Il cuore di un guerriero – Parte IV Un giovane soldato impara in battaglia il valore delle sue avversarie By Loredana, lozar1980@hotmail.it 6 maggio Il corpo di Erastos è rimasto esposto davanti alla porta principale della città per tutto il pomeriggio di ieri e per tutta la notte. Dopo aver schiantato il Pireo con una sconfitta dilaniante, le ragazze herakliste hanno trascorso il pomeriggio ad organizzare il loro trionfo sui rossoneri battuti, nel cuore della loro città. Stamattina, dopo la sveglia, sono andato insieme a tutti i guerrieri del Pireo ad inginocchiarmi davanti alla squadra vittoriosa dell’Heraklia nella piazza principale. Tutte le bandiere pireste della città erano state strappate e sostituite da vessilli nerazzurri. La scena che ci ha accolti sulla piazza, non appena ci siamo prostrati davanti alle conquistatrici, è stata terribile. Sul palco allestito davanti al Palazzo del Consiglio e su tutti i lati della piazza erano disposte file di guerriere herakliste con grosse fionde nelle mani. La comandante si ergeva statuaria al centro del palco: appariva più alta di tutte le sue compagne, perché i suoi piedi schiacciavano il petto villoso di due sottoufficiali piresti catturati ieri mattina – sollevandola dalle assi di legno di tutto lo spessore del torace muscoloso dei due ragazzi. Ai bordi del palco e lungo il perimetro della piazza, gli altri prigionieri catturati al termine della battaglia erano stati legati nudi mani e piedi a grossi pali, che li costringevano a divaricare braccia e gambe formando una grande X con il loro corpo indifeso. Altri ragazzi erano legati a terra alle assi del palco, sempre con braccia e gambe divaricate a X. Ad un cenno della comandante, una delle sue assistenti ha sferrato un calcio sui coglioni di uno dei guerrieri bloccati a terra. Il maschio ha urlato per il dolore; a quel segnale, tutte le ragazze con le fionde hanno cominciato a scagliare su di noi inginocchiati nella piazza dei proiettili formati da bandiere pireste lacerate e inzuppate di sangue. Le guerriere tentavano di colpirci sul pacco con i loro proiettili; l’impatto era simile ad un pugno – ma l’orrore è dilagato quando i primi colpiti hanno visto che all’interno degli stracci delle bandiere erano stati avvolti i coglioni e i cazzi strappati ai corpi dei maschi piresti castrati sul campo di Axum. La piazza si è riempita di urla: molti gridavano per il dolore delle loro palle centrate dalla fiondata del proiettile, altri per la repulsione causata dalla carneficina di palle e cazzi da cui venivamo tempestati. Le herakliste ridevano in maniera incontrollata per la sofferenza che mostravamo sotto i colpi della loro imboscata: trovavano molto divertente che ci facessero male le palle colpite dai proiettili fatti con le palle dei nostri compagni castrati in battaglia. Io sono stato colpito in pieno petto – ma per fortuna i miei coglioni sono stati risparmiati dalla confusione della folla circostante. Il sangue del guerriero cui sono state strappate le palle che mi hanno colpito, è rimasto impregnato nei miei peli scuri per tutta la giornata; ho tentato invece di togliermi dal vello tutti i frammenti del suoi coglioni e del suo cazzo, che erano rimasti impigliati. Quando la grandinata di genitali maschili castrati si è interrotta, la comandante heraklista ha preso la parola. Siamo venute a batterci contro il Pireo per devastare petti, cazzi e palle, e lo abbiamo fatto, abbiamo devastato i vostri corpi virili, abbiamo inflitto una disfatta totale alla vostra squadra, massacrando ogni guerriero piresta mostrasse abbastanza palle per sfidarci, e punendo le sue palle con colpi durissimi, fino a distruggerle o a strapparle dal suo corpo sconfitto, avevate promesso di contrastarci duramente, avevate giurato di possedere coglioni e cazzi d’acciaio, ci avete minacciato di sventrare i nostri corpi con i vostri uccelli enormi e durissimi, ma il campo di battaglia alla fine della mattina era coperto solo da corpi virili battuti e indifesi, che invocavano la pietà dell’Heraklia perché non infierisse sul petto massacrato, nudo e debole del Pireo, e che urlavano di dolore e di paura per le ferite che demolivano il loro pacco schiantato, per i loro cazzi spezzati, per le palle spappolate, per la loro carne da maschio stritolata, per la loro virilità dilaniata, ma così ci hanno deluse, perché dove speravamo di doverci battere e di dover soffrire contro i genitali di acciaio piresti abbiamo trovato solo globi di carne maschile fragile, dolorante, e guerrieri stravolti dal dolore, macinati dai nostri colpi, striscianti nella polvere per il male che li frustava dalla loro virilità esposta e colpita, quindi noi vogliamo altra vendetta, altro sangue, vogliamo tutta la vendetta e tutto il sangue di cui i corpi deboli dei piresti sono capaci, siamo troppo forti per i vostri muscoli, troppo potenti per il vostro petto virile, per le vostre palle, per il vostro cazzo, quindi i guerrieri che hanno osato lottare contro di noi dovranno rimediare con la loro carne maschile all’oltraggio di averci sfidate, e all'umiliazione di essere stati sconfitti. Ad un suo cenno, la sua compagna ha sferrato di nuovo un calcio sui coglioni di uno dei ragazzi imprigionati alle assi del palco. Il maschio ha sussultato sotto l’urto devastante che aveva travolto il suo pacco nudo: il suo corpo si è dimenato sull’impiantito nel tentativo di trattenere l’urlo di sofferenza. Dalla gola contratta del guerriero sono emersi solo mugolii, fiochi lamenti che il ragazzo non è riuscito a trattenere, mentre il suo corpo veniva dilaniato da un dolore insostenibile. La ragazza, infuriata per la resistenza opposta dal maschio al suo colpo, ha assalito il pacco indifeso del piresta schiantando il suo piede sui coglioni rossoneri, contorcendoli sotto la pianta del piede e salendo con tutto il corpo sul pacco virile. Lo strazio del corpo maschile è esploso nell’urlo terrificante del ragazzo, che ha modulato con voce roca il baratro di dolore e di paura in cui stava precipitando, fino a quando il fiato non gli si è serrato nel petto. Il suo corpo ha continuato a dibattersi in preda alle convulsioni, strattonando inutilmente le corde che lo bloccavano a terra. Mentre la tortura atroce proseguiva sul fisico battuto del guerriero, il segnale lanciato dal suo grido aveva innescato il suo effetto. Le ragazze che si trovavano ai lati dei prigionieri legati ai pali, hanno cominciato a frustare i maschi loro assegnati. Per ogni prigioniero erano pronte almeno due guerriere: una sferzava il cazzo e le palle, l’altra infieriva con lo scudiscio sul petto e sugli addominali. Le fruste sibilavano sinistre nell’aria immobile, mentre tutti noi scrutavamo quello spettacolo spaventoso in un silenzio irreale; poi, dopo pochi colpi, i primi schizzi di sangue hanno cominciato a zampillare dal petto dei prigionieri. Le loro urla si sono mescolate ai tonfi delle fruste sui loro corpi nudi e indifesi – ma le grida diventavano versi animali, disumani, rochi, quando le fruste si avvolgevano alla massa del cazzo o dello scroto – già coperta di lividi dopo la battaglia – mordendo la carne di maschio e dilaniando le fibre virili del loro pacco piresta. Ogni volta che la frusta si incastrava nella carne dell’uccello o dei coglioni - e ne sbranava un pezzo nel momento in cui la femmina la strattonava via dal pacco rossonero - il cazzo e i coglioni del ragazzo venivano scrollati e sconquassati dimenandosi con violenza in tutte le direzioni; l’esplosione veniva accompagnata dall’urlo selvaggio del guerriero, e dalle risate irrefrenabili delle herakliste, che trovavano comicissima l’umiliazione inflitta al pacco dei piresti, con il lento avanzare della distruzione di ogni fibra maschile, fino alla castrazione. Conoscevamo bene la potenza dei muscoli delle femmine: sono occorsi pochi minuti perché il petto dei ragazzi esposti alle frustate diventasse una poltiglia di sangue e carne sotto il flagello dei colpi. Ma il punto più fragile del corpo virile si è rivelato il cazzo: dopo poche frustate l'uccello torturato dei maschi cominciava a spaccarsi sulla cappella e sull’asta, perdendo pezzi che venivano sbalzati via con polle di sangue sotto l’urto delle sferzate. La carne dell’uccello dei ragazzi torturati veniva proiettata fino addosso a noi in mezzo alla piazza, sotto la violenza della punizione inflitta dalle guerriere; e i pezzi che si limitavano a precipitare al suolo, venivano scagliati a calci dalle ragazze contro di noi. Ma non è occorso molto più tempo perché insieme alla poltiglia di sangue e carne cominciasse a precipitare a terra l’intero uccello dei primi maschi evirati. Nessun cazzo piresta è riuscito a resistere ai colpi senza spezzarsi prima di essere strappato dal corpo dei guerrieri con le frustate mulinate sulla radice dell’uccello. Le herakliste erano euforiche per la devastazione che infliggevano alla vulnerabilità del cazzo piresta, e per la scoperta che stavano sperimentando della sua debolezza - della tenerezza del nostro uccello: niente si frantumava con maggiore fragilità e sofferenza nel corpo torturato dei guerrieri. Le femmine seguitavano a ridere e a indicarsi l’un l’altra la polpa di carne maschile che deflagrava dagli uccelli squarciati, e i volti stravolti e le urla dei ragazzi massacrati dalla loro vendetta. In breve i cazzi piresti esplosi sotto l’assalto delle fruste sono stati strappati via dal pube virile, lasciando esposte le palle sotto il torrente di sangue che prorompeva dalla voragine aperta alla radice dell’uccello. Le gambe e le braccia dei guerrieri fremevano involontariamente, mentre le frustate passavano ad infuriare conto i loro coglioni indifesi. Le guerriere nerazzurre infierivano sulle palle pireste sbranandole dentro lo scroto, prima di castrare il corpo dei guerrieri strappando l’intera sacca dei coglioni. Le frustate percuotevano a turno i globi che ciascuna palla formava nello scroto: ogni coglione veniva sferzato con colpi violentissimi, che tagliavano la carne della sacca ad ogni nuovo urto. Lo scroto di molti ragazzi si è squarciato, esponendo i coglioni nudi ai colpi delle femmine. Le frustate si sono schiantate sulla carne viva delle palle, spezzando e sbranando la polpa sanguinante dei poveri coglioni piresti scoperti e indifesi nella furia della carneficina. Quando ogni fibra di carne delle palle è stata dilaniata dalle frustate, e nella sacca dei coglioni non è rimasto altro che sangue frammisto a qualche maceria di polpa dei testicoli, le sferzate herakliste hanno strappato dai corpi dei guerrieri i brandelli di scroto che erano rimasti appesi tra le loro cosce. Dopo pochi minuti dall’inizio della tortura, il pacco di tutti i piresti era stato dilaniato e strappato dal loro corpo: un torrente di sangue sgorgava dalla voragine che si apriva sullo squarcio della castrazione. Il petto dei ragazzi era stato sbranato dalle frustate, le loro braccia e le loro gambe si scuotevano si scuotevano al di fuori di ogni controllo. Le avversarie infierivano sui pochi piresti che mostravano ancora segni di coscienza: una ragazza ha assaltato Kyros squarciando quello che restava del suo petto, senza avvertire pietà per i lamenti inumani che il maschio continuava a mugolare mentre la fissava nudo e indifeso. Gli ha spaccato le costole a sassate, fino a quando non è riuscita ad immergere la mano nel torace e ad afferrargli il cuore. Lo ha cavato dal petto del ragazzo ucciso, e lo ha mostrato alle compagne euforiche. Altre guerriere hanno seguito l’esempio della torturatrice di Kyros; ma ormai i ragazzi imprigionati ai pali erano già stroncati e morenti per il dolore e per le ferite. La comandante è tornata quindi ad esigere l’attenzione per i maschi imprigionati sul palco: ci ha spiegato che ad ognuno dei ragazzi era associato un edificio della città. Chi tra loro fosse morto senza urlare per la sofferenza, da vero duro, avrebbe risparmiato al Pireo la distruzione dell’istituzione che gli era assegnata. Le ragazze hanno assaltato il corpo dei piresti legati al suolo. Calci e pugni si sono abbattuti sulle loro palle tenere e sui loro cazzi fragili. I corpi dei ragazzi fremevano e si tendevano nel tentativo di resistere alla sofferenza; il sangue usciva dai tagli ai polsi e alle caviglie, che si contorcevano nella corda e nel metallo che li imprigionava. La cappella del cazzo di Pegasios è esplosa con un’ondata di sangue: il suo urlo è stato il primo a irrompere nell’aria immobile della piazza. Ma dopo di lui, gli altri guerrieri non sono più riusciti a resistere, e uno dopo l’altro hanno reagito alla sofferenza atroce dei loro pacchi massacrati con urla di dolore, con imprecazioni e invocazioni di pietà. Orestes è stato l’unico a resistere. Il suo fiato non è esploso dalla gola; il braccio destro si è rotto nella tensione con cui il suo corpo si contorceva sotto le sferzate del dolore ai coglioni, il piede sinistro si è quasi staccato dalla gamba. Visto che i calci sui coglioni non ottenevano l’effetto sperato, la ragazza che lo torturava gli ha sferrato diversi pugni in pieno petto, per sfogare la sua furia. Il corpo di Orestes ha sobbalzato sotto ogni percossa sul torace, ma i lamenti sono rimasti rinchiusi in gola. La guerriera è passata allora ad afferrargli il cazzo e a strappargli con le unghie la pelle sulla cappella. Il corpo del ragazzo si è teso e si è contorto come se ogni fibra dei suoi muscoli fosse stata bruciata da una fiammata; ma le urla sono rimaste soffocate nel suo petto massacrato. Poi la femmina ha cominciato a strofinare una pietra sulla carne viva della cappella, strappando e sbranando fibra per fibra il suo cazzo piresta. La torsione con cui il corpo di Orestes reagiva alle torture è diventata massima, le mani si sono slogate entrambe nella loro lotta inutile con le corde che lo imprigionavano; poi i sensi hanno ceduto al dolore, ma non il coraggio del ragazzo, che ha seguitato a non urlare. La guerriera ha aspettato che Orestes riprendesse coscienza, schiaffeggiandogli la faccia a piene mani. Quindi, quando gli occhi del ragazzo l’hanno rimessa a fuoco, ha pestato coi pugni i coglioni del piresta contro il suolo, con violenza cieca, a ritmo alterno. Il corpo di Orestes ha sobbalzato come se dovesse svellere l’intero palco; le caviglie si sono slogate, le gambe erano piegate in maniera innaturale e le braccia tremavano involontariamente. Il ragazzo ha perso i sensi di nuovo, ma non ha urlato. A quel punto è intervenuta la comandante in persona, che per tutta la cerimonia lo aveva dominato calpestandogli il petto fieramente peloso da piresta. La femmina aveva posto particolare cura nel coprire con il suo piede destro lo scudo del Pireo tatuato sotto il suo vello rosso scuro. Appena Orestes ha ripreso coscienza, la condottiera dell’Heraklia gli ha sferrato una serie di calci sulla faccia, che hanno reso una poltiglia irriconoscibile il suo volto; quindi il massacro si è allargato a tutte le parti del corpo – fino a quando, gli ha sferrato un colpo netto del piede sul cazzo facendoglielo esplodere, per poi strappare il tronco mutilato del suo uccello piresta con un altro calcio. Il cuore fiero del ragazzo è stato sopraffatto dal dolore, e il corpo del piresta, dopo un ultimo sussulto, si è accasciato senza muoversi più. Orestes non ha fiatato per tutto il tempo; e con questo estremo atto di coraggio ha salvato la nostra palestra e il dormitorio degli allievi guerrieri annesso. Quando anche i ragazzi sul palco sono rimasti schiantati dalla sofferenza ed è stato impossibile riportarli alla coscienza per infliggere loro altre torture, le herakliste soo passate a riscuotere il bottino della loro vittoria schiacciante. Non hanno rapinato beni materiali; come aveva annunciato la loro condottiera, hanno appiccato fuoco ai palazzi principali della città. Le fiamme si sono alzate al cielo divorando le scuole, l’ospedale, il mercato, le fabbriche di tessuti, il oro. Al termine, l’incendio è stato propagato anche al palazzo del consiglio, che dominava la piazza in cui eravamo rimasti prostrati ai piedi dell’Heraklia vittoriosa. I corpi dei piresti sconfitti durante la battaglia del giorno prima sono stati usati per generare i roghi nelle diverse ali dell’edificio; poi, quando il fuoco stava sbriciolando tutto, anche i cadaveri dei guerrieri torturati e uccisi durante la celebrazione della vittoria sono stati lanciati nel palazzo incandescente, tra le grida euforiche delle femmine. Nemmeno uno dei ragazzi della Seconda Squadra è riuscito a porsi in salvo: sono tutti bruciati con la distruzione dell’edificio. Al termine della giornata, nella città fumante e distrutta, ho avvertito nel mio cuore gonfio di paura che l’Heraklia aveva definitivamente schiantato e dilaniato il Pireo.