La lezione di Judo del martedì by Silvia, silviaguerriera@hotmail.it La potenza non è nulla senza la tecnica… sei in trappola! Quel giorno ero contenta perché dopo un martedଠdi lavoro stressante dovevo andare a lezione di judo nella palestra che ormai frequentavo da anni, dove tutti mi conoscevano e rispettavano. Quel martedଠperಠa lezione c'era un ragazzo che non avevo mai visto e che, a giudicare dall'espressione, era molto sicuro delle proprio capacità di judoka. Il maestro iniziಠla lezione e dopo il riscaldamento si passಠa dei piccoli incontri e chiese al nuovo arrivato, si chiamava Francesco, di combattere proprio contro di me. Francesco fece un sorrisetto spocchioso e poi esclamಠ"Contro una donna? No, mi rifiuto, non c'è gusto. Sono venuto qui per imparare qualcosa di nuovo, non per far divertire una femminuccia". Il maestro sorrise e disse: "E' solo un combattimento per verificare le tue capacità ". Intanto dentro di me friggevo e pensavo che quel ragazzino avrebbe meritato una bella lezione di umiltà , e sicuramente a giudicarlo dalla tecnica e dal fisico sapevo di avere le capacità per farlo smettere di giudicare le donne in quel modo. Ma Francesco rifiutಠe si allontanಠdalla lezione, che per fortuna riprese nel migliore dei modi e tutti dimenticarono quell'episodio, tutti tranne me. Alla fine della lezione rimasi quindi ancora un po' in palestra per provare qualche figura. La sala ormai era completamente vuota. Dopo un pಠvidi arrivare, sempre con quel suo sorriso arrogante, Francesco. Lui si mise ad osservarmi mentre provavo le mie figure e mi disse "Perà²! sembri bravina per essere una donna". A queste parole sentii che non potevo fargliela passare liscia. Gli chiesi con umiltà ed un sorriso a tradimento se poteva aiutarmi per svolgere al meglio un esercizio e non appena si avvicinಠlo sgambettai da terra facendolo ribaltare al centro della sala, mi alzai immediatamente e lo afferrai torcendogli un braccio: nello stesso tempo con una forte pressione del piede sulla spalla lo immobilizzai lussandogliela, poi mi scaraventai su di lui bloccandolo con tutto il peso sul pavimento. Lui aveva un'espressione di stupore negli occhi e la bocca spalancata in un grido che perಠnon era riuscito a far uscire. Lo avvolsi tra le mie gambe in una morsa fortissima ed ero consapevole che ormai stretto fra le mie gambe non aveva pi๠alcuna possibilità di uscirne. Lui cercava di divincolarsi, cercava di allentare la mia presa con la semplice forza delle mani, le sue mani scivolavano sui pantaloni del mio Kimono, vedevo le sue dita diventare rosse per lo sforzo che esercitavano sulle mie cosce, ma non aveva la tecnica necessaria per uscirne, quindi nella sua disperazione non riusciva a spostare la mia presa neanche di un millimetro. Iniziai cosଠa sbeffeggiarlo dicendogli che tutto sommato era piuttosto debole per essere un maschietto, e sfidandolo a liberarsi. Ma non ero contenta. Volevo fargli provare un'umiliazione totale, cosଠgli strappai di dosso i pantaloni lasciandolo in mutande. Lo sguardo di Francesco ora era diventato implorante. Aveva perso ogni arroganza. Faceva quasi tenerezza quell'uomo costretto all'immobilità , in mutande e con lo sguardo di un bambino che chiedeva perdono. Allentai la presa con le gambe e gli strinsi la testa tra le braccia, per fargli capire che era completamente in mio potere. Il mio Kimono ormai lasciava intravedere il reggiseno e vedere il viso di questo maschietto sofferente, poggiato sul gonfiore dei miei seni, iniziಠad eccitarmi. Iniziai a carezzargli i capelli per poi tirarglieli dalla nuca per fargli vedere il volto della donna che lo stava sconfiggendo. Era un piccolo e misero animaletto in mio potere ... avrei potuto anche fargli del male, addormentarlo soffocandolo tra le mie braccia o farlo soffrire seriamente ma non ne avevo intenzione. Lui mi chiese di liberarlo "per favore". Ruotai velocemente e allungai cosଠuna gamba poggiandogli con forza un piede sul viso, dicendogli che se voleva essere liberato doveva chiedere perdono con la giusta umiltà . Iniziಠcosଠa leccarmi il piede e ad implorarmi di lasciarlo andare, aveva le lacrime agli occhi e mi chiese scusa pi๠volte per il suo comportamento arrogante. Questo per me poteva bastare "Hai imparato la lezione" Gli feci una carezza rassicurante e lo lasciai libero ... "Non farti pi๠vedere da queste parti ... la prossima altrimenti sarei costretta ad umiliarti di fronte a tutti i compagni di Judo e ti assicuro che in pubblico non sono cosଠcomprensiva, allora piccoletto? Come ci si sente dopo che una donna ti ha picchiato?". Non l'ho pi๠rivisto.