GRETA, DODICI ANNI DI FIEREZZA Fu la mia stupida invidia a mettermi nel guaio più grosso che potesse capitarmi, e nella situazione più umiliante della mia vita, la mia maledetta invidia per la mia sorellina minore, l'orgoglio di casa. In diciotto stupidi anni non avevo mai combinato niente di buono, mentre lei, che ne aveva appena compiuti dodici, quella sera era appena rientrata dai festeggiamenti per la sua prima coppa vinta: un trofeo per una gara di fitness per di più a livello nazionale. I miei stravedevano per lei, e io morivo di invidia e rabbia per i suoi successi. Avesse vinto concorsi di poesia o semplicemente di bellezza, pazienza! Ma vinceva gare, contro avversarie già maggiorenni e dai fisici superbi, che erano l'anticamera del bodybuilding. Tutti i parenti la portavano in trionfo, una bambina di soli dodici anni, ammirandola per il suo corpo e i suoi muscoli già sodi! Io che non avevo mai fatto un giorno di palestra in vita mia paragonavo il mio fisico a quello di chi avrebbe dovuto essere una semplice bambina e mi sentivo impazzire al confronto. Fu così che l'affrontai, deciso a darle una lezione e a dimostrarle che il suo fisico da star non poteva certo capovolgere i ruoli di fratello maggiore dominante e sorella minore e per di più appena dodicenne dominata. Avvenne la sera che, appunto, era rientrata dall'ennesima vittoria, e i nostri genitori si erano fermati per la notte dagli zii dopo averla riaccompagnata. La aspettai in salotto, dopo aver fatto una doccia preparatoria per ottenere il massimo dal mio fisico. -Dove credi di andare?- -In camera mia, fratellone. Mamma e papà dormono dagli zii stasera, e io sono stanca, ho appena vinto una gara...- -NO.- -no?- -NO. Tu adesso ti becchi la lezione che avresti meritato da tanto tempo, e che nessuno ti ha dato.- -Che stai dicendo?- -Che adesso ti farò vedere io chi è il più forte, cara la mia campionessa di fitness da sei giorni alla settimana in palestra... cose da matti! Una bambina di dodici anni! Troppi vizi ti hanno fatto soddisfare!- -Tu... vorresti battere... me? Ma... ma... fisicamente, intendi?- -Certo!!!- -Mah... senti... fammi andare nella mia camera, dai, lascia stare... domattina non penserai più a queste sciocchezze... sù...- -STRONZA! Combatti!!!- -E' davvero quello che vuoi? Guarda che...- -Cosa credi, di essere più forte di me? Combatti SUBITO!- E mentre parlavo cominciai a fare spazio nel salotto, per ricavarne un improvvisato ring. Lei accettò la sfida scuotendo la testa e con una risata beffarda che aumentò la mia rabbia, e si tolse la tuta. Sotto aveva ancora il bikini della gara, col numerino 7 appiccicato alle mutandine minuscole, che la faceva assolutamente pazzesca. Solo dal viso si poteva appena intuire (perché col trucco sembrava molto più grande anche di lineamenti) la sua giovanissima età... per il resto, non c'era da meravigliarsi che stracciasse atlete molto più grandi di lei, e che teoricamente avrebbero dovuto essere molto più sviluppate, fino a ridurre in lacrime (e costringere a mesi di analisi e terapie come seppi poi) la ex reginetta delle gare di fitness, che non recuperò più psicologicamente dallo choc di essersi vista sottrarre lo scettro di campionessa, che vinceva da 4 anni ininterrottamente, da una dodicenne. Mia sorella Greta, dodici anni: che fisico, ora che si era tolta la tuta ed era pronta a lottare conmtro di me! Capelli lunghi fin quasi al fondoschiena, lisci e scuri; occhi castani, pelle ambrata; gambe magnifiche, esaltate dal bikini (in realtà un pezzo unico molto complicato e bello) che nella parte di sotto arrivava a coprire praticamente solo l'inguine, lasciando scoperta persino quella parte di pelle attorno, dai fianchi fino quasi alla vagina, e dietro era poco più di un tanga. Il seno cominciava ad affiorare con decisione sotto il reggiseno da gara, fatto apposta per esaltare le sue bellezze nascenti e già sode; gli addominali erano uno spettacolo, e tutti i muscoli, nel complesso, erano superbi, tonici. Quel corpo aveva conquistato con assoluto merito una delle coppe più ambite dell'anno, e devastato la mente e la psiche di una ex amazzone bionda, portata fuori letteralmente a braccia, in lacrime, dopo essere stata proclamata "solo" seconda e aver trascorso tutta la serata della gara tremando, già con la certezza dell'incredibile sconfitta, gli occhi fissi, sbarrati e increduli, sul fisico della concorrente numero sette, mia sorella: la bionda già sapeva che incredibilmente quella ragazzina avrebbe vinto al posto suo, e non poteva crederci che quel fisico da sballo fosse quello di una dodicenne. Io, appena uscito dalla doccia in attesa di lei e della mia vendetta, con indosso solo gli slip, poca carne a tenere insieme le ossa, nel momento in cui mi accostai a lei per cominciare la sfida mi sentii anche peggio di quella poveraccia che aveva trascorso anni in palestra per poi essere superata da una preadolescente. Almeno lei era una ragazza, non il presunto sesso forte costretto a confrontarsi con Greta e perdere il paragone fisico! Almeno quella strega di 12 anni e molti muscoli e curve non era la sua sorellina minore, che stracciava in un colpo le leggi dell'età, quelle della genetica e quelle sui due sessi! Almeno lei (credo e spero per la bionda, sarebbe terribile per lei -come lo è per me- dover superare anche questa, se fosse vero...) non doveva lottare ANCHE contro l'eccitazione che quel corpo già sodo e "adulto" provocava a me!!! Aveva tenuto sù le scarpe coi tacchi della gara. Io ero scalzo. Con l'aggiunta di quei tacchi enormi, il suo già notevolissimo per l'età metro e sessantasette diventava un enorme... non so dire quanto, ma so dire quanto mi sentii morire ad avvicinarmi a lei e notare che con questo piccolo espediente femminile la mia sorellina di dodici anni mi devastava l'orgoglio anche in altezza, ridicolizzando il mio povero metro e settanta scarso (e tutto lasciava prevedere che con il passare di altri soli due anni lei mi avrebbe superato anche a piedi nudi). Lo notò, forse per la prima volta proprio quella sera, e rise con uno sguardo di... compassione, dall'alto in basso, che annientò la mia ultima prudenza, quella che mi suggriva di calcolare il vero rapporto di forze fra noi, e non quello che scioccamente mi ripetevo per darmi coraggio, fra sesso forte e fratello maggiore e sesso debole e sorella minore e dodicenne! E quel che fu peggio, fu il dover alzare la testa, quando fummo a due centimetri di distanza l'uno dall'altra, per poterla guardare negli occhi. Lei, mani suoi fianchi, corpo statuario in un bikini/monokini mozzafiato, con parte di sotto inguinale e tanga; io semplicemente ridicolo con la rabbia e la vergogna che mi facevano tremare tutto, in mutande. Avrei voluto sculacciarla, ma di che cosa le facevo colpa? I suoi sguardi e sorrisini beffardi, i suoi sfottò, erano solo conseguenza. Che colpa ne aveva lei se a soli dodici anni e nonostante fosse mia sorella era più "alta" e palestrata (ancora pochi anni di sviluppo e si sarebbe potuta definire "muscolosa") di me? -Dai, fratellone, lascia perdere... non è cosa tua... davvero, non voglio farti male... ma mi hai visto, cosa sono rispetto a te? Sù...- Quelle parole mi fecero schiumare di rabbia, e mi lancia su di lei, ma dovevo riflettere bene sul perché. Certo, devastavano ancora il mio orgoglio, e mi fecero scordare quell'ultimo barlume di prudenza, che mi diceva di confrontare in concreto i nostri due corpi e non basarmi su sciocchezze di sesso debole e forte, e fratello maggiore e maggiorenne e sorellina dodicenne, per calcolare il rapporto di forze fra noi. Ma la verità è -ma lo notai solo tempo dopo- che in quelle parole, come in tutto il resto del nostro dialogo, Greta ormai dimostrava una incredibile maturità, ormai parlava e ragionava da adulta, altro che dodicenne. Comunque sul momento mi sentii solo sopraffare dalla rabbia, e le saltai addosso. Anni e anni di sconfitte morali, la cocca di casa, la preferita di tutti, adesso anche la palestra, i muscoli, il fitness, i tacchi che la facevano altissima, le coppe e le vittorie mentre io restavo un dannato gracilino senza speranza e senza un solo giorno di palestra sulle spalle, ridicolizzato dalla sorella di dodici anni... non ho più resistito, e l'ho afferrata, pronto alla lotta e alla riscossa. Lei, sorridendo, mi fece fare. Le cinsi la vita con le braccia, tentando di sollevarla, poi di spingerla, poi semplicemente di spostarla di un millimetro..... tutto vanamente: solida come una roccia, stava lì ferma a guardarmi. -Ma dai, fratellone, sù... anche quella stronzetta bionda, negli spogliatoi prima della gara di fitness, voleva picchiarmi e imporre anche su di me la tirannide che ha portato avanti in questi anni nel mondo del fitness, usando violenze sulle altre concorrenti... anni che negli spogliatoi faceva regnare il terrore... prima le botte qui, poi la sconfitta sul palco, ripeteva sempre, così mi hanno detto le altre... avessi visto che feste mi hanno fatto, quando glie le ho suonate! Altro che pischelletta di dodici anni, come mi chiamava lei... tsè... la trentenne... per punizione dopo averle dato la lezione che meritava l'ho costretta a correre nuda per gli spogliatoi per mezz'ora, mentre le altre vendicandosi di questi anni di angherie le scudisciavano il culo con gli asciugamani bagnati... ma non vi siete accorti di niente, in platea, quando è iniziata la gara? Eppure aveva una faccia... l'hanno portata via che manco parlava.. insomma, fratellone... se le ho suonate a lei che, scusa se te lo dico, ma... sarà una donna, ma è molto più forte e muscolosa di te... che speranze puoi avere tu? Dai, rinuncia... non costringermi a farti male...- In tutto questo, mentre lei raccontava divertita, io disperatamente continuavo a spingere con le braccia aggrappate alla sua vita, senza concludere alcunché. E le sue parole mi gettavano nella costernazione. "Se le ho suonate a quella più muscolosa e forte di te... tu che speranze puoi avere contro di me?...". Nessun maschio dovrebbe sentirsi rivolgere queste parole da sua sorella di dodici anni. -Non può essere... semplicemente... NON puoi essere più forte di me!!! Io ti DEVO dare una lezione!!! E togliti questi maledetti tacchi!!!- -Va bene. Vedo che hai bisogno della pratica per capire. Come vuoi, cominciamo pure. Ah, avevi già cominciato da due minuti? Scusa, non me ne sono accorta...- Non ebbi il tempo di elaborare mentalmente quest'ultima umiliazione, perché cominciò davvero. E fu incredibile. Con le mani, afferrò i miei polsi che la cingevano poco sopra il fondoschiena, e stringendo forte (e infliggendomi un dolore selvaggio... che presa!) con facilità sollevò le mie braccia, facendomi mollare la presa sulla sua vita. Si godette sorridendo il mio sguardo che, nelle nebbie del dolore, lasciava trasparire un esterrefatto stupore, poi continuò finché le mie braccia non furono completamente stese verso l'alto. -Fratellone, sai che se adesso ti dessi una ginocchiata nei coglioncini indifesi la nostra lotta sarebbe bella e finita qui? Sù, arrenditi, ti ho detto che non voglio farti male. Tu non sei come la stronzetta bionda. sei solo frustrato per aver scoperto la mia superiorità, ma sei il mio fratellone e ti adoro... è comprensibile che tu ora ti senta annichilito e invidioso, ma col tempo accetterai...- Parole che mi spingevano piuttosto a non arrendermi. Proprio avvertire che era come diceva lei, proprio sentire che lei era davvero più forte di me, mi portavano scioccamente a tentare di lottare ancora, piuttosto che ammettere a me steso soprattutto quella verità intollerabile. Tentai di scagliarmi ancora addosso a lei, nonostante avessi le mani imprigionate. Lei sospirò, alzando gli occhi al cielo. Lasciò le mie mani, e ammiccò come a dire... dai... vediamo che sai fare. Mi lanciai addosso a quel corpo di granito, e ne venne fuori un corpo a corpo in cui ebbi costantemente la peggio. La forza delle sua braccia straripava, la mia non era nemmeno lontanamente paragonabile. Mi inflisse decine di torsioni ogni volta che mani nelle mani venivamo alla prova di forza. Riuscii a dare un pugno contro i suoi addominali, e la mia mano conobbe il vero dolore. Non ho il coraggio di riferire quali incredibili sconfitte si susseguirono in quel quarto d'ora in cui una ragazzina di dodici anni sconfisse nella lotta il fratellone di diciotto... Il suo costume da gara si andava facendo a brandelli in quei corpo a corpo devastanti per il mio orgoglio, mentre io finivo schiacciato dalla sua forza e le mie braccia erano torturate in una nuova presa dolorosissima. Me le incrociò dietro la schiena, e con la sola forza delle mani mi sollevò da terra, tenendomi da dietro, di almeno mezzo metro. -Mettimi... mettimi giùùùù!!!- -Basta che non ricominci. Dai, ficcatelo in testa così finisce sta pagliacciata patetica. Scordati la sorellina di dodici anni: io sono la campionessa nazionale di fitness, e tu... scusa, eh... un molluschetto. E non puoi battermi, capisci? Prima ti sarà chiaro, meglio sarà anche per la tua psiche, o come si dice. Non puoi battere la campionessa di fitness. E sù, dai, guardati... sei tutto pelle e ossa tu... se giro coi tacchi sei più basso di me di almeno sette-otto centimetri... e fra un anno o due non avrò bisogno nemmeno di quelli per superarti in altezza... tu hai finito di crescere (si fa per dire), io ancora devo cominciare...- Mentre mi faceva questo umiliante discorsetto, continuava senza sforzo a tenermi sollevato dai polsi, incrociati dietro la schiena. Non potevo vederla, ma quasi percepivo i suoi bicipiti ora gonfi per il "lavoro" tendersi, ingigantirsi e riempirsi di vene. -Sì... sì, va bene, sì... ma mettimi giù... ti imploro, ho capito, ho imparato la lezione, ma abbi pietà- -Non implorare pietà, per cortesia, è ancora più patetico. Non m'interessa, non sono una mistress. Sii uomo, è vergognoso implorare la pietà della propria sorellina dodicenne, ti pare? Mi basta che mi prometti di aver capito che sono e sarò sempre più forte di te, e che questo non ti creerà problemi. Siamo fratello e sorella, dovremo vivere assieme ancora per qualche anno, cerchiamo di volerci bene come sempre-. La sua straordinaria maturità ora la comprendevo in pieno. Mi sembrava di parlare con una donna adulta. Sono certo che la "stronzetta bionda", a trent'anni, non aveva questa maturità, lei che usava la sua forza e i suoi muscoli per angherie e soprusi nei confronti delle sue colleghe concorrenti alla gara e chissà di quante (e quanti...) altri. Greta mi depose delicatamente a terra. Mi girai, anche se non avevo proprio il coraggio di guardarla negli occhi dopo quella figuraccia, e appena la vidi, trasalii. Il suo bellissimo monokini da gara era ormai ridotto uno straccio per le strapazzate del corpo a corpo, e non nascondeva proprio nulla. Il reggiseno era strappato, e il seno destro, nonché il capezzolo e mezzo seno sinistro, occhieggiavano fuori maliziosi e irresistibili. Il laccio del tanga -ovvero la parte di sotto del suo monokini- si era strappato a sua volta, e ora le penzolava da dietro il fondoschiena praticamente nudo. Lei non si era ancora accorta di nulla. -Che c'è? Che è quello sguardo? sei arrossito come...- -No... ecco... vedi, io... no... è che...- Seguì il mio sguardo sul suo corpo fino ad arrivare al seno, ormai in bella mostra. Cominciava a sbocciare, un giorno sarebbe stato una quarta misura da urlo, ora era un bellissimo fiore in bocciolo, esaltato dai pettorali e dagli addominali che facevano da cornice. -TU... TU... mi stavi guardando le... e mi hai ridotto così il mio costume da gara... TU!- La sua voce era terribilmente adirata, e lo sguardo con cui mi incendiò mi mise addosso una paura tremenda. Si stagliò statuaria su di me, mani sui fianchi, con una fierezza e una rabbia terribili. Le sue gambe, nobilitate dai tacchi altissimi, sembravano chilometriche, e i muscoli delle cosce erano sensazionali. Dicendo "ormai è tutto rovinato e va buttato, ma a qualcosa ancora può servire" se lo tolse e si spogliò completamente (tenendo solo le scarpe coi tacchi altissimi) con una grazia straordinaria, e davanti a me si parò quel corpo nudo strepitoso, eccezionale. Ora i muscoli si vedevano in tutto il loro splendore. Non erano enormi, ma sodissimi, granitici, e pensare che quella ragazzina davanti a me aveva solo dodici anni era sconvolgente. -Greta... io... per pietà...- -Adesso te la faccio vedere io la pietà. Stasera saremo soli in casa, no? Mamma e papà tornano domani pomeriggio, no? Bene, ho in mente la punizione ideale per te- Con la sua forza eccezionale, mi afferrò e mi strappò via gli slip, scoprendo la mia erezione vergognosa, che lei squadrò con uno sguardo sprezzante. -Vedi che non è bello restare nudi al cospetto di un'altra persona? Adesso posso farti tutto quello che voglio al pisellino, che figura, eh? Che vergogna, eh?- -Greta... no... Greta, mi vergogno... ti prego... ridammi le mutande... Greta, dai, qualunque cosa, ti giuro... eseguirò qualunque ordine... fammi ricoprire, per pietà... Dio, che vergogna... Greta, ti imploro!!!- Con le mani non riuscivo nemmeno a coprirmi tutto, visto che la mia erezione era davvero ingombrante. -Adesso vedi, stupido, altro che implorare. Per le tue sciocche velleità da maschietto frustrato, invece di essere orgoglioso come tutta la famiglia dei miei successi e del mio corpo, hai dovuto fare lo scemo e sfidarmi anche se si capiva che per te proprio non ce n'era, rovinandomi il mio costume più bello. Bhe, sai che succede ora? Che come ti ho detto questo costume, prima di essere buttato, servirà ancora un'ultima volta!- E dicendo così, lo usò incredibilmente, lungo ed elastico com'era, per legarmi! Una dodicenne nuda, che aveva denudato anche me, mi inflisse -lei, Greta, mia sorella!- quella imbarazzante umilizione finale. Le mani furono legate dietro la schiena dai polsi, e poi l'elastico continuò per legarmi anche le caviglie, tenendomele sollevate verso il fondoschiena. Piangevo e imploravo, ma non volle saperne:-tu fino a quando non torna mamma resti così, e nudo. Vediamo se ti passa la voglia!- e mi lasciò così, steso sulla pancia, con le mie mutande calate beffardamente sulla mia testa... La vidi allontanarsi, nuda, divina, stupenda, sorda alle mie urla e implorazioni di pietà. L'ultima immagine che mi restò di lei, quella sera, fu il fondoschiena nudo, sodo, dalla forma sublime, che faceva guizzare quei glutei superbamente sodi e muscolosi mentre se ne usciva dal salotto, e quei tacchi altissimi, che la slanciavano verso vette di statura che io potevo solo sognarmi.