mia morte. Come pensavo, il colonnello Cartright aveva previsto tutto quanto. Vidi Sonja sollevarmi per un braccio " Mi dispiace ma devo ammazzarti" Non le risposi. Cosa avrei potuto dirle? Ma intanto le lacrime iniziarono a scendere senza ritegno dal mio volto. Era paura? La legittima paura di un uomo che sta per morire? Guardai in volto Sonja, quel bellissimo volto che sembrava quello di una donna della mia eta' e che invece apparteneva ad una cinquantenne straordinariamente sexy. Con la mano sinistra che mi teneva ancora sollevato, chiuse l'altra a forma di pugno. Eravamo arrivati ormai al capolinea. Quel pugno mi avrebbe massacrato il volto. Lo attendevo con rassegnazione ma Sonja esitava. Per qualche misterioso motivo non riusciva ad essere sadica come il suo solito " Uccidimi subito, non farmi soffrire ulteriormente" la implorai " Smettila di frignare come un bambino. Dimostrati un uomo e muori come tale" La guardai e accennai un sorriso " Non sto piangendo perche' sto per morire. Sto piangendo perche' sei tu ad uccidermi. Sei tu, la donna che amo" Finalmente glie l'avevo detto. Si, l'amavo. Era un'assassina psicopatica eppure l'amavo come mai avevo amato un'altra donna. Amavo tutto di lei. Amavo la sua bellezza, quel viso ancora giovane e troppo truccato che pero' nascondeva dei lineamenti perfetti, quel corpo stratosferico che non aveva difetti, forte, marmoreo eppure cosi' femminile con quelle curve al punto giusto, quei seni che lei mostrava senza vergogna alcuna, talmente belli e duri che per me erano la perfezione assoluta. Ma stranamente amavo in lei anche quelli che apparentemente sarebbero dovuti essere dei difetti. La padronanza che aveva, la sua voce troppo dura, il suo essere autoritaria in tutto cio' che faceva. Si sentiva padrona e padrona era. Lo era per il suo carattere e per la sua forza. Era un'assassina, e' vero, ma lo era diventata per colpa di quel maledetto colonnello che aveva destabilizzato il suo carattere con quelle schifezze che le aveva iniettato, altrimenti sarebbe stata semplicemente un'eroina, una vera americana ligia al suo dovere, come lo ero stato io, del resto. E l'amavo per come faceva l'amore con me, mettendosi sopra di me e dominandomi, possedendomi. Oh mio Dio, l'amavo per come mi faceva sentire insignificante e per come invece parlava con me quando si toglieva la maschera di durezza, la sua corazza. L'amavo e lei mi stava per uccidere. Quel pugno che stava per sferrare mi avrebbe ucciso o comunque, mi avrebbe ridotto all'impotenza totale e l'osservavo. Osservavo le sue braccia cos� forti e toniche e avrei voluto che mi abbracciasse. Oh si, mi sarebbe piaciuto molto se lei lo avesse fatto ma la realta' era un'altra. Lei era abituata ad avere tutto e tutti, mi considerava solo uno schiavo al suo servizio, uno che avrebbe rimpiazzato con un altro lottatore e null'altro. E invece io mi immaginavo come sarebbe potuta essere meravigliosa la mia vita accanto a lei. Oh si, l'avrei dovuta adorare, mi sarei dovuto sottomettere completamente ai suoi voleri ma mi accorgevo che la cosa non mi dispiaceva affatto. Ma il pugno era ancora li' pronto ad esplodere in tutta la sua potenza, ma improvvisamente quella mano si apri' ed invece del pugno mi arrivo' un ceffone violentissimo. La mia testa sobbalzo' " Come ti permetti di dirmi che mi ami? Chi pensi che io sia? Una ragazzina pronta a cadere tra le tue braccia?" " Sei una donna, una splendida donna che mi fa impazzire di desiderio ogni volta che la guardo" Un altro schiaffo. Ma sentivo che era turbata. Le mie parole sembravano aver fatto breccia nella sua anima " Tu amarmi? Tu amare una come me? Tu devi essere terrorizzato da me, te la devi far sotto appena mi vedi, devi tremare al mio cospetto. L'amore � per le ragazzine, non per quelle come me" La guardai intensamente " No, ti sbagli. Ho paura di te, una paura folle ma questo non cambia di una virgola quello che provo per te. E poi l'amore e' per tutti e se tu hai paura dell'amore, allora uccidimi. Finiscimi. Ma fallo presto. Regalami almeno il desiderio di non farmi soffrire troppo" Ancora una volta vidi Sonja stringere il pugno ma poi, improvvisamente, si avvicino' a me, mi afferro' per il mento e cerco' le mie labbra. Mi stava baciando. In quell'arena della morte, mentre sentivo i fischi degli spettatori assetati di sangue e delusi per la piega che stava prendendo quella serata, Sonja ed io ci stavamo baciando come i piu' teneri innamorati. Per alcuni lunghissimi secondi il nostro bacio prosegui', ambedue incuranti di cio' che ci circondava, dei fischi sempre piu' assordanti, delle urla di disapprovazione e quando ci staccammo, sentii la sua voce, autoritaria come al solito " Stai vicino a me e non ti muovere fino a che io non te lo ordino" Mi guardai intorno. All'ingresso dell'arena stazionavano ancora i miei compagni di prigionia con le facce meravigliate, mentre ai loro lati si trovavano una decina degli scagnozzi del colonnello con le armi puntate proprio verso i miei compagni e quindi vidi lui, il colonnello Cartright, farsi largo tra i suoi uomini e venire incontro a noi " Che cosa significa questa sceneggiata, Sonja?" " Significa che non ho intenzione di ucciderlo. E' un mio schiavo e sono io a decidere della sua vita" " Avanti, Sonja, non metterti a fare la bambina alla quale hanno rubato il giocattolo. Avevamo deciso insieme che avresti combattuto contro di lui" " No, tu avevi deciso. Sei stato tu a stravolgere le regole e le regole dicono che i miei schiavi combattono solo se io ho intenzione di farli combattere. Ho sbagliato ad accettare. L'ho fatto perche' sapevo che Jason e' un ottimo combattente e che pertanto sarebbe stato graziato dai senatori. E invece tu li hai manipolati, non e' vero? Tu eri certo che loro avrebbero decretato la sua morte e anche questo va contro le nostre regole" " Le regole possono essere cambiate. Dai Sonja, uccidilo e ti prometto che mi atterro' per sempre a tutte le regole che vorrai" " No! Lui non si tocca. E spiegami perche' ce l'hai tanto con lui" " Non ce l'ho con lui. Non me ne frega niente di lui ma lo voglio morto" Guardai Cartright. Adesso avevo capito, avevo capito tutto ed anche il perche' mi considerava pericoloso " Mi vuole morto perche' teme che io possa destabilizzarti. Ha capito che potevi nutrire qualcosa nei miei confronti. Lui ti conosce Sonja e probabilmente alcune tue parole nei mie confronti possono averlo indotto ad avere queste considerazioni. Per lui sei la gallina dalle uova d'oro e non vuole correre il rischio che tu possa cominciare a nutrire dei sentimenti verso alcunche'. Ti snaturerebbe e lui ti vuole sadica" Il colonnello sorrise sarcasticamente " E bravo Jason. Sei sveglio. Te l'avevo detto che sei un tipo pericoloso. Quanto a te, Sonja, sei forte, sei una combattente straordinaria ma sei un essere umano e se non obbedisci all'ordine che ti ho dato di ucciderlo, ordinero' ai miei soldati di spararvi" Stavolta fu Sonja a ridere sarcasticamente " Se mi conosci come affermi, sai benissimo che il primo a morire sarai tu. Puo' darsi che poi i tuoi soldati mi uccidano, ma prima che lo facciano ti garantisco che ti avro' staccato la testa dal collo. Tu sei abituato a dare ordini, Cartright, ma non sei abituato alla battaglia ed io in situazioni del genere mi ci sono trovata dozzine di volte e ne sono uscita sempre viva. Vuoi correre il rischio?" Vi fu un attimo di silenzio. Sonja e il colonnello si trovavano ad alcuni metri di distanza guardandosi negli occhi come in un duello nel far west. Osservavo l'uomo nella sua impeccabile divisa e la donna, inguainata in un costume che metteva in mostra le sue forme esplosive, con gli stivali alti e a spillo che la rendevano una vera amazzone e poi cercai il loro sguardo e non potei fare a meno di notare l'autorita' e la risolutezza di Sonja. Il suo sguardo era penetrante ed alla fine il colonnello abbasso' gli occhi " E va bene, Sonja. Se ti preme cosi' tanto quest'uomo, tienitelo. In fondo, per noi cambia poco, non e' vero?" " Per me assolutamente nulla. Se vuoi, continuero' a combattere, ma non provare ad intralciarmi mai piu'" L'uomo si scanso'. Sonja mi prese delicatamente la mano mentre afferro' per il braccio Cartright " Andiamo Jason. Quanto a te" disse rivolgendosi al colonnello sempre stretto nella sua presa "E' meglio che tu mi stia vicino. Non vorrei che i tuoi uomini facessero qualche brutto scherzo" " Non ti fidi di me, Sonja?" " Mi fido piu' di me stessa e so che se resterai al mio fianco per il tempo di uscire dall'arena, non accadra' nulla ai miei schiavi" Facemmo alcuni metri e poi si rivolse ad Alejandro che nel frattempo si era avvicinato per assistere alla situazione " Fai mettere il cappuccio ai miei schiavi. Ce ne torniamo a casa. Occhio agli uomini di Cartright " " Si, mia padrona. Anche a lui?" rispose indicandomi. Sonja mi guardo' negli occhi e poi mi sorrise " No, non credo che Jason necessiti del cappuccio" Camminammo per alcuni metri in quella situazione irreale, con i miei compagni di prigionia con il cappuccio che sbandavano e con Alejandro che cercava di guidarli verso l'uscita ed io e Sonja che chiudevamo il gruppetto, mano nella mano ma orecchie e occhi attentissimi a Cartright ed ai suoi scagnozzi. Erano una decina ed armati ma sapevano che con Sonja non c'era da scherzare. Lo sapeva soprattutto il colonnello, tenuto praticamente come ostaggio, che evito' di fare mosse avventate. Dovevamo percorrere solo pochi metri e, per quanto mi riguarda, lo feci col cuore in gola. Non mi era piaciuto per niente il modo in cui il colonnello aveva accettato la richiesta di Sonja ma uscimmo dall'arena sani e salvi. Appena fuori, Sonja lascio' il braccio al colonnello che, appena libero, si dileguo' nuovamente nel piccolo tunnel che portava nell'arena ed io potei finalmente osservare come quest'arena fosse fatta all'esterno. Era una piccola costruzione, probabilmente prefabbricata, completamente circolare, alta all'incirca come una casa a tre piani completamente inglobata dentro un capannone di enormi dimensioni che la nascondeva ad occhi estranei. Appena fuori da quella piccola torre circolare, tre camioncini di forma militare ma senza insegna, adibite sicuramente al nostro trasporto e a quelli degli uomini del colonnello. Alejandro ne apri' uno e fece salire gli schiavi di Sonja dietro, lo chiuse a chiave e quindi sali' al posto di guida dopo aver fatto salire me e Sonja accanto a lui. Appena uscimmo dal capannone, notai come all'esterno di esso, altri due uomini con le divise e con le armi spianate stavano di guardia all'arena e un centinaio di vetture, tutte di grossa cilindrata, stazionavano al di fuori del capannone stesso, allineate in un perfetto parcheggio. Probabilmente, si trattava delle macchine dei senatori. Tutto quanto era in mezzo al verde, in aperta campagna e la strada era infatti un viottolo non asfaltato e dopo circa cinquecento metri apparve un cancello chiuso elettricamente. Alejandro aziono' un telecomando ed il cancello si apri'. Ora tutto mi era chiaro. Si trattava di una proprieta' privata, forse del colonnello o di qualcuno di sua fiducia, un vasto appezzamento di terreno sul quale era stata costruita l'arena della morte. Sfido chiunque a poterla trovare. Appena usciti dal cancello ci immettemmo in una strada normale a me sconosciuta, con pochissimo traffico e, dai miei calcoli, entro una mezz'ora ci saremmo trovati nella villa di Sonja. Sonja ... .. La guardai. Mi aveva salvato la vita rischiando la sua e questo faceva supporre che anche lei potesse provare qualcosa nei miei confronti. Anzi, me ne regalava la certezza. Non so se potesse considerarsi amore e forse quella era una parola troppo grossa. Forse la eccitavo come uomo ed i miei comportamenti, da l'avevano scossa e mi avevano posto al di sopra di tutti gli altri. Sicuramente talmente al di sopra tanto da farle rischiare addirittura la vita. Lei si accorse del mio sguardo e ridacchio' " Cosa c'e'? Mi guardi come se fosse la prima volta" C'era Alejandro accanto a noi intento a guidare ma non importava. Agii come se fossimo da soli " Sei bellissima" Sonja non mi rispose immediatamente e si avvicino' a me per baciarmi e quando termino' il bacio mi guardo' invece seriamente " Dobbiamo organizzare un eventuale difesa della villa. Pensi che mi possa fidare dei miei schiavi?" Dunque anche lei aveva captato qualcosa dal comportamento di Cartright " No, Sonja. Di loro non ci si puo' fidare. Sono pronti a tutto pur di andarsene dalla villa e ritornare liberi. Ma sono terrorizzati e farebbero qualunque cosa pur di evitare di finire nelle tue mani" " Bene! E' gia' qualcosa. Pertanto posso presumere che mi obbediranno" " Si ma non escludo che possano passare al nemico quando dovessero accorgersi che non corrono piu' il rischio di trovarti sulla loro strada. Ma dimmi, temi che il colonnello possa fare qualcosa?" " Ne sono quasi sicura. Dopo quello che e' successo sa che ognuno di noi e' un rischio enorme per lui, a cominciare proprio da te, Jason. Ma prenderemo i nostri provvedimenti" " La corrente elettrica non mi sembra sufficiente"obiettai "Oltrepassarla da dentro e' quasi impossibile ma da fuori la situazione cambia drasticamente e non sarebbe una cosa complicata reperire una scala piuttosto alta e intromettersi nella villa" Sonja mi prese il mento e mi bacio' di nuovo " Giusta osservazione ma io non mi riferivo alla corrente elettrica. Abbiamo i nostri monitor" " Ma per il colonnello ed i suoi uomini potrebbe essere una sciocchezza oscurare le telecamere" obiettai nuovamente " Per farlo dovrebbe saperlo" " Lui non sa delle telecamere?" chiesi stupito " No, non lo sa. Ho preso delle precauzioni. Non mi sono mai fidata del tutto del colonnello. L'unica persona di cui mi fidi ciecamente e' Alejandro ed ha provveduto lui stesso a mettere le telecamere in tutta la villa e fuori dalla villa stessa. E le ha messe in modo che nessuno possa accorgersene. Alejandro non e' solo un grande pilota ma anche un grande esperto di giochini elettronici, non e' vero Alejandro?" " Per servirla, mia bellissima padrona" Sonja accarezzo' la nuca di Alejandro in un gesto d'affetto ma poi fui io ad intervenire " Neanche di me ti fidi?" " No, Jason. Non per adesso. Ma spero che farai in modo di farmi ricredere su questo argomento. Vorrei potermi fidare del tutto dell'uomo che ho intenzione di portarmi a letto e per cui sto rischiando la vita" Non risposi. Come avrei potuto? Ero un poliziotto incaricato delle indagini proprio sugli omicidi da lei commessi ed il mio compito era quello di arrestarla. Arrestare la donna che avevo scoperto di amare. No, non riuscivo a pensare a questo e una simile eventualita' mi faceva star male ma prima o poi avrei dovuto dirle la verita' su chi fossi realmente. Ed a quel punto la mia vita sarebbe di nuovo stata appesa ad un filo e mi stavo domandando se Sonja avesse gradito la mia sincerita' o se il fatto che io fossi un poliziotto sarebbe stato sufficiente per farle prendere la decisione di uccidermi. Sarebbe stato solo questione di attimi perche' avevo intenzione di vuotare il sacco e di essere sincero con la donna che amavo. Fine settima puntata Fine settima puntata Per commentare questo racconto, inviate una mail a davidmuscolo@tiscali.it