LA GLADIATRICE Primo episodio di Davidmuscolo Questo racconto e' nato da un'idea di Andrew che ringrazio per la sua collaborazione e creativita' a sostegno di una storia molto lunga e articolata. I nomi dei personaggi sono fittizi. Ogni somiglianza e omonimia e' puramente casuale. ATTENZIONE!!!! Questo racconto contiene scene di sesso e violenza. L'attesa iniziava a farsi spasmodica. Mi guardai intorno e un brivido mi percorse la schiena. Ero abituato a rischiare la vita ma quel silenzio irreale in quell'immenso capannone scelto per il luogo dell'appuntamento mi spaventava non poco. Il capannone era completamente isolato, ero disarmato e mi sentivo alla completa merce' delle persone che stavo per andare ad incontrare. La voce al telefono era stata chiara. Sarei dovuto venire solo e senza armi e non era il caso di rischiare trasmittenti. Il capannone era buio e stranamente freddo per il clima di Los Angeles e dovetti alzare il bavero della giacca per ripararmi dagli spifferi che mi gelavano il collo. O forse era solo la mia tensione a farmi questi scherzi? Maledissi la mia testardaggine che mi aveva portato fino a quel luogo e, in preda ad uno strano presentimento, stavo seriamente vagliando l'ipotesi di andarmene da quel luogo. Guardai l'orologio e mi accorsi che mancavano alcuni minuti al momento dell'appuntamento. Forse ero ancora in tempo. Feci pero' solo due passi verso l'uscita quando sentii il rumore di una macchina e poi lo stridio dei freni. Dovetti attendere solo pochi secondi e poi quattro figure si stagliarono dinanzi all'ingresso del capannone con le armi in pugno. Tre di loro le spianarono al mio indirizzo mentre il quarto avanzo' verso di me con qualcosa di scuro in mano. Arrivato a meno di un metro potei cominciare a vederlo bene. Era alto e snello, con i capelli cortissimi e non faticai a riconoscere la divisa che aveva indosso avendo indossato qualcosa di simile anch'io per tanti anni, sia pure in corpi differenti. Era, o meglio, aveva indosso, una divisa da soldato degli Stati Uniti e mi sembro' di riconoscere in quella divisa il corpo dei paracadutisti. La divisa era quella mimetica da combattimento anche se al primo impatto mi sembro' che ci fosse qualche anomalia anche se non sapevo dire cosa fosse che non andava. L'uomo mi getto' cio' che aveva in mano " Mettilo" disse semplicemente. Afferrai l'oggetto e mi resi conto che si trattava di un cappuccio " E' necessario? Mi fa mancare l'aria" risposi, non tanto per cercare un'ironia fuori luogo ma per tastare la reazione dei quattro. Il militare prese con un rapido movimento la pistola nella sua fondina, tolse la sicura e la punto' verso di me " E' necessario. Mettilo" La reazione era stata da duro, da militare o da qualcuno abituato a comportarsi come tale, considerando che i miei dubbi sull'autenticita' di quelle divise rimaneva. Pochissime parole e sguardo sempre puntato nei miei confronti " Ok, ok, ma piano con quelle armi" Indossai il cappuccio attendendo altri ordini dal militare " Ora allarga le gambe. Sto per sincerarmi che tu non possieda armi, telefonini o trasmittenti" " Procedi pure. Mi sono attenuto agli ordini del tizio al telefono e non ho nulla indosso" " Togliti la giacca" Mi tolsi la mia giacca e sentii le mani dell'uomo tastarmi con professionalita' alla ricerca degli oggetti che non potevo portare con me e, al termine della perquisizione, attesi pazientemente che l'uomo mi dicesse cosa fare " Ehi amico, posso chiudere le gambe? Sto per fare una spaccata e non sono una ballerina" " Ti piace tanto fare lo spiritoso? Pazienta un po' e vedrai che ti passera' la voglia. Comunque si, chiudi le gambe e andiamo. Sei pulito" Sentii una mano afferrarmi il braccio, condurmi al di fuori del capannone e poi guidarmi a ridosso della vettura con la quale i quattro presunti militari erano arrivati. Quando sentii quella mano spingermi per la nuca per farmi abbassare capii che dovevo entrare nell'auto. Due dei militari si misero ai miei fianchi e gli altri due probabilmente si sedettero nei sedili anteriori " Ci vuole tanto per arrivare?" chiesi " Stai zitto. Hai terminato le domande a disposizione e noi abbiamo terminato le risposte. Goditi il viaggio in silenzio e non rompere piu'"Era stata la solita voce a parlare ed avevo capito che non avrei cavato un ragno dal buco e cercai di rilassarmi pensando a quello che mi si prospettava. Ma cosa mi si prospettava esattamente? Non potevo saperlo con certezza ma era abbastanza facile intuire che avrei dovuto combattere e mi sentivo stranamente giu' di forze, malgrado avessi cercato di rimanere calmo di fronte ai quattro. Contro chi avrei dovuto combattere? Mi immaginavo un colosso, un tizio di un paio di metri con due spalle enormi, magari calvo e di colore. Ma chiunque fosse, non avrebbe avuto vita facile contro di me. Sapevo lottare e quando ero un marine al servizio dello zio Sam avevo fatto un nugolo di combattimenti risultando sempre vincente. Le mie specialit� ? Oh non ne avevo. Ero cintura nera di karate ma me la cavavo bene anche col pugilato e con la thai-boxe ed avevo imparato qualche mossa di wrestling veramente interessante. Ero alto un metro e ottantacinque, le spalle larghe e chiunque avessi incontrato, avrebbe dovuto sputare l'anima per battermi. E allora perche' tutta quella tensione? Perche' addirittura timore? Cercavo di dare una risposta a questi quesiti quando sentii la vettura prima rallentare notevolmente e poi fermarsi. La solita voce mi disse di scendere e quindi venni preso per un braccio da uno di quegli uomini. Il cappuccio, il non poter vedere cosa accadeva al di fuori mi angosciava. Non avevo nemmeno idea di quanto tempo fosse trascorso. Forse tre quarti d'ora o poco pi� e se avevamo preso la direzione sud dovevamo trovarci a meta' strada con San Diego. Ma chissa', potevamo essere andati in qualunque altra direzione. I quattro uomini continuavano a tacere ed io riuscivo a sentire soltanto il rumore dello scalpiccio dei nostri piedi sul terreno e quindi il rumore di una porta automatica. Entrammo, sempre con quella mano che era saldamente sul mio braccio e percorremmo una cinquantina di metri e finalmente un'altra porta. L'uomo mi tolse di dosso la sua mano. Sembravamo giunti al capolinea " E' tutto suo, colonnello" disse la solita voce " Bene, sergente Kilmer, buon lavoro" rispose il presunto colonnello e poi si rivolse verso di me " Puoi toglierti il cappuccio" Feci quanto mi era stato ordinato. Mi stropicciai gli occhi per riabituarli alla luce e finalmente potevo vedere dove mi trovavo e chi mi stava dinanzi. L'uomo poteva avere circa sessantacinque anni portati magnificamente anche se alcune rughe e i capelli corti e bianchi mi davano la sensazione di quell'eta'. Il portamento era altero, da vero militare e l'uniforme che indossava me ne dava la certezza e riconobbi i gradi di colonnello, anche se in questo riconoscimento ero stato aiutato dall'uomo che mi aveva accompagnato e che si era rivolto a lui chiamandolo per grado. Anche la stanza mi era familiare, anche se in quella dove mi trovavo in quel momento non avevo mai messo piede ma ne avevo frequentate diverse; mi trovavo infatti in uno spogliatoio. L'uomo, il colonnello, mi fece cenno di sedere sul letto posizionato a ridosso del muro sopra il quale si trovava semplicemente un lenzuolo bianco. Vicino alla porta, ancora con la sua pistola spianata verso di me c'era invece l'uomo che mi aveva consegnato il cappuccio, il sergente Kilmer. Riconobbi anche gli odori del classico spogliatoio, dalle creme oleose ai medicinali e poi, dopo aver dato un'occhiata d'insieme al luogo, ritornai a guardare l'uomo di fronte a me " Benvenuto Jason. Io sono il colonnello Thomas Cartright. Scusa il modo in cui siamo stati costretti a prelevarti, ma la prudenza era necessaria, non credi?" Annuii semplicemente e l'uomo prosegui' "Bene, vedo che ne convieni. Dunque, tu intendi vendicare tuo fratello, non e' cosi'?" " Si, voglio trovarmi di fronte all'uomo che lo ha ucciso come un animale" risposi " Avrai la tua occasione di vendetta, anche perche' ormai non puoi tirarti piu' indietro. Spogliati e indossa poi quello che vuoi. In quell'angolo ci sono tutti gli indumenti adatti per combattere. Tu in cosa eccelli?" " Nel pugilato, nella thai-boxe e nel karate, ma so combattere anche in altri ambiti" " Benone! Puoi quindi indossare sia il kimono che il pantaloncino da pugilato. Puoi decidere se combattere a piedi nudi o con i classici stivali pugilistici. L'unica cosa che non ti e' permessa sono i guantoni. Si combatte a mani nude. Io vado a prepararmi ad assistere allo spettacolo. Sergente Kilmer, quando il nostro Jason e' pronto, accompagnalo nell'arena" Il colonnello si dileguo' ed io rimasi col sergente " Chi e' quello contro cui devo combattere? Lo conosci, Kilmer?" " Oh si che conosco quella persona" " Deve essere molto forte per aver ucciso mio fratello a mani nude. Io pero' sono piu' bravo di quanto lo fosse Michael" " Buon per te. Io pero' non scommetterei un centesimo su di te. La persona che stai per affrontare e' troppo forte per chiunque, su questo mondo. Sei destinato a perdere, amico mio. Ma non farmi parlare troppo. Non posso dirti altro. Preparati!" Si, la sensazione che mi fossi messo nel piu' grosso guaio della mia vita aumentava a dismisura e continuavo a chiedermi chi me l'avesse fatto fare, considerando che non ero il vero fratello di Michael e che nemmeno lo conoscevo quello sventurato e il timore di fare quella stessa fine mi stava divorando. Ormai pero' non potevo piu' fare nulla. Mi misi un pantaloncino da boxe, cercai tra le scarpe un paio che potesse andar bene per la mia misura e le infilai. Mi lasciai a torso nudo. Ero pronto " Bene, sergente Kilmer, sono pronto per essere sacrificato sull'altare" " Bisogna vedere se gli Dei lo vogliono. Dipende tutto da loro. Potresti anche rivedere il sole domattina, se sarai fortunato" " Cosa vuol dire questa frase?" chiesi stupito. Cosa significava " Basta! Non farmi dire altro. Pochi secondi e lo scoprirai" Il sergente Kilmer, sempre con la sua arma spianata verso di me, mi fece cenno di aprire una porta e quindi di incamminarmi verso un corridoio molto breve, di circa una decina di metri. Vedevo gia' le luci e sentivo il rumore assordante della folla. La porta che conduceva verso questa luce era aperta e, appena arrivai alla fine del corridoio, rimasi a bocca aperta. L'uomo mi spinse dentro ed io alzai la testa in alto. Oh mio Dio, dove diavolo mi trovavo? Ero in un arena perfettamente circolare sormontata da muri di cemento e sopra quei muri ... ..Cosa c'era sopra quei muri? Come descrivere quelle cose che si stagliavano sopra questa strana arena? Sembrava trattarsi di cabine o, meglio ancora, di piccoli palchi di teatro preposti per una sola persona protetti da vetri oscurati che si susseguivano senza sosta circondando l'arena intera. Quante potevano essere? Feci un rapido calcolo e mi accorsi che dovevano arrivare ad un centinaio, forse proprio alla cifra tonda. Sempre con lo sguardo in alto, osservai gli altoparlanti da cui provenivano, probabilmente preregistrati, il rumore della folla e quindi guardai i potenti riflettori che illuminavano a giorno questa specie di anfiteatro e poi, in mezzo a quei riflettori, un tabellone elettronico spento ma con due scritte visibili che mi gelarono il sangue nelle vene. Ecco le due parole che mi fecero sussultare e capire meglio le parole del sergente Kilmer. Erano dunque le misteriose persone che si celavano dietro quei vetri gli dei? Quelli che al termine della lotta avrebbero deciso se lo sconfitto doveva vivere o morire? Accanto a quelle due parole un doppio zero e non mi ci volle molto a capire che quello era il punteggio. Ecco come era morto Michael, quel poveretto. Evidentemente, gli uomini misteriosi dietro ai vetri non lo avevano ritenuto degno di vivere. Un ragazzo di nemmeno trent'anni. Bastardi! E su cosa si basavano per prendere questa decisione? Forse del coraggio dimostrato? O chissa' per cos'altro. Qualunque cosa fosse, mi trovavo nella situazione di un gladiatore nell'antica Roma, pronto a lottare per la vita e nella speranza che l'imperatore non gli facesse pollice verso. Ora dovevo attendere che facesse il suo ingresso il mio antagonista. Cercai intanto di prendere conoscenza con l'arena. Era stata riempita di sabbia e il mio istinto ed il mio occhio allenato mi fecero osservare alcune macchie di sangue rimaste dai combattimenti precedenti. Erano piccole e dimostravano che c'era stato un ricambio della sabbia. Tutto sembrava creato ad uso e consumo di quel centinaio di persone nascoste dai vetri e avrei pagato chissa' cosa per scoprire i volti di quegli uomini misteriosi. Intanto, l'attesa per l'ingresso del mio sfidante proseguiva e di pari passo con quell'attesa aumentava la mia agitazione. Finalmente, vidi qualcosa muoversi. La porta dalla quale avevo fatto l'ingresso nell'arena si apri' e fecero il loro ingresso alcuni uomini. Mio Dio! Ma erano pazzi del tutto gli organizzatori di questo gioco al massacro? Non potevano pretendere che io da solo potessi combattere contro tutti quegli uomini. Ne contai ben otto ed erano tutti ben strutturati fisicamente. Ma poi, dietro di loro, una figura con indosso un accappatoio bianco si staglio' nettamente al di sopra di quegli uomini che si misero su due file per lasciare il passo al nuovo arrivato. Gli otto uomini si inginocchiarono e la figura fece il suo ingresso nell'arena. Rimasi sbalordito. La figura in questione non si riferiva ad un altro uomo ma ad una donna. Era bionda, con i capelli che le scendevano lisci senza arrivare a toccare le spalle e anche da alcuni metri di distanza potevo notare gli occhi azzurri intensi. Era decisamente molto bella, anche se non sembrava giovanissima. Pensai che potesse variare dai trentacinque, la mia eta', ai quaranta anni. Era truccata in modo intenso ma con stile, con un rossetto rosso che magnificava una bella bocca carnosa ed un viso espressivo, anche se dai lineamenti molto duri. La donna avanzo' di qualche metro venendo verso di me e poi si slaccio' il suo accappatoio. Rimasi come impietrito a guardarla, anzi, ad ammirarla con gli occhi fuori dalle orbite. Aveva il piu' bel corpo che avessi mai visto nella mia vita. E non ne avevo visti pochi. Sembrava scolpita nel marmo. La sua altezza, tanto per cominciare. Era notevolmente piu' alta di me e i suoi stivali col tacco alto non bastavano a dare una spiegazione. Immaginai che anche senza tacchi dovesse misurare almeno come me e cioe' un metro e ottantacinque, ma cosi' sfiorava addirittura i due metri. Un'altezza veramente considerevole per una donna. Le sue gambe erano lunghe, ovviamente e molto tornite e le sue braccia denotavano un'intensa attivita' fisica e muscolare, senza per questo essere troppo mascoline, anzi, le avrei definite molto sexy. Il suo seno poi sembrava essere il pezzo pregiato della collezione. Era appena nascosto da una specie di costume nero intero con la scollatura ampissima a vu che lasciava poco spazio all'immaginazione ed era straordinario. Era notevolmente ampio e ben delineato ma meravigliosamente rapportato a quella figura incredibile ed era dritto, incredibilmente dritto considerando la ragguardevole ampiezza e anche considerando la probabile eta' della donna. Al collo portava una collanina d'oro con una piccola chiave pendente e mi domandai cosa dovesse aprire quella chiave di cosi' importante da non separarsene nemmeno durante un combattimento. Mi osservo' intensamente negli occhi e mi sembro' di cogliere un lieve sorriso mentre dagli altoparlanti scrosciavano applausi registrati e poi ritmicamente il suo nome . Era dunque Sonja il nome di questa bellissima e statuaria donna? Era quindi lei il mio rivale, la persona con la quale avrei dovuto combattere? Era lei la persona che aveva massacrato Michael? Non mi raccapezzavo. Aveva un corpo veramente straordinario e aveva anche tutte le caratteristiche per essere una buona lottatrice, a cominciare dalle spalle ampie e alle braccia e gambe che apparivano in effetti molto ben strutturate e forti, ma poteva una donna essere in grado di ridurre un uomo nel modo in cui avevamo trovato Michael, con un numero enorme di ossa spezzate, e il viso ridotto in una poltiglia? Non ero un idiota e, se avevo dei pregi, uno era quello di non dare nulla per scontato. Se quella donna bellissima era la mia antagonista non avrei commesso l'errore che forse aveva fatto Michael snobbandola soltanto per essere una femmina e l'avrei affrontata cercando di dimenticare che di fronte avevo una donna che mi piaceva come forse non mi era mai piaciuta nessun'altra in vita mia. La mia vita era troppo importante per commettere un errore che sarebbe potuto risultare fatale. Intanto, l'altoparlante smise di ripetere ossessivamente il nome della donna e sentii una voce che avevo gia' conosciuto: quella del colonnello Cartright " Signori, vi do il benvenuto nell'arena della morte. I due contendenti stasera sono eccezionali. Oltre alla nostra campionessa, la straordinaria, bellissima e imbattuta Sonja, diamo il benvenuto allo sfidante, l'atletico Jason che sembra avere tutte le carte in regola per poter diventare uno dei nostri campioni. Le regole di questa sfida sono semplici: non ci sono regole. Ognuno di voi puo' combattere nel modo che gli e' piu' congeniale e la sfida terminera' con la resa del perdente, con la sua definitiva immobilizzazione o con la perdita di conoscenza. A quel punto entrera' in scena il nostro pubblico, i nostri generosissimi senatori, che decreteranno se il perdente merita di avere un'altra chance, nel qual caso il combattimento terminera' in quel preciso istante. Ma se voi, miei amici senatori, non riteneste il perdente meritevole di vivere e di avere altre possibilita', il vincente dovra' uccidere il suo sfidante e dovra' farlo nel modo che lui o lei ritiene opportuno. Dal momento in cui si accetta la sfida non ci possono essere ripensamenti e il combattimento dovra' essere portato a termine. Se uno di voi decidesse di fuggire sara' falciato senza pieta' dai miei valorosi soldati. Non mi resta che augurarvi in bocca al lupo e, naturalmente vinca il migliore o ... ..la migliore" Oh cazzo! Mi ero cacciato proprio in un brutto guaio. La donna intanto, avanzo' verso di me. Eravamo a pochi centimetri di distanza e dovetti alzare gli occhi per osservarla, una sensazione di inferiorita' alla quale non ero abituato e che mi diede un notevole fastidio " Dunque, ti chiami Jason? " esordi' la donna scrutandomi. Mi sembro' di notare in lei un certo interesse. Da vicino potei anche notare come la mia prima impressione sulla sua eta' non piu' giovanissima era senz'altro veritiera ma era comunque una donna di una bellezza stratosferica, qualunque eta' avesse avuto " Esatto! Io sono Jason. A quanto pare dovremo combattere uno contro l'altra. E' un vero peccato. Avrei preferito che ci fossimo conosciuti in un altro modo" " Si, lo penso anch'io. Ma il vero peccato sarebbe se fossi costretta ad ucciderti. Spero che i senatori abbiano un minimo di buon senso e che ti risparmino la vita" Era sicura dei propri mezzi. Una sicurezza straordinaria considerando che il mio fisico atletico avrebbe dovuto se non altro intimorirla un po' " Dai per scontato che tu mi possa battere. Io sono un ottimo lottatore" " Lo immagino. Hai un bel fisico che vorrei utilizzare in altri modi, ma dentro quest'arena per me sei soltanto carne da macello" Stavo per replicare quando sentii dagli altoparlanti un gong simile a quello degli incontri pugilistici. Stava per iniziare l'incontro. Sonja si allontano' di qualche metro cominciando a stirare i suoi muscoli. Cavolo! Da dove erano usciti? Non erano muscoli simili a quelli delle campionesse di fitness ed erano piu' piccoli. Li avrei definiti piu' femminili e donavano a quel corpo straordinario un ulteriore pregio. Ma quel che contava era che sembravano molto potenti. Respirai profondamente e poi avanzai verso di lei. Dovevo assolutamente dimenticare che fosse una donna. Ero nella classica posizione del pugile destro, in guardia sinistra, ma ero anche pronto a far scattare i miei colpi di karate soprattutto con i piedi, mentre Sonja sembrava studiarmi con attenzione alzando soltanto le sue braccia a protezione del suo seno, forse la parte piu' delicata del suo corpo che appariva veramente d'acciaio. Per prima cosa, dovevo scoprire quanto fosse forte e brava e feci scattare il mio piede destro per coglierla sul fianco. Senza scomporsi, Sonja paro' il mio colpo col suo braccio destro mettendo in mostra un'agilita' considerevole e poi contrattacco' con un calcio che mi colpi' in pieno petto malgrado avessi cercato di proteggermi con il braccio sinistro. Mi piegai in due ma non avevo tempo di lamentarmi del dolore che era stato considerevole perche' dovetti indietreggiare. Stava avanzando tranquillamente verso di me e sentii un brivido di paura accapponarmi la pelle. Era forte, molto forte e mi ci erano voluti pochi secondi per capire che lo era molto piu' di me. Ma quello non era un combattimento in cui avrei potuto tranquillamente arrendermi per evitare guai peggiori. Stavo combattendo per la mia vita e dovevo rimanere freddo e cercare di giocare d'astuzia e soprattutto dovevo comportarmi in modo che quegli sconosciuti spettatori potessero apprezzare il mio coraggio e non decretare la mia morte. Respirai a fondo e attesi l'attacco di Sonja che non si fece attendere. Un destro che riuscii in qualche modo ad attutire e poi un sinistro che mi colse al fegato. Dio che dolore! Aveva una mazza al posto del pugno ma non potevo cedere. Contrattaccai anche io e lo feci violentemente, approfittando del fatto che eravamo vicinissimi. Cercai di non pensare al dolore che mi aveva inflitto e mi scansai leggermente di lato per poi colpirla con tutta la mia forza in pieno stomaco con un pugno. La donna indietreggio' di circa un metro e sorrise. L'avevo appena colpita in modo che sarebbe dovuta stramazzare al suolo e lei sorrideva. I suoi addominali scolpiti avevano attutito la potenza del mio pugno che era quasi rimbalzato " Sei forte, sai. Devo ammettere che sei forte. Difficilmente riesco a sentire un colpo di un avversario, ma il tuo l'ho percepito. Oh, ci vuole ben altro per farmi sentire dolore, mio caro Jason, ci vuole molto di piu' e non credo proprio che tu sia in grado di fare molto di meglio" La guardai con un misto di paura e di ammirazione, continuando ad indietreggiare " E' assurdo. Qualunque essere umano avrebbe dovuto contorcersi dal dolore. Ti ho colpita in pieno, con tutta la mia forza" " Qualunque essere umano ma non io. Non hai nemmeno la minima idea di cosa sia in grado di fare" Sonja continuava ad avanzare verso di me. Quelle parole mi avevano terrorizzato del tutto ma cercavo ugualmente di rimanere freddo. Cosa fare? Scappare mi sembrava assurdo. Non avrei potuto farlo ininterrottamente e l'arena era anche piuttosto piccola. Attaccare? Dovevo per forza attaccare anche se mi ero reso conto che la mia avversaria aveva una potenza straordinaria. Dovevo farlo nella speranza di colpire con il mio coraggio gli spettatori, in quanto dentro di me avevo gia' compreso come sconfiggere un'avversaria di quel livello fosse quasi impossibile, anche per un lottatore come io ero. Respirai di nuovo senza pensare al dolore che avevo nella parte in cui ero stato colpito e mi alzai in volo per colpirla con un calcio volante, una delle mie specialita'. Paro' il mio calcio. Riprovai di nuovo ma lei si abbasso' repentinamente e nello stesso tempo, con le mie difese ormai abbassate, mi colpi' con un pugno allo stomaco. Ancora un immenso dolore. Stavolta non ne avevo piu'. Mi piegai di nuovo offrendo a Sonja tutto il bersaglio e il suo calcio, dato con immensa maestria ai miei occhi di esperto, mi colpi' al volto. Volai di un paio di metri all'indietro e sprofondai nella sabbia. Provai a rialzarmi. Ci riuscii ma barcollavo vistosamente e ce l'avevo di nuovo di fronte a me. Provai a colpirla con un altro pugno, anche se i miei riflessi erano molto rallentati e lei mosse semplicemente il suo braccio sinistro e mi afferro il pugno. Ero in suo potere. Nemmeno un paio di minuti di lotta ed ero sconfitto. Quella donna era straordinaria. La sua mano, quella che mi aveva bloccato il pugno, si strinse e percepii un dolore immenso ma il peggio doveva ancora arrivare. Il suo pugno lo vidi partire. Chiusi gli occhi ma questo non basto' per scongiurare quel pericolo ed il pugno di Sonja mi colpi' in pieno volto. Mi lascio' il polso che ancora teneva fermamente nella sua morsa d'acciaio e barcollai di nuovo per la potenza del pugno fino a che caddi con la bocca nella sabbia. Ero definitivamente sconfitto. Strisciai verso i suoi piedi, o meglio verso i suoi stivali con quel tacco assurdo che comunque non avevano in alcun modo scalfito la velocita' di esecuzione delle sue mosse e la sua straordinaria agilita' " Hai vinto" le dissi, quasi con rispetto, riconoscendone i meriti " Era scontato che vincessi" " Ti prego, risparmiami" proseguii umiliandomi "Non posso competere contro di te, sei straordinaria" Sonja si chino'. Pensavo che volesse dirmi qualcosa e invece mi afferro' per il collo con una mano alzandomi di peso. Mio Dio! Ma quanta potenza aveva in quel braccio. Mi sbatte' con violenza addosso al muro di cemento e poi, sempre con la sua mano che sembrava d'acciaio, mi strinse il collo " Lo so, sono straordinaria ed e' un tuo merito averlo riconosciuto subito. Ma non posso risparmiarti. I nostri generosi senatori hanno pagato tanti soldi per assistere a questo spettacolo e devo dar loro quello per cui hanno pagato:sangue. Il tuo sangue e la tua umiliazione" Termino' la frase e mi colpi' di nuovo con un pugno allo stomaco. Per l'ennesima volta mi piegai per la violenza del suo colpo, ma poi mi afferro' di nuovo e stavolta lo fece mettendomi una mano sul collo e l'altra sui miei genitali per poi sollevarmi di peso fino a portarmi sopra la sua testa. Dio santo quanto era forte. Gli applausi scrosciarono giganteschi e forse stavolta non erano registrati. Cammino' facendo un giro di tutta l'arena tenendomi in quella posizione e la cosa assurda fu che il contatto con la sua mano sveglio' la mia eccitazione facendomi avere un'erezione del tutto inusitata considerando la situazione nella quale mi trovavo. Terminato il giro per riscuotere l'apoteosi, come un'atleta vincitrice di una Olimpiade, mi getto' per terra. Ora la mia dignita' era completamente scomparsa. Avevo avuto altre volte paura, ma era stata sempre una questione di secondi e l'avevo vinta con l'azione, agendo, sia quando facevo il militare in Iraq che nel mio lavoro, ma contro quella donna era impossibile fare qualsiasi cosa e la paura era continua. Alzai gli occhi verso il tabellone nella speranza che cominciasse il conteggio. Vita o morte! Anche la morte pur di non sentire piu' il terrore che mi attanagliava mentre si avvicinava. Mi afferro' di nuovo rialzandomi, come se fossi un fantoccio senza peso e poi strinse il suo braccio intorno al mio collo. Sentii la potenza che emanava quel corpo, la sentii interamente come se tutta quella potenza si fosse trasferita sul suo braccio e sentii la mia respirazione farsi sempre piu' difficile. Era giunto il momento? No, ancora no. Il tabellone era ancora ancorato allo zero e questo mi faceva supporre che ancora non fosse giunto quel momento ed infatti, dopo avermi trascinato di nuovo per l'arena ed essersi presa un'altra razione di applausi, mi lascio'. La testa mi girava ma mi sentivo complessivamente integro. Non mi aveva ancora leso organi vitali. Evidentemente, la sua furia omicida l'avrebbe manifestata solo dopo l'esito della votazione e anch'io avrei fatto la fine di Michael. Mi afferro' di nuovo per il collo e mi sbatte' addosso al muro sorreggendomi poi con la sua mano sinistra e poi, mentre mi aspettavo un altro tremendo pugno, con mia grande sorpresa mi strappo' i pantaloncini facendomi rimanere completamente nudo e mettendo in mostra la mia erezione che non era affatto scemata. Oh mio Dio! Cosa aveva intenzione di farmi? Mi vergognavo. Quanto e' strano l'animo umano e quanto e' strana la sessualita' maschile ... .In quel momento ero completamente in balia di una donna tanto bella quanto crudele e terribilmente potente, dotata di una bravura e di una forza sproporzionata, una donna che avrebbe potuto uccidermi e che l'avrebbe fatto non appena gli spettatori avessero votato pollice verso ed io ero angosciato dalla mia nudita'. Era assurdo! Come assurda era quella continua erezione. Lei sorrise ma temevo che quel sorriso non promettesse nulla di buono ed invece non mi colpi' " Non capiro' mai gli uomini" disse infine indicando il mio pene eretto " Sei molto bella e mi hai toccato in quel punto" riuscii a dirle debolmente " Sto per ucciderti Jason. Se loro voteranno per la tua morte io ti uccidero' facendoti soffrire pene che nemmeno ti immagini e tu ... .Tu riesci a vedermi bella in una situazione del genere?" " Sei una lottatrice straordinaria. Ho una paura immensa e vorrei stare lontano da qui' migliaia di chilometri, ma non posso fare a meno di vederti come una donna bellissima e di desiderarti" Il sorriso scomparve dalla bocca di Sonja. Forse avevo detto qualcosa che non avrei dovuto dire e il suo schiaffo mi colse impreparato. Non caddi in quanto continuava a sorreggermi con l'altra mano, ma gli schiaffi si susseguirono, violenti, come sferzate in pieno volto. Ero stanco, gli occhi mi si chiudevano per i colpi ricevuti e sentivo ancora dolori nelle parti in cui mi aveva colpito. Mi lascio' e caddi di nuovo ai suoi piedi, stavolta con le lacrime che mi scendevano dagli occhi " Striscia, Jason. Striscia e bacia i miei piedi" Lo feci. Strisciai verso di lei e poi baciai i suoi stivali e dopo averlo fatto sentii un colpo alla testa. Mi aveva colpito di nuovo, stavolta con un calcio e la mia testa era ormai annebbiata. Riuscii a vedere Sonja mettere la sua gamba destra sopra il mio corpo nudo, proprio all'altezza del mio pene ancora incredibilmente in erezione. Lo tocco' col suo stivale e rabbrividii temendo il peggio ed invece lei lo sfioro' dolcemente, senza farmi male e, malgrado la mia scarsissima lucidita', sentii il mio corpo inebriarsi. Avevo avuto un'eiaculazione assurda, potente, estremamente sensuale che aveva scosso il mio intero corpo. Non riuscii a dire nulla. Quell'eiaculazione aveva quasi azzerato le mie residue forze e l'ultimo sforzo lo feci per guardare in alto. I tabelloni si erano messi in movimento e la numerazione girava vorticosamente. Fra pochissimo avrei saputo se potevo continuare a vivere o se Sonja mi avrebbe ucciso ed in quel momento, in quel preciso istante, pensai a come ero capitato in quel posto. Fu un solo istante eppure tutti i particolari mi tornarono in mente, a cominciare proprio dal ritrovamento del corpo di Michael avvenuto in mare. Ritrovamento avvenuto per caso in quanto il residuo di quello che aveva indosso si era incagliato a ridosso di un molo. Fui incaricato delle indagini proprio io, il detective Jason Stein. Da subito, le indagini furono avviate nella direzione dei combattimenti clandestini. L'uomo era stato infatti percosso a morte, picchiato con una violenza inusitata e, considerando che si trattava di una persona alta e robusta, era stato facile immaginare che solo un colosso, un lottatore ancora piu' abile di lui, avrebbe potuto ridurlo in quelle condizioni spaventose, con diverse ossa rotte. Per di piu', a toglierci ulteriori dubbi, cio' che l'uomo aveva indosso si rifaceva proprio ai combattimenti. Indossava infatti un pantaloncino di lycra sul tipo di quelli che usano i wrestler professionisti ed era stato proprio quell'indumento ed in particolare la cinta che lo sorreggeva a fare in modo che il corpo potesse incagliarsi ed essere poi ritrovato. Le indagini erano poi proseguite su due fronti. Da una parte la mia squadra con le indagini tradizionali e dall'altra io che mi finsi il fratello della vittima. Avevamo indagato sulla famiglia di Michael e avevamo potuto notare come l'uomo era venuto a Los Angeles una decina di anni prima da una piccola citta' del Missouri in cerca di gloria nel wrestling, gloria che fu invece molto scarsa per lui. Non aveva parenti e avevo potuto fingere quindi di essere il fratello. Non era stato difficile trovare poi la palestra dove Michael si allenava e certificare che l'uomo era veramente un wrestler, anche se da qualche tempo non trovava piu' ingaggi ed aveva messo su un bel po' di debiti, anche se lui andava sostenendo che entro qualche giorno avrebbe pagato tutti quei debiti in quanto aveva trovato un ingaggio molto sostanzioso. Ma, mentre la mia squadra cercava prove perquisendo la casa di Michael e interrogando tutti coloro che lo conoscevano con scarsi risultati, la mia intuizione di fingermi il fratello ebbe maggior successo. Mi ero infatti presentato a tutti i conoscenti di Michael ed in special modo a coloro che frequentavano la sua palestra dicendo che venivo dal Missouri, che ero anch'io un lottatore come mio fratello e che volevo vendicarlo e che se qualcuno sapeva dove e con chi lui aveva fatto il suo ultimo combattimento avrebbe dovuto dirmelo. Per giustificare la mia nuova identita' avevo preso in affitto una piccola stanza in una sporca pensione vicino la casa che Michael aveva in affitto e per alcuni giorni frequentai assiduamente i posti che l'uomo era uso frequentare. Nessuno mi disse niente ma una sera, una settimana dopo il ritrovamento del corpo del poveretto, trovai nella mia stanza un cellulare usa e getta ed un biglietto sul quale c'era scritto di telefonare ad un certo numero se veramente era nelle mie intenzioni vendicare mio fratello. Telefonai infatti, prendendo l'appuntamento che poi mi avrebbe portato ad incontrare Sonja. Alla voce che mi rispose dissi infatti che ero il fratello di Michael e che volevo anche io lottare. Ero in grado di farlo, visti i miei trascorsi, ma dovetti mentire col mio capitano. Non mi avrebbe mai concesso di mettere a repentaglio la mia vita e, col senno del poi, avrebbe avuto tutte le ragioni. Sapevo da subito che mi stavo mettendo nei guai, ma nemmeno io pensavo cio' che poi sarebbe avvenuto. Immaginavo di dover lottare con qualche colosso idiota che avrei potuto sconfiggere con la mia bravura e con la furbizia che mi contraddistingueva e, nella peggiore delle ipotesi, arrendermi se avessi notato che il mio avversario fosse superiore nettamente a me, ma mai avrei pensato di soccombere di fronte ad una donna bellissima, una donna che univa bravura in varie discipline ad una forza fisica assolutamente incredibile, una donna che adesso aveva il suo piede armato da quello stivale col tacco a spillo sul mio petto. Mi venne addirittura un sorriso nel pensare a quell'assurda situazione. Ma ormai la numerazione si era interrotta. Cercavo di vedere se quegli uomini avessero scelto di lasciarmi vivere o no, ma ormai non riuscivo piu' a tenere gli occhi aperti e mi lasciai cogliere da quel senso di beatitudine che solo un lottatore o un pugile che l'hanno vissuto sulla propria pelle possono capire. Quel senso di pace che si ha prima di sprofondare nell'oblio dopo un ko. Fine primo episodio Per commentare questo racconto, inviate una mail a davidmuscolo@tiscali.it