Emma vs Ela 5 by krispin Emma Peel ed Ela Weber stavano combattendo già da cinque minuti. Fino a quel momento, se si fosse trattato di un incontro ai punti, l’agente inglese sarebbe stata in netto vantaggio. Aveva più volte raggiunto con rapidi calci e pugni ben assestati la giunonica rivale, schivando la maggior parte dei colpi della tedesca. Solo un paio di volte Emma era stata colpita: al volto e allo stomaco. A dire il vero in entrambe le occasioni l’esile inglese era parsa leggermente scossa, ma si era subito ripresa, reagendo con ancora più vigore. Era evidente come la tedesca cercasse, a più riprese, il contatto fisico ravvicinato. Il suo piano era costringere Emma a sostenere una lotta in cui Ela avrebbe facilmente imposto la maggiore potenza del suo corpo, insieme rotondo e muscoloso, nei confronti della ben più leggera e sottile rivale. Steed si chiedeva per quanto tempo ancora la sua partner avrebbe mantenuto la freschezza e la lucidità necessarie a controllare il combattimento. Al suo occhio esperto non era sfuggito un particolare inquietante: ormai Emma aveva colpito la tedesca almeno una ventina di volte, ma Ela sembrava non aver neppure sentito quei pugni e quei calci. Evidentemente la tedesca era molto solida, oppure non c’era abbastanza forza nei colpi dell’inglese per fare davvero male alla robusta rivale, che li subiva senza muoversi di un millimetro, anzi spesso continuava ad avanzare. Viceversa erano bastati quei due colpi ben assestati della bionda amazzone per mettere Emma in chiara difficoltà. Steed guardò Fritz che a sua volta si voltò verso di lui. Gli leggeva in faccia che il tedesco non aveva il minimo dubbio: era certo che prima o poi Ela sarebbe riuscita a mettere le mani sul fragile corpo dell’inglese e a quel punto non ci sarebbe stata più storia. Insomma: era solo questione di tempo. All’improvviso Steed sentì un gemito e voltò di nuovo lo sguardo verso i monitor. Era successo qualcosa. Probabilmente Emma per un attimo aveva abbassato la guardia ed Ela ne aveva approfittato. L’aveva colpita, forse con un potente pugno, o con un calcio ben assestato. E ora l’inglese era piegata sulle ginocchia, barcollante, le mani strette al ventre, lo sguardo sofferente. La bionda, a un metro da lei, restava immobile, a gambe divaricate, le mani appoggiate ai larghi fianchi. Aveva un atteggiamento di grande spavalderia e superiorità. La guardava con un’espressione sprezzante, quasi di disprezzo. “Cos’è, ti ho fatto male? Sei addirittura ridicola – le disse – ancora più debole di quello che pensavo”. Poi, con ostentata lentezza, le si avvicinò, afferrò con la mano sinistra i lunghi capelli della rivale, la fece rialzare, la mise di nuovo diritta e con la destra le sferrò un pugno al volto che fece girare Emma su se stessa mandandola diversi metri più indietro, fino a sbattere contro la parete. L’agente inglese si afflosciò a terra, come un sacco di patate. Ela Weber, in piedi, troneggiava su di lei. “Ma guardatela la famosa Emma Peel! E’ davvero deboluccia. E’ bastato un pugno per metterla ko”. Quindi si rivolse all’esile donna accartocciata ai suoi piedi: “Non sarai già svenuta? Abbiamo appena iniziato... Il bello deve ancora arrivare!”.