La dolcezza del cazzo, by Federica, f_del_ponte1980@hotmail.com Nove metamorfosi sul confronto femminile con il cazzo - sprone o bersaglio - liberamente variate su una traccia di Matteo. UNO! Stavamo attraversando il deserto di Joshua Tree. Andrew accanto a me guidava con sicurezza la Jeep noleggiata a Los Angeles. Il braccio sinistro controllava il volante con confidenza, la mano destra poggiava sulla leva del cambio. Stavamo insieme da quasi sei anni: mi piaceva la sua timidezza, mi aveva conquistata con la sua ingenuità e con la dolcezza che dedicava agli amici. Andrew sembrava ancora uno di quei bambini che sorridono spesso, e si affidano a qualunque adulto si rivolga loro con simpatia, allungando le manine per farsi prendere in braccio. Quel giorno indossava la canottiera del Chelsea - come il primo giorno in cui l'avevo incontrato, poco distante dallo stadio appena finita la partita. I bermuda blu esaltavano il suo pacco, dal quale faticavo a staccare lo sguardo: sapevo che sotto la stoffa erano ripiegati il cazzo e le palle che avevo amato di più al mondo. Li immaginavo immersi nel pelo rosso di Andrew - un pelo che rendeva strano e adorabile ogni punto del corpo in cui crescesse, i suoi capelli, il suo petto, le sue gambe, le sue braccia, i suoi coglioni. Il corpo di Andrew splendeva nel sole del mattino di potenza maschile; il suo volto infantile, il naso greco e gli occhi azzurri brillavano nella luce nitida dell'estate accanto a me. Mi sarebbe piaciuto fermarlo e scoparlo quasi con violenza; questo pensiero mi paralizzava la lingua, mi ingessava il cervello in quest'unico desiderio, così forte da non riuscire nemmeno a raccontarglielo. DUE! Forse era già trascorsa mezz'ora da quando Lucy aveva pronunciato le ultime parole. Il deserto è noioso e mi stavo addormentando; avrei voluto che parlasse, ma non osavo chiederglielo. Non osavo correre il rischio di affrontare una litigata per un motivo che non riuscivo a comprendere. Il silenzio mi preoccupava, forse si era offesa per qualcosa, ma non avrei veramente saputo dire cosa. Poi dal nulla, dopo una lunga curva attorno ad una collina di sassi, apparve una jeep dietro di noi. Era molto più grossa di quella che stavo guidando; ci raggiunse in un baleno. Agganciò il nostro paraurti posteriore e accelerò di colpo spingendoci ad una velocità folle. Avevo perso il controllo della nostra vettura, mentre non riuscivo a vedere il pirata che ci stava tamponando perché i vetri della sua jeep erano scuri. A nulla valeva tentare di frenare o di deviare; la corsa procedeva a velocità folle, rischiavamo di venire sbalzati via. Infine la jeep che ci inseguiva ci sospinse fuori dal tracciato della strada; rallentò la corsa - e solo con una forte sterzata e quasi bruciando i freni riuscii ad evitare la collisione con uno di quegli alberi contorti e spinosi che punteggiano il deserto. Eravamo sotto choc dallo spavento; controllai che Lucy stesse bene, il suo sguardo era vitreo e fisso per il terrore. Stavo per abbracciarla e baciarla per offrirle un po' di conforto, quando le porte della nostra jeep vennero spalancate. Dall'automezzo del pirata era sceso il conducente e i suoi passeggeri. Sentii due braccia robuste catapultarmi fuori dalla macchina fino a farmi cadere a terra, mentre Lucy stava subendo lo stesso trattamento ... da parte di una donna! Ma rimasi ancora più sconcertato quando mi accorsi che anche io ero stato afferrato da una donna: ora si ergeva di fronte a me a gambe divaricate, in attesa che mi risollevassi. Erano tre in totale: due avevano afferrato Lucy e dopo averle rifilato due schiaffoni, si erano assicurate contro ogni tentativo di fuga serrandole un braccio a testa. L'altra era di fronte a me e mi fissava in silenzio. Quando vidi il volto di Lucy colpito dai due manrovesci, una scarica di adrenalina investì tutto il mio corpo: partii di scatto verso le due donne urlando di lasciare andare la mia ragazza. Ma non riuscii ad avanzare di molto, perché la terza donna mi rincorse e mi sgambettò a terra. "Brutta troia, cazzo state facendo?!" le gridai di rimando, mentre mi rialzavo e mi lanciavo addosso a lei. Ma la donna si liberò della mia presa al colletto con un gesto fulmineo delle braccia. "Modera le parole, coglione - replicò con voce bassa e tesa - porta rispetto a chi è più forte di te". "Cazzo dici, stronza! - inveii - Lasciate andare subito la mia ragazza!!". "staremo a vedere se sei capace di riprendertela, brutto fighetto di merda". "Si può sapere cazzo volete da noi?!". "Non scoreggiare altre puttanate e battiti con me, se rivuoi la tua donna.." "Ma come cazzo state ... " Non riuscii a finire la frase perché la donna mi centrò il mento con un montante e rispedì momentaneamente al tappeto. La guardai da sotto in su: mora, piuttosto figa per quel tipo di donna, avrà avuto 25 o 26 anni, come me. Era alta come me, sotto la maglietta bianca erompevano due tette epiche; le dimensioni del seno mi attiravano lo sguardo sulla scritta "Julia" sulla maglietta con forza ipnotica; aveva la pelle olivastra, gli occhi a mandorla quasi come un'orientale, un fisico da paura. "OK puttana, te la sei cercata" ringhiai mentre mi rialzavo. "Oh, la testa di cazzo finalmente tira fuori le palle! - mi sfotté - Bene mezzasega hooligan, vediamo se riesci a resistere per almeno cinque minuti, altrimenti non mi diverto!". Julia attese la mia prima mossa, che non si fece attendere. La caricai con tutto il corpo, afferrandola per il colletto nel tentativo di abbatterla a terra sotto il mio peso. Ma lei si aspettava questa sfuriata: si scansò un istante prima dell'impatto e sollevò il ginocchio per sfondarmi sugli addominali, sfruttando l'energia della mia stessa rincorsa. L'urto fu duro, mi piegai sotto la sferzata di dolore al ventre. Mentre mi coprivo gli addominali con le braccia, lei unì i pugni e abbatté il colpo sulla mia schiena. Le gambe mi tremarono e caddi in ginocchio ai suoi piedi. "Sei più delicato di una bambina viziata! - sghignazzò la mia avversaria - Non illuderti che abbia paura di te solo perché sei un maschio!" Mi concesse il tempo di rialzarmi in piedi; ma appena mi fui sollevato, scaricò una cartella sul mio stomaco. Per fortuna me lo stavo ancora coprendo con un braccio - e questo impedì all'urto di devastarmi gli addominali. Mi piegai per la fitta di dolore, ma prima che esplodesse l'onda di ritorno della sofferenza, la caricai a mia volta e la raggiunsi a mia volta con un destro al plesso solare. La stronza accusò il colpo, il fiato le mancò dandomi il tempo di riprendermi, esaurendo la ferocia dello strazio agli addominali. In breve le fui di nuovo addosso, nel tentativo di finirla con un montante al mento. Tuttavia mi sorprese con la sua prontezza di reazione, parando il mio pugno con il braccio sinistro e infierendo sui miei addominali con un destro fulminante. La sorpresa e la frustata di dolore mi lasciarono per qualche istante stordito e indifeso; mentre ero piegato per riprendere fiato e socchiudere lo squarcio di bruciore che mi mordeva gli addominali, la troia mi silurò con un destro al mento - e io crollai a terra di schiena. Il mio cervello era vuoto e la vista sfuocata; Julia ne approfittò per insediarsi sul mio petto e demolirmi a schiaffi la faccia. Prima che il buio mi spegnesse definitivamente la testa, non so come, riuscii a reagire. La donna si era inclinata all'indietro per caricare un destro sul mio naso; io riuscii a contorcermi come un serpente e a sollevare la gamba con una velocità che sorprese persino me - colpendola con un calcio sul retro della testa. Non so se fosse per lo stupore o per la sofferenza, ma la puttana si fermò e mi guardò attonita. Io mi contorsi di nuovo e le afferrai le tette, strinsi quanto più potevo rovesciandola sul fianco sinistro e disarcionandola dal mio petto. Cadde a terra su un fianco; le serrai con la sinistra i capelli, e con il destro la colpii due volte in pieno volto. Con un gesto che poteva essere più di stizza che trionfo mi risollevai in piedi; ignorai la mia avversaria distesa al suolo e mi rivolsi alle sue due compagne. "OK brutte stronze, il gioco è finito - le apostrofai - è meglio che lasciate andare Lucy senza fiatare, se non volete fare la stessa fine!" Non avevo ancora finito la frase quando un takle durissimo mi sferzò le caviglie e ripiombai a terra. La troia non si era data per vinta, e stava passando al contrattacco. Ci rialzammo di corsa entrambi, ma il suo movimento di risalita proseguì sorprendentemente in un calcio a mezza altezza che si stampò sul mio fianco destro. I miei tentativi di recuperare fiato si trasformarono tutti in gemiti di dolore, che incendiarono di coraggio Julia. Mi aggredì con tutte le forze, e quattro pugni in successione bucarono la difesa fragile delle mie braccia abbattendosi sui miei addominali. Il dolore lacerava la mia anima e la mia fierezza virile, ad ogni pulsazione dei muscoli martoriati; ormai gridavo per il male senza ritegno, e nel mezzo di questa crisi che sgretolava il mio coraggio fin nel profondo - mentre cercavo almeno di recuperare la dignità della posizione eretta - la puttana mi martellò un destro durissimo in pieno petto. Sentii ogni organo del mio corpo sussultare sotto la bastonata, e ondeggiare pericolosamente sull'orlo del naufragio. Barcollai all'indietro sperando che qualsiasi cosa apparisse a sostenere il mio fisico pericolante e ad interrompere il fastidioso basculamento della terra sotto i miei piedi, che minacciava ad ogni istante di aprirsi e di inghiottirmi. D'un tratto il mio culo poggiò contro il fianco della nostra jeep, interrompendo la passeggiata all'indietro. Sentivo la testa ciondolare, le immagini davanti ai miei occhi erano sfuocate, un dolore atroce irraggiava dal cuore e inondava interamente il mio petto, incendiandomi ogni lembo di carne e ogni fibra dei muscoli. La puttana era già davanti a me: non potevo più fermarla, alzai le braccia quasi a caso - senza riuscire a impedirle di scoccare una nuova cartella contro il mio ventre. Il dolore mi rimbombava dentro cupo, sentivo il culo scivolare sulla lamiera calamitato verso terra; ma la puttana mi sosteneva puntando le mie spalle contro il bordo della macchina. Un altro pugno si schiantò sui miei addominali, di nuovo non seppi trattenere un urlo di dolore. Nella nebbia sentii un altro gemito, persino più prolungato del mio: qualcuno gridava e piangeva, invocava il mio nome, implorava di risparmiarmi. Strinsi le palpebre e inquadrai, poco distante, Lucy strattonata dalle due guardiane: cercavano di impedirle di divincolarsi per sopraggiungere in mio aiuto, tentavano anche di impedirle di urlare. "Mi spiace Lucy - mormorai verso di lei - cazzo perdonami ... è davvero troppo forte ... cazzo veramente, questa troia è troppo forte per me ... " Dopo queste parole la puttana mi lasciò andare. Scivolai a terra, cadendo in ginocchio ai piedi di Julia. Sollevai lo sguardo sul suo volto: un sorriso feroce le storceva i tratti duri da orientale, una luce perfida scoccava dall'occhio che le avevo gonfiato. "Cazzo ti prego, lasciami andare ... ti scongiuro, non finirmi ... ho perso cazzo ... sono battuto, non finirmi cazzo ti scongiuro ... , ti prego ... cazzo, non puoi accontentarti di avermi sconfitto in modo così pesante? ... " Ma le preghiere non bastarono. Mentre ero penosamente abbandonato in ginocchio nella polvere, con le cosce divaricate per mantenere l'equilibrio, il suo piede scattò come un martello contro i miei coglioni e li schiantò duramente contro le ossa del mio bacino. Un globo di dolore esplose nelle mie palle dilaniando tutto il mio corpo, lo spasimo micidiale sbranò la mia carne lacerandola fibra per fibra sciogliendomi il fisico e l'anima in uno strazio più forte di qualsiasi cosa avessi mai provato. Il calcio nelle palle più massiccio che avessi mai subìto ruggiva spaventosamente dentro il mio cervello, divorando tutto quello che incontrava, cosce, ventre, petto, gola, testa - sciogliendo in una colata di acido incandescente ogni brandello del mio stupido spirito maschio. Ero accartocciato a terra in posizione fetale, con le mai sui coglioni. Le ragazze vedevano il panico che mi gelava il petto attraverso i miei occhi sbarrati, godevano della sconfitta che mi bruciava fino in fondo al cuore, e prendevano per il culo la sofferenza che mi incastrava a terra contorcendomi attorno alle palle infuocate. Lo spasimo mi impediva di respirare; cercavo Lucy con lo sguardo. Non so nemmeno se sia vero, ho la sensazione di ricordare di averla inquadrata al confine col buio finale, credo di averle chiesto conforto, mi sembra di averla implorata "Lucy fa male ... cazzo Lucy non riesco a resistere ... aaaaaaaaaaaah ... fa male ... cazzo Lucy, mi fanno male i coglioni ... aaaaaaaaaaah ... cazzo non ce la faccio più ... le mie palle cazzo! aaaaaaaaaaah ... " Poi il buio è sceso sui miei occhi. TRE! Non riuscivo a sopportare quello spettacolo, avrei voluto morire lì all'istante. Andrew gemeva a terra tra gli spasmi del dolore alle palle e i colpi di tosse che gli serravano il respiro nel petto massacrato dai colpi di Julia. Infine il suo penoso strisciare ai piedi della ragazza, il suo rotolarsi e rantolare nella polvere ebbe fine: crollò sul fianco destro, sempre in posizione fetale, e rimase immobile. Pensai che fosse morto mentre Julia spingeva il suo corpo inerte con un calcio, e premeva il piede destro sul petto sconfitto di Andrew sollevando le braccia in trionfo, rivolta alle compagne. Dalla gola mi esplose un urlo di disperazione, mi dimenavo e piangevo nel tentativo di divincolarmi dalle mie due custodi, per abbracciare il suo corpo, proteggerlo dai colpi di falce della morte, coprire di baci le sue ferite. Invece le carceriere mi serrarono con forza ancora maggiore, e mi trascinarono sulla loro jeep. Julia intanto aveva rovesciato il corpo indifeso di Andrew con il petto nella polvere, si era issata sulla sua schiena e gli aveva legato i polsi con una fune; quindi lo aveva afferrato per i piedi e lo stava trascinando verso il bagagliaio della loro vettura. Mi legarono sul sedile posteriore; poi si occuparono di Andrew. Anche lui fu legato e scaraventato nel bagagliaio. Non so quanti chilometri proseguì il nostro viaggio nel deserto; ma la macchina sfrecciò per molto tempo, prima di raggiungere un ranch in mezzo al nulla, contornato solo da colline di sassi gialli e da covi di polvere spostati senza meta dal vento. Altre due donne uscirono dall'abitazione; insieme a Julia afferrarono il corpo di Andrew, lo deposero a terra, poi lo trascinarono verso l'entrata afferrandolo per le caviglie. Mentre si allontanavano, la polvere si colorava sempre più del sangue del mio ragazzo, che sgorgava dalle ferite con cui i sassi laceravano di ferite la carne della sua schiena. Urlai di nuovo, in preda al panico per lo scempio che quelle donne stavano perpetrando sul corpo indifeso di Andrew. Ma nessuno mi ascoltò. Le mie carceriere mi scortarono con violenza all'interno della casa, confinandomi in una stanza spoglia, con una piccola finestra inferriata sul lato alto della parete che confinava con l'esterno - e con una strana parete di metallo che sorgeva a metà della camera, senza nemmeno essere abbastanza alta a raggiungere il soffitto. Dopo un silenzio gelido di qualche minuto, Julia apparve nella stanza e si precipitò a manipolare qualcosa nella parete di metallo, sempre senza pronunciare una parola. Nell'altro vano della stanza avevo sentito un curioso tramestio, come di un peso che venisse trascinato a ridosso del metallo; poi diversi oggetti metallici erano scattati - e infine era apparsa la guerriera che aveva spezzato la resistenza e la forza del mio ragazzo. Era difficile comprendere cosa stesse disponendo sulla parete; pareva essere un esercizio complesso, perché qualcosa oltre il metallo sembrava opporre una resistenza quasi passiva ai suoi sforzi - che infine però erano riusciti ad intrappolare la cavia, e a imprigionarla in qualche sicura che Julia stava fissando con protervia. Infine la donna si spostò soddisfatta dalle lamiere e l'oggetto delle sue fatiche mi apparve orribilmente illuminato dalla luce della finestrina. Un'ondata di stupore insorse dalle mie viscere costringendomi quasi a vomitare davanti a quello spettacolo inverosimile - davanti alla vista del cazzo e dei coglioni di Andrew tesi ad una distanza innaturale dal suo corpo, forzati nell'area della stanza dove mi trovavo io da una trazione spaventosa del suo pube, trattenuto oltre la parete, e imprigionati da una griglia che sembrava strangolare il suo scroto e il suo uccello alla radice. Il cazzo di Andrew, la cosa più dolce e delicata che io conoscessi al mondo, pendeva indifeso in una gabbia nella parete di metallo, e veniva strozzata nella sua carne tenera dal foro troppo stretto nelle lamiere. Il pacco di Andrew era intrappolato nel muro, mentre le sue braccia, le sue gambe e il suo petto dovevano essere incarcerati dalle catene che avevo sentito serrarsi nell'altra metà della stanza, che io non potevo vedere. Dopo lo spavento iniziale, fui però quasi sollevata da quello che stava accadendo: se si erano preoccupate di legarlo, questo doveva significare che il mio ragazzo era ancora vivo - e che forse si sarebbe aperto uno spazio di trattativa, o una via di fuga da quell'inferno. Forse non tutto era ancora perduto. Cominciai a chiamarlo per nome, piangendo e scuotendomi nel tentativo di liberarmi dalle funi che mi stringevano. Ma al momento ogni sforzo fu vano. Al contrario, i miei gemiti tornarono ad attirare su di me le attenzioni delle carceriere, che finalmente mi rivolsero la parola. "Sei qui per essere rieducata tesoro - mi apostrofò Julia - quindi non sospettare nemmeno che ti lasceremo fuggire o che ci distrarremo in qualsiasi momento. Non possiamo permetterci di lasciarti tornare nel buio dal quale stai uscendo". Le sue parole erano perentorie e il suo sguardo istillava autentico terrore. Non potevo dimenticare nemmeno per un attimo come aveva assalito e martoriato il corpo robusto di Andrew, come aveva disintegrato la sua difesa, sbranato la sua forza, infierito selvaggiamente sulle sue palle. A nulla era valso per Andrew farmi da scudo con il suo petto virile: ogni fibra dei suoi muscoli e del suo coraggio era stata stritolata dalla furia di Julia. La ragazza mi spiegò le ragioni dell'imboscata. Qualcuno aveva informato la loro setta di alcune mie esperienze lesbiche ai tempi del liceo. Era ora che io abbandonassi l'inganno delle convenzioni sociali e dell'abitudine che mi avevano imposto di abbandonare le mie preferenze autentico in favore di un falso desiderio di cazzo. Non servì spiegarle che erano state informate male - e che definire la mia avventura liceale un'esperienza lesbica era una grottesca mistificazione di una classica esibizione da adolescenti. Julia sosteneva che nulla le avrebbe distratte dalla loro missione: recuperare una lesbica all'autenticità dell'amore era un obiettivo superiore a qualsiasi compromesso possibile. Al fine di essere persuasive, mi chiarì le condizioni che avrebbero governato il mio periodo di prigionia. Per aumentare l'efficacia dell'azione educativa, non mi avrebbero offerto nulla da mangiare - se non una bevanda che avrebbe colmato le mie necessità idriche e quelle di nutrimento di base. Nulla di più solido avrebbe toccato il mio palato, fino a quando non avessi accettato di strappare le palle e il cazzo di Andrew dal suo corpo - e di divorarli sotto i loro occhi. Era troppo orribile per essere vero, così non riuscii a replicare nulla. Davanti al mio silenzio inebetito, le donne abbandonarono la stanza. Trascorse ancora qualche tempo prima che sentissi dall'altra parte della parete alcuni lamenti. I gemiti erano pietosi, ma erano per me il sintomo che la vita era tornata a scorrere nel corpo del mio ragazzo - e un'euforia incontenibile mi percorse lungo tutta la schiena. "Andrew! Andrew!" gridai. La sua voce roca mi rispose. QUATTRO! Non so per quanto tempo rimasi incosciente. Quando mi ripresi il sole accecante del deserto aveva smesso di pesarmi sulla testa. Provavo difficoltà a riconoscere il luogo in cui mi trovavo; la depressione che mi stringeva il cuore e il cervello non si accontentava di avvelenare i sentimenti - era una specie di morsa fisica, un peso d'acciaio che frantumava le ossa, una scossa che piagava i muscoli, un peso che frenava il respiro. Mi occorse un po' di tempo per rendermi conto di essere imprigionato con ferri e catene; più esattamente, ero sospeso ai ceppi che mi incatenavano i polsi, le caviglie, il collo. Ero costretto quasi ad aderire ad una parete di metallo che si estendeva in tutte le direzioni davanti alla mia faccia; le braccia mi erano state incrociate dietro la schiena; qualcosa come un paio di manette mi legava le mani ad una catena che impediva di muoverle più di qualche centimetro a destra e a sinistra. Le gambe erano spalancate: i ferri che le vincolavano alle pareti laterali impedivano di stringerle in una posizione più naturale. Ma il tormento che macinava dolore senza interruzione irradiava dalle palle, e colpiva con frustate di sofferenza a rotazione ogni punto del corpo, fino a trafiggere il germe più profondo dell'anima. Non riuscivo a scorgere i miei coglioni: la distesa dei peli rossi che scendevano dal mio ombelico coprivano a stento la carne del mio ventre e del mio pube, che finiva orribilmente incastrata in un foro della parete di metallo proprio dove cominciava la radice del mio cazzo. Quasi non riuscivo a controllare il terrore che era traboccato nel mio petto sciogliendo le mie interiora in un moto ondeggiante di panico; con tutta la cautela di cui ero ancora capace, cercai di tirare indietro il culo, nel tentativo di estrarre il mio pacco dal foro strettissimo nel pannello; la mia carne si tese ancora di più, una specie di incendio si sprigionò dentro la mia sacca dei coglioni, come se lo scroto si stesse sciogliendo in un ruscello di lava incandescente che lentamente sommergeva le mie palle e le corrodeva in una schiuma di acido. Non ci volle molto perché la sofferenza diventasse insopportabile, senza raggiungere alcun risultato apprezzabile; mi accorsi che stavo di nuovo mugolando per il dolore, e pensai che potesse essere un atteggiamento poco prudente. In realtà fu molto utile, perché sentii dall'altra parte del pannello metallico la voce di Lucy che mi chiamava. Anche lei era lì - era lì e a pochi passi da me! "Come stai amore? - le domandai in ansia - ti hanno picchiata? Anche tu sei imprigionata con le catene?" "No Andrew, non mi hanno più picchiata - replicò - e ho solo le mani legate da una corda, ma posso muovermi per la stanza". Le sue parole mi diedero un tuffo al cuore di conforto. "La corda ti fa male ai polsi? E' troppo stretta?" "Non fa troppo male, non ti preoccupare Roby, me la caverò". "Cazzo, grande! cucciolo, sono fiero di te! Sei forte come un torello, amore!". Ero davvero orgoglioso di lei e del suo coraggio. "Roby tu invece come stai? - mi domandò dopo una pausa di silenzio - cosa succede dall'altra parte della parete?" "Sono un po' a pezzi amore - risposi con un colpo di tosse - quella stronza mi ha riempito di mazzate, ... mi sento come se mi avesse investito un carrarmato" "Sì immagino - riprese Lucy - ma tu come sei sistemato? Anche a te hanno legato le mani?" "Sono incatenato pasticcino, ho le caviglie e il collo chiusi in ceppi, e le mani ammanettate - feci una pausa per deglutire dalla vergogna, e poi ricominciai - Amore, mi hanno chiuso l'uccello e le palle dentro la parete. Tu per caso li vedi dalla tua parte?" "Sì Andrew, sono l'unica cosa di te che vedo" "Amore ascolta ... - deglutii di nuovo - senti, non è che ti puoi avvicinare? C'è qualcuno lì con te?" "No Roby, nessuno" "Lucy ascolta, i coglioni mi bruciano una cifra ... ho un po' paura, è come se stesse per esplodermi lo scroto ... se riesci a vedermi il pacco, non è che potresti raccontarmi se mi sta succedendo qualcosa alle palle? Cazzo, mi fanno troppo male, se vanno avanti così ancora per un po' finirò per schiattarci ... " "Non si vede nulla di particolare Andrew - mi informò Lucy premurosamente - forse è colpa del foro Roby, sarà troppo piccolo e ti stringe la radice dei genitali ... " "Cazzo amore, non puoi capire, mi pesano che sembra stiano per staccarsi ... fanno male una cifra ... - mi lamentai - però se da fuori non si vede nulla magari è solo una roba transitoria e tra un po' starò meglio ... figa, speriamo ... " Non potemmo proseguire, perché di schianto nell'altra parte della stanza una porta si spalancò e qualcuno entrò nella camera. CINQUE! Mentre stavo ispezionando le palle di Andrew, entrarono quattro ragazze che non avevo ancora conosciuto. Il loro aspetto era molto attraente: appartenevano al genere nordico di ragazza, con un fisico snello, grande seno, capelli biondi e occhi azzurri. Tuttavia il loro comportamento era tutt'altro che altezzoso, o sprezzante o aggressivo; nonostante la loro avvenenza serbavano un comportamento tranquillo - se la situazione non avesse mostrato i connotati di violenza che mi circondavano, sarebbero potute sembrare le mie simpatiche vicine di casa. Un altro elemento interveniva a inquinare questa somiglianza: erano nude. Mi avvicinarono con garbo e mi offrirono una bevanda dolcissima con cui dissetarmi. Apprezzai questa offerta come se mi avessero spalancato all'improvviso la dispensa del nettare degli dèi. Assorbii il contenuto del bicchiere a sorsate incivili; ma senza scomporsi mi versarono altro succo dalla loro brocca freschissima. Mentre il liquido si espandeva nella mia gola riarsa, una di loro aveva cominciato ad accarezzarmi i capelli; un'altra mi stava svestendo con dolcezza. Riponevano una grazia particolare nel prendersi cura di me - e devo ammettere che, con mia stessa sorpresa, le loro attenzioni risvegliava un indiscutibile piacere nei miei sensi. La terza aveva depositato diversi cuscini a terra; quando anche io rimasi nuda, mi invitarono a sdraiarmi sulla stoffa profumata. Una di loro aveva accolto il mio capo sulle sue cosce, e mi massaggiava con talento le spalle e il collo; un'altra accarezzava e baciava le mie tette con la venerazione che si riserva al culto delle dee; la terza aveva coccolato con mani sapienti il mio ventre, ed era passata a leccare minuziosamente le grandi labbra. La devozione con cui seguiva i fremiti del mio sesso era punteggiata da baci appassionati che avvolgevano nella morbidezza di una passione incondizionata ogni piega della mia vagina. Nessun maschio era mai stato in grado di trasfondere nel sesso così tanta devozione e una passione tanto sapiente nel rapporto col mio corpo. Ebbi la sensazione che la bevanda che avevo degustato dovesse contenere qualche grado di alcool, perché dopo breve tempo la testa cominciò piacevolmente a girami, mentre fremiti di piacere scorrevano lungo la mia schiena. Feci quanto potei per trattenermi dal partecipare alla razione di sesso cui ero forzata. Tuttavia, quando la ragazza che stava coccolando la mia figa sembrò distaccarsi dalle mie cosce, afferrai i suoi capelli con le mani e mi resi conto che stavo sospirando già in maniera sensibile. La donna mi sorrise e ritornò con entusiasmo ad immergere la sua lingua dentro la mia figa; nonostante l'impegno non riuscii a reprimere un gemito di piacere. SEI! Per un certo tempo non sentii più nulla, senza riguadagnare il coraggio sufficiente per rivolgere domande a Lucy. Forse era passata più di mezz'ora quando ricominciai ad avvertire segnali di vista dall'altra parte del pannello metallico: qualcuno passeggiava avanti e indietro lungo il perimetro del muro, poco discosto dal punto in cui i miei coglioni pendevano intrappolati - mentre più lontano si sollevavano respiri affannosi di più persone. Era un rumore confuso e inquietante; sarebbe stato difficile giudicare se si trattava di una lotta affannosa gestita quasi di nascosto, o una scena di sesso - come quelle che Lucy e io avevamo condiviso quando eravamo ospiti dai suoi genitori, per non farci sentire mentre scopavamo. All'improvviso sentii un mugolio strozzato - e riconobbi senza difficoltà la voce di Lucy. L'ansia mi scoppiò nel petto ed irruppe nell'aria insieme alla mia voce, prima che potessi pensare a cosa stavo dicendo: "Lucy cazzo ti stanno facendo?! - gridai disperato - Amore ti stanno facendo del male?" Mi rispose però la voce di Julia, appena al di là del pannello: "Lucy sta imparando cos'è il vero piacere, testa di cazzo! Soltanto ora sta conoscendo cosa significa prendersi cura del corpo di una donna! Qui l'unico attende nel breve destino che ancora gli spetta una quantità di dolore da fargli rimpiangere di essere nato sei solo tu!" Il tono della voce che mi aveva assalito era raggelante. Dopo un paio di secondi si impegnò a rispettare la sua promessa: l'orma di un piede scalzo si stampò sulle mie palle nude comprimendole contro il metallo gelido. La lava che mi incendiava lo scroto mi strinse i coglioni in una morsa di fuoco. Sentii la carne di entrambe le palle trafitta e scavata dalla massa acida che schiumava nella mia sacca; i testicoli mi si espansero come globi roventi, tracimando attraverso le corde dello sperma nel mio ventre; un pugno di acciaio incandescente si consolidò alla radice del cazzo e scattò dentro il mio stomaco per devastarmi il plesso solare, serrarmi i polmoni e la gola; poi discese per bruciarmi le cosce, per demolire la tensione con cui le gambe e le braccia mi sostenevano nella difficile posizione in cui ero incatenato. "AAAAAAAAAAAAAAAAAAHHHHHHHHH - urlai con tutto il fiato che restava nei polmoni - NOOOOOOOOOOOOOOO ... " poi il petto mi si serrò in una cassa di gesso, e della mia voce rimase solo la polvere che mi faceva tossire mentre tentavo di spingere un po' d'aria nei polmoni paralizzati dagli spasmi del dolore. "Cazzo ... le palle ... figa ti prego ... aaaaaaah ... cazzo fanno troppo male ... aaaaaaa ... le mie palle ... aaaaaaah ... " Non riuscivo a trattenere i lamenti; mi vergognavo da morire pensando che di là Lucy era costretta ad ascoltarli - e chissà cosa stavano perpetrando anche sul suo corpo, mentre lei riusciva a contenere i gemiti di sofferenza a pochi sospiri, per non spaventarmi! Tuttavia, il punto più fragile del mio corpo pendeva inerme dall'altra parte del muro: il mio pacco era esposto nudo alla vendetta di quelle femmine guerriere, senza che io potessi né verificare cosa gli stava succedendo, né cercare di difenderlo. Un terrore cieco risaliva insieme alla sofferenza dai miei coglioni tutto l'interno del mio corpo, per rovesciarsi nel cuore. SETTE! Non mi ero accorta che Julia fosse entrata nella stanza; quando la vidi colpire le palle di Andrew con un calcio ebbi un sussulto di terrore. Se avessi agito di impulso mi sarei sollevata di scatto e mi sarei precipitata a proteggere con le mie mani, con tutto il mio corpo, i coglioni feriti del mio ragazzo. Ma un'inerzia drogata mi paralizzava i muscoli e la mente, un lentezza calda e vasta come il deserto si insinuava ovunque nel mio corpo e mi impediva di sottrarmi alle volute di sensualità di cui mi avvolgevano le tre ragazze. Così rimasi distesa sui cuscini, aspirando la fragranza della stoffa, senza muovermi, senza cercare di impedire a Julia l'assalto alle palle di Andrew, la nuova umiliazione inflitta al suo orgoglio e al suo corpo di maschio. Sentivo Andrew lamentarsi per lo strazio con cui i coglioni pestati trafiggevano tutto il suo corpo con frustate di dolore; la sua resistenza fisica doveva essere allo stremo, perché i suoi gemiti continuarono a lungo - ma soprattutto perché ormai le sue grida di dolore erano intervallate da invocazioni di pietà alla sua torturatrice, senza più alcun freno di orgoglio o di vergogna. Le mie corteggiatrici interruppero all'improvviso le loro cure destinate al mio corpo; senza dire una parola, si allontanarono da me e uscirono dalla stanza. Nel torpore in cui ero calata, nemmeno io riuscii a trattenerle e a proporre loro le domande che confusamente mi attraversavano la mente. Lasciarono comunque accanto a me una brocca ricolma della bevanda che mi avevano offerto; uscendo richiusero la porta a chiave. Anche Julia era sparita, probabilmente aveva abbandonato la camera prima delle sue compagne. Nel silenzio assoluto, i lamenti penosi di Andrew continuavano ad inquinare l'aria della loro frustrazione. Guardavo le palle del mio ragazzo nella penombra in mezzo alla stanza: la sacca dei coglioni penzolava enorme rispetto alle dimensioni del cazzo, la nebulosa dei peli rossi che copriva lo scroto e circondava il suo uccello mi attrasse verso la parete come un richiamo ipnotico. "Cazzo risparmiami ... ti prego ... basta ... basta ... fa male ... aaaaaaaaahhh ... - continuava a lamentarsi con voce fioca il mio ragazzo - le palle ... cazzo ti scongiuro, liberami le palle ... aaaaaaah ... " Probabilmente il nuovo colpo inflitto sul suo pacco aveva messo a dura prova la resistenza della carne e dei vasi sanguigni dei coglioni di Andrew, che dopo l'impatto dovevano essersi gonfiati strangolando definitivamente lo scroto e il cazzo nel buco stretto della parete. Quando eravamo sdraiati a letto mi piaceva mettere una mano a coppa sulle palle di Andrew e accarezzargli col palmo l'uccello, fino a quando sentivo che cominciava a diventare duro. Non lo facevo per proteggergliele, anzi: mi sembrava che dai suoi coglioni emanasse una forza nascosta che gli altri non potevano conoscere, alla quale non potevano attingere - una potenza che mi avrebbe protetto da tutto. Non appena il cazzo cominciava a tirare, Andrew si girava e metteva una coscia sopra le mie gambe, abbracciandomi. Allora io appoggiavo la testa sul suo petto, facendomi accarezzare il volto dal suo vello folto di peli rossi e ascoltando i tonfi profondi del suo cuore. Mi era sempre piaciuto stringermi al suo corpo e affondare la testa nel suo petto; per istinto Andrew rispondeva abbracciandomi e baciandomi sui capelli, poi sulle palpebre, poi con grande dolcezza sulle labbra. Ascoltare i battiti tranquilli e regolari del suo cuore mi faceva sentire al sicuro; amavo il profumo che emanava dal suo petto, una fragranza virile di fustagno, adoravo i globi perfetti dei suoi muscoli sepolti sotto il manto rosso di peli morbidi. Ma forse mi ispirava ancor più sicurezza l'entusiasmo con cui mi abbracciava, e il sorriso che sapevo aveva cominciato a splendergli sul volto. Bastava fissarlo negli occhi per suscitare il suo sorriso, che mostrava gli incisivi da coniglietto e tutte e due le arcate dei denti; era un'espressione tra la simpatia e una richiesta di indulgenza, come se avesse la sensazione di essere stato colto di nuovo a commettere qualcosa di maldestro in quello che stava facendo - anche se era soltanto sdraiato sul divano, fermo e tranquillo. Era un sorriso che domandava comprensione, ed esprimeva la sua fiducia, l'abbandono del suo affetto verso gli amici. Stretta tra le sue braccia credevo non potesse accadermi nulla di nocivo, mi ci rifugiavo come i bambini che trovano riparo nella tana quando giocano a rincorrersi; mi aveva rapita il gesto con cui mi proteggeva da tutto quello che temevo di vedere - dalle scene terrificanti dei film agli scarafaggi della stanza in affitto in Grecia - quando mi guardava dritto negli occhi per qualche secondo, poi mi stringeva a sé passandomi la sinistra dietro le spalle e con la mano destra scivolava sulle mie palpebre socchiudendole, prima di avvolgermi in un bacio profondo. Anche a letto aspettavo che mi baciasse sulle palpebre socchiuse; poi scivolava sopra di me coprendomi tutta; il suo cazzo tra le mie mani era ormai tutto in tiro - e mi piaceva scorrere con le dita sul suo dorso, sentire le sue vene gonfie sotto le dita. Mi sconcertava ancora come l'esperienza di incontrare un alieno: sentire l'uccello di Andrew mentre passava dalla sua consistenza flaccida ad una dimensione sempre più grossa e dura, avvertire nel palmo della mano che il suo cazzo stava diventando sempre più lungo come se dal suo pube peloso stesse nascendo una creatura nuova e potente, e sopra le sue palle inermi stesse insorgendo un essere minaccioso e agguerrito - tutto questo continuava sempre di nuovo ad apparirmi strano ed eccitante. Il respiro di Andrew mentre il suo cazzo si immergeva tra le mie labbra diventava corto e greve; non gli ho mai detto che i colpi che affondava nella mia vulva con il suo uccello mi hanno procurato i piaceri più acuti che avessi mai provato fino a quel momento, non gli ho mai detto che veneravo la sua voce roca per la tensione fisica che prolungava nei suoi "sììììììì ... sìììììììì ... " ad ogni irruzione con cui sprofondava nella mia figa, che impazzivo quando non riusciva più a incanalare nemmeno in questa arroganza volitiva la sua potenza virile e l'euforia selvaggia del cazzo lo spronava come un animale, gli faceva chiudere gli occhi, serrare i denti e mugolare sempre più forte - fino a quando i coglioni eruttavano straripando attraverso l'uccello l'umore bianco dei maschi, e dalla sua gola esplodeva fuori dal profondo del petto un urlo di forza guerriera. Ma quel mattino l'eroicità fisica da combattimento di Andrew era stata stritolata con pochi assalti da Julia, la minaccia dei suoi muscoli era stata polverizzata dai colpi dell'avversaria senza eccessive difficoltà , l'aggressività della sua fierezza maschile si era spezzata contro la violenza di una donna, la difesa delle sue braccia era stata squarciata dai pugni precisi della ragazza - il suo petto virile era crollato sotto la ferocia della femmina che lo sfidava, era stato schiacciato nella polvere dalle cosce implacabili della nemica e aveva strisciato ai suoi piedi, era stato calpestato e umiliato dall'avversaria che vi aveva stremato ogni forma di orgoglio, aveva trovato fiato solo per implorare pietà . Il suo corpo e la sua potenza erano capitolati fino ad esporre i loro organi di maggiore vanto e di massima fragilità , e qui erano stati colpiti con furia disumana da Julia. I coglioni di Andrew, il suo cazzo dolcissimo - il dono più prezioso, delicato ed eccitante che la natura mi avesse offerto fino a quel giorno - ora pendevano inermi come un trofeo nel mezzo della stanza dove eravamo prigionieri. Li contemplavo senza desiderio davanti a me, ora che i colpi di Julia avevano demolito l'aura della loro potenza, la tenerezza incontaminata della loro carne rotonda, la bellezza del loro pelo rosso, la loro fertilità generosa, la loro promessa di godimento, persino la densità virile con cui trasparivano nella voce bassa del mio ragazzo. La forza con cui la ragazza aveva sconfitto Andrew e l'ostinazione con cui infieriva sul suo corpo battuto, erano state capaci di estinguere fino all'ultima goccia la gioia segreta della mascolinità che emanava per me dai suoi coglioni. Attorno al mio ragazzo l'aria non si curvava più sotto la pressione della sua potenza fisica, né si colmava della sua sicurezza; il profumo del suo corpo non spandeva più il polline di eccitazione che precedeva gli affondi del suo cazzo in tiro, non presentivo più l'odore della sua carne impregnare lo spazio e le cose intorno - non attendevo più la sottile ebbrezza che mi destava respirandolo nei suoi maglioni o nei suoi jeans, quando li indossavo o quando li ripiegavo. Mentre il piede di Julia comprimeva il petto battuto di Andrew nella polvere, la sua violenza era riuscita a devastare il corpo sconfitto del mio ragazzo molto più in profondità , squarciando i suoi muscoli fragili e drenando l'intera potenza della sua virilità fuori dalle ferite che avevano cosparso di sangue l'impronta del suo petto nella terra. Mi rendevo conto in quel momento, che per me Andrew era sempre stato il ragazzo che alzava in trionfo le braccia dopo aver segnato nelle partite di calcio, o quando esultava per le vittorie del Chelsea - o anche soltanto quando qualcuno gli rivolgeva qualche complimento, e lui si inneggiava con le braccia nude lanciate in alto, per aggirare l'imbarazzo e l'emozione. Per me quello era il vero Andrew, un corpo solidamente costruito per vincere - attraversato dalla vittoria come dai raggi del mattino: un fisico che esibiva nei coglioni massicci, nel petto villoso, nei muscoli torniti, nei capelli rossi e nel volto infantile, i trofei delle vittorie raccolte - un maschio che vantava nelle sue passioni per il rock, il calcio, i computer, nel suo fisico allenato e nel suo cazzo eretto le credenziali per il percorso vincente in cui io ero protetta e trascinata. Certo, non ero così folle da immaginare che il nostro futuro sarebbe stato costellato da successi sportivi e che il nostro destino sarebbe coinciso con quello di una famiglia finanziata dai milioni di euro di una squadra di calcio. Prevedevo che Andrew sarebbe diventato un manager nel settore software, e che io avrei provato a proseguire la mia attività di impiegata. Solo non credevo che la quotidianità del nostro lavoro e delle nostre abitudini fosse la nostra verità - per me la verità era il Andrew guerriero, la sua forza e la sua protezione sarebbe stato il segreto che custodivamo dentro di noi, sarebbero stati lo scrigno che serbava il nostro rapporto nella dimensione eccezionale degli eroi, anche quando questa non si vede, ma si avverte dentro, e io ne calcavo la strada ogni giorno, ad ogni passo che spingevo nel mondo. Un urlo all'improvviso mi distrasse dall'incantesimo in cui stavo roteando con i miei pensieri: "Noooooooo, ti prego bastaaaaaaa ... non strapparmi le palle ti prego, basta, basta ... " La voce di Andrew mi aveva fatto sobbalzare il cuore: mentre ero immersa nelle mie riflessioni avevo raccolto i suoi coglioni nel palmo della mano, come ero abituata a fare quando ero a letto con lui, e li avevo leggermente serrati per godere della loro consistenza - era il segnale che di solito gli spiegava che morivo dal desidero di scopare con lui. Ma ora doveva avermi scambiato per Julia, e temeva che la leggera pressione con cui avevo avvicinato le sue palle dentro lo scroto fosse l'inizio di una nuova stretta d'acciaio attorno ai suoi coglioni. Serravo la vita di Andrew nel mio pugno e non me n'ero accorta; ma il suo grido di sofferenza mi aveva fatto intuire in un istante, come un'illuminazione, cosa doveva provare l'avversaria che lo aveva sconfitto nel ridurre di fatto in schiavitù un maschio colpendolo sulle palle. Una sensazione di onnipotenza molto più vasta che ucciderlo. "Andrew sono io, Lucy - mormorai - le palle ti fanno ancora male?" "Amore ti voglio bene" mi sussurrò Andrew. "Anche io Andrew" risposi come d'abitudine. "Mi sento i coglioni grossi come due meloni, cucciolo - riprese - mi fanno male da soffocare, non ce la faccio più a resistere amore ... " Andrew era stato un ragazzo che irraggiava simpatia e vitalità , era stato un vincente quasi involontario, il suo corpo era il suo diritto alla vittoria senza nemmeno che lui lo dovesse volerlo, le palle e il cazzo che gonfiavano il suo pacco erano gli organi con cui si era conquistato con la forza il suo diritto, erano la carne del suo eroismo. Ora invece pendevano inermi tra le mie mani come un concentrato del suo fisico sconfitto - il suo corpo maschio era come disciolto nello scroto e galleggiava nella fragilità dei suoi coglioni esposti, era dilaniato dai colpi che martoriavano la delicatezza indifendibile delle sue palle. "Da fuori sembra tutto normale - cercai di calmarlo - sta' tranquillo Andrew, vedrai che tornerà tutto a posto". "Ti prego amore, tu che sei libera, cerca una via per uscire di qua. Trova un modo per metterti in salvo e chiedere aiuto". "Certo Andrew, ora vedo cosa si può fare". Invece, dopo pochi passi, la stanchezza mi condusse di nuovo a sdraiarmi tra i cuscini, a sorseggiare ancora diverse sorsate del succo fresco che mi avevano offerto le mie concubine. Infine mi addormentai. Fui risvegliata dal tocco di alcune mani che mi stavano palpando le gambe e il culo. Le tre ragazze erano tornate nella stanza e stavano ricominciando a giocare con me. Sapevano davvero bene come palpare una donna, cosa toccare e cosa sfiorare - sapevano con si baciano le grandi labbra, conoscevano il momento in cui la figa è bagnata soltanto perché vuole essere penetrata qui e ora, senza un attimo di esitazione; le loro lingue erano più morbide e precise di qualsiasi cazzo stronzo del mondo, delicate e muscolose nell'esplorazione delle fibre più sensibili del mio sesso. La ragazza che prediligeva la mia vagina mi baciava e accarezzava il ventre e le cosce, adorava il mio culo, vezzeggiava la dorsale tra le mie gambe - avvicinava sempre più la mia figa senza mai lambirla. Questo assedio stava esasperando la mia attesa e aveva reso così acuta la mia sensibilità che le bastava sfiorare i peli della vulva perché io sentissi emergere dalla gola gemiti di piacere, senza poterli in alcun modo trattenere. OTTO! La gelosia mi stava facendo il cuore più a brandelli di quanto fosse riuscito a farmi soffrire il calcio sulle palle. Ormai non riuscivo più a mentire a me stesso, non sapevo più correggere i suoni che dovevo ascoltare impotente, non sapevo più trasformarli nei gemiti di chi sta subendo una tortura. Lucy stava facendo sesso con qualcuno, dall'altra parte della parete - mentre il mio cazzo pendeva indifeso e ferito, da un foro nel metallo che mi strangolava la radice del pacco. La mia ragazza era eccitata come poche volte l'avevo sentita mentre scopava con me. La sua fame di sesso talvolta sembrava addirittura superare la continuità insaziabile del desiderio che il mio uccello irradiava dentro tutti i miei nervi e dentro le mie fantasie. Era lei che mi afferrava il cazzo e se lo infilava dentro, che mi incitava a spingere sempre più forte, che più i miei colpi diventavano decisi più conficcava a fondo le unghie nella mia schiena. Ma non avevo mai ascoltato i suoi mugolii esprimere una voglia così intensa, una bramosia tanto crescente. La nostalgia della sua figa mi bruciava nel corpo più delle fitte che ancora mi paralizzavano il fisico dai coglioni distrutti. Sentivo alcune lacrime bagnarmi la faccia, mi colavano meccanicamente dagli occhi, la gelosia era così bruciante che non mi ero accorto di aver cominciato a piangere. Una voce gelida tornò all'improvviso a parlarmi dall'altro lato della parete: "La tua ragazza è davvero calda! La senti? Mai avuto un'allieva altrettanto rapida nell'apprendere! Oppure, nessun'altra ragazza ha avuto un fidanzato così flaccido come te - rise la mia interlocutrice con un accesso di ilarità secco e repentino - Sai, forse somigli al tuo cazzo molto più di quello che credi. Sei ridicolmente rossino come il tuo cazzo - ma soprattutto sei altrettanto gracile e flaccido come il tuo cazzo" "Cazzo ti prego Julia, non torturarmi più le palle, - la pregai in un mormorio balbettante - ti scongiuro lasciami andare ... cazzo fa male, ti prego ... " "Secondo me, per meritare una ragazza così dovresti essere caldo come lei, il tuo sesso dovrebbe scottare come lei brucia tutta mentre scopa - riprese Julia - Senti, lei arde senza risparmio, come sa fare solo una ragazza vera. Vediamo se sai bruciare di passione così anche tu?" "AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAHHHHHHHH"una vampata mortale di calore mi aveva avvolto la punta del cazzo. Ero circonciso, così il mio prepuzio era scappucciato anche quando era flaccido, e mostrava la carne viva del cazzo per un buon tratto della cappella. Sentivo sfrigolare qualcosa di simile ad un accendino, e col crescere del dolore stavo immaginando la fiamma che divampava attorno alla cappella del mio uccello bruciando la carne più sensibile del mio corpo. Lo strazio poi abbandonò per qualche istante il mio glande per spostarsi lungo la pelle che congiungeva il mio cazzo al sacchetto delle palle: due unghie taglienti avevano attanagliato la pelle sul dorso dell'uccello, e lo tenevano sollevato per potermi torturare tutta la parte interna del tarello. Ma dopo un breve istante, sentii la fiamma aggredire tutta l'area scappucciata del cazzo, mordere la carne viva e scioglierla come muco: "AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAHHHHHHHHH ... AAAAAAAAH ... AAAAAAAAHHHH ... AAAAAAAAAAAAAAAHHHHHHHH ... ". Sentivo il mio cazzo gocciolare sotto le ondate di bruciore insostenibile, e un vago odore simile a quello che sentivo quando mia madre scottava il pollo sopra i fornelli esasperava il terrore che mi stava afferrando sotto gli spasimi del respiro, una paura ancestrale che mi impediva di tirare il fiato forse più della stessa sofferenza. Ma qualcun altro stava urlando in modo selvaggio nella stanza, con degli acuti che superavano per intensità di voce persino lo sfogo assordante del mio strazio. Nell'affanno mortale che mi stava consumando riuscii comunque a distinguere il motivo di quelle grida - riconobbi l'esplosione dell'orgasmo di Lucy, l'emanazione di un godimento che io non ero mai riuscito a farle provare in questo modo così animalesco. "NOOOOOOOOOOOOOOOOO ... BASTAAAAAAAAAAAAAA ... CAZZO PIETAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA' ... ." Non saprei se invocavo la compassione della mia torturatrice sul mio uccello mutilato - o se implorassi Lucy di rifiutare quel piacere così devastante che stava traendo dalla scopata, quella gioia furibonda che la invadeva mentre il mio cazzo veniva devastato dal rogo. "I maschi non riescono a sostenere il calore di una donna! Vedi Andrew? Il tuo cazzo si distrugge davanti ad una donna che scopa rovente di passione!" La fiamma passava ora rapidamente dalla cappella alle parti del cazzo più vicine allo scroto. Il fuoco mi lambiva, ondeggiando da entrambi i lati, tutto l'uccello, scivolando rapidamente dalla cappella alla radice, poi dalla radice di nuovo fino alla cappella. Quando il calore si avvicinava alla radice del tarello, avvertivo le scottature addentarmi anche la sacca dei coglioni: il bruciore tornava a scuotermi anche le palle, facendomi bollire la sborra dentro i testicoli e nelle corde che li tenevano attaccati. "AAAAAAAAAAAAAAAAAAHHHH ... BASTAAAAAAA ... AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAHHHHHH ... " Il mio cazzo ormai mi sembrava un'unica torcia incandescente, urlavo e sbavavo senza più coscienza di quello che facevo, nel mio corpo non esisteva più una fibra di carne o di spirito che non vibrasse di orrore e di strazio per l'assalto feroce cui stava soccombendo il mio uccello. L'evirazione stava dilaniando la mia anima con la sentenza atroce che non avrei più potuto scopare in futuro, sradicandomi dall'assegnazione di felicità sessuale che il mio ruolo di maschio mi aveva promesso per tutta la vita; ma avrei preferito almeno che l'operazione fosse veloce -e rispetto al dolore che mi spezzava il corpo in due dalla radice dell'uccello, avrei preferito che Julia mi avesse troncato il cazzo a morsi. La fiamma era tornata a tormentarmi la carne viva della cappella, l'odore di carne arrostita mi perforava minacciosamente il naso - con l'incubo immaginifico del mio cazzo che si accartocciava crepitando avvolto in un cilindro di fuoco, persi di nuovo i sensi. NOVE! Quando la lingua della ragazza che mi stava accarezzando il ventre e le cosce penetrò nella mia figa, uno spasimo di godimento si irradiò come una scossa elettrica per tutto il mio corpo. A ondate il piacere travolgeva ogni fibra del mio fisico, avevo la sensazione di provare orgasmi in rapida successione. Ormai non ero più padrona del mio corpo e delle sue reazioni, le mie braccia stringevano e accarezzavano corpi lisci e sinuosi che incrementavano il piacere; li avvicinavo alla bocca e li baciavo, li mordevo, stringevo convulsamente le cosce attorno alla ragazza che stava strofinando la sua figa sulla mia con movimenti rapidi, facendomi impazzire di godimento. Non avevo più la cognizione dell'ambiente in cui mi trovavo, ogni direzione dello spazio e ogni lembo di carne erano per me un nuovo dispiegamento di piacere - che era divenuto talmente avvolgente da trasformarsi quasi in un tormento per i miei sensi: non ritrovavo più orientamento e non avrei saputo informarmi nemmeno se ero in piedi trascinata dalla tensione nervosa dell'orgasmo, o se ero ancora sdraiata. Appena venuta, ero trascinata nel delirio della tensione di una nuova crescita di piacere fino ad un nuovo orgasmo; non riuscivo a pensare ad altro che a venire, e ad estendere quanto più possibile il mio corpo per essere travolta da ondate di godimento ancora maggiori. Così, quando nella confusione dei sensi mi parve di scorgere Julia, mi attesi qualche forma di piacere anche dalle sue azioni. Con la destra manovrava un accendino che sviluppava una fiammata altissima; con la sinistra sosteneva il cazzo di Andrew, per sollevarlo e abbassarlo in corrispondenza dei capricci della fiamma, al fine di esporre la maggior quantità possibile di carne di maschio al morso feroce del fuoco. La voce di Andrew tuonava nella stanza inondandola della sua sofferenza e del suo terrore; e le sue urla diventavano ancora più strazianti quando la fiamma si concentrava sulla cappella del suo cazzo, trasformando uno dei punti più sensibili della sua virilità in una brace corrosiva. Julia investiva sotto l'aggressione della fiamma ogni porzione di carne dell'uccello di Andrew, muovendo l'accendino dalla cappella alla radice del cazzo su ciascuno dei fianchi, poi sollevando il tarello e arroventando la pelle delicata dell'interno, poi brutalizzando il dorso. L'attacco di Julia inceneriva la virilità di Andrew carbonizzando ogni fibra in cui il suo corpo era fatto di carne di maschio. In qualche modo aveva condannato al rogo il maschio che c'era dentro Andrew. E il maschio dentro Andrew urlava la pena della sua carne ustionata, delle ferite che devastavano il suo corpo, della sconfitta e della morte umiliante in cui stava incenerendosi. Guardavo il cazzo di Andrew che soccombeva sotto l'aggressione distruttiva del fuoco, sentivo le urla del suo dolore, vedevo il suo uccello soffrire nelle mani di Julia e essere esposto inerme alle frustate di fuoco che devastavano la sua cappella, lo scrutavo mentre giaceva indifeso sotto i colpi della donna senza potermi penetrare - mentre io stavo godendo grazie alle manovre di tre ragazze. La sofferenza con cui Andrew subiva le atrocità che Julia consumava sul suo pacco mutilandogli il cazzo, l'impotenza del suo uccello che veniva cremato da una donna - e l'esplosione di felicità della mia figa da cui invece io ero invasa - esacerbavano ancor più il godimento che rutilava nel mio corpo, esaltavano le ondate del mio piacere, rendendo ancora più acuta la sensibilità del mio fisico, di tutti i miei organi. Mentre la fiamma infuriava sulla carne viva della sua cappella irritandola e gonfiandola in una bolla paonazza, sentii Andrew esplodere in un urlo spaventoso: il dolore stava infierendo sul suo cazzo tanto da avvolgergli tutto il corpo e strangolargli l'urlo in gola; poi il clangore duro delle catene mi avvertì che doveva essere crollato dopo che la congestione di strazio nell'uccello lo aveva portato allo stremo della resistenza. Questo nuovo rovescio della sua tenuta fisica risuonò nella stanza come una seconda sconfitta che Julia aveva inflitto al suo corpo fragile - come l'estrazione e l'annichilimento finale attraverso il cazzo del maschio che dentro Andrew dava forza ai suoi muscoli, potenza al suo pacco, coraggio alle sue vittorie e alla sua prontezza a battersi. Il nuovo acuto di sofferenza che aveva tramortito Andrew martoriandogli l'uccello fece detonare una nuova eruzione di piacere nella mia figa, che veniva in un orgasmo vicino a stordirmi per intensità e durata, esplodendo in un godimento sfacciato alla vista del cazzo di Andrew che sembrava sul punto di essere completamente distrutto, senza poterla nemmeno avvicinare - ormai anche come promessa per il futuro. Quando le tre ragazze smisero di cavalcare le ondate del mio godimento, anche le mie energie erano ormai allo stremo; le orecchie mi fischiavano, la figa mi bruciava, mi sentivo le ossa e i muscoli frastornati come dopo una maratona. Da qualche tempo la voce di Andrew si era spenta, Julia non si trovava più nella stanza. Mi abbandonarono con la solita brocca ricolma di spremuta, che avvicinai alle labbra e rovesciai a grandi sorsate nella mia gola riarsa dalla fatica. Appena mi calmai, cominciai a diventare consapevole che la fame mi tormentava come se non mangiassi da una settimana. La stanza però era vuota, e la promessa con cui Julia mi aveva condannata all'attesa durante il suo primo discorso mi lasciava ben poche speranze. Mi alzai a fatica, per perlustrare meglio la camera in cui ero rinchiusa. Mi avvicinai alla parete che mi separava da Andrew: i suoi genitali continuavano a penzolare indifesi dal foro. Mi accostai per controllare le condizioni in cui versava il suo cazzo: constatai quasi con noia che temevo uno stato molto peggiore. La superficie dell'uccello era sfigurata da vesciche e da bolle: le scottature avevano ferito la pelle del cazzo in parecchi punti, la carne viva della cappella appariva nera e granulosa in modo preoccupante. Tuttavia l'uccello di Andrew non era rimasto incenerito dal rogo, e ciondolava martoriato dal suo inguine ancora a testimoniare la virilità sfregiata e umiliata del mio ragazzo. Andrew doveva essere là dietro, abbandonato in attesa che qualcosa accadesse, come il suo uccello rovinato. Non era esattamente una novità . Mi venne in mente che, se fossimo stati a casa, in una domenica come oggi, Andrew sarebbe stato accasciato più o meno con lo stesso annichilimento spirituale sul divano del salotto. Nella sua inerzia avrebbe indossato al massimo i boxer, se si fosse ricordato di infilarseli; ma anche in questo caso comunque, le palle e il cazzo sarebbero ciondolati per distrazione fuori dalla stoffa, appoggiati su una coscia o direttamente sulla pelle del divano. I suoi occhi avrebbero fissato lo schermo del televisore, con la bocca aperta, aspettando i risultati delle partite. Tutte le domeniche erano così. Era inutile rivolgergli la parola, i pochi messaggi che filtravano nelle sue orecchie erano quelle dei cronisti; e quando dalle sue labbra schiumate di saliva usciva qualche suono, erano urli insensati, "epporcaputtana!... cazzo nooooooo, ma che cazzo di sfiga, porca troia!"; oppure "Evvaiiiiiiiii! Mitici i miei ragazzi! Avanti così, spaccategli il culo!". Oppure partiva per andare allo stadio, e non si vedeva più fino a sera. Poi sera si fa per dire. La sera c'erano le prove della band, dove fingeva di suonare il basso. Non ho mai capito se sa suonare davvero il basso. Io comunque ho qualche perplessità . Andrew e gli altri tre pirla del gruppo in realtà si trovano a scolarsi litri di birra, a ruttare e a dire cazzate sul calcio e sulle ragazze. Non sopporto il suo fiato che sa di birra tutte le sere, non sopporto nemmeno le canottiere scure che indossa quando suona. In realtà non posso vedere nemmeno gli amici che frequenta al pub - e a letto mi dà fastidio la puzza di sudore che si diffonde dal suo petto umido quando è così ubriaco che si dimentica persino di fare la doccia. In fondo i maschi sono animali. In casa sono sempre sciatti, mostrano senza pudore la volgarità del loro corpo peloso e ispido, sudano come bestie senza provare l'urgenza di lavarsi, sentono la pulsione della competizione ovunque, hanno bisogno di sfidarsi, di provare di continuo chi è il più forte - sono stimolati dalla necessità incontenibile di battersi, di sottomettere gli altri maschi o di soccombere. Anche i testi delle canzoni del gruppo di Andrew parlano sempre di sfide, di violenza, di passioni sentimentali che sembrano alludere all'amore ma che in realtà parlano di desideri fisici, di cazzi e di fighe. Tutto quello che va oltre la tensione dei loro muscoli, del loro cazzo, del frastuono che riescono a produrre, dell'eccitazione rutilante dei sensi e degli organi del loro corpo - non è altro che finzione, conversione appena mascherata di queste esaltazioni fisiche. Le dimensioni del cazzo di un maschio sono le dimensioni del suo mondo. Il mondo di Andrew doveva essersi ristretto ancora rispetto a quello di casa, perché la sua estensione doveva essersi contratta mentre il suo uccello rattrappiva sotto le abrasioni del fuoco. Sentii Andrew risvegliarsi con una specie di successione di rantoli; la sua voce era mutilata come il suo cazzo. Ma questa volta non risposi ai mugolii pietosi della sua virilità amputata. Tornai a sdraiarmi, spossata dalla fatica; ma questa volta il sonno fu faticoso, perché la fame ululava il suo richiamo imperioso dal fondo dello stomaco. Infine, dopo qualche tempo, le tre ragazze riapparvero; Julia entrò con loro nella stanza. Mi si avvicinarono senza toccarmi. Ma la mia figa era talmente pronta ad accogliere le loro carezze che cominciò a bagnarsi, come il cane di Pavlov. Mi circondavano fissandomi, e la sola energia dei loro occhi mi imponeva un'agitazione quasi tormentosa alla vagina, al seno, al collo e alle spalle. Cominciarono a sfuggirmi mugolii, sentivo le mie membra che si torcevano sotto i loro occhi. Ma le tre veneri continuavano a non toccarmi. Allora mi sollevai io spinta dalla fregola, afferrai le mani della ragazza specializzata nella cura della mia figa, gliele deposi al limite tra le mie cosce e l'inguine; ma lei, delicatamente le ritirò. La fissai con uno sguardo a metà tra l'interrogativo e lo spaventato. Tornai a stringerle le mani, un gemito mi sfuggì mentre gliele appoggiavo sul mio ventre. Ma di nuovo lei mi respinse, senza guardarmi. Cercai di inseguire il punto verso cui convergeva il suo sguardo - e incrociai sullo sfondo il cazzo e i coglioni di Andrew. L'ansia del godimento e l'incapacità di comprendere mi si confusero insieme nel cervello stordito dalle vibrazioni delle urgenze che la mia figa stava imponendo a tutto il mio sistema nervoso. Fissai anche le altre due ragazze: mi accorsi che anche loro fissavano la parete di metallo in mezzo alla stanza, quasi con distrazione, quasi come se fosse ovvio quello che dovevo comprendere. Le guardavo una dopo l'altra, senza osare l'emissione di qualsiasi domanda. Poi il mio sguardo incrociò il volto di Julia e d'un tratto capii. La fame, l'eccitazione del sesso, la bellezza statuaria delle mie compagne di scopate - la forza di Julia, la sua autorità spietata e il senso di onnipotenza che mi aveva contagiato - confluirono insieme nel mio pensiero e compresi. Non mi costò nemmeno uno sforzo decidere di agire di conseguenza a quello che avevo intuito, non mi costò abbattere nessun rimorso, nessuna forma di pietà , nessuna nostalgia. Mi avvicinai alla parete, seguita dalle altre donne. Il respiro di Andrew era pesante, affannoso, cosparso di sottili gemiti. Non sentii compassione. "Andrew, perdonami, devo farlo" mormorai decisa. "Cucciolo, cosa devi fare?" pronunciò la voce fioca di Andrew. Julia mi interruppe "Aspetta. Deve vedere. Ora non deve solo sentire, deve vedere e sapere" "Cazzo devo sapere, Lucy ti prego, amore rispondimi!" ansimò Andrew in preda al panico. Julia intanto era uscita dalla camera; pochi istanti dopo una porta oltre la parete si spalancò; si sentirono chiavi girare nei tamburi, quindi la parete si aprì nel mezzo separandosi in due battenti. Il corpo nudo di Andrew riapparve davanti ai miei occhi, il suo cazzo e le sue palle ciondolarono liberi e pesanti, la sua testa non riusciva a rimanere ritta sul collo; il suo fisico era appeso a due catene che gli imprigionavano le braccia e che due ragazze stavano assicurando a blocchi nelle mura - e ai ceppi che gli divaricavano le gambe spalancando la loro apertura. Il suo volto era segnato come se fosse appena stato pestato, i suoi occhi mi fissarono prima in modo inespressivo - poi inondati da una luce tenera e felice. "Amore Lucy, mi sento già meglio ora che ti vedo" esclamò Andrew. Ma io avevo intravisto nel pugno di Julia l'accendino che era servito a carbonizzare l'uccello del mio ragazzo. Mi precipitai sulla torturatrice e glielo prelevai di mano. Obbedendo ad un impulso cieco mi avvicinai a Andrew, gli afferrai il cazzo e mi misi di impegno ad arrostirlo. "NOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO ... AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAHHHHHHHHH" Andrew urlava la sua pena infinita quasi nel mio orecchio; le vene nel suo collo sembravano sul punto di scoppiare, gli occhi erano quasi chiusi. "Andrew, ascoltami, ti prego - asserii secca, mentre mi impegnavo a cuocere il suo uccello infuocando le ulcere, facendo esplodere le bolle sulla superficie del suo tarello rosso - ascoltami: non poteva che finire così. E come vedi non sono costretta; ho semplicemente capito quali sono i veri valori, e cosa devo fare per realizzarli. Andrew, adesso ti farò male - penso che sarà un dolore atroce come forse non hai mai provato. Probabilmente perderai molto sangue, immagino che non riuscirai a resistere e forse morirai. Voglio che tu sappia che ormai di tutto questo non me ne fotte un cazzo". "Ti prego amore non farlo, ti scongiuro cucciolo - balbettò Andrew in lacrime mentre spegnevo la fiammata dell'accendino - ti prego Lucy tesoro non farmi ancora male, ti prego, basta amore basta, cazzo non puoi capire come mi fai male ... Ti amo cazzo, ti amo Lucy, ti amo ... Cucciolo, ma non ti ricordi quante volte hai cercato la dolcezza del mio uccello, quante volte il mio cazzo ti ha resa felice? Riesci ancora a immaginare cosa succede quando scopi con me? Non ti ricordi come godi quando il mio cazzo affonda nella tua figa? Non ti ricordi come si bagna quando il mio uccello la accarezza quando le sprofonda dentro fino alla radice? Io lo so che tu ami le mie palle, che ti piace toccarmi i coglioni, che godi a sentirli mentre ti premono sulla figa! Non ti ricordi che ti manda in estasi sentire la pressione del mio pacco sulla tua topa bagnata? Che adori sentire quanto sono maschio mentre penetro, che ti piace accarezzarmi il pelo del petto, che ti piace il mio corpo perché sono un maschio?! Cazzo, riesci a ricordartelo?! Cazzo, lo senti ancora il desiderio dei miei muscoli che ti premono, la mia carne che si strofina contro la tua, non ti fa ancora impazzire il pensiero della mia carne di maschio che scopa tra le tue gambe?!!" Gli azzannai il cazzo con i molari, per riuscire a strapparglielo dal corpo al primo morso. Ma la carne del suo uccello non cedette, mentre un ruscello di sangue mi si impastava tra i denti. "AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAHHHHHHHHHH ... " Andrew urlava come non lo avevo mai sentito - come non avevo mai sentito un uomo gridare, era una bestia che veniva squartata e uccisa. Le sue grida modulavano per intensità e per continuità i miei tentativi di troncargli il cazzo vicino alla radice. Ma la sua carne vicino allo scroto continuava ad essere troppo spessa e troppo resistente; così mi decisi ad affondare gli incisivi a metà della lunghezza dell'uccello, ottenendo un risultato migliore. Il cazzo di Andrew adesso pendeva in due tronconi, agganciati tramite un sottile strato di carne che non aveva ceduto. "AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAHHHHHHHHHHHHH ... " continua a gridare, mentre il suo corpo si torceva nel tentativo di sottrarre il suo prezioso cazzo ai miei denti, senza riuscire però a stringere le cosce nemmeno di qualche millimetro. I muscoli di Andrew erano tesi come non glieli avevo mai visti, alcuni zampilli di sangue sgorgavano anche dai polsi e dalle caviglie, che dove il ferro delle catene lo teneva imprigionato. "AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAHHHHHHHHHHH ... Ti prego fa in fretta, FA IN FRETTA CAZZO ... AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAHHHHHHHHHH ... Non farmi soffrire così, FA TROPPO MALE CAZZOOOOOOOOOO ... AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAHHHHHHHHHH ... " La bava di Andrew mi colava sui capelli e sulla faccia, mentre ripetevo l'assalto al suo cazzo e finalmente riuscivo a strappargli tutta la cappella - e a sentire il sapore dolciastro della carne di un maschio sulla mia lingua. Sputai la cappella e mi volsi ad aggredire il ceppo dell'uccello che era rimasto attaccato all'inguine del ragazzo. Ma appena sollevai lo sguardo e lo fissai sul suo pacco, davanti agli occhi mi apparve il cazzo mutilo di Andrew, la carne lacera dell'uccello con i lembi ribaltati dal segno degli incisivi che lo avevano tagliato e strappato, il grumo di sangue ripugnante che si gonfiava al posto della cappella sradicata. Quella vista mi ingessò di colpo il diaframma e lo stomaco; il cervello nella testa cominciò a vorticarmi sempre più in fretta - finché non distolsi lo sguardo dal ceppo amputato del cazzo di Andrew e vomitai in preda a spasmi nervosi fin la bile. Non so per quanto tempo durò il mio stato di prostrazione. Non sapevo quello che avevo fatto, non sapevo come avevo potuto compierlo. Quando risollevai la testa, lo scroto e le cosce di Andrew erano coperte di sangue, i suoi occhi sbarrati fissavano vitrei nel vuoto. Non so da quanto tempo avesse cessato di urlare, il rombo che mi frastornava la testa mi impediva di avvertire il silenzio che mi circondava. Fissai di nuovo il cazzo mutilato del ragazzo imprigionato davanti a me; il sangue continuava a traboccare dalla sua asta spezzata - di nuovo il diaframma mi si congelò e la testa riprese a rombare, finché persi i sensi. Ma era finita, era davvero finita. Per chi volesse suggerire altre variazioni, scrivere a f_del_ponte1980@hotmail.com