Goliardia  By Amazon Lover

Versione italiana a cura di O.E.Intini       ( er_galletto@yahoo.it )

Severe lezioni di galateo, impartite ai soci di un circolo universitario maschile

 

Era la prima sera della "Settimana Infernale", un'evento che le ragazze del cir-

colo femminile "Delta 3" insistettero perché fosse istituito; dicevano che, se e-

ravamo abbastanza uomini, dovevamo dar loro una occasione per punire i ra-

gazzi del nostro circolo che, durante l'ultimo anno, si erano comportati male

con le ragazze del College, anche con quelle non appartenenti al Delta3.

Dodici di noi, infatti, erano stati segnalati al loro piccolo ufficio, ognuno per un

diverso motivo: uno aveva fatto il cascamorto, uno si era lasciato scappare

qualche complimento un po' pesante, uno aveva fatto troppi scherzi di cattivo

gusto, un altro era stato più volte sorpreso a fare il guardone nei loro spoglia-

toi...  e altri, per altri motivi che ora non ricordo. Ricordo invece benissimo che

tra quei dodici c'ero anch'io, "colpevole" solo "di non aver passato la copia del

mio compito alla ragazza che, il giorno di quella prova scritta, era seduta a fian-

co a me". Non ricordavo neanche bene quando e cosa era precisamente suc-

cesso. Tutti, comunque, accettammo di prendere parte all'evento, pensando

che sarebbe stato qualcosa di divertente, dal momento che si trattava di con-

frontarsi con delle ragazze. Non sapevamo cosa ci aspettava, ma di certo non

ci aspettavamo quello che ci accadde. L'unica cosa di cui eravamo stati avvisa-

ti fu di non indossare indumenti preziosi.

Fui condotto nel salone, assieme agli altri undici "penitenti"; notammo che tutti i

tavoli e tutte le sedie erano stati messi da una parte. Il socio incaricato da noi

penitenti di fare da mediatore, fece il suo ingresso, seguito da dodici belle ca-

vallone del circolo femminile, tutte vestite con delle strane camicione che copri-

vano i loro corpi fino ai gomiti e fino alle ginocchia.  

Neanche una di loro era brutta.

 

Lo stesso socio incaricato tenne il discorso inaugurale:

"Signore e signori buona sera a tutti. Come sapete, il circolo femminile "Delta 3"

ha imposto a dodici di noi di essere sottoposti a quella che loro hanno chiama-

to la "Settimana Infernale", e si dicono contente che nessuno dei 12 ragazzi da

loro chiamati in causa si sia tirato indietro, nonostante tutti loro siano stati tenuti

finora all'oscuro di quello che accadrà stasera.  A nome di tutto il circolo maschi-

le, faccio a voi dodici i complimenti per il coraggio e per la dignità di uomini che

state così dimostrando: il circolo è fiero di voi, ragazzi !".

 

Seguì un breve applauso, verso di noi. Poi, il nostro "ambasciatore" continuò:

"Ma ora è finalmente arrivato il momento di rendere note a voi tutti le regole di

questa sfida, perché è di una sfida che si tratta : ognuna di queste 12 fanciulle,

sceglierà uno dei "penitenti", per sfidarlo a lottare contro di lei. Si svolgeranno

così, uno per volta, dodici incontri di lotta, ciascuno dei quali avrà termine o in

caso di knock-out di uno (o di una) dei due avversari, oppure... le ragazze mi

correggano se sbaglio... nel caso che uno dei due contendenti decida di arren-

dersi e sottomettersi al proprio avversario (o alla propria avversaria); in que-

st'ultimo caso è necessario (perchè l'incontro abbia termine per "resa e sotto-

missione") il consenso di entrambi i contendenti.

I ragazzi, di voi, che vinceranno il loro incontro, oltre ad essere esonerati dal re-

sto della "Settimana Infernale", avranno diritto di infierire sulle loro avversarie

per una settimana e potranno anche guardare quello a cui saranno sottoposti i

ragazzi sconfitti. Viceversa quelli di voi, che saranno sconfitti, dovranno sotto-

mettersi, per una settimana, ai capricci delle loro avversarie. Non sono purtrop-

po riuscito ad oppormi a quest'ultimo punto, e mi è stato anche imposto di rive-

larlo solo stasera... spero che i ragazzi non me ne vogliano male... Bene, penso

di aver detto tutto... non mi resta che augurare a voi tutti buon divertimento e

buona fortuna.

Prego, ragazze... ognuna di voi scelga pure il penitente da sfidare."

 

Le ragazze vennero quindi, verso di noi, ci giravano intorno, studiandoci come

pezzi di carne in una macelleria. Io fui scelto da una ragazza più alta di 1 e 80,

proprio quella che (a occhio) era la più robusta di loro. L'avevo già vista in giro

per il Campus e ricordavo vagamente che indossava delle taglie forti, ma non

avevo proprio idea di quella che poteva essere realmente la sua forza.

 

Intanto gli altri soci, che erano lì a guardare, non facevano altro che parlottare

tra di loro, commentando la stranezza di questa sfida, domandandosi quale si-

curezza poteva spingere quelle ragazze a voler fare a botte con dei ragazzi...

per non parlare poi della posta messa in palio ! Molti ci incoraggiavano, facen-

doci capire a gesti o con dei sussurri che ognuno di noi avrebbe vinto, e che la

"Settimana Infernale" sarebbe, per noi, finita quella sera stessa. Invece, due mi-

nuti dopo, avemmo la visione che ci convinse a pronosticare il contrario !

 

Le ragazze, dopo che ognuna di loro ebbe effettuato la sua scelta, tornarono

tutte al centro della sala, si allinearono e si strapparono di dosso quelle grosse

camicie, rimanendo solo con dei tanga sottilissimi e scoprendo così i loro cor-

pi incredibili: erano tutte culturiste, piene di muscoli ! Le loro braccia e le loro

gambe sembravano fortissime !

Fecero qualche posa per noi, gonfiando quei muscoli orribili, che sembravano

esplodere ! Ognuno di noi guardava la ragazza contro cui avrebbe dovuto lot-

tare, e quando guardai Brandie, quella che toccava a me, e la vidi flettere le

sue braccia e le sue gambe, capii allora che non ce l'avrei mai potuta fare: lei

mi avrebbe completamente schiacciato, senza che io non avessi potuto far nulla.

Speravo solo che tutto potesse finire velocemente, e che lei non mi avesse fatto

troppo male.

Tutte loro intanto si divertivano a guardare le nostre facce incredule, mentre ci

mostravano quei muscoli, di cui esse conoscevano bene la potenza.

 

Iniziò il primo match: Tony contro Jane. Tony era il più robusto e anche il più

forte fra noi dodici, anzi di tutto il circolo: era alto 1 e 88 e pesava quasi 90 chili.

Anche Jane era una delle più robuste delle dodici del Delta3.

Iniziarono girandosi intorno reciprocamente, fino a quando Jane allungò la sua

mano destra sfidando lui ad una prova di forza tra le loro mani. Quando le loro

dita si incrociarono, lei gli allungò anche la sinistra e, quando Tony gliela prese,

lei portò entrambe le mani verso l'esterno, ovviamente tenendo ben strette quel-

le di Tony. Lui si stava concentrando così intensamente nel contrastare l'azione

delle mani di lei che, appena Jane applicò un po' più di forza, lo bloccò, metten-

dolo in ginocchio, dolorante. Fu incredibile, quando lei aumentò il suo sforzo,

vedere il movimento dei muscoli delle sue braccia e dei suoi avambracci. Gli

piegò le braccia, prima portandogli i polsi dietro le orecchie, poi gli storse le

braccia fino a portagliele alle ginocchia, lo tirò quasi in piedi, e poi ripeté tutta l'o-

perazione varie volte, rimettendolo in ginocchio e torcendogli le braccia su e giù.

Dopo alcuni minuti di tutto ciò, lui aveva le mani completamente fuori uso. Noi lo

incoraggiavamo, anche se la sua inferiorità nei confronti di lei era ormai evidente.

Infatti la pregò di smettere, ma lei non ci pensò neanche. Le altre ragazze guar-

davano ognuna il penitente da lei scelto, e sorridevano come per dirgli  "Anch'io

ti farò così male" oppure "Io non sarò così cattiva, lo sarò di più, sono più forte

e temo proprio che ti spezzerò i polsi e poi non ti potrò punire come piace a me"

oppure ancora "Farò di te uno spezzatino, baccalà che non sei altro, anche se

mi implorerai di fare di te il mio schiavo !".

Dopo svariati minuti di quella tortura, lei rilasciò la sua stretta, lo prese per i ca-

pelli e lo mise in piedi. Lo prese di lato, in una morsa al capo, stringendoglielo

tra il suo bicipite e il suo avambraccio. Lui si dimenava inutilmente e la supplicò

ancora una volta di smettere. Jane gli passò l'altra mano sui capelli, fece come

per accarezzarglieli, invece glieli tirò ancora, e disse "Sei fortunato, bel giova-

nottone, oggi sono di buon umore, e tra un po' ti farò finire di soffrire... finendoti

del tutto ! Del resto hai le mani in uno stato tale che, almeno per i prossimi giorni,

eviterai sicuramente di metterle addosso a ragazze che non sono di tua compe-

tenza, come hai fatto fino a stamattina."

 

Tony era stato, infatti, segnalato a quelle del Delta 3, colpevole di aver "in più oc-

casioni tastato seni e natiche a ragazze per niente compiacenti nei suoi confronti".

Jane continuò : "Dunque: tutte noi eravamo d'accordo che avremmo usato le no-

stre gambe per mettere tutti voi fuori combattimento. Tu ne hai avute abbastanza ?

Sei pronto perché io ti metta "a nanna" ? Se lo sei, io ora ti mollo, tu cadrai in gi-

nocchio e mi chiederai gentilmente di mandarti nel mondo dei sogni."

 

Lei rilasciò la sua presa, ma quello stupido di Tony provò a trattare:

"Ascolta Jane: ammetto di essere stato un po' scorretto ad approfittare di alcune

ragazze indifese, e se è questo che vuoi, prometto solennemente qui davanti a

tutti (e tutte) che cercherò di non farlo mai più.  Ma ti prego: finiamo questa buf-

fonata, altrimenti dimostri di essere anche tu una vigliacca, approfittando di me,

solo perché sei un po' più forte... "

 

Altro che un "po' più forte", Tony non sapeva quello che diceva ! Capii che aveva

fatto un grosso errore quando lei, dopo un sorriso raggiante, interruppe il discorso

di lui dicendo : "Oh, vedo che non hai proprio capito... Bravo, comunque ! Io ci

speravo proprio, che tu volessi ancora qualche prova della mia forza troppo su-

periore. Vorrà dire che prima di stritolarti tra le mie gambe, ti farò soffrire ancora

un po' tra le mie braccia !".

 

Senza dire una parola in più, lo prese per il torace, lo strinse fra le sue braccia, lo

sollevò e mentre lo teneva sospeso gli lavorava la zona lombare. Le sue vertebre

schioccavano ogni volta che lei stringeva e rilasciava, stringeva e rilasciava. Dopo

pochi minuti lui stava già per svenire tra le braccia muscolose di quella belva, che

prima di fargli perdere i sensi lo lasciò cadere a terra.

Jane aspettò un minuto o due, contemplando il suo sventurato avversario a terra;

lo guardava con un finto sguardo di commiserazione, forse per dare maggiore sod-

disfazione alle sue amiche. Quando lui si fu un po' ripreso, lo afferrò di nuovo per i

capelli, e gli tirò il capo all'indietro perchè potesse guardarla in volto. Poi lei solle-

vò l'altro braccio e gli mostrò il suo bicipite bello grosso, dicendo con voce (falsa-

mente) sensuale:

"Braccia belle forti, per una ragazza, eh vermiciattolo ? Secondo me lo sarebbero

anche per un uomo. Scommetto che piacerebbe anche a te avere dei muscoli così

duri, così forti e ben sviluppati come i miei."

Oltre a recitare con la voce, Jane camuffava anche l'espressione del suo viso, sor-

ridendogli a 32 denti, e guardandolo con occhi pieni (come) di passione, che chiu-

deva e apriva ripetutamente, battendo velocemente le palpebre. Poi seppi che

Jane faceva parte anche del circolo teatrale interno al Campus universitario. Con lo

stesso tono di voce e con la stessa espressione in viso, continuò:

"Adesso, sei pronto a chiedermi di finirti, oppure vuoi che "giochiamo" insieme an-

cora un po' ?".

 

Il sadismo di Jane e le sue abilità recitative costituirono, evidentemente, una miscela

esplosiva per Tony, che subito le disse:

"Va bene Jane, ti prego: finiscimi con le tue lunghe, splendide gambe."

 

E così Jane prese la testa di lui e se la infilò tra le cosce, stringendola in una presa

a tenaglia. Tutte le ragazze esultarono selvaggiamente.

Jane era in piedi, sulle punte, e appena incrementò leggermente la pressione tra le

sue gambe, lui si dibatteva come un pesce fuor d'acqua. Jane rideva e lo stuzzica-

va: "Ah ah ah. Dai, Tony, non ti ho ancora fatto nulla, e tu urli e ti dimeni come se

ti avessi già rotto quell'esile collo. Su, vogliamo tutte sentire dalla tua voce 'Oh Jane,

non riesco a reggere oltre, sei troppo forte per me, ti prego, mettimi subito del tut-

to fuori combattimento !' ".

 

Lui, a quel punto, non aveva ancora perso conoscenza, ma non aveva per niente le

energie mentali per dire quello che Jane gli aveva detto. Allora lei allentò la sua

pressione per un attimo e subito dopo pompò tra le sue gambe tutta la potenza che

aveva. Tony svenne come se qualcuno gli avesse dato una martellata in testa.

Dopo di che Jane allargò le gambe lasciando che lui sbattesse di faccia contro il

pavimento, facendosi uscire il sangue dal naso. Senza sforzo, lei lo sollevò e lo por-

tò a bordo sala, scaricandolo seduto su di una sedia. Poi tornò al centro della sala,

ed eseguì una serie di pose, mostrando ancora una volta la potenza di quei muscoli

incredibili, davanti agli sguardi incantati di tutto il pubblico maschile. Poi venne ver-

so noi altri (i penitenti), passandoci come in rassegna, facendosi toccare le braccia

e le gambe da ognuno di noi undici.

 

Brandie era già al centro della sala, sembrava una colossa, anche se era solo 2 o 3

cm più alta di me. Jane non aveva ancora finito la sua piccola sfilata, che già la mia

avversaria mi faceva cenno col dito indice, di andare verso di lei. Mi muovevo len-

tamente, ero terrorizzato, Brandie aveva dei muscoli davvero spaventosi, le sue brac-

cia e le sue gambe erano ancora più grosse di quelle di Jane, e di parecchio ! Anche

i suoi seni erano enormi, tuttavia erano sostenuti alla perfezione dai suoi grandi petto-

rali massicci e definiti. Tutti i suoi muscoli erano scolpiti magistralmente, e divisi tra

loro da solchi abbastanza profondi. I suoi trapezi erano addirittura esagerati: prima

di allora ne avevo visti di così grossi solo in televisione, in occasione delle ultime

olimpiadi, quando andò in onda la gara di sollevamento pesi (e si trattava di uomini,

non di studentesse del College !).

Un sottilissimo perizoma nero le copriva appena l'intimità più profonda, e in corri-

spondenza di essa c'era un disegnino bianco che non mi volli soffermare, a vedere

cosa raffigurava esattamente; avevo forse paura di irritarla fin da subito.

 

"Ti chiami Timmy, vero ? Cosa c'è, Timmino, hai paura di questa ragazzina ? Sei

terrorizzato dal pensiero che io, essendo più forte di Jane, possa fare a pezzi il

tuo debole corpicino, fino a ridurti completamente fuori uso ? Fatti coraggio...

Ecco bravo, guardami fisso negli occhi: se non guardi questi bei giocattoloni che

mi ritrovo, forse ascolterai con più calma quello che ho da dirti."

 

Aveva dei grandissimi occhi neri, meravigliosi, truccati solo leggermente, il neces-

sario perché risaltasse il candore della sua carnagione. Avevo come la sensazione

di sprofondare in quegli occhi. Anche le sue labbra carnose erano ricoperte di ros-

setto nero, che faceva risaltare i suoi denti bianchi come perle. I suoi splendidi ca-

pelli neri, legati dietro di lei in una lunga e grossa treccia, completavano l'immagine

di quella magnifica amazzone.

Mi sentivo già un uomo morto... Ero già un uomo morto, davanti a quella donna

che, dopo avermi ipnotizzato col suo fascino, si apprestava ad annientarmi anche

fisicamente. Più la guardavo, più mi sentivo mancare le forze in ogni parte del mio

corpo. Aveva un fascino incantatore che, unito a quella muscolatura spaventosa,

aveva per me quasi l'effetto di un allucinogeno.

Chissà se anche la morte ha un aspetto così seducente... 

(quando poi, durante la lotta, vidi meglio il disegnino sul suo perizoma, capii che,

evidentemente, tutto il suo look era stato curato sul tema, proprio per farmi veni-

re in mente dei pensieri così macabri !).

 

"Immagino che tu ti sia domandato come mai io non abbia scelto Tony, che peral-

tro non sarebbe stato neanche lui in grado di fronteggiarmi degnamente (s'è visto)... "

e rivolgendosi al pubblico:

"Immagino che tutti voi, ve lo siate chiesto, non è così ? Bene, ora soddisfo la vo-

stra curiosità. Sappiate innanzitutto che io ho piena fiducia nelle mie compagne,

ed ero certa che Tony, con quel fisico grosso ma flaccido, non poteva costituire

un problema per nessuna di loro. Ma veniamo al motivo della mia scelta: ti è stato

reso noto il "capo di imputazione" che ti ha condotto qui oggi ?         

 

RISPONDI !!!  "

 

" S-sì, pa-pare che una volta i-io non... non... non abbia passato la copia del mio

compito ad una ragazza, ma... ma non ricordo quando è successo, e se l'ho fatto,

ti-ti giuro, l'avrò fatto so-solo per paura di essere visto ed essere pe-penalizzato.

Cre-credimi ! "

 

"Io invece so tutto ! Mi è stato raccontato proprio dalla ragazza in questione: era

l'ultima prova scritta di matematica della sessione primaverile, e appena quella ra-

gazza vide il docente allontanarsi di spalle, ti chiese solo un suggerimento, non di

passarle una copia, e tu le rispondesti 'Non mi seccare'. Quella ragazza tornò a ca-

sa in lacrime, e a quella prova rimediò un insufficienza decisiva a pregiudicarne la

permaneza qui al College. Quella ragazza... è MIA SORELLA !!!!"

 

Dal suo racconto ricordai un po' meglio (ma sempre vagamente) qualche partico-

lare. Accidenti a me, il vizio di non aiutare mai nessuno durante le prove scritte,

mi aveva sempre procurato inimicizie e antipatie, fin dai tempi delle scuole.

 

"E così prima di venire qui ho avvisato ognuna di loro: 'Quello stronzo di Timmy

è mio !'.     Dimmi, Tim, come ti sei sentito, quando le hai rifiutato quell'aiuto ? 

Magari hai provato un po' di esaltazione, di superiorità, vedendo che lei era in

difficoltà in una situazione in cui tu te la cavavi benone... Ora, se sei abbastanza

uomo, avvicinati, prova un po' cosa vuol dire essere messo in difficoltà, da una

persona che si sente superiore, e vediamo come te la cavi !"

 

Aveva detto 'avvicinati', intanto era lei che si avvicinava a me, lentamente, con

sguardo minaccioso. Per impressionarmi ulteriormente, faceva vibrare i suoi pet-

torali e i suoi seni, con un controllo eccezionale... se voleva impressionarmi, ci

riuscì benissimo ! Paralizzato com'ero, riuscii solo a fare un passettino all'indie-

tro, e appena mi fu abbastanza vicina, mi balzò addosso circondandomi alla vi-

ta, con le sue gambe lunghe e possenti e piantando la mia faccia fra le sue tet-

tone sode ed enormi, pressate dalle sue braccia attorno al mio capo.

 

Mi risvegliai, con la testa che mi girava e tanti dolori alle costole e alla spina dor-

sale. Ricordavo solo come ero stato intrappolato fra le sue carni, e poi di averla

sentita contare fino a tre. Dio mio, ero stato messo k.o. nel giro di tre secondi !

Speravo almeno che con ciò lei avesse finito, e invece aveva appena incomincia-

to !

Brandie si stava divertendo a camminare col mio corpo stretto tra le sue gambe.

Come si accorse che ero rinvenuto, sporse il suo sguardo aldilà del "davanzale"

che aveva in petto, e si rivolse a me.

"Allora, faccia da deficiente, come ti è sembrato l'assaggio ? Io lo sapevo che

non eri abbastanza uomo. E non ho ancora finito con te: ho intenzione di metter-

ti ko ancora diverse volte, prima di decidere se concederti o no di diventare mio

schiavo ! Ora guarda i miei polpacci, toccali, sono così grossi che ho difficoltà

ad indossare pantaloni aderenti, senti, senti quanto sono duri, sono o no belli...

da 'svenire' ? "

 

Prima che potessi rispondere, lei fece un passo avanti e prese il mio collo tra i

suoi polpacci. Dopo, quello che mi sembrò che lei fece, fu di sollevarsi sulle pun-

te dei piedi, in maniera che i suoi polpacci si gonfiassero schiacciandomi il collo

lateralmente; infatti ad ogni tensione dei suoi polpacci sentivo il mio collo indebo-

lirsi sempre di più. Dopo una cinquantina di questi sollevamenti, rimase sulle pun-

te dei piedi e cominciò a scuotere alternativamente i suoi fianchi su e giù. Questo

non solo aumentò il dolore al mio collo, ma mi stavano anche venendo le vertigi-

ni nell'udire la sua risata... e nel vedere dal basso i suoi grossi seni che ballavano !

Dopo solo alcuni minuti di questa tortura, mi resi conto che le sue gambe mi sta-

vano bloccando l'afflusso del sangue al cervello e che stavo di nuovo per perdere

conoscenza. Prima di svenire del tutto, la sentii dire:

"Guardate, ragazze : che situazione pietosa per un uomo. I miei polpacci si stanno

appena scaldando, e lui è già stremato del tutto. Immaginate cosa gli potrò fare

con le mie cosce ? E io che speravo di potermelo lavorare abbastanza a lungo da

divertirmi un po'… che pesce lesso !   Scommetto che prima ancora che avrò fini-

to di lavorarlo, riuscirò a tramortirlo senza neanche toccarlo.    Dovrò solo tendere

maggiormente le mie gambe e lui perderà i sensi !"

 

Con clemenza, Brandie mise provvisoriamente fine alla mia sofferenza, gonfiando

i muscoli delle sue gambe più che poteva, e stringendo con una tale grinta che

caddi ancora una volta in stato di incoscienza, per circa cinque minuti.

 

Poi mi ci volle ancora un po' di tempo per capire e rendermi conto di quello che mi

stava succedendo. Brandie mi aveva sollevato, mi stava tenendo sopra le sue spalle

e stava facendo degli squat, usando me come bilancere. Quando si accorse che ero

rinvenuto, mi rimise a terra, disteso di fronte a lei.

"Ciao, bell'addormentato. Bentornato tra noi, sono contenta che tu abbia ancora

voglia di divertirti con me. Sono stata a fare squats per gli ultimi cinque minuti e ora

le mie cosce stanno incominciando a pompare sul serio ! Credo che non ti sia rima-

sto più un briciolo di energia perché tu possa oppormi resistenza; non che tu sia mai

stato in competizione, comunque. Stavolta ti farò venir meno col tuo collo tra le mie

cosce, ma non prima di averti lavorato amabilmente come si deve… voglio farti di-

ventare così timoroso della potenza delle mie cosce,  a tal punto che ti lascerai com-

pletamente assoggettare al mio volere."

 

Brandie si accosciò e mi rotolò in maniera tale da poggiare il mio torace fra quelle

sue cosce mostruose. Poi si distese all'indietro e mi serrò il torace fra le sue gambe,

cominciando lentamente a sollevarle, e a sollevarmi. Guardavo in basso verso la

sua faccia sorridente, mentre mi teneva sospeso per aria con le sue gambe. Subito

lei dette un'ulteriore stretta alla sua presa e mi fece urlare:

"Basta, ti supplico, farò quello che vorrai, qualsiasi cosa !"

 

Ma Brandie si stava divertendo troppo per smettere allora. Allentava e stringeva la

sua stretta per vedere come reagivo. Le mie costole erano sul punto di spezzarsi, la

mia mente si stava annebbiando dal dolore; e Brandie rideva. Dopo parecchi minuti

mi mise giù a terra e mi rilasciò.

Si mise in piedi a gambe divaricate sopra di me, e con una mano mi prese per i ca-

pelli, sollevandomi e mettendomi in ginocchio. Avevo davanti ai miei occhi le sue

gambe da infarto, terribilmente gonfie di muscoli, ma non le potei ammirare per più

di qualche secondo, perché mi ritrovai subito con la testa fra di esse. Brandie mi

ruppe il collo e mi fece svenire ancora una volta.

Stavolta però, mi fece rinvenire subito, a suon di schiaffi: mi svegliai ancora tenuto da

lei per i capelli, mentre con l'altra mano mi schiaffeggiava, tra le risa generali. Avevo

la faccia gonfia e le lacrime agli occhi.

 

"Sei sveglio ?? Bene, piccolo ! Forse ne hai avute abbastanza... ma non ne sono co-

sì sicura. Ora ti sottopongo a un test: io gonfierò i massicci muscoli delle mie gambe

e tu me li leccherai ! Lo farai pensando che è stata la loro inaudita potenza a marto-

riarti in tutto il tuo corpo e a ridurti nello stato in cui ti trovi. Dalla passione con cui

leccherai deciderò se ritenerti completamente sottomesso o se hai ancora bisogno

che le mie gambe ti convincano in maniera ancora più decisa.

Coraggio, al lavoro !".

 

Non me lo feci ripetere due volte. Mi abbassai fino ad avvicinare la mia bocca alla sua

caviglia destra, poi mi spostai mettendomi al suo fianco, salii su per il polpaccio e lec-

cai... leccai intensamente, con tutta la passione che riuscivo a metterci, non solo perché

me lo aveva ordinato lei, ma perché evidentemente lo desideravo anch'io, mi sentivo

trascinare da un istinto che, forse, fino ad allora era rimasto nascosto, e che quella don-

na così monumentale, così muscolosa e potente, era riuscita a tirare fuori dal mio sub-

conscio. Quando passai a leccare la sua coscia, non contenevo più la mia eccitazione,

mi sembrava un tronco d'albero, tanto era mastodontica; le giravo intorno per leccar-

gliela da tutte le angolazioni, centimetro per centimetro. Accarezzavo anche con le mie

mani quei muscoli duri come l'acciaio. Non ricordo di aver udito alcun commento da

parte di quelli (e di quelle) che guardavano, sicuramente ce ne furono, ma io ero trop-

po concentrato sul magnifico corpo di Brandie e sulle sue gambe mostruose, per po-

terli udire. E oltretutto non mi interessava neanche, di sapere se i miei compagni pro-

vavano disprezzo, pena o invidia nei miei confronti: in quel momento sentivo solo il mio

desiderio di voler leccare quelle gambe !

A farmi girare ulteriormente la testa, fu l'aroma inebriante della sua fica sudata, che mi

penetrava irresistibilmente nelle narici e che, evidentemente, mi levava ossigeno. Forse

fu quel momentaneo stato di semicoscienza che mi portò ad andare più su con la mia

lingua, per leccarle l'addome, e non a passare alla coscia sinistra, come avrei dovuto

fare. Lei comunque mi lasciò fare, e così le leccai anche l'addome, avendo maggior cu-

ra per il suo ombelico e per i solchi (li sentivo con la lingua) che dividevano i suoi mu-

scoli addominali. Mentre le leccavo la pancia, afferrai con le mie mani i suoi glutei, li

sentivo perfettamente rotondi e duri, con le mie dita che non vi affondavano per più di

qualche millimetro. Sentivo che sul mio capo erano sospesi i suoi seni spaventosi, la cui

vista poco prima mi aveva sconvolto, e che ora morivo dalla voglia di leccare e di strin-

gere con le mie mani, ma non lo feci: lei mi aveva ordinato di leccare le sue gambe, e io

stavo già disobbedendo ai suoi ordini, leccandole l'addome e toccandole il culo. Ero ini-

bito, terrorizzato dall'idea della reazione rabbiosa che lei avrebbe potuto avere se le a-

vessi leccato anche quei meloni straordinari, senza che lei me ne avesse dato l'ordine.

Da questi pensieri era ormai chiaro come quella donna mi aveva davvero completamen-

te assoggettato a lei, impadronendosi anche del controllo dei miei istinti più irrefrenabili.

Tornai quindi a leccarla dove lei mi aveva ordinato di farlo e dove io non lo avevo an-

cora fatto, cioé sulla sua gamba sinistra.  Cercavo di leccargliela con la stessa energia

con cui le avevo leccato quella destra, ma ormai le mie energie si stavano esaurendo, e

quando sentii ancora l'odore pungente del suo sesso, le energie mi mancarono del tutto,

e svenni ancora una volta.

 

Questa volta il risveglio fu dolcissimo, anche se solo per i primi attimi. Mi ritrovai tra

le calde braccia muscolose di Brandie, ancora nuda, e con la mia faccia poggiata per

una guancia su uno dei suoi seni favolosi. Lei a sua volta era seduta su una sedia a

bordo sala, e mi teneva in grembo come un bambino. Feci per alzare la testa, ma lei

col palmo di una sua mano me la tenne schiacciata sulla sua mammella, che mi sem-

brò dura come il resto del suo corpo. Poi mi sussurrò all'orecchio:

"Ora sei mio cocco, sei in mio potere e dovrai obbedirmi, qualsiasi cosa ti ordinerò

di fare, altrimenti finirai stritolato da TUTTA la forza delle mie gambe, non da quel

po' che hai assaggiato stasera. E da ora in avanti, dovrai chiamarmi 'Signora'...

Hai capito, SCHIAVO ?!??"

 

Avevo la mente ancora confusa da tutti i ko subiti e dalla facilità con cui Brandie era

stata capace di imporsi su di me, al punto da dominarmi completamente. Perciò ri-

sposi prontamente " Sì, Signora ! ", senza neanche pensarci.

 

"Molto bene. Ora guardiamo insieme le altre ragazze che strapazzano i tuoi compa-

gni. Guarda anche tu, perché ho intenzione di provare su di te alcune delle loro stret-

te: ho deciso che faremo mezz'ora di lotta, almeno una volta al giorno. Vedrai..."

 

Così dicendo cominciò a scorrere la punta del suo dito indice dalla mia fronte in giù,

lungo il mio viso e poi lungo il torace, fino al mio inguine.

 

" ... quanto sarà eccitante, e tu non solo ti ci abituerai, ma presto comincerai anche a

desiderarlo e...     Ho-hooooh, a quanto pare solo il pensiero comincia a stuzzicarti... 

e a quanto pare il freddo genietto della matematica è fatto anche lui di carne e di sen-

timenti umani...   Be'..."

 

Sempre con la punta dell'indice stava percorrendo il mio fallo eretto in direzione dei

testicoli e, quando li ebbe raggiunti, me li prese in mano (attraverso la stoffa dei pan-

taloni) e me li strizzò violentemente, terminando il suo discorso:

 

"... devi imparare che i sentimenti umani vanno tirati fuori in ogni occasione ! E non

solo quando lo decide il tuo organismo, brutto porco che non sei altro !   E finché

starai con me, questo coso farai bene a dimenticare di avercelo, perché lo potrai u-

sare solo per pisciare ! HAI CAPITO ? "

 

"AAAAAAGHHH ! Sì, Signora ! "

 

E rimasi lì, fra le braccia della Signora Brandie, a guardare le rimanenti sfide, ma coi

pensieri completamente rivolti ad immaginare cosa sarebbe stato di me, nei giorni suc-

cessivi.

 

Nessuno dei maschi riuscì a vincere un incontro. Le ragazze erano troppo forti, agili,

allenate e di fatto superiori a noi tutti.

Ricordo l'incontro tra Jim e Maribeth in cui lei bloccò il suo avversario in una presa

che ci fece restare tutti increduli a bocca aperta. Lei era alta circa 1 e 75 ma pesava

visibilmente più di 75 chili ed aveva anche un fisico stupendo. Lui invece era alto 1 e

76, ma pesava sicuramente meno di 76 chili.

Lei andò verso di lui e gli mostrò i bicipiti, dicendogli : "Toccali, toccali pure. Misura-

no (contratti) 48 cm e voglio che tu dica a tutti quanto sono duri ! "

 

"Sono durissimi, sembrano d'acciaio ! "

 

"E sappi anche che ho una forza incredibile nelle mie braccia. Mi servirò di te, per

dimostrarlo !"

 

Con una mano gli afferrò la nuca, sbattendosi sul petto la faccia di lui. Con l'altra ma-

no, gli bloccò il collo e gli torse il capo, come per svitarglielo: fu privo di sensi nel giro

di pochi secondi. E dopo averlo lasciato cadere a terra, Maribeth fece la cosa incre-

dibile : si piegò, lo agguantò con una sola mano per la maglietta e sollevò il corpo fiac-

co di lui fino a portarlo in alto, al di sopra della sua testa, tenendolo lì sospeso in equi-

librio con una sola mano e camminando per la sala, tenendo il braccio libero in posa,

contratto, per mostrarne a tutti la potenza del bicipite.

 

La Signora Brandie si avvicinò con la bocca al mio orecchio e mi sussurrò:

"Guarda, questa cosa sembra divertente, stasera la farò a te... assieme a tante altre

cose ancora più divertenti.".

 

Poi Maribeth lasciò cadere Jim e quando lui rinvenne lo strinse semplicemente in una

presa a tenaglia fra le sue cosce, rompendogli le costole e facendogli di nuovo perde-

re i sensi. Fu l'incontro che durò di meno, solo pochi minuti.

Io intanto ero sempre lì con la Signora Brandie che, rimanendo seduta, guardava gli

altri incontri e continuava ancora a divertirsi su di me, lavorandomi con le sue braccia

alla colonna vertebrale oppure mettendomi a terra e serrando la mia gabbia toracica

tra le sue cosce, per poi tirarmi di nuovo su tra le sue braccia e dopo un po' ricomin-

ciare.

 

Alla fine della serata tutte quelle donne superdotate furono riuscite a sottomettere sen-

za alcuna difficoltà tutto il "gruppo dei penitenti". E ognuna di esse portò via con sé il

suo rispettivo avversario, per usarlo come schiavo, ognuna per tutto il tempo che vol-

le, anziché solo per una settimana come era stato prestabilito.

 

La Signora Brandie mi portò quindi a casa sua e, come prima umiliazione, mi costrinse

a mettermi in ginocchio con la faccia per terra, di fronte a sua sorella Bettie e a chieder-

le umilmente perdono per essere stato scostumato con lei ed averle negato quel picco-

lo aiuto di cui lei aveva tanto bisogno.

Ora vivo con loro e sono il loro uomo tuttofare. La mattina devo alzarmi presto per fa-

re le pulizie di casa e preparare la colazione (alla Signora Brandie devo anche portar-

gliela a letto, dicendo 'La tua colazione è pronta, Signora'). A mezzogiorno devo rinca-

sare in fretta (con la spesa), devo cucinare e dopo pranzo lavare i piatti. Il pomeriggio

devo assistere Bettie nello studio, spiegandole più volte ogni singolo concetto e guidan-

dola negli esercizi, perché deve a tutti i costi superare la prova di riparazione. Poi ac-

compagno la Signora Brandie in palestra (ovviamente portando la sua pesante borsa) e

una volta arrivati, devo servirla mentre si allena, preparando i manubri e i bilanceri con i

pesi che lei mi ordina e faccio altrettanto con i pesi sulle macchine. Devo anche contare

ad alta voce, mentre lei esegue le varie serie di tutti i suoi esercizi.  In quella stessa pale-

stra, incontro spesso alcuni di quegli undici miei compagni di sventura; e dai loro sguar-

di, capisco che non se la passano meglio di me, con le loro nuove padrone.

Dopo che, per due ore abbondanti. la Signora Brandie ha lavorato tutti i suoi muscoli,

con quei pesi così spropositati (che io riesco a malapena a sollevare per porgerli a lei),

viene l'unico quarto d'ora piacevole della giornata: accompagnare la Signora Brandie nel-

la doccia. Prima restiamo un po' fuori dello spogliatoio, aspettando che le altre ragazze

abbiano finito; poi entriamo e ci chiudiamo a chiave. Lei a questo punto si spoglia com-

pletamente nuda e va sotto l'acqua, dove io (rimanendo vestito) devo spalmarle il sapo-

ne su tutti i muscoli del suo corpo, strofinare la sua schiena in tutta la sua immensità, poi

le sue braccia, le sue gambe e, alla fine, anche le sue parti intime ! Non avrei mai credu-

to che lei mi avrebbe dato il permesso, anzi, che lei mi avrebbe ordinato di toccare i

suoi seni, i suoi fianchi, la sua fica...; poi ho capito che in fondo lei si diverte proprio

così, cioè facendomi eccitare guardandola e toccandola, senza mai appagare le voglie

che lei stessa scatena in me. Dopo la doccia sono sempre io che le infilo l'accappatoio,

la asciugo e la aiuto a rivestirsi. 

Forse è l'estasi indescrivibile che provo ogni giorno, durante questi pochi minuti, che fi-

nora mi ha fatto desistere dal reclamare la fine della "Settimana Infernale", che dura or-

mai da quasi due mesi. Quando usciamo dallo spogliatoio, io la seguo a ruota, bagnato

fradicio, col suo pesante borsone a tracolla; lei passa impettita, a testa alta, tra gli sguar-

di di tutte le altre ragazze: alcune la guardano disgustate, ma sono molte di più quelle

che bruciano dall'invidia, desiderando anch'esse di avere dei muscoli poderosi come i

suoi e di avere anche uno schiavetto personale da cui essere servite in tutto e per tutto.

Nessuna ovviamente osa fare commenti ad alta voce, la Signora Brandie è visibilmente

più forte di ognuna di loro, e tutte le portano il dovuto rispetto.

Tornati a casa, devo subito lavare e stendere ad asciugare i suoi indumenti sudati. Poi si

cena, e a tarda sera viene invece il momento peggiore della giornata: la mezz'ora di lotta

con la Signora Brandie, durante la quale mi sottopone alla potenza immane delle sue pre-

se e delle sue morse a cui non riesco minimamente a reggere, anche perché spesso appli-

ca ancora più forza di quanta ne applicò la sera del nostro primo confronto, lì al circolo.

Quando finalmente si sente soddisfatta, mi solleva, mi scaraventa sul suo letto e si corica

su di me, coprendomi col suo quintale di muscoli, lasciandomi appena respirare. Si diver-

te anche a strofinarsi addosso a me con le sue carni, per farmi eccitare, ma senza mai

placare la mia eccitazione, in nessuna maniera. Mi tiene persino bloccati i polsi, per impe-

dirmi... di fare da solo.

Alle 6.00 suona la sveglia, lei mi libera, mi spinge fino a farmi cadere giù dal letto, e rico-

mincia la mia giornata di servo, nelle mani di questa donna così irresistibile, così affasci-

nante nella sua imponenza, nella sua potenza... e nella sua prepotenza !

 

 

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