Fine dell'infanzia by eckhart78 Quanto dura il dolore per un ragazzo sconfitto da una donna? Al mio involontario maestro claudicante, che rifiutandomi mi ha insegnato a non seguirlo sulla strada sbagliata. E' possibile sentire la passione per certi eventi solo quando li si aspetta da abbastanza lontano. Ora che il match stava per avere inizio Matteo provava la netta impressione di non sentire più nulla. Non c'erano fremiti nella sua anima e nemmeno un po' di desiderio nel suo corpo sempre sottoposto a tempeste ormonali. Se non fosse stato per il fatto che sotto l'accappatoio indossava solo un paio di boxer rossoneri, se non fosse stato per l'ambiente che lo circondava e un amico intimo che lo fissava - se avesse dovuto intuire cosa stava accadendo solo dalle pulsioni interiori - avrebbe potuto immaginare di essere seduto alla scrivania davanti al thé delle cinque, o al pub con gli amici, o nella biblioteca del dipartimento a far finta di studiare. Invece stava aspettando l'apparizione di Marcella, per sfidarla ad un incontro di lotta mista. Luca aveva organizzato l'evento, e nonostante lo negasse lo stava fissando con invidia e una punta di odio. Era convinto che Matteo non meritasse quell'occasione, perché l'avvicinamento e la conoscenza di Marcella, le conversazioni, i tentativi di persuaderla ad accettare l'incontro erano state le tappe di una lunga fatica interamente condotta da Luca. Ma al momento di accettare la sfida Marcella era stata inesorabile - avrebbe incontrato sul ring soltanto Matteo. Così quella inaspettata fortuna era toccata a lui, quasi senza cercarsela. Naturalmente se non si considerano i 23 anni di amicizia con Luca, la pazienza, le avventure, le incomprensioni e la passione che tutto quel tempo aveva significato - per entrambi. Dopo la svolta della scelta di Marcella, Luca si era ritirato dall'offerta di convincere il gestore della palestra a lasciare loro le chiavi per entrare la sera del sabato. Il nume tutelare dei muscoli di Matteo e di Luca era però amico solo di Luca, e Matteo era troppo timido per farsi avanti da solo e domandare questo bizzarro favore. Quindi si era preferito il garage (lasciato vuoto dal giorno della costruzione) di una villa quasi fuori città degli zii di Matteo. L'accesso alla loro casa gli era sempre consentito: fin dall'infanzia era il loro nipote preferito e non avevano figli. La casa sarebbe stata vuota per tutto il finesettimana; nella taverna-garage Matteo aveva trasportato dei materassi, degli spot per illuminare la penombra del sottosuolo. C'era abbastanza spazio per simulare un ring e per aprire un ambiente ai pochi spettatori che avrebbero contemplato l'evento: tra di loro si segnalavano Luca e un'amica di infanzia di Marcella. Matteo aveva trascorso gli ultimi 5 giorni in trepidazione per il match. Era sempre una cisrcostanza curiosa raggiungere un contatto così intimo con una ragazza in una modalità tanto strana - la lotta e la sopraffazione. Non gli era chiaro come questi termini potessero coabitare con il desiderio sessuale che si sprigionava fortissimo dalle spire e dai colpi della lotta; eppure l'eccitazione lo invadeva completamento. Per di più non comprendeva fino in fondo il motivo per il quale Marcella aveva accolto alla fine la proposta di Luca - e come mai questo successo si fosse prodotto nel momento in cui Marcella aveva scoperto che uno degli eventuali sfidanti sarebbe stato Matteo. Ora però tutta l'ansia dell'attesa e il senso di promessa che incombeva sul match si era dissolto nel nulla; gli si era sostituito un senso di irrealtà e di involontaria comicità; era bizzarro trovarsi quasi nudo in un ambiente tanto freddo, sottoterra, isolati dal resto del mondo - richiamato solo dalle folate di vento che sibilavano fuori dalla finestrella in alto nella parete di fronte alla sedia di Matteo. Di colpo la porta si spalancò e Marcella apparve seguita dalla sua amica. Si tolse l'accappatoio avvicinandosi ai materassi del ring: mostrò il suo corpo quasi nudo, altissimo, coperto solo da slip cortissimi blu e da un reggiseno che le copriva una fascia intorno ai capezzoli che a Matteo parve insolitamente ridotta. Aveva i capelli rossi tagliati cortissimi, un volto squadrato e duro che dimostrava 26 o 27 anni; il suo sguardo dipingeva un tocco di luce verde sui suoi lineamenti da marine, alcuni guizzi del suo sguardo le rasserenavano l'espressione fino a renderla di una dolcezza emozionante. I suoi muscoli erano scolpiti da anni di palestra; le sue gambe in particolare avrebbero destato l'emozione di un ciclista. Matteo apparteneva invece alla categoria dei calciatori - quanto bastava per restarne anche lui degnamente impressionato. Non c'era grazia nei movimenti di Marcella, non traspariva alcuna velleità di fascino femminile; eppure la sicurezza con cui si era diretta verso il ring, con cui si preparava a tenere la posizione di difesa, la meticolosità della sua preparazione e del suo riscaldamento - sprigionavano un'indubitabile seduzione. Di che tipo, Matteo non avrebbe saputo dire: la subiva senza porsi domande. Anche il ragazzo si avvicinò al quadrato: il suo fisico sembrava meno massiccio di quello dell'avversaria, ma con tutti i muscoli ben disegnati e scattanti. Matteo era più magro e più basso di Marcella - una differenza quantificabile in alcuni chili e quasi 10 cm. Aveva capelli scuri molto corti, due grandi occhi azzurri e il volto di un ragazzino: benché ormai contasse quasi 23 anni, lo si sarebbe scambiato per un liceale. Solo il petto villoso testimoniava in modo poco elegante la sua virilità. Il match cominciò. Matteo si trovava in una situazione strana. Non appena Marcella si era avvicinata e aveva cominciato a scaldarsi per preparasi all'incontro, tutta la sensualità dell'evento era tornata a precipitarsi nel corpo di Matteo con una scarica di adrenalina. Ora di nuovo comprendeva benissimo quale impulso lo aveva mosso a cercare, a sperare nel miracolo di quell'incontro. Ad abbandonarsi, in fondo, ad una situazione poco vantaggiosa, in cui vincere era obbligatorio e senza garanzie intorno al comportamento della ragazza nel dopo-partita - mentre perdere sarebbe stato profondamente disonorevole, e avrebbe inflitto al suo orgoglio virile (già abbastanza minato dal suo aspetto efebico, dal confronto con un fratello che invece primeggiava in tutti i settori, da quelli sportivi a quelli intellettuali) un'umiliazione profonda come il taglio di una lama. Gli avversari si stavano studiando. Matteo cercava di affondare con pugli ai fianchi, scontando tuttavia la superiorità di altezza e di estensione delle braccia di Marcella; la ragazza invece inizialmente trovò prudente cercare la via verso il corpo dell'avversario tramite calci alle cosce e ginocchiate ai fianchi. Dai primi scambi si notò che Marcella riusciva ad incassare con maggiore capacità di assorbimento del ragazzo. Il primo round terminò senza emozioni particolarmente profonde; ma all'inizio del secondo Marcella guadagnò quel coraggio che la prudenza le aveva ingabbiato nel corso del primo. Si avvicinava di più a Matteo, dettava il ritmo della gara - fino a quando finse un montante al mento e lasciò partire un calcio sugli addominali. Matteo fu piegato dal colpo mortale e fu costretto a cercare la fuga dall'avversaria con un braccio impegnato a corpirsi il ventre. Marcella rideva, lo rincorreva colpendolo alla rinfusa, ma senza riuscire a costringerlo a terra. Dopo più di un minuto di intensa difficoltà, il ragazzo fu salvato dalla fine del round. Nel terzo round lo spettacolo si ripeté. Marcella all'assalto, Matteo chiuso in difesa. Un puro colpo di fortuna condusse un destro violento del ragazzo ad agganciarla al volto, poco sopra il mento. La ragazza piegò le ginocchia e le sorti dell'incontro momentaneamente si ribaltarono. Matteo era convinto di provocarle un dolore insopportabile cercando di colpirla al seno; la serrò colpendola alle reni e al seno. Marcella si aggrappò al petto del ragazzo strappandogli quanti più peli riusciva a stringere e strizzandogli il capezzolo destro. Il dolore era forte, Matteo gridò e fu costretto a inserire maggiore distanza tra sé e l'avversaria, pur senza mollarla fino alla fine del round. Nel quarto round Matteo esaurì il fiato. Pagava le canne e l'alcool dell'intera vita da fallito che aveva condotto fino a quel giorno. Sapeva che il suo dovere era chiudere la partita entro il terzo round: oltre un certo limite di tempo, per lui c'era fiato solo nel correre dietro a un pallone - e con i ritmi discontinui delle partite di calcio; ma nella tensione di un incontro di lotta non esistevano vie di scampo. Nel quinto round la fortuna del centro casuale al volto di Marcella non tornò a presentarsi; dopo l'ennesimo calcio alla coscia destra, Matteo sentì le gambe che stavano per cedere, e prima di appoggiare il ginocchio a terra afferrò l'avversaria in clinch. Non esisteva nessuna possibilità per il ragazzo di resistere alle ginocchiate che si schiantavano sulle sue cosce e sui suoi fianchi, la stringeva quasi solo per sentire il calore delle sue mammelle schiacciate al limite superiore del suo petto. Si era consegnato in pasto alla sua mantide, che mentre il ragazzo era concentrato sul respiro che gonfiava il seno dell'avversaria, lo aveva costretto ad allargare le gambe sbilanciandolo con un colpo all'interno della caviglia sinistra. Mentre Matteo recuperava l'equilibrio tenendo divaricate le gambe, Marcella insinuò un ginocchio tra le sue cosce e lo fulminò con una ginocchiata sui testicoli. Il corpo di Matteo si inarcò per lo strazio istantaneo; il ragazzo gridò e scivolò ai piedi dell'avversaria. La virilità di Matteo era stata incenerita in un attimo, Marcella con la forza del suo peso lo stese a terra di spalle insediandosi sul suo petto villoso. Le bastò serrargli il collo per qualche istante per ottenere la sua resa definitiva: terrorizzato e impotente, Matteo picchiò il braccio a terra. Poco dopo i due contendenti si trovavano in piedi ai due lati dell'amica di Marcella per la proclamazione del vincitore. Non appena Letizia ebbe pronunciato la formula di rito e dichiarata Marcella vincitrice, la ragazza alzò le braccia in segno di vittoria, mentre Matteo crollò in ginocchio quasi in lacrime. Matteo non poteva rassegnarsi al fatto di rappresentare l'anello debole della famiglia, da sempre: suo padre era un uomo di successo nel mondo accademico, il fratello aveva raccolto tutti gli allori della carriera scolastica, eccelleva nelle prestazioni sportive, viveva un mondo di affetti stabile, si era guadagnato un ottimo lavoro e quasi una famiglia; Matteo era un fallimento negli studi, la sua iscrizione a ingegneria sembrava un contratto senza termine con il Politecnico; nelle compagnie di amici era sempre il più piccolo e il più gracile. Insomma, sembrava uscito da un manuale di sociologia triviale dei giovani d'oggi, e in questo orrido teatrino delle banalità a lui era toccato il ruolo del ragazzo carino e simpatico, pieno di amici ma senza una relazione stabile, mediocre a scuola, mediocre in famiglia, mediocre nello sport. Nella lotta mista Matteo aveva cercato un riscatto almeno per la sua virilità - e almeno per generare una falla nella regia della commedia del suo fallimento, con un recupero vagamente perverso della banalità dei suoi valori fondati su un sano machismo e sulla superiorità puramente fisiologica del sesso maschile. La sconfitta che gli era stata inflitta da Marcella equivaleva ad uno squarcio nel petto tanto profondo da spezzargli il cuore. Luca lo aveva accompagnato in bagno nella villa degli zii, per verificare che - almeno dal punto di vista fisico - fosse tutto a posto. Aveva cercato inutilmente di consolarlo, l'afflizione che lo devastava lo aveva reso però muto e sordo. L'impegno di Luca si era trasformato pertanto nel riuscire a condurre fuori i pochi amici che avevano assistito al match: soprattutto le amiche festanti di Marcella. In casa erano rimasti solo i due avversari, separati dalla parte sottile che distingueva i due bagni del primo piano. Davanti alle sciagure ci sono almeno due possibilità di uscita. La parima prescrive di guardare le dimensioni del disastro, stabilire la misura giusta per inquadrarle al completo - e cominciare coraggiosamente la ricostruzione. La seconda invece prevede la possibilità di individuare nel proprio annichilimento la luce sepolcrale di un valore eterno, la compassione nei confronti della fragilità umana, del destino fatale che conduce tutti - sommersi e salvati - alla morte e alla dissoluzione del proprio ricordo. Si tratta certamente del sentimento che ha fondato all'ombra dei sepolcri le leggi più radicali ed eterne della nostra civiltà; anni di marja e di alcool avevano reso Matteo particolarmente sensibile a questa piega della nostra cultura. Oppure era questa piega della cultura ad essersi infiltrata nel suo DNA e ad averlo reso sensibile all'hashish e all'etilismo. Al momento questo argomento sembrava ininfluente persino a Matteo. La pioggia e il fresco di aprile avevano sempre promesso nella sua vita qualche nuova esperienza che sarebbe dovuta germogliare nlla sua coscienza e nelle sue serate come la fioritura della primavera. Questa volta, si ripeteva Matteo, non doveva essere diverso. Nelle fitte di dolore con cui l'umiliazione bruciava dentro il suo petto sin dall'istante in cui era rovinato in ginocchio ai piedi della ragazza che lo aveva piegato - Matteo aveva avvertito una sensazione liberatoria che ancora non aveva termini per descrivere. Pareva il travaglio di una rinascita, il bagliore doloroso di una verità nuova e luminosa, l'effetto di un parto solo femminile, dove non esisteva più l'elemento paterno, il versante maschile della vita si era dissolto, il nome e la volontà era spariti. La sconfitta prometteva una redenzione dal teatrino delle banalità che Matteo aveva coltivato per nascondersi La mancanza di senso della sua vita, l'eterno femminino lo stava avvolgendo per guidarlo nell'altro da se stesso, che ancora non aveva mai avuto il coraggio di cercare e di scoprire in se stesso. Marcella e Matteo si incrociarono in cucina, solo un accappatoio avvolgeva i loro corpi nudi. La timidezza e la vergogna serravano le labbra di Matteo e spegnevano qualsiasi parola nella sua gola. Ma Marcella non subiva l'effetto di questi freni, e il suo cuore in fondo era troppo tenero per lasciare Matteo in questo stato. Gli parlò con gentilezza materna, gli accarezzò il volto senza barba, gli passò con delicatezza le dita sulle sopracciglia, poi tra i capelli. Questa grazia trasformava i suo aspetto: Matteo trovò una strana armonia tra i lineamenti del suo volto e la flessuosità del suo collo, docile e levigato come le donne delle stampe giapponesi. Senza parlare, avvicinò le sue labbra alla bocca di Marcella, infondendo nel suo bacio tutta la passione e l'esperienza che traboccavano dal suo corpo. Marcella gli permise di levarle l'accappatoio e di leccarle i seni con voluttà. La lingua del ragazzo le percorse tutto il corpo; in ginocchio Matteo le diede piacere trasferendo alla lingua la passione con cui desiderava il suo sesso. Lei venne mentre il volto del ragazzo stava aderendo al ventre di Marcella, e le mani di Matteo si perdevano nella contemplazione tattile delle sue gambe muscolosissime. Dopo il primo orgasmo, Marcella gli impose di levarsi l'accappatoio; gli si sedette sul petto, gli afferrò la testa con le mani e tornò a farsi masturbare dalla lingua del ragazzo. Venne nuovamente, distendendosi a terra per il piacere. Matteo si distese su di lei e la penetrò. I suoi colpi erano lenti e forti, lei mugolava dal piacere. Le cosce della ragazza stringevano i fianchi del ragazzo fino a fargli male; lui era ubriaco della solidità delle sue mammelle, vi immergeva la testa e le stringeva con le mani. Ma Marcella non gli consentì di cavalcarla a lungo; presto lo rovesciò di schiena e fu lei di nuovo a guidare la scopata, schiacciandogli i genitali e il ventre sotto il proprio peso massiccio. Matteo non ricordava di aver mai goduto tanto durante un rapporto sessuale. La riaccompagnò a casa con la sua macchina, attraversando il vento fresco della primavera. Quando furono davanti al portone della casa di Marcella, lo invitò nel suo appartemento. Non riuscirono a preparare la cena prima che il desiderio li costringesse a spogliarsi di nuovo, ricominciando i gesti di masturbazione rituale. Marcella non gli consentì di penetrarla prima di averla fatta godere tre volte. Fu durante questa notte di sesso che Matteo intuì di stare vivendo l'esperienza più rivoluzionaria che aprile gli avrebbe potuto promettere. Imparò quanta umiliazione si poteva subire nell'essere cavalcato da una donna - e la gioia perversa che era possibile suggere da questo rovesciamento dei ruoli. Rovesciamento, rispetto ai suoi vecchi valori, da teatro degli equivoci. Sentì, senza poter capire, che l'umiliazione è seducente prima ancora che aggressiva, e che nemmeno la vittoria più grande può trascinare con sé altrettanta voluttà. Nella distruzione si nasconde un piacere ineguagliabile, intriso dei succhi mefitici della figa di Marcella, delle sue gambe statuarie, del suo seno sodo ed eburneo. La violenza con cui la ragazza gli schiacciava il petto, i testicoli, gli strappava altri peli, gli stritolava il pene, gli soffocava la testa tra le proprie cosce di marmo, dentro il proprio sesso bagnato - era centinaia di volte più energico della forza che spazzava via il fisico di Matteo nell'alcool, nelle canne, nell'insonnia, ed altrettante volte più acceso era il piacere e l'appagamento. Una diversa intensità di demolizione e di godimento animava la falsa promessa delle serate della nuova primavera - ma il latrato di fedeltà che la morte gli lasciava nel vento e nella pioggia aveva la stessa radice e la stessa forma. Le vie con cui ci si può inventare la propria salvezza possono avere tanti colori e tante forme; ma il volto della sconfitta è sempre lo stesso, solo più o meno sfuocato. I figli di quella notte di sesso incandescente sarebbero stati l'abbandono della ragazza cui Matteo era legato da due anni, il disprezzo degli amici della biblioteca di Pagano, (alcune sconfitte brucianti del Milan?), l'incontro con un maestro bizzarro proveniente dalle Dolomiti, un altro esame fallito, un nuovo lavoro nella new economy. E la convinzione di aver sbagliato tutto - ma questa è un'altra storia.