Ho difeso il mio amore By Federica f_del_ponte@hotmail.com Sfida per la sopravvivenza tra un ragazzo nuovo del quartiere e una veterana. Matteo era nuovo del quartiere. Questo faceva di lui una non-persona: niente diritti, niente riconoscimenti, niente rispetto né per lui né per la sua ragazza. Aveva accettato un posto come operaio nella fabbrica del signor Farina, in cui tutto il quartiere riconosceva un po' il proprio feudatario: era il proprietario delle fabbriche, il preside della scuola, il donatore dell'ambulanza, il padrone di parecchi appartamenti dove vivevano i suoi dipendenti. Matteo incluso. Claudia, la sua ragazza, era stata accolta come commessa dal fornaio vicino a casa. Ma a causa del loro statuto di estranei, non avevano accesso all'ascensore, al terrazzo dove stendere i panni, all'antenna per la televisione, alla cantina. Claudia, in più, la sera doveva subire gli apprezzamenti degli uomini radunati al bar, mentre percorreva il marciapiede per tornare a casa. Quando poteva, Matteo accompagnava la sua ragazza a casa dal negozio, sperando che questo potesse risparmiarle almeno l'offesa dei perditempo dediti all'alcool. Ma non sempre il piano funzionava; e sebbene Matteo fosse un ragazzo tranquillo, non riusciva proprio a digerire certi complimenti. La furia aumentò soprattutto quando si accorse che il più lascivo dei fischiatori da bar era il suo vicino di appartamento: quello che non lo lasciava dormire fino al cuore della notte col volume della televisione, con le sue urla da ubriaco, con le sue litigate contro la sua donna. La scintilla scoccò proprio nel cuore della notte, agli inizi dell'estate. Di nuovo il volume della televisione, accompagnato da urla e schiamazzi. Matteo picchiava contro il muro per ottenere un po' di silenzio; poi decise di uscire per bussare alla porta dei vicini. Con sua sorpresa, mentre apriva la sua porta, anche l'uscio della coppia vicina si spalancò. Ma sul corridoio delle scale non si affacciò un uomo ubriaco - bensì la sua donna, alta, massiccia, coperta solo da una vestaglia. Con arroganza non minore di quanta se ne sarebbe aspettata dal suo compagno, la ragazza insultò Matteo pretendendo il rispetto dei diritti di coloro che abitavano il palazzo da più tempo, e lo avevano colonizzato con le loro abitudini. Matteo non voleva intendere ragioni - fino al momento in cui, con stupore ancora maggiore, la donna gli propose una sfida di lotta a corpo libero, senza limiti e senza regole, per la sera successiva. Se avesse prevalso Matteo, avrebbe ottenuto per sé e per la sua ragazza lo spazio in terrazza, l'accesso all'ascensore e l'allaccio all'antenna, condividendo quello dei vicini; altrimenti avrebbe dovuto rassegnarsi a rinunciarvi a lungo, prestando servizio come schiavo presso l'appartamento dei vincitori per almeno una settimana. Matteo accettò la sfida. La sera dopo si trovarono nel cortile asfaltato del palazzo. La ragazza appariva anche più monumentale di quanto sembrasse la notte precedente sulle scale: il suo fisico era statuario, indossava solo dei boxer blu e un reggiseno dello stesso colore. Gli occhi erano scuri e penetranti, i capelli raccolti a coda erano lisci e corvini. Matteo era un bel ragazzo di statura media, la snellezza del suo fisico era messa in mostra dal torso nudo e dai bermuda marroni; i capelli e i peli folti del petto erano rossi. Pochi spettatori assistevano incuriositi al match - oltre al marito della vicina – Milena – e Claudia. Matteo tentò il primo assalto: cercò di raggiungerla al volto con due dritti, prestando attenzione a saltellare e a mantenere sciolte le spalle. Milena sapeva difendersi, e parò entrambi gli affondi. Dopo qualche roteazione per un nuovo studio, il ragazzo tentò con un calcio di media altezza di colpirla ai fianchi. Ma la donna era imprevedibilmente agile, così che il calcio la sfiorò soltanto; ma lei riuscì ad afferrare il piede dell'avversario con la sinistra; il pugno destro si schiantò contro la tibia indifesa del maschio, quindi la sua gamba venne sollevata per fargli perdere l'equilibrio e rovesciarlo a terra. Matteo cadde, ma sfruttò l'occasione per sgambettare dal suolo l'avversaria,che perse la presa e precipitò a sua volta. Il ragazzo poté offrire un saggio della propria agilità ribalzando in piedi e sferrando un calcio all'addome della donna - che avvertì il colpo ed emise un gemito di sofferenza. Milena era costretta a terra dal dolore, e doveva coprirsi gli addominali sofferenti con un braccio: per Matteo la vittoria sembrava già a portata di mano, dopo soli pochi scambi. Le sferrò un nuovo calcio in direzione del seno; ma questa volta lei afferrò il piede prima che potesse provocare danni gravi, e con un guizzo di violenza lo rovesciò di 180 gradi. Stavolta toccava al ragazzo emettere un urlo di dolore, e contorcere il corpo in modo da evitare che la caviglia si spezzasse. Mentre Matteo era ruotato quasi di spalle per la sofferenza, Milena gli afferrò anche l'altra caviglia e trascinò a sé i piedi del ragazzo, per fargli perdere l'equilibrio e farlo rovinare di nuovo a terra. Il maschio precipitò di faccia contro l'asfalto, e la donna risalì il suo corpo per sopraffarlo stringendolo per le spalle. Ma appena gli liberò le caviglie, Matteo scalciò tallonandola sulle tette; la frustata di dolore interruppe la furia di Milena, che gli avvinghiò la vita tra le braccia cercando di stringere quanto più poteva. Il ragazzo tornò a torcersi su se stesso nel tentativo di liberarsi dalla presa; lentamente la sua manovra produceva i suoi effetti, provocando un lungo rotolamento dei corpi avvinghiati dei due lottatori sul terreno. Infine Matteo riuscì a stringere nell'incavo del suo braccio destro la testa della ragazza e a strattonarla. Alla quarta stretta Milena gli lasciò la vita - ma a sorpresa gli sferrò un montante al mento che rintuonò per tutta la testa del maschio. Anche lui lasciò la presa; con una certa difficoltà i lottatori tornarono ad affrontarsi in piedi, roteando a distanza per studiarsi. Questa volta toccò a Milena prendere l'iniziativa, perché Matteo appariva ancora stordito dalla cartella che gli era scoppiata al mento. La donna lo raggiunse con alcuni pugni ai fianchi, mentre per due volte le sue ginocchia si conficcarono dolorosamente nelle cosce e nei fianchi del ragazzo. Il maschio abbassò la difesa per proteggersi l’addome – ma lasciò via libera ad un destro che gli si schiantò sul volto. Matteo ondeggiò sotto l’urto: ora appariva in seria difficoltà. Milena ne approfittò riprendendo il lavoro ai fianchi e riuscendo agilmente a montare il sinistro fino a stamparlo sugli addominali del ragazzo – che si piegò sotto la fitta rude dell’urto. Alzò gli occhi grandi e marroni per fissarla, implorando con lo sguardo qualche attimo di sosta per riprendersi. Ma proprio in quel momento lei alzò un calcio che lo colpì sul braccio che gli proteggeva il fianco sinistro – poi un nuovo calcio alto percosse il petto villoso di Matteo scaraventando il suo corpo dolorante contro la rete che cingeva il cortile. In un attimo Milena gli fu addosso, prima che il ragazzo scivolasse appoggiando le ginocchia nude a terra. Un montante veloce come un siluro esplose di nuovo sul mento del maschio; dai suoi occhi per qualche istante scomparve ogni forma di coscienza, mentre il suo corpo crollava a terra piegandosi sul fianco sinistro. Ma la donna lo afferrò per le spalle e lo tenne in piedi, appoggiandogli la schiena alla rete. Claudia urlava come una pazza implorandole di risparmiare il suo ragazzo, ma le orecchie di Matteo rimbombavano fino ad impedirgli di comprendere alcunché – mentre il cuore di Milena era altrettanto sordo, ma pervaso di una gioia sadica inarrestabile. La donna serrava con la sinistra per una spalla il ragazzo sostenendolo contro la rete, mentre con il destro mulinava pugni furiosi contro i suoi addominali. Infine lo afferrò per entrambe le spalle, lo staccò dalla rete e lo lanciò verso il centro del cortile. Matteo crollò al suolo strisciando il petto nella polvere; ma in un’ondata di orgoglio, cominciò a risollevarsi e ad attendere in piedi l’arrivo dell’avversaria. La donna gli centrò il volto con un sinistro, al quale il ragazzo reagì rimanendo insperabilmente in piedi. Una volta rassicurato dalla certezza dell’equilibrio, Matteo la fissò con uno sguardo di sfida, e Milena gli sferrò un montante durissimo sui coglioni. Il corpo del maschio sembrò disintegrarsi e precipitare a pezzi per terra, mentre un grido pietoso di dolore e di paura gli veniva soffocato in gola dallo strazio alle palle. La donna lasciò che Matteo si rotolasse un po’ sull’asfalto, mentre il pubblico rideva in modo incontenibile per lo strazio che torturava il ragazzo ai coglioni e inneggiava alla vincitrice – e mentre Claudia si copriva il volto con le mani e si abbandonava a un pianto dirotto. Milena girò attorno al fisico sofferente del ragazzo per tre volte, alzando le braccia in segno di potere e salutando il pubblico che si era radunato attorno alla rete del cortile, nell’area fumosa tra le pareti delle case e il campo centrale. Poi tornò ad occuparsi del suo avversario, afferrandolo per i piedi e trascinandolo sulla schiena fino alla rete. Lo risollevò afferrandolo dalle ascelle, e di nuovo lo fissò alla rete puntellandolo con la sinistra per la spalle – ma gonfiandogli la faccia di schiaffi con la destra. Matteo con un impeto di energia lasciò la stretta protettiva con la quale si copriva le palle martoriate e tentò di resistere alla sfuriata: allontanò la ragazza con uno spintone e le centrò il volto con un destro piuttosto preciso. La reazione scosse la sete di vendetta di Milena, che lo caricò a testa bassa, schiantandosi con il capo nel mezzo del petto sudato del maschio. La difesa delle braccia di Matteo era spezzata, e la donna gli devastò gli addominali con una nuova gragnola di pugni. Quando Milena si distaccò dal suo corpo, il ragazzo era piegato in due dallo strazio – ma si teneva in piedi appoggiando il culo alla rete e ciondolando pericolosamente. La donna retrocesse verso il centro del cortile, e gli fece cenno con le mani di seguirla, accompagnando la richiesta con un sorriso radioso. Con parecchia difficoltà Matteo si separò dal confine del quadrato, avvicinandosi all’avversaria. Le sue braccia erano alzate in atteggiamento di difesa, come fanno i pugili – e il coraggio che esprimeva questo suo gesto era talmente pietoso che avrebbe commosso qualsiasi spettatore con un minimo senso della sportività. Ma nessuno si era raccolto attorno al match con questo genere di sentimenti; e mentre Claudia ululava “basta! Basta!” con quanto fiato aveva in corpo, il ragazzo tornava a portata di tiro di Milena. La donna lo fissò con disprezzo; poi lo fulminò con un destro allo stomaco e un montante al mento. Matteo cadde in ginocchio con lo sguardo annebbiato. La gente era in delirio “Finiscilo! Avanti, spezzalo! Sterminalo! Finisci questo pallemosce!”e la donna si fermò a gustare questo momento di ovazione, la fibrillazione che rendeva elettrica l’aria prima della fine ultima, l’ebbrezza che le dilatava il respiro alla base del seno. Intanto negli occhi del ragazzo era tornata la luce: la guardava impietrito, nel fondo dello sguardo si poteva leggere il terrore ubriaco del maschio, che era stato sconfitto sul campo e che stava per essere schiantato nel fisico e nell’anima. Lo sollevò di nuovo per le ascelle; e quando il ragazzo intuì cosa stava per capitare, gridò col poco fiato che gli restava un “Nooooooooooooooooooo…” che si prolungò indefinitamente nel gemito per l’incendio di dolore che gli devastava il corpo. Il ginocchio di Milena scheggiò nei coglioni di Matteo massacrando ogni particella di carne delle sue palle, stritolando ogni fibra della sua mascolinità rigogliosa, dilaniando ogni vena del suo scroto e dei suoi testicoli, polverizzando ogni fermento di virilità nel suo cazzo pestato e ferito. Quando Milena lasciò la presa e ritirò il ginocchio, il corpo del ragazzo si afflosciò al suolo privo di sensi. La donna suscitò il delirio entusiastico della folla sollevando le braccia in segno di vittoria e calpestando il petto di Matteo con il proprio piede destro, a dimostrazione del proprio strapotere sul maschio. Infine si allontanò portata in trionfo dal marito e dagli spettatori; Claudia poté così sgaiattolare all’interno della rete e raggiungere il suo ragazzo. Matteo era incosciente, perdeva sangue dal naso, dalla bocca, dagli addominali – ma soprattutto dal cazzo e dalle palle, che erano ridotti ad una poltiglia di carne e siero. Il suo corpo era scosso da tremiti, braccia e gambe vibravano in maniera incontrollata. Claudia gli raccolse la testa, la strinse tra le braccia e scoppiò in un pianto inconsolabile.