FORZUTA GIUSY   Erano le 19 di una serata autunnale quando mia apprestavo a recarmi allo studio messomi a disposizione da un amico per effettuare una intervista da pubblicare su un settimanale locale. Tutto era cominciato un mese prima: avevo saputo, del tutto casualmente, che una mia ex compagna di liceo, Giusy, aveva vinto la medaglia d'oro olimpica nel lancio del peso, superando campionesse di provata esperienza e raggiungendo una misura che sovrastava nettamente anche molte prestazioni maschili. Erano quasi 10 anni che io e Giusy non ci vedevamo, in quanto lei viveva in una città vicina dalla quale veniva a scuola in pullman. L'appuntamento fu preso per telefono grazie ad una vecchia agenda tramite la quale riuscii a risalire al numero telefonico della madre, dal momento che lei viveva ora da sola in un'altra città, dove aveva la possibilità di frequentare una palestra maggiormente attrezzata per le sue esigenze di allenamento. Inoltre in questa città svolgeva il suo lavoro di avvocatessa, pare con notevole successo. Dovevamo vederci alle 19 a questo studio, situato non lontano dal casello autostradale, per cui lei ci arrivò facilmente. Appena andai ad aprire la porta, fui colpito dalla stazza di Giusy: un metro e ottantacinque, 130 chili circa ovviamente non di soli muscoli in quanto la lanciatrice del peso non ha le necessità estetiche della culturista, ma può permettersi anche un po' di ciccia; un abito blu , giacca e pantaloni che evidenziavano il corpo forte. Ci salutammo contenti di rivederci, e lei entrò, si tolse la giacca e la posò sull'attaccapanni. Davanti all'ingresso c'era uno specchio enorme, e entrambi osservandoci notammo la differenza fisica che sussisteva tra noi: Io non supero il metro e 70 per 65 chili e sembravo quasi un bambino vicino a Giusy, le cui spalle a stento le consentivano di attraversare la porta. Si sedette su una sedia davanti alla scrivania, e io notai le cosce enormi e il sedere fasciato a stento dal pantalone di tipo maschile, credo taglia 52, che pareva volesse esplodere fuori. Si notava che portava degli slip sgambati, più che altro perché i muscoli delle natiche a stento erano contenuti dalle mutande. Le spalle erano larghissime e tornite e i seni, una sesta abbondante, poggiavano pesanti sulla pancia che tradiva una dieta robusta da sollevatrice di pesi. La sua giacca appesa all'attaccapanni avrebbe contenuto me tre volte. Cominciammo l'intervista quando ad un tratto sento rumore di passi nelle scale del condominio vuoto: vado alla porta a vedere e mi trovo davanti a due uomini a faccia coperta, due malviventi, che mi spingono dentro con la minaccia del coltello. Entrano nella stanza dove c'era Giusy, e mi sbattono su un divano con uno spintone. Giusy, che aveva capito tutto era calmissima, nemmeno si era alzata. Uno dei due mi prende il portafogli, l'altro cerca di prendere la borsa di Giusy. E qui avviene l'incredibile: Giusy gli blocca il braccio, e con una semplice rotazione del polso lo scaraventa a terra. Il malvivente cade su un tavolino di legno che si frantuma. L'altro capisce che il pericolo maggiore lì dentro lo stanno correndo loro, e cerca di aggredire Giusy, che lo anticipa con due potenti schiaffi, che lo mandano contro la parete di fronte. È chiaro che è lei a dettare legge in quella aggressione, quella donna di 130 chili che si appresta a punire severamente i nostri due aggressori. Quello che era stato sbattuto per terra si rialza e blocca Giusy alle spalle, pur essendo muscoloso è ancora piccolo al suo confronto. L'altro le si fa davanti, cercando di usare il coltello, ma Giusy lo disarma con un calcio alla mano e poi lo stende con un tremendo calcio alle palle. Poi, facendo leva col piede sulla scrivania, proietta contro la parete alle sue spalle sé stessa e l'uomo che la blocca, il quale viene schiacciato contro il muro dietro la schiena di Giusy. Quello che aveva preso il calcio alle palle, ancora dolorante e con una mano tra le gambe, cerca di prendere il coltello, ma trova solo l'enorme piede di Giusy che gli appiattisce la mano sul pavimento, in un urlo di dolore ancor più forte di quello del calcio alle palle. Poi Giusy spinge il coltello col piede sotto un pesante mobile di ferro. Sono ad armi pari, se prima non lo erano!!! Il massacro riprende, quello che era stato schiacciato contro la parete tenta di nuovo di bloccare Giusy da dietro, ma lei con un violento colpo di culo lo sbaraglia a terra, dedicando poi le sue "attenzioni" all'altro malvivente, che viene massacrato da due violenti pugni allo stomaco e poi da una ginocchiata in faccia che lo riduce a una maschera di sangue, anche attraverso il passamontagna. Ancora l'altro non contento cerca di bloccarla da dietro. "Uh, stiamo diventando monotoni" dice Giusy, e ripete la mossa di prima, proiettandosi contro il muro. Qui tempesta il malvivente di culate in pancia, e quando (dopo pochi colpi) questi si affloscia gli molla un'altra culata sulla faccia che quasi introduce la sua testa nel muro. "Questo è sistemato" dice Giusy, e si appresta a finire l'altro, che si rialza barcollando col passamontagna insanguinato. Giusy gli appioppa una scarica di pugni alternati a faccia e stomaco, con le sue mani enormi che culminano delle braccia capaci di stroncare un toro. Il malvivente crolla a terra come già è crollato l'altro, mentre giunge la polizia che io ero riuscito a chiamare. I due vengono riconosciuti, sono dei pericolosi malviventi che da tempo terrorizzano le coppiette, compiendo anche violenza sessuale. Ora si contorcono sul pavimento, massacrati da una donna come quelle di cui erano soliti abusare. I poliziotti li ammanettano e li portano via, meravigliandosi di come "io" li abbia potuti ridurre in quello stato! Giovanni