Il cuore di un guerriero – Parte III Un giovane soldato impara in battaglia il valore delle sue avversarie By Loredana, lozar1980@hotmail.it 5 maggio L’alba si è rovesciata sulla mia branda come una colata di lava. Nessuno era in ritardo per l’adunata, ma si continuavano a sentire ordine urlati ovunque: la concitazione aveva mille bocche e una sola voce. Adrenalina, paura e testosterone. Le ragazze dell’Heraklia ci avevano sfidato, lo avevo immaginato prima di saperlo dai discorsi trepidanti degli altri ragazzi nei cessi. Non ero ancora pronto quando la Squadra Due ha marciato verso la piana di Axum per affrontare le avversarie: il comando non aveva esitato ad inviare la squadra più forte delle nostre armate contro il nemico più odiato. I maestri hanno tentato di impedirci di raggiungere il colle sopra il campo di battaglia: ma sapevano benissimo che non esistono né argomenti né punizioni in grado di tenere lontano un ragazzo dagli spalti della sfida, quando una squadra di maschi piresti sfida le ragazze dell’ Heraklia. Quando ci si batte contro le femmine nerazzurre, la prassi di battaglia viene sovvertita da una tradizione molto più agonistica – che naturalmente è stata rispettata anche questa volta. Il comandante guida la squadra gridando verso il sole nascente “Herakliste, puttane, sentirete quanto è duro il nostro cazzo, sentirete il dolore che vi sbrana il culo, a colpi di cazzo vi spezziamo il culo, a colpi di cazzo, a colpi di cazzo!”, mentre il vento trasporta l’urlo di guerra dell’ Heraklia: “Piresti, stronzi, aspettiamo le vostre palle, abbiamo fame di palle, siamo qui per scorticare cazzi, siamo qui per massacrare petti siamo qui per i vostri coglioni - o vi cacate sotto per le vostre palline, vi cacate sotto davanti ai nostri seni gloriosi?”. Gli schieramenti si fronteggiano solo per un istante; quindi, ad un nuovo grido dei comandati, si precipitano a cercare lo scontro sollevando un polverone per la furia della corsa. Il primo impatto è massiccio, come sempre: le squadre si colpiscono quasi come due corpi compatti che si urtano. I primi a cadere al suolo non possono nemmeno lottare, vengono semplicemente travolti e calpestati nella sabbia. Il Pireo ha la meglio, la squadra si incunea tra le fila herakliste che devono ripiegare. Il grido di trionfo dei ragazzi romba nell’aria, Vi spacchiamo il culo, vi spacchiamo il culo, a colpi di cazzo, a colpi di cazzo. Erastos e i suoi premono sul fronte delle ragazze: non esprimono una particolare tecnica di lotta, si affidano alla potenza delle loro braccia e delle loro gambe. Il metodo funziona, le femmine continuano ad arretrare, mentre il resto della squadra dilaga ai fianchi, lasciando al suolo altre herakliste. Fisso Basil mentre sgomita alle tette due femmine che cercano di fermarlo, dimenandosi fino al momento in cui la sofferenza impedisce loro di contrastarlo ancora. La strategia deve essere stata collaudata, perché molti altri ragazzi procedono mirando direttamente al seno delle avversarie, ridendo delle loro pere che si scuotono e che volano in tutte le direzioni, mentre le femmine subiscono l’ondata di violenza maschile arretrando finalmente fino a ridosso della foresta. I piresti, dopo circa un’ora di lotta, hanno costretto le temute avversarie nel limite ridotto del campo di battaglia: ormai crediamo tutti che possano farcela – e ancora in non molto tempo. Continuo a fissare Basil, è vicino a Erastos, e insieme al comandante è uno dei ragazzi che può mirare a raggiungere la comandante heraklista e costringerla alla resa. Vedo che il suo corpo è coperto di sudore, la fatica sta un po’ legando i suoi movimenti mentre assalta una nuova avversaria, poco più alta di lui. La stanchezza lo tradisce, la femmina riesce a mettersi al riparo dai suoi attacchi, gli si oppone senza mostrare particolare ansia. E passa al contrattacco. Due diretti al volto allontanano Basil dalla pressione diretta sul suo corpo; poi la vichinga scarica una mitragliata di pugni sul ventre del ragazzo, che ansima piegato in due. Ma a testa bassa carica l’avversaria, sfondando la sua difesa impreparata e incornandola a testate sulle tette. La femmina subisce il colpo, si copre le pere massacrate con due braccia e si ritira, mentre dalle sue spalle un’altra ragazza si fa avanti per affrontare Basil. Il piresta la assale con la stessa veemenza: le scarica una raffica di pugni allo stomaco, rialza la testa e si allontana un istante per verificare l’effetto che ha ottenuto. Ma ora è lei a testa bassa ad attaccare, e con le due mani chiuse insieme a pugno prima gli sferra una bordata sul cazzo dall’alto, poi mentre Basil boccheggia terrorizzato, gli afferra il pacco da sotto con entrambe le mani e gli stritola i coglioni nella morsa del pugno. Basil stringe gli occhi e grida per lo strazio che gli dilania il corpo, l’esplosione di dolore che gli incendia il fisico irraggiando frustate di sofferenza dalle palle a ogni fibra del corpo. Il suo petto non riesce a sopportare il male e sussulta sotto gli strattoni con cui la femmina massacra i suoi coglioni indifesi. Quando lo spasmo gli serra il petto in un unico blocco di dolore, il corpo di Basil si attorciglia attorno al suo pacco torturato e alle mani che lo frantumano impietosamente. Il suo volto è contorto in un urlo di terrore che ormai non ha più suono per emanarsi. Le sua gambe si piegano, la coscia destra è già immersa nella polvere; ma l’heraklista gli strattona le palle e lo risolleva in ginocchio, mentre il maschio la implora senza più fiato, fissandola con gli occhi azzurri che invocano pietà. Lo sguardo gonfio di paura e di dolore forse la commuove, la ragazza lascia la presa che macinava i coglioni del piresta: con un tonfo il petto di Basil si abbatte nella polvere. Ma la femmina si è placata solo per un istante; ha sfilato la cintura della minigonna, afferra Basil per i capelli, lo solleva fino a quando il suo piede non può stamparsi saldamente sul vello del petto virile. La testa del maschio ciondola, il suo sguardo è appannato; l’heraklista lo sostiene sollevandogli il torso nudo, fino a quando Basil non si trova di nuovo in ginocchio. In quel momento il piede femminile si distacca dal corpo del ragazzo, e la cintura vibra nell’aria come un lampo. Dal petto del maschio erompe un grido disperato, mentre un fiotto di sangue inonda le gambe della ragazza: la cintura macina in un colpo solo la carne del pacco piresta, l’uccello e i coglioni di Basil vengono tagliati alla radice e strappati via dal corpo virile. Il cazzo piresta rotola tra i piedi della femmina, mentre i coglioni sono scagliati più lontano: la sacca delle palle schizza in aria e i testicoli escono con la loro polpa di sangue – una palla precipita sull’orecchio della guerriera, l’altra si conficca nella sabbia oltre le sue spalle. Le mani di Basil coprono lo spettacolo orribile del cratere spalancato al posto del suo pacco, mentre le ondate di sangue continuano a riversarsi fuori dallo squarcio che ha disintegrato la sua virilità. La guerriera afferra la palla che si è appiccicata sopra il suo orecchio e la getta per terra, sotto gli occhi del piresta castrato; con un ghigno diabolico la spappola sotto il suo piede. Basil urla la sua disperazione, fino a quando precipita a terra privo di sensi, affondano la faccia nella pozza di sangue formata dalla poltiglia del suo coglione distrutto. L’heraklista impugna il cazzo che ha tagliato dal corpo del guerriero, ruota il corpo del maschio battuto fino a quando non riesce a calpestare il petto villoso col piede destro; solleva il cazzo sanguinante e lancia un grido terribile di trionfo e di vendetta. Il sole è alto sull’orizzonte e infuoca un’aria torrida quando Basil agonizza castrato nel sangue delle sue palle. Da quel momento i lampi delle cinture che fendono l’aria fischiando, ed esplodono sul pacco di un guerriero cominciano a succedersi spesso. Il campo si riempie di urla agghiaccianti di maschi, che rotolano nella polvere inondandola del loro sangue e del loro sperma. Una schiera di guerriere che si era tenuta in disparte fino a quel momento, ai margini della foresta, avanza senza pietà contro i ragazzi del Pireo. Seguo con lo sguardo Anthimos, che si trova tra le prime file in compagnia di Basil e di Erastos. Le sue braccia e i suoi pugni hanno giustiziato le pere di almeno dieci o venti ragazze: ha appena terminato di prendere a testate le tette dell’ultima avversaria, le ginocchia le hanno devastato i fianchi, e finalmente con gli ultimi pugni le tambureggia mento e testa, fino a quando la femmina si accascia a terra. Ora però gli si para di fronte una delle torri che avanza dal fondo, una vichinga heraklista che lo sovrasta di 2 centimetri buoni. Il maschio tenta l’assalto muovendo rapido sulle gambe, e portando pugni rapidi ai fianchi; l’avversaria sembra lasciar fare, oppone solo una buona tecnica di difesa, non sottraendosi agli scambi. Anthimos si avvicina e porta una raffica di ginocchiate ai fianchi, ma viene allontanato con due dritti in successione al volto. In agilità il piresta rimbalza verso la guerriera, affondando un dritto violento agli addominali; la femmina avverte il colpo e si piega, ma scarica un montante in extremis che centra il maschio al volto, impedendogli di scoccare il colpo definitivo. Il piresta barcolla per un istante ma si riprende all’istante, insinuandosi di nuovo sotto l’avversaria, per eseguire il pezzo forte dell’attacco. Anthimos scarica due montanti sulle pere possenti della ragazza, che si gonfiano e sobbalzano ai lati del torso femminile. La guerriera emette un gemito, mentre il maschio si concede un nuovo assalto alle tette dell’avversaria, che cerca di proteggersi il petto con un braccio. Una gomitata del piresta torna a percuotere dal basso le pere della ragazza, scuotendole verso l’alto e imponendo alla loro massa gloriosa una roteazione violenta. L’heraklista si copre le tette con entrambe le braccia, emette un lamento continuo e indietreggia di qualche passo. Il ragazzo ora le si fa sotto con confidenza, la sua missione è quasi compiuta. Prepara una nuova scarica di pugni contro le pere herakliste – ma appena è a due passi dalla femmina, questa spicca un balzo e nel volo la sua gamba si tende conficcando il piede in pieno sui coglioni di Anthimos. Il maschio è colto di sorpresa, la difesa delle braccia non è nemmeno calata a proteggere la fragilità delle sue tenere palle. Il calcio heraklista si schianta sui coglioni virili con una potenza devastante, che schiaccia palle e cazzo contro il bacino e solleva di peso l’intero guerriero, scaraventandolo a terra qualche passo più indietro. Sui bermuda di Anthimos si allarga una macchia di sangue sopra il cazzo, mentre il ragazzo si rotola a terra con il fiato soffocato nel petto. Lo spasimo gli impedisce di urlare e di respirare, i suoi capelli rossi strisciano nella polvere mentre la testa sbatte in cerca di un filo d’aria che dia sollievo al suo petto paralizzato dal dolore: che lo liberi almeno per un istante dallo strazio che gli dilania i coglioni insieme a tutte le interiora del suo corpo battuto, dalla sofferenza che lo uccide strangolandolo con le sue stesse palle. La femmina ride del corpo piresta che si contorce agonizzante nella polvere. Come mai il mio piede non si è spezzato quando si è schiantato sul tuo cazzo, pensavo fosse di acciaio e che mi sarei fatta male, invece ho sentito solo della polpa flaccida e minuscola che esplodeva sotto il mio calcio, Aaaaaaaaaaaa… mi hai stroncato il cazzo… aaaaaaah… che cazzo di male mi hai fatto… aaaaaaaaah… hai dilaniato il mio corpo intero di dolore… cazzo non ho mai sentito così male alle palle… sei troppo forte per me, mi hai inflitto un dolore troppo lacerante, mi massacra tutto il corpo fibra per fibra, non ce la faccio a resistere… aaaaaaaahh... come cazzo hai fatto a schiantare sui miei coglioni un colpo così potente... ah cazzo… aaaaaaaaaah… cazzo nessuno mi ha mai fatto così male…, Stamattina urlavate di avere una nerchia indistruttibile, speravo di potermi battere contro cazzi duri come marmo e grossi come colonne, invece al primo calcio al tuo uccellino si è spaccata la cappella in due, se te lo avessi fatto avvicinare alla mia figa bollente te lo avrei incenerito prima ancora di toccarla, Brutta stronza hai spezzato il mio cazzo piresta… aaaaaaah… hai sopraffatto il mio corpo di dolore… aaaaaahh… ma non hai ancora spezzato il mio petto… aaaaaaaahh… il mio petto piresta non è ancora trafitto dala tua forza… aaaaaaaah… posso ancora batterti… aaaaaaaaaaaaaaah… come cazzo hai fatto a massacrarmi il pacco così, cazzo…. Aaaaaaaah… La ragazza ride, poi si china sul guerriero e gli martella di pugni i capezzoli, fino a quando il pelo rosso del suo petto virile non si bagna del sangue che sgorga dai capezzoli rigonfi di lividi. La vendetta non si placa fino a quando le unghie herakliste non si sono conficcate ovunque sul petto virile, strappando peli e carne in quantità sufficiente a trasformare i pettorali maschili in una polpa sanguinante. Allora la guerriera può rialzarsi, sfilare la cintura e vibrare il colpo micidiale sul fragile pacco di Anthimos. Prima il cuoio trancia lo scroto e le palle del ragazzo; poi si schianta sulla base del cazzo e lo strappa fibra a fibra dal pube virile. Un’ondata di sangue irrompe sugli addominali piresti; il cazzo dopo essere stato sradicato sorvola il petto muscoloso di Anthimos e lo colpisce in pieno volto, mentre il ragazzo osserva terrorizzato la distruzione del suo pacco indifeso. Il piresta urla coprendosi con le mani il vulcano di sangue che erutta in mezzo alle cosce virili; la femmina lo squadra con un grido di trionfo. Raccoglie il cazzo strappato dal corpo del guerriero e lo depone sul suo petto villoso; poi lo schiaccia con il piede, frantumandolo contro le costole e i pettorali sconfitti del maschio morente. In poco più di mezz’ora l’ondata delle guerriere che attaccano dalle retrovie ha ricacciato i ragazzi piresti oltre la loro metà campo. I maschi, che pure sembrano essere stati a un passo dalla vittoria, ora non riescono a resistere all’assalto delle armate herakliste: sebbene oppongano coraggiosamente il loro petto nudo e le loro palle vulnerabili alle cariche delle guerriere, i loro corpi finiscono per soccombere ai colpi delle femmine e a crollare sconfitti al suolo, massacrati dalla ferocia nerazzurra. La sabbia del campo di Axum è fangosa di sangue virile, che scorre dai cazzi e dalle palle che vengono tagliati dai corpi dei piresti sconfitti, o dal pacco dei ragazzi che resistono in battaglia, nonostante le ferite che squarciano il loro uccello o la sacca dei coglioni. I soccorritori trasportano verso la città i corpi dei guerrieri agonizzanti: tutti quelli che attraversano le alture accanto alla mia postazione sono morenti, gli addominali e le cosce sono coperte dal sangue che sgorga dal pacco distrutto. Solo pochissimi dei piresti che rientrano in città non sono stati castrati sul campo di battaglia: Stachys, un ragazzo di solo due anni più di me che conoscevo dai tempi degli allenamenti, mi passa accanto emettendo un gemito continuo, e stringendo il suo cazzo spaccato nella mano destra. Ormai l’Heraklia preme il Pireo a ridosso del confine rossonero del campo. Ogni maschio viene assalito da due o tre guerriere simultaneamente. Riconosco Alessandro mentre viene bloccato alle spalle da una ragazza: l’avversaria contro cui si stava battendo si scatena in una raffica di pugni contro i suoi addominali indifesi. Alessandro si lamenta per le fitte che gli perforano i muscoli del ventre – ma a furia di strattoni riesce a liberarsi momentaneamente dalla presa che lo avvinceva da dietro. Si scaglia con una testata contro i seni della femmina di fronte; poi conficca un pugno in ciascuna delle due tette, e continua esplodere pugni sulle pere della guerriera – fino a quando la ragazza che lo aveva bloccato dalle spalle gli afferra da dietro il pacco nel suo pugno, e comincia a stritolargli i coglioni. La tette di un’heraklista sono sacre pezzo di merda, pagherai per aver contaminato il seno di una ufficiale, AAAAAAAHH.. le mie palle ti prego… aaaaaaaaaaaahhhhh… ti prego non massacrarmi i coglioni, ti prego… ti prego…, Mezzasega piresta, ti faccio a pezzi le palle e il cazzo, ti macino ogni fibra del corpo solo per aver concepito l’idea di avvicinare i seni di una ragazza heraklista invece di inginocchiarti e adorarli, Maledetta puttana lascia le mie palle… aaaaaaaaaaaaahhh… ti spezzo il culo stronza, ti pentirai di torturarmi le palle in questo modo… aaaaaaaaaaaaaah… quanto cazzo mi fai male aaaaaaaaaaaaaaahhhhhhh… cazzo muoio… mi fai troppo male ai coglioni ti prego…. Aaaaaaaahh… ti prego… ti prego bastaaaaaa… Il piresta viene trascinato in ginocchio per le palle; poi la guerriera che Alessandro aveva bersagliato di pugni sulle tette estrae la cintura e la fa sibilare nell’aria. L’urlo del maschio accompagna l’esplosione di sangue e di carne che gli dilania il cazzo e le palle; poi, davanti ai suoi occhi appannati dallo strazio, la ragazza si appoggia i coglioni piresti in mezzo al seno denudato e li frantuma comprimendoli tra le sue pere imponenti, fiere della potenza distruttrice dell’Heraklia sulle palle pireste e astiose per l’attacco virile di pochi istanti prima. Mentre la mascolinità di Alessandro viene disintegrata, il corteo della comandante nerazzurra avanza verso il confine piresta del campo. Quattro guerriere trascinano il comandante, Erastos, per le gambe: il suo corpo è completamente nudo, il torso peloso è coperto di sangue e di polvere, la schiena striscia al suolo lasciando un’altra bava di sangue. Il guerriero è del tutto inerte, lo sguardo è vitreo, le cosce pericolosamente divaricate – il pacco indifeso, la sacca delle palle gonfia di lividi. Quando il corteo raggiunge il terrapieno nell’area piccola del Pireo, il corpo di Erastos viene lasciato cadere completamente con un tonfo nella polvere. In quell’istante i combattimenti in corso si interrompono, l’aria infuocata si ferma in un silenzio carico di tensione. Piresti, questo è il vostro comandante, tocca a lui ora decidere se sarete massacrati tutti o se vi piegherete ad una resa che risparmierà a qualcuno le torture più atroci, Aaaaaaah… cazzo… aaaaaaaaaaah…, Mezzasega piresta, sei pronto a conoscere il tuo destino?, Aaaaaaaaah… puttana,… cazzo… hai spezzato il mio corpo… aaaaaaaaah… cazzo mi hai massacrato di dolore… aaaaaaaah… ma non hai spezzato il mio petto piresta… aaaaaaaaah… non mi arrendo… aaaah… cazzo non mi arrendo…, Sei un idiota rottoinculo, come tutti i piresti, credi che ti lasci scegliere così, non illuderti di poter imporre una tua decisione a un’heraklista, Troia heraklista… aaaaaaaah… sentirai quanto fa male il mio cazzo piresta… aaaah… quanto è duro il cazzo di un piresta nel tuo culo… aaaaaaah…, Ora le mie ragazze riprenderanno a battersi contro i tuoi guerrieri, ad ogni piresta che crollerà al suolo tu sarai punito, fino a quando non implorerai pietà e supplicherai che ti sia concessa la resa, Stronza heraklista, aaaaaah… nessuna femmina riuscirà a piegare il petto di un guerriero piresta, aaaaaaah… non riuscirete ad abbattere il nostro petto virile… aaaaaah… La battaglia riprende, cerco terrorizzato di comprendere cosa stia capitando a ciascuno dei ragazzi ancora in grado di battersi. Ormai per il Pireo è impossibile resistere alle armate herakliste, le femmine dilagano sui guerrieri che non riescono a contrattaccare, facendosi massacrare il petto e i coglioni, senza arendersi ma senza più alcuna speranza di vincere. Le ragazze hanno stroncato i corpi virili sopraffacendoli di dolore: i piresti sono crollati uno a uno sotto i colpi devastanti dell'Heraklia con il corpo paralizzato dalla sofferenza, con ogni fibra dilaniata da uno strazio che costringe in ginocchio i ragazzi, piegati e umiliati - conficca nella polvere il loro petto piresta che implora la clemenza dell'Heraklia. Hektor è circondato da tre femmine: due gli hanno serrato le braccia, la terza lo stordisce con ganci durissimi al mento e sugli addominali. Il maschio tenta invano di liberarsi dalla stretta; reagisce contro la guerriera che lo fronteggia cercando di colpirla con calci – o quando si fa più vicina, con ginocchiate. L’heraklista martella gli addominali del ragazzo, costringendolo a piegarsi in due, nonostante la presa delle altre due avversarie; quindi lo copisce con un montante al volto, che lo riporta in posizione eretta. Ma proprio quando sembra essere stato sferrato il colpo finale, Hektor riesce a vibrare un calcio che urta la ragazza in pieno sulla figa. La femmina si accascia al suolo coprendosi la vulva con le mani; mentre è in ginocchio Hektor riesce ancora a raggiungerla con un calcio circolare sulle pere lasciate indifese. Ma la vendetta si interrompe proprio quando sembra riscuotere i primi importanti successi: la ragazza che gli bloccava il braccio destro lascia la presa per infilare una mano direttamente dentro i bermuda del ragazzo, impegnato a riconquistare l’equilibrio dopo i calci assestati all’avversaria. La mano è fulminea e gli stringe i coglioni nudi in una morsa implacabile. Hektor emette un lamento spaventoso e prolungato, mentre l’heraklista gli strattona la sacca delle palle per estrarla dai bermuda: i suoi tentativi di liberarsi il pacco dalla morsa sono del tutto vani. Il corpo del guerriero vacilla sotto le frustate del dolore ai coglioni; infine lo scroto viene estratto, mentre Hektor è piegato in ginocchio: le sue mani tentano confusamente di allontanare la ragazza, senza più alcuna reale efficacia di difesa. Mentre una guerriera tiene salda la presa sulle palle di Hektor, l’altra raccoglie dal suolo due sassi scheggiati, fissandoseli nell’incavo delle tette; quindi si avvicina al maschio ormai quasi disteso nella polvere, e pressa i coglioni piresti tra le sue pere armate dalle pietre. Dal petto di Hektor esplode un urlo animale di terrore e di strazio; il grido si prolunga per tutto il tempo necessario ai seni heraklisti per macinare le palle pireste. Infine l’esplosione di una macchia di sangue e polpa sulle pere nerazzurre conclude la castrazione dei coglioni rossoneri – e mette termine all’urlo e all’agonia del maschio. Le sue membra tremano involontariamente per qualche istante a terra, poi ogni segnale di vita si interrompe. La comandante heraklista si avvicina a Erastos; lo fa sollevare da due guerriere, che lo sostengono in posizione verticale davanti alla loro condottiera. La testa del ragazzo ciondola sul suo petto torturato, lo sguardo è spento. Senza dire una parola, la femmina gli tasta la sacca delle palle; con le dita isola il testicolo destro, poi conficca le unghie delle cinque dita nel coglione, e stringe la mano a pugno. La palla piresta regge pochi secondi, poi il movimento delle dita femminili mostra di non incontrare più ostacoli nella parte destra dello scroto. AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAHHHHHHH… cazzo mi stai disintegrando le mie palle pireste… aaaaaaaaaahhh troia quanto cazzo mi fai male… nooooooooooooooooooo… cazzo non mi castrare…. Cazzo ti prego non mi castrare… Aaaaaahh noooooooooo… cazzo che male… aaaaaaaaaaaaaaahhhhhhhhh… puttana le mie palle nooooooooooooo… mi hai massacrato una palla… AAAAAAAAAAAAAAAAAHHHHH che cazzo di male… cazzo… ah cazzo ti prego… aaaaaaaaaah cazzo ti imploro, le palle no… aaaaaaaaaaaaaaaaah… ti prego non farmi male alle palle… aaaaaaaah… ti prego, pietà, non torturarmi ai coglioni… Con un cenno la guerriera ordina che Erastos sia risvegliato dopo aver perso i sensi per il dolore. Intanto la battaglia infuria, i maschi lanciano urla di sofferenza che sembrano ormai latrati di animali mentre vengono sbranati vivi. Le armate herakliste massacrano i corpi dei maschi travolgendo ogni muscolo, ogni arto che cerchi di difendere ancora le insegne del Pireo. Le femmine strappano la carne del petto, delle cosce, delle palle e dei cazzi in cui ha campeggiato la forza piresta: l'Heraklia dilaga e devasta ogni fibra del Pireo, in un trionfo selvaggio contro la virilità rossonera massacrata, torturata e umiliata. Pegasios è circondato da quattro ragazze, che lo sommergono di calci e di pugni da tutte le direzioni. Il ragazzo si stringe proteggendosi come può con le braccia; appena intravede la possibilità, cerca di restituire alle avversarie calci e pugni, tentando di produrre più dolore possibile con la violenza dei suoi muscoli. Ma dopo un calcio circolare diretto alle pere dell’avversaria che lo fronteggia, la guerriera che lo ha raggiunto alle spalle entra sul piede che lo sorregge a gamba tesa, e lo stende a terra. Quindi si getta sulle sue caviglie e le forza al suolo installandosi sopra con tutto il suo peso; un’altra femmina avvinghia il braccio destro nell’incavo delle coscia, bloccandola a terra; e prima che Pegasios riesca a reagire, una terza ragazza gli afferra il braccio sinistro asserragliandolo con la stessa tecnica. Ora il maschio è immobilizzato a terra, con la schiena nella polvere; i suoi tentativi di liberarsi a strattoni scuotono le guerriere, senza tuttavia conquistare la libertà necessaria. La quarta femmina, rimasta in piedi, ride degli sforzi inutili di Pegasios, dello sguardo di terrore con cui la fissa mentre le ragazze lo imprigionano a terra. Poi la guerriera si inginocchia accanto al ragazzo, gli afferra i bermuda con entrambe le mani e li strappa nell’area che protegge il suo pacco virile. I peli sulle palle di Pegasios grondano di sudore; l’intero torso villoso del maschio schiuma di sudore, mentre il suo corpo continua a tendersi e a contrarsi nel tentativo vano di strapparsi da terra e di mettersi in fuga. Infine la femmina passa all’azione: afferra il cazzo del maschio, denuda la carne viva dell’uccello dalla pellicina che lo ricopre; poi conficca le unghie nella polpa rossa della cappella, con un’esplosione di sangue che schizza sugli addominali di Pegasios, sulle sue tette vicinissime al pacco devastato del guerriero, e sui corpi delle altre tre ragazze. Il maschio prorompe in un grido spettrale, il suo corpo si scuote in preda alle convulsioni. Ma la femmina non lascia la presa; si aiuta anche con l’altra mano a macinare la punta del cazzo di Pegasios, fino a quando la cappella si stacca a grumi dal resto dell’uccello ancora aggrappato al corpo del guerriero. Il corpo virile sussulta senza controllo, una schiuma bianca acida ricopre il petto peloso del ragazzo e scende dalla sua bocca spalancata, mentre un lamento metallico, lungo, involontario, scandisce la sua agonia. Ma l’heraklista non è ancora soddisfatta: deve consumare la sua vendetta sul cazzo del Pireo fino in fondo. Le sue mani possenti afferrano l’uccello mutilato che ciondola sulle palle del guerriero inzuppandole di sangue e sperma, e lo incidono con le unghie, strappano e tritano fibra per fibra quello che resta del cazzo di Pegasios, stritolando ogni particella di carne del suo orgoglio virile. L’urlo con cui il guerriero assiste alla disintegrazione del suo grosso cazzo è cavernoso, prolungato, terreo. Le sue cosce pelose schiumano di sudore e di siero che erompe dall’uccello massacrato: sono le ultime parti del corpo muscoloso del piresta a sussultare, quando ormai anche il petto si è contratto su se stesso e ha smesso di respirare, marmorizzato nella tensione estrema del dolore. L’evirazione e l’agonia di Pegasios si è appena conclusa quando la comandante heraklista torna ad avvicinarsi a Erastos, che rantola in uno stato di semi incoscienza. Soppesa la sacca delle palle del ragazzo con un ghigno: le dimensioni dello scroto sono oltre il doppio di quelle già di per sé massicce che caratterizzavano il guerriero prima della battaglia. Con decisione isola il coglione sinistro e lo stritola con entrambe le mani. Le bastano pochi istanti per annichilire la seconda palla del ragazzo, spezzandola in grumi che vagano per il siero avvelenato dello scroto devastato. AAAAAAAAAAAAAAAAAAHHHHHHHH… cazzo bastaaaaaaaaaaa… le mie palle ti prego… aaaaaaaaaaaaah… le mie povere palle… cazzo ti prego… nooooooooooooo… ti scongiuro noooooooooo… cazzo che male… aaaaaaaaaah… ti prego basta… aaaaaaaaah… il coglione mi sta esplodendo ti scongiuro… aaaaaaaaaah… perdonami ti prego… aaaaaaaahh… ti prego ti prego no… pietà cazzo, aaaaaaaaaaaaaa… la mia palla è troppo potente per te… la mia palla piresta… aaaaaaaah… la mia palla, la mia pallaaaaaaaa… NOOOOOOOOOOOOOOOOO… cazzo noooooooooooo, hai disintegrato le mie palle pireste… aaaaaaaaaaahhhhh… cazzo non sono più un maschio… aaaaaaaaaaaaa… troia mi hai castrato… aaaaaaaaaahhhh… cazzo mi hai castrato… aaaaaaaaaaaah… non ho più i coglioni… aaaaaaaaaaah… cazzo non ho più i miei coglioni piresti… cazzo nooooo… aaaaaaaaah… cazzo i miei coglioni nooooooo… La comandante heraklista ordina di nuovo che Erastos sia aiutato a ridestarsi dal deliquio in cui è caduto perdendo i sensi. La furia della battaglia travolge gli ultimi machi in grado di combattere; ormai ogni resistenza piresta è crollata. Le armate dell’Heraklia schiacciano l’orgoglio rossonero umiliando i corpi dei ragazzi sotto una scarica di colpi micidiali che annientano i muscoli virili, travolgono lo scudo del Pireo che si opponeva all'Heraklia in ogni petto maschio dei guerrieri ormai prostrati ai piedi delle avversarie, sbranano i cazzi e le palle dei piresti agonizzanti e battuti dagli assalti furiosi sferrati dalle femmine vittoriose. In breve tre gruppi di ragazze trascinano davanti alla loro condottiera altri tre eroi della nostra squadra, imprigionati mani e piedi dalla potenza dei muscoli heraklisti. I ragazzi vengono distesi a terra, con la schiena nella polvere, gambe e braccia divaricate, bloccate dalle femmine che li hanno sopraffatti. La comandante nerazzurra si rivolge a Erastos: domanda se è disposto a dichiarare la resa incondizionata del Pireo. Se accetterà di umiliarsi prostrandosi petto a terra ai piedi della comandante heraklista, i tre guerrieri saranno risparmiati. Dalla bocca di Erastos esce solo un confuso lamento; ma i tre maschi catturati gridano quanto possono al loro condottiero di non arrendersi, di rifiutare l’umiliazione del Pireo schiacciato dalla potenza dirompente dell’Heraklia. La femmina intima loro il silenzio, senza ottenere un piena soddisfazione. Per imporre il rispetto della sua volontà, si sfila lei stessa la cintura della minigonna, e si avvicina ad uno dei maschi imprigionati. Il suo braccio è fulmineo, e il cazzo e i coglioni di Alberto rimbalzano nell’aria per qualche secondo – fino a quando l’uccello del guerriero si conficca nella sua bocca spalancata dall’urlo di dolore. La poltiglia di carne e sangue soffoca il ragazzo, già strangolato dallo spasmo del dolore al suo pacco disintegrato. La femmina torna al suo posto, e torna a porre la domanda a Erastos. Il suo rantolo di paura e di sofferenza non è diventato più intelligibile; la ragazza si avvicina per intendere meglio. Per imporgli uno sforzo maggiore di chiarezza, gli stampa un pugno in pieno petto – che scuote l’intero corpo del guerriero e strappa qualche urlo di dolore. Il petto villoso del ragazzo è stato già a lungo travolto di colpi, e ora subisce indifeso altri due pugni dalla femmina impaziente. Infine, in un sibilo si percepisce chiaramente la risposta NO pronunciata dal maschio. La ragazza, di nuovo senza pronunciare una parola, si avvia verso Cosmas, che invece grida di terrore vedendola sopraggiungere. Il ragazzo invoca pietà mentre la femmina squarcia i bermuda che gli proteggono il pacco; ma né il suo terrore né le sue invocazioni la possono fermare. La comandante gli afferra la sacca delle palle con le mani e macina con le unghie la pelle dello scroto. I peli delle palle vengono strappati o si infilano nei tagli sanguinanti accelerando l’infezione; infine lo scroto cede, e la mano della femmina allarga la fessura che le permette di raggiungere la carne viva dei coglioni. Le dita curiose della ragazza staccano una palla per volta: prima quella destra, poi la sinistra. La guerriera appoggia i testicoli che ha strappato dal pacco sui capezzoli del petto villoso di Cosmas – mentre un torrente di sangue impregna le cosce virili, che tremano convulsamente. Una ragazza tiene sollevata la testa del guerriero, in modo che possa fissare quello che accade sul suo petto nudo: con un colpo netto vibrato dai due pugni contemporaneamente, la femmina frantuma le palle castrate dal corpo di Cosmas e abbatte sul suo petto indifeso un colpo micidiale. Dopo pochi sussulti, Cosmas smette di respirare. Ancora una volta la comandante torna a rivolgersi a Erastos reclamando la sua resa; di nuovo i lamenti del ragazzo risultano incomprensibili. La femmina vuole che l’umiliazione del capo rossonero sia sempre più devastante: per esigere la sua attenzione infierisce sul corpo virile con due successioni di colpi a braccia incrociate. Il primo apre due squarci sul petto villoso del maschio, che risponde con un lamento acuto di sofferenza. Il secondo incide due tagli profondi nella coscia destra. La coscia pelosa di Erastos cede sotto l’attacco – e sebbene il corpo del comandante sia sorretto dalle guerriere, la violenza è tale da farlo crollare con il petto nella polvere ai piedi della condottiera. Le assistenti riportano il maschio di nuovo in posizione eretta davanti alla loro comandante: il corpo virile schiuma di sudore e di strazio, ma Erastos sibila di nuovo un NO alla domanda dell’avversaria. La femmina misura a passi pesanti la distanza che la separa dal corpo imprigionato di Stachys. Il ragazzo si scuote con la massima violenza nel tentativo di liberarsi, senza successo. La guerriera scatena sul corpo indifeso del piresta la sua furia incontenibile: prima lo gonfia di botte al volto, poi gli martella il petto coperto di pelo biondo, quindi si affanna con gli addominali scolpiti e irsuti di vello rosso. Stachys accompagna gli attacchi che demoliscono il suo fisico con gridi di dolore che diventano sempre più continui e uniformi. Ma è nel momento in cui la ragazza gli strappa i bermuda sul pacco che le grida diventano implorazioni di pietà. Il guerriero la scongiura di risparmiargli le palle, e ad ogni invocazione l’adrenalina dell’heraklista cresce di intensità. La femmina strappa a morsi la pelle che avvolge l’uccello; mentre macina coi molari la carne della punta del cazzo il corpo di Stachys sussulta in modo impressionante e il ragazzo perde i sensi. L’avversaria esige che il piresta assista alla sua umiliazione fino in fondo; lo schiaffeggia fino a quando non torna cosciente – quindi con le unghie e con i denti attacca la sacca delle palle fino ad averla ridotta a brandelli. La ragazza esige che Stachys contempli la castrazione con cui l’Heraklia annichilisce i suoi coglioni piresti: tutto il corpo del maschio trema come un bambino mentre i suoi occhi terrorizzati contemplano la carne viva delle sue palle esposte all’aria aperta, il suo torso nudo schiuma sudore acido che condensa sui peli folti. L’aria resta ferma per uno o due secondi – poi l’heraklista afferra i coglioni vivi del ragazzo e li conficca con i condotti deferenti dentro nel pube del maschio. Gli occhi del ragazzo si ribaltano per la frustata di dolore, il suo corpo sussulta di nuovo, il grido si strangola e il guerriero perde di nuovo i sensi. Le sue braccia e le sue gambe continuano a tremare senza controllo – ma la comandante vuole ancora l’attenzione del maschio, reclama la coscienza del piresta anche durante l’attacco al suo cazzo. Stachys però non sembra essere in grado di riprendersi: quindi la condottiera si limita a staccare l’uccello piresta dalla radice con un colpo secco. Il corpo del guerriero sussulta per un’ultima volta, quindi si placa definitivamente. La femmina afferra il cazzo squarciato dal corpo del ragazzo e torna ad avvicinarsi a Erastos. Il cazzo dei piresti è una polpa molle e flaccida, per di più minuscola, per questo le mie ragazze ridono di voi, per questo sanno che è giusto spezzarvelo, è indegno per una ragazza essere contaminata da questa merda di cui siete tanto fieri, mi chiedo come possiate pensare che un uccello piresta possa anche solo sfiorare i nostri culi, se solo provate ad avvicinarlo al nostro corpo si spacca, mi chiedo veramente cosa pretendiate di fare con queste cosine, eppure stamattina urlavate come matti, come mai ora c’è tutto questo silenzio dalla parte del Pireo, sembrate un cimitero, eppure vorrei vedere il tuo cazzo, il tuo è l’uccello del comandante, dei avere il cazzone più potente del Pireo, fammi vedere cosa sai fare con la tua nerchia d’acciaio, mostrami quanto il seno o la figa o il culo delle mie ragazze devono temere dai colpi del tuo cazzo, come mai non rispondi, sei silenzioso come un cimitero, come i corpi dei tuoi guerrieri che ho appena castrato, Hai spezzato il petto dei miei ragazzi… aaaaaaaaaaah… spezza anche il mio petto piresta… risparmiami l’umiliazione del tuo discorso… ci avete sconfitto… il Pireo è stato travolto dalle ragazze dell’Heraklia … avete stroncato i nostri corpi virili infliggendoci sofferenze che non avevamo mai provato… aaaaaahh… I vostri colpi sono troppo potenti, devastano i corpi virili dilaniandoli di dolore… il nostro petto non può resistere alla vostra potenza… aaaaaaaaah… cazzo ci avete umiliato… siete troppo forti per noi, potreste schiacciare tutti i piresti sotto i vostri colpi… aaaaaaah… finiscimi, spezza anche il mio petto, liberami dall’agonia di vedere il cuore fiero del Pireo massacrato e umiliato dall’Heraklia … La comandante heraklista si avvicina al pacco di Erastos, e gli afferra il cazzo con le mani. La carne della punta viene strappata a forza di unghie; poi la ragazza scava a partire dalla cappella uno squarcio sul dorso del cazzo. Il sangue gronda sulle cosce pelose del maschio, che sussulta sotto le frustate di strazio che gli incendiano il corpo ad ogni nuovo taglio che gli divarica il cazzo in due. Quando l’uccello appare completamente squarciato, il corpo di Erastos è già inerte da un po’. Le guerriere che lo sostenevano lo abbandonano, e il comandante piresta precipita esanime nella polvere. La comandante ordina di costruire una corda con le bandiere del Pireo strappate e impolverate che si trovano sul campo di battaglia: fa legare quello che resta dei coglioni e del cazzo di Erastos alla fune e trascina il suo corpo battuto per le palle verso la città.