Il cuore di un guerriero – Parte II Un giovane soldato impara in battaglia il valore delle sue avversarie By Loredana, lozar1980@hotmail.it 19 aprile Stamattina è sopraggiunto un rumore di voci, di carri e di cavalli con il vento del nord, poco dopo l’alba: un rumore minaccioso e preoccupante. Non era trascorsa ancora un’ora quando i maestri hanno radunato la squadra di difesa Tre, per far fronte al nemico. Era un esercito di maschi, che si proveniva da una città di cui ricordavo a stento il nome dalle lezioni di scuola. Ci sfidavano per ottenere una sosta presso il Pireo per 5 giorni, alimentati di cibo e acqua, con scorte ulteriori per 1 settimana; esigevano inoltre 2 macchine per la filatura dei bermuda destinati ai guerrieri. La squadra Tre è partita al rintocco delle 8: la vittoria per rigettare tutte le richieste. Sono sempre trepidante quando vedo i fratelli partire: tra meno di un anno toccherà anche a me. La divisa è quella di tutti i giorni: i bermuda con lo stemma rossonero, le scarpe, qualcuno indossa il berretto rossonero. Ma c’è qualcosa di splendente nel corpo del guerriero quando si avvia alla battaglia: forse è il modo in cui il petto nudo splende di fierezza al sole del mattino, o il modo in cui lo sguardo fissa rabbioso l’orizzonte, o il rigore con cui si compongono le fila in marcia. Incarnare lo scudo del Pireo infonde forza e bellezza al corpo, come una statua di potenza militare. Nelle battaglie leali si combatte a corpo libero; sono ammessi come armi solo i bastoni o i sassi che si raccolgono direttamente sul terreno dello scontro. Le squadre che dovessero utilizzare armi taglienti forgiate dagli artigiani, attirerebbero sulla loro città la vendetta di tutte le altre: le mura, le case, le palestre e le castalie verrebbero bruciate dalla vendetta di un esercito immenso. Nessuno ricorda violazioni della legge; d’altra parte, tutti sanno che per stroncare il corpo di un guerriero non servono armi differenti dalla forza del corpo di un altro guerriero. Il maestro del mio dormitorio ci ha imposto di eseguire l’allenamento del mattino, proibendoci di andare a guardare la battaglia prima del termine degli esercizi. Mi sono impegnato a concentrare forze ed energie al massimo, per esaurire la mia formazione mattutina; poi sono volato di corsa verso il campo di Axum, dove mi avevano indicato che si sarebbe svolto lo scontro. Ma quando sono sopraggiunto la battaglia volgeva al termine. I piresti stavano prevalendo ormai in tutte le aree del campo; gli avversari ancora in grado di battersi si trovavano ormai in grave inferiorità numerica, e rischiavano di essere assaliti da 2 o 3 guerrieri rossoneri a testa. Dovevano aver viaggiato a lungo, perché mi sembravano parecchio spossati. I nostri studiosi medici stavano già recuperando dal campo i piresti che erano rimasti abbattuti a terra durante la battaglia. Nel primo che mi è passato accanto ho riconosciuto un ragazzo che era stato mio mentore quando avevo 13 anni; adesso lui doveva averne già 32 o 33. L’occhio destro era chiuso dall’ematoma, la bocca era gonfia e colava sangue; davanti non vedevo più denti. Il petto era coperto da lividi viola e di squarci sanguinanti; le botte erano così voluminose in alcuni punti che sospettavo la rottura delle costole sottostanti. Il braccio destro era spezzato in più punti. Era svenuto, o comunque non reagiva a nessun segnale, sebbene l’occhio sinistro fosse aperto. Altri corpi massacrati di colpi continuavano a passare accanto a me, ma la battaglia ormai non poteva vantare più grandi emozioni. Alle due del pomeriggio la squadra Tre rientrava in città portando come bottino un carro con una macchina somigliante a quelle che servono per distillare la birra. Stasera, per la festa della vittoria, mi ubriacherò senza freni con Alexis e Anthimos. 24 aprile Prima dell’alba il frastuono si è ripetuto. Ma l’allarme questa mattina era più vibrante: i maestri erano inquieti, hanno preparato la squadra Uno in uscita prima delle sette. L’ansia rendeva elettrica l’aria, e stavolta nessuno si è preoccupato del nostro allenamento del mattino. Sono partito con Anthimos e sono andato a vedere la nuova battaglia. Le richieste erano quasi le stesse della battaglia precedente (mancavano i 5 giorni di permanenza presso la nostra città), di nuovo contro i maschi del Pireo, di nuovo al campo di Axum. Controllavamo il terreno della battaglia dall’alto delle rocce che lo dividono dalla città; siamo arrivati quando lo scontro era appena cominciato. Anche questa volta gli avversari erano una squadra di maschi; di nuovo provenivano da una città del nord, Ajax – più famosa di quella di ieri. Erano più alti dei nostri ragazzi, più robusti e spaventosamente simili tra loro. Le loro urla di assalto facevano paura – ma ancora più spaventosi erano i pugni che abbattevano come martelli sui corpi piresti. Il mio mentore di quando avevo 14 anni Basil, si trovava in seconda fila: lo seguivo per orientarmi nell’andamento della battaglia nelle sue fasi iniziali. Ha sfidato un ragazzo spigoloso, di qualche centimetro più alto: non c’è stato studio, sono partiti con uno scambio di pugni, ma dopo pochi colpi l’avversario lo ha avvinghiato e lo ha travolto di ginocchiate ai fianchi; prima di lasciarlo gli ha pestato due cartelle sulla faccia. Basil è crollato in ginocchio, mentre l’avversario gli ha sferrato tre pugni in pieno petto; al quarto colpo le costole hanno ceduto e il pugno avversario è affondato nel petto di Basil. Il corpo del piresta si è accartocciato attorno al petto disintegrato; poi i è schiantato al suolo. L’avversario ha preso a calci la testa di Basil; poi a calci ha ruotato il suo corpo inerte sulla schiena. Col tallone ha proseguito la demolizione del petto piresta; ad ogni calcio assestato al suo sterno, il corpo di Basil sussultava come un manichino, disarticolato. Infine, quando il nemico ha esaurito la sfuriata, ha premuto il piede sul cuore rossonero in segno di vittoria, mentre gli occhi del piresta fissavano il vuoto. Infine gli ha sfilato la cinghia dei bermuda, e l’ha utilizzata poi per frustare il corpo degli altri piresti che ha affrontato. Dopo solo 45 minuti di battaglia la disfatta del Pireo si profilava ormai irrimediabile. I guerrieri dell’Ajax spezzavano braccia, gambe e costole ovunque si imbattessero in un maschio piresta ancora in grado di battersi. La loro potenza fisica era impressionante, e godevano nel guardare la sofferenza dei nostri ragazzi che subivano i loro colpi urlando per il dolore, per i pugni e le ginocchiate degli Ajax che si incastravano nel loro petto o nella loro schiena affondando tra le loro ossa spezzate, per le gambe e per le braccia fratturate contro le pietre del campo o sulle cosce di marmo degli avversari. Era bastata poco più di mezz’ora ai guerrieri del nord per travolgere i nostri ragazzi; la squadra dell’Ajax ha sommerso i maschi piresti travolgendoli come un’ondata, spezzando muscoli e ossa, aprendo squarci nella carne dei miei fratelli, ed esultando per il sangue che ribolliva nelle ferite sulle cosce, che scorreva sulle braccia, che schizzava dai tagli e dalle fratture nel petto e sul volto dei ragazzi rossoneri. I guerrieri dell’Ajax hanno annichilito sotto a loro potenza il petto fiero che i piresti hanno opposto ai loro colpi duri come macigni; dopo la mezz’ora hanno cominciato ad infierire sui corpi spezzati dei nostri ragazzi, che rantolavano nella polvere, proni ai piedi dei loro avversari vittoriosi. Chi non era paralizzato dalla sofferenza per i colpi che si erano abbattuti sul suo corpo, strisciava con la gamba o il braccio che non era stato spezzato, nel tentativo di mettersi in salvo dalle torture con cui i vincitori umiliavano i piresti sconfitti. Sotto i calci dei guerrieri dell’Ajax sussultavano le teste dei ragazzi battuti, le braccia, le cosce, talvolta i corpi interi. Gli studiosi infermieri del Pireo sono accorsi sul campo di battaglia per trasportare via i ragazzi più massacrati. Ma la selezione era difficile, quasi tutti i maschi della Squadra Uno agonizzavano a terra con il corpo massacrato di colpi. I corpi devastati mi passavano accanto mentre venivano condotti di corsa sulle barelle verso la città: la faccia, il petto e le braccia dei primi a passare non erano più che una poltiglia di sangue e di carne. Poi hanno cominciato a passare ragazzi con il volto tumefatto, ma non distrutto, ma con il petto sfondato, le braccia e le gambe spezzate; poi finalmente è stato il turno di ragazzi che emettevano lamenti per lo strazio che incendiava il loro corpo umiliato dalla sconfitta. Nel frattempo i guerrieri dell’Ajax avevano deciso di porre fine alle vendette. Due di loro hanno trascinato per le braccia Stachys, il capo della squadra Uno piresta, fino ai piedi del loro condottiero. Stachys era inerte, lo sguardo fisso nel vuoto; il suo corpo lasciava una lunga striscia di sangue dalla schiena, mentre veniva trainato attraverso il campo. Il loro condottiero ha schiacciato il petto villoso di Stachys sotto il suo piede mentre i suoi compagni tuonavano i tre Hurrà! della vittoria. Poi ha slacciato i bermuda di Stachys e gli ha strappato la bandiera rossonera del Pireo che avvolge il pacco dei nostri comandanti; nel tripudio dei suoi guerrieri, l’ha gettata a terra e l’ha calpestata; infine ha estratto il suo enorme cazzo dai bermuda e ha pisciato sulla bandiera piresta strappata nella polvere – e, continuando a ridere e a incitare i boati di gioia dei suoi compagni, ha pisciato sul vello rosso del petto indifeso di Stachys, poi sul suo corpo denudato, infine nella sua bocca semiaperta priva di sensi. Ora che la vittoria dell’Ajax era stata proclamata, anche noi potevamo scendere nel campo di battaglia per aiutare i fratelli studiosi a raccogliere i feriti e a portarli all’ospedale del Pireo. Dovevamo assegnare la precedenza ai ragazzi che si lamentavano e piangevano, perché almeno eravamo sicuri di portare soccorsi ad un guerriero ancora vivo. Stachys non ce l’ha fatta, è rientrato già morto nelle mura del Pireo. Alle due del pomeriggio, ho dovuto rendere onore insieme agli altri guerrieri piresti alla squadra avversaria che ci ha inflitto questa durissima sconfitta. Tutti i guerrieri piresti si sono sposti in ginocchio ai lati del viale che i vincitori hanno percorso per raggiungere la piazza dove li attendevano le scorte e le macchine che hanno conquistato con il loro trionfo sul campo di battaglia. Il condottiero dell’Ajax, giunto nella piazza, ha esatto che il guerriero piresta inginocchiato più vicino a lui si prestasse a mostrare il segno della nostra sottomissione. Stephanos gli si è avvicinato e si è prostrato ai suoi piedi. Ha dovuto baciare la bandiera bianca e dorata dell’Ajax sulle scarpe del comandante avversario; poi ha dovuto sdraiarsi sulla schiena, e lasciarsi schiacciare il fiero petto sotto il piede nemico. L’impronta di quel piede brucia anche sul mio petto stanotte, e sul petto di ogni piresta; il peso di quel piede è un macigno nel nostro cuore, la soffoca come il peso di una montagna nel mio cuore rossonero. Un decimo della squadra Uno è morta in battaglia o poche ore dopo la sua fine. Ma tutti i ragazzi della squadra hanno il corpo massacrato dai colpi nemici, e nessuno di loro potrà battersi probabilmente per tutto il resto della stagione militare. Davvero una sconfitta terribile. 25 aprile Non avete abbastanza palle per battervi contro di noi. I guerrieri dell’Ajax continuavano a urlarcelo mentre eravamo inginocchiati ai loro piedi, quando sfilavano nel viale per celebrare il loro trionfo contro il Pireo battuto. E’ vero, hanno trionfato sui ragazzi piresti, la disfatta del Pireo è stata totale e bruciante. Una sconfitta così brutale che non possiamo pensare altro, non abbiamo abbastanza coglioni per batterci con loro. Le loro mani accartocciavano i muscoli piresti, e i loro pugni sfondavano le ossa rossonere, senza che il corpo dei rossoneri potesse in alcun modo resistere alla loro furia distruttiva. Solo l’orgoglio ha inarcato il petto virile dei nostri ragazzi contro la loro difesa. Ma il petto villoso dei maschi rossoneri si è mostrato uno scudo troppo fragile per il Pireo, che è stato travolto da una sconfitta umiliante: l’orgoglio ha proibito ai ragazzi di scappare, tutti hanno trovato il coraggio di battersi fino all’ultimo, e quando il corpo è crollato indifeso, hanno mostrato il petto fiero perché il guerriero nemico lo sfondasse con i suoi pugni micidiali. Ora ci aspettano tempi più duri. L’allenamento quotidiano ha raddoppiato gli sforzi già da questa mattina; gli allenatori ci massacrano sugli esercizi muscolari e sulla resistenza fisica. E in più quest’anno probabilmente non avrò tutte le nuove paia di bermuda che mi spettano come guerriero: oltre ai turni devastanti di allenamento devo pure fare attenzione a non rovinarmi troppo i calzoncini. Ieri sera, sebbene il pacco mi tirasse da far perdere la testa, e insieme allo sperma circolante il mio cervello producesse solo immagini della fica umida di Eirene, sono andato con Alexis e Anthimos a dare una mano per costruire una nuova macchina tessile. I guerrieri in queste circostanze non possono che fare lavori pesanti: portare il materiale, spostare il materiale, portare gli attrezzi, riporre gli attrezzi. Noi non sappiamo fare di più – mentre Alexis era già in grado di dare istruzioni agli operai su come montare i pezzi. In realtà i guerrieri sono molto più utili i quanto sembri. Infatti in città non abbiamo abbastanza pezzi per costruire tutte e due le macchine che ci sono state portate via come bottino dall’Ajax. Quindi la Squadra Due è partita questa mattina all’alba per sfidare i sestesi – che dovrebbero invece disporre di scorte rilevanti dei metalli che ci servono. Non abbiamo abbastanza ricchezze per condurre uno scambio commerciale onorevole sul tema; quindi il Pireo ricorrerà ai metodi più antichi del mondo per ottenere quello che gli serve. E’ sempre complesso organizzare la spedizione di una squadra: occorre prepararla, selezionare gli studiosi medici che la seguiranno, organizzare i rifornimenti necessari ad alimentarla fino a ritorno. I sestesi sono abbastanza vicini, per questo la spedizione è potuta partire così in fretta. Stasera invece mi sono precipitato da Eirene; avevo paura che lo sperma mi spappolasse il cervello da tanto che mi pulsava in tutto il corpo. Come temevo Eirene non mi ha nemmeno permesso di cominciare a implorarla; appena mi ha visto non le è sembrato vero di poter sfottere un maschio per la sconfitta che abbiamo subito. Come faccio a scopare con un ragazzo senza coglioni?, continuava a chiedermi. I ragazzi piresti non hanno le palle per battersi, come possono averle per scopare una vera guerriera? Quanto avete resistito contro l’Ajax? Ah è vero, non si riesce nemmeno a calcolare, perché in meno di mezz’ora non c’era più un maschio piresta in piedi… Com’è che non avete trattato sul bottino? Pare che non ci fossero guerrieri del Pireo capaci di parlare al termine della battaglia… erano troppo impegnati a strisciare nella polvere e a implorare pietà dai nemici per poter trattare! Ho sentito dire che i guerrieri piresti urlavano talmente forte per il male che schiantava i loro corpi, che nemmeno si riusciva a sentire il rumore delle loro ossa mentre si rompevano… Sai che addirittura c’è chi dice che non siete riusciti a costruire nemmeno un’azione di attacco? Si dice che abbiate subìto dall’inizio alla fine – per quello che è durata… - della battaglia, che solo l’Ajax attaccasse mentre il Pireo non riusciva a difendersi, e perdeva uomini massacrati a terra da tutte le parti… non rispondi? Ma allora è vero? Cosa provavi mentre guardavi il Pireo che perdeva? Cazzo, non avete davvero le palle per battervi contro una squadra di guerrieri veri… Non avete avuto i coglioni per attaccare i nemici, per questo vi hanno travolto! Il vostro capo, Stachys, ha strisciato nella polvere per tutto il capo di Axum, quando ha dovuto confrontarsi col loro comandante. Era prostrato a terra, ha lasciato che l’avversario gli calpestasse il petto senza reagire. Gli ha spogliato il pacco senza che resistesse, e ha lasciato che l’Ajax pisciasse sulla bandiera del Pireo senza opporsi! Ma dove cazzo li avete i coglioni? I piresti strisciavano con il petto nella polvere e invocavano pietà dagli avversari invece di battersi! Dovevate difendere il petto, non farvelo massacrare! Se il vostro petto è lo scudo del Pireo, questa città non avrà più un cuore rossonero. I loro colpi sono penetrati nel vostro petto come se fosse di gelatina, una gelatina di sabbia, per questo hanno preferito schiacciarvi il petto nella polvere piuttosto che trattare con voi! Il monologo di Eirene non smetteva più; il problema è che non avevo nulla da opporle, nessun argomento per contraddirla. Quello che diceva era vero, e se invece di sfottermi in quella maniera si fosse limitata a stritolarmi le palle nel suo pugno mi avrebbe di sicuro fatto meno male. Quando ero partito dalla mia stanza il cazzo mi tirava così forte da farmi male, e la mia testa era annebbiata dall’immagine della fica calda e bagnata di Eirene, la tormentava con un’idea così fissa che pensavo di non riuscire più nemmeno a vedere la strada che dovevo percorrere per arrivare al suo letto. Ma ora, dopo il suo discorso, l’uccello mi era sceso del tutto. L’umiliazione della sconfitta piresta mi aveva asciugato i coglioni fino all’ultima goccia di sperma. Ormai non potevo più nemmeno avvicinarmi a toccarla, le sue parole avevano fatto a pezzi il mio corpo, pensavo di non riuscire più nemmeno a stare in piedi. Dovevo abbozzare una difesa, Hai finito di rompermi le palle, lo sai che i maschi piresti sono sempre i guerrieri più forti di tutta la regione, Ma che cazzate spari, stai male, No lo sai anche tu che in fondo tutti si cagano sotto quando vedono arrivare le nostre squadre, Certo, perché non arrivano mai, sono secoli che non avete le palle per attaccare altre città, La squadra Due è partita giusto stamattina, Sì per litigare con quattro pastori che non sanno nemmeno cosa significa battersi, Lo saprai tu, Non sai nemmeno cosa vuol dire calcare un campo di bttaglia, Sì cazzo, certo che lo so, Ma non fare il coglione, se ieri ci fossi stato tu contro l’Ajax ti avrebbero squartato in due dal petto alle palle, una di qua e una di là, Taci stronza, so battermi come un vero maschio piresta, Già hai ragione, non avrebbero potuto strapparti lo scroto in due perché i coglioni nemmeno li avete voi maschi piresti, Ma vaffanculo stronza, Sparisci dalla mia stanza mezzasega, non farti più rivedere finché non avrai dimostrato che sai essere un guerriero. 27 aprile Eirene ha ragione, continuo a ripetermelo – e ogni volta che le sue parole mi risuonano in mente una voragine mi ingoia il cuore. Se mi fossi trovato sul campo di Axum per sfidare l’Ajax, il primo guerriero avversario che mi avesse sfidato mi avrebbe squartato il corpo dal petto alle palle. Avrebbe potuto costringermi in ginocchio di fronte alla sua potenza micidiale, o schiantarmi a terra, avrebbe potuto schiacciarmi il petto sotto il piede; o strisciare il mio petto rossonero, scudo del Pireo, nella polvere, affogare il mio cuore piresta nella sua piscia. Non potevo sfidare Eirene ad un incontro di lotta con questi sentimenti: non potevo ricorrere allo scontro fisico in pubblico per imporle di spalancare la fica e farsi bombardare dal mio cazzo. Non bisogna sfidare la ragazza che ti fa tirare l’uccello come nessuna, non è prudente; e non è prudente nemmeno sfidare una ragazza che ti sta sfottendo perché la squadra virile del Pireo è stata sconfitta. L’umiliazione ti fa scendere il cazzo, non ti fa sentire le palle. E se non sentile palle, sei un guerriero perdente. Anthimos non conosceva questa banale verità; forse non aveva ancora potuto scontare esperienze cruciali di questo genere; eppure questa ipotesi è strana, perché ha solo un anno meno di me e non può essere tanto ingenuo. Forse la verità è che ormai non gli importava più di quello che rischiava di perdere o di vincere; forse a lui è toccato in sorte di arrivare prima di me a capire qualcosa di essenziale che nel fondo a me ancora non è balzato agli occhi. Forse a lui non importava più sapere che il suo petto è lo scudo del Pireo, forse non gli importava più sentire il suo petto potente come uno scudo e fragile come un petto virile, fatto di carne e sangue vulnerabili; si è comportato comunque come se di tutto ciò non gli importasse più nulla. Ha sfidato Zoe, chiedendo in cambio della vittoria la sottomissione della ragazza al potere del suo cazzo per una notte. Naturalmente Anthimos voleva mostrare a tutti cosa significasse il potere del suo cazzo, e quanto fosse imprudente, insensato addirittura, rifiutare la forza dirompente delle sue palle e lo sperma bollente che schiuma di furia guerriera. Per questo Anthimos è partito all'attacco a testa bassa, tentando di sopraffare l'avversaria con la violenza e la rapidità del primo assalto. Ma Zoe non è una guerriera così ingenua da subire la sfuriata con timore. La sua velocità nello schivare i colpi è da manuale, una prontezza di riflessi degna da avamposto di battaglia. Anthimos consuma energie preziose senza conquistare particolari risultati: soprattutto, non riesce a guadagnare l'atterramento della ragazza, che invece doveva essere lo scopo essenziale del suo piano. La femmina attraversa la prima sfuriata del guerriero senza subire danni che pregiudichino le sue possibilità di vittoria. Quando il fiatone impedisce a Anthimos di tenere il ritmo di una nuova carica, Zoe esce dal guscio protettivo che l’ha difesa dall’assalto e comincia a rispondere con una serie di calci che si schiantano contro le cosce virili. I muscoli del maschio si coprono di lividi ma Anthimos non sembra neppure prestare attenzione; è concentrato a recuperare fiato per tornare all’attacco. La femmina tenda affondi anche con i pugni: mira agli addominali, con ganci intervallati all’assalto delle ginocchia. Il suo impeto cresce ad ogni colpo che si stampa sul corpo virile, e nell’ultima stretta il gancio sinistro sfiora i coglioni di Anthimos scuotendo però visibilmente il suo uccello. Aaaah cazzo il mio uccello…, m’hai beccato sul cazzo, c’hai provato a castrarmi stronza… aaaaah... Anthimos si lamenta ma sulla faccia ha stampato una specie di ghigno, si copre il pacco con le mani e si allontana dall’avversaria che ha appena portato a segno il primo attacco vincente. Ruota attorno alla femmina massaggiandosi il cazzo, con l’adrenalina che sale dal pacco appena colpito, anche se di striscio. Il petto e il volto si colorano di rosso, e Anthimos si avventa di nuovo sulla femmina. Questa volta tenta di demolire la sua resistenza con un attacco di gambe, mentre le braccia avvinghiano la ragazza per immobilizzarla. Ma Zoe è tutt’altro che intimorita dalla stretta del maschio; non si limita a divincolarsi, scarica anche una raffica di pugni sui fianchi di Anthimos, con una violenza da stroncargli il fiato un’altra volta. E’ tutto qui quello che riesci a fare, Cazzo, chi ti ha insegnato a pestare così duro, Fammi vedere che mi pieghi a forza di muscoli, mica posso desiderare il cazzo di una mezzasega, Ti sfondo il culo a colpi di cazzo stronza, Risparmia le forze per vincere coglione, non hai nemmeno più fiato per stare in piedi. Ora è la ragazza ad affondare, torna a colpire con le ginocchiate; ma dopo una prima raffica, che copre di altri lividi le cosce di Anthimos, Zoe si scosta dal corpo virile e gli stampa un calcio sugli addominali. Il maschio è piegato in due dal dolore che gli stringe gli addominali in un crampo, e la guerriera non si lascia sfuggire l’occasione per fulminare il volto di Anthimos con un gancio destro che gli torce il corpo di 180° e lo spedisce a terra di schiena. Il maschio ansima a terra con lo sguardo annebbiato, mentre Zoe gli schiaccia sotto il piede destro il petto villoso. Ma Anthimos non si arrende; con una risoluzione che non si capisce da dove provenga, le afferra la caviglia con due mani, la solleva e la strattona fino a farla cadere a terra. Non è abbastanza lucido per approfittare della sorpresa che ha shockato l’avversaria. La guerriera reagisce con un destro che si abbatte sui suoi addominali. Aaaah, mi hai spezzato gli addominali ma non puoi battermi, Sei solo una mezzasega, Devi baciarmi il culo, sto per farti a pezzi, Sei già al tappeto coglione. Mentre si rialzano da terra, con un colpo di reni Anthimos si avvinghia all’avversaria e abbatte a caso pugni e ginocchiate ovunque riesce. Zoe lo stringe con le braccia sotto le ascelle, tenta di limitare la sfuriata; poi con uno scatto fulminante si divincola dalla presa del ragazzo. Prima che il maschio possa reagire, lo colpisce con un gancio destro al mento; e prima che Anthimos riesca a riprendersi dal pugno, gli martella una ginocchiata sui coglioni. Il guerriero crolla in ginocchio coprendosi le palle ferite con le mani, con il corpo stravolto dagli spasmi dello strazio che gli dilania il pacco virile. Aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaahhh, Hai perso piccolo, arrenditi, Aaaaaaaaaaaaaaaaaaahgggg, Ti ho polverizzato Anthimos, non farmi andare oltre, Aaaaaaaaaaaa, nooooooooo, cazzo noooooooo, Prostrati ai miei piedi e non ti massacro più, Aaaaaaaaaaaaaaah, cazzo le mie palle, aaaaaaaaaah… le palle…, I tuoi coglioni sono un ricordo cucciolo, te li ho disintegrati, Aaaaaaaaaaaaaaah, che cazzo di male mi fanno le palle… aaaaaaaaaaaaaaaah, che cazzo di male… che cazzo aaaaaaaaaaaaaaah…, Ma guarda, il tuo corpo è più tenero di quello di una bambina, Aaaaaaaaaaah… noooooooo… mi hai stritolato le palle… cazzo volevi castrarmi… aaaaaaaah… ma i miei coglioni sono troppo duri per te… aaaaaaaah…, Non vedo ancora il tuo petto conficcato nella polvere sotto i miei piedi, Cazzo noooooooooo, non mi hai ancora sconfitto, aaaaaaaaaaaaaaaah, le mie palle sono ancora intere, aaaaaaah… cazzo non posso farmi battere da te, Ti ammazzo piccolo, prostrati a terra e baciami i piedi, No cazzo, non mi arrendo, aaaaaaaaaaaaaah le palle mi esplodono cazzo aaaaaaaaaaah, non mi arrendo stronza devi uccidermi aaaaaaaaaaaah…, Devo ucciderti, va bene, te la sei cercata, Aaaaaaaaah, che cazzo di male mi hai fatto alle palle… aaaaaaaaah… ho i coglioni indistruttibili non lo sapevi… cazzo ma quanto fanno male, cazzo… cazzo… aaaaaaaaaaaaah…, Ti strappo il cuore e i coglioni e li faccio mangiare al mio cane, sei morto Anthimos!. Zoe abbatte un destro sul volto del maschio, che si affloscia definitivamente a terra. La guerriera tenta di scavalcarlo per vederlo di fronte; ma mentre è sopra di lui Anthimos le rotola addosso facendole perdere l’equilibrio e rovesciandola a terra. Il maschio è contratto in posizione fetale, con le mani sui coglioni; annaspa e continua a lamentarsi con grida non più umane. Il suo unico tentativo consiste nel tentativo di avvinghiare a terra l’avversaria, al fine di impedirle di aggravare il massacro che Zoe ha inflitto sul suo corpo virile. La sofferenza e il tracollo delle forze non gli permettono di fare altro che rotolare addosso alla guerriera, impedendole di rialzarsi e di ricomporsi per assumere una qualsiasi figura di attacco. La ragazza scalcia e percuote a pugni il corpo del maschio ovunque riesca a raggiungerlo; sebbene la lotta si sia trasformata in una scena involontariamente comica e confusa, la strategia disperata del ragazzo riesce a procurare l’effetto sperato: i lividi devastano il corpo virile su ogni fibra e su ogni muscolo, ma il colpo capace di spezzarlo definitivamente non è stato abbattuto. Dopo aver sollevato molta polvere, Zoe decide che la strategia migliore consiste nel cessare il tentativo di assalto, e di dare tempo a Anthimos di uscire dalle convulsioni che costringono il suo corpo a terra per gli spasmi del dolore ai coglioni. Il maschio, a denti stretti, con le mani sulle palle straziate e con lamenti continui tenta infatti di riportarsi in piedi. Il suo corpo è penosamente contratto, le ginocchia sono molli e il tronco è piegato in due; con fatica la faccia guarda in avanti. Il volto e il petto villoso sono coperti di sangue, il resto del corpo mostra tagli e lividi paonazzi dappertutto. Anche la guerriera è riuscita a tornare in piedi, si avvicina al ragazzo con cautela. Il primo attacco si consuma con una raffica di calci sulle cosce virili. Ad ogni schianto sui muscoli delle sue gambe Anthimos replica con un urlo di dolore; la sofferenza lo costringe in ginocchio a più riprese. Ma con ostinazione il guerriero torna a sollevarsi, per esporsi a nuovi colpi che si abbattono sulle sue cosce indifese. Zoe poi si avvicina al ragazzo; all’assalto diretto alle gambe sostituisce un attacco coi pugni ai fianchi e al torso nudo di Anthimos, con scariche di colpi che massacrano quello che resta degli addominali e del petto virile. Il maschio è in balìa della furia con cui la guerriera devasta il suo corpo, la cui forza è stata completamente spezzata dal massacro sofferto ai coglioni: Anthimos cerca di ripararsi dai pugni che gli macinano il tronco con le braccia, coprendo quanto possibile, i fianchi e il petto. Ma la ferocia di Zoe trapassa la sua difesa devastando anche i muscoli delle braccia virili, distruggendo di colpi i bicipiti e coprendo gli avambracci di lividi. Infine la ragazza si discosta per un istante e abbatte un gancio destro sul volto di Anthimos – che precipita in ginocchio, lasciando i suoi occhi stupiti e terrorizzati senza più luce per diversi secondi. Prostrati ai miei piedi e implorami di non ucciderti, Baciami il culo stronza, finché il cuore mi batte nel petto non imploro nessuno, Schiaccia bene il petto nella polvere ai miei piedi e pregami, o sei un piresta morto, Ho il cazzo troppo duro per obbedire agli ordini di una ragazza, il mio petto è potente e tu non riuscirai a schiacciarlo nella polvere, Ti castro cucciolo, cazzo sto per sbranarti i coglioni, implora la mia pietà mezzasega, Non illuderti Zoe, tra un istante sentirai quanto fa male il mio cazzo enorme nel tuo culo, squarcerò tutto il tuo corpo molle da femmina a colpi di cazzo, sentirai quanto fa male il mio cazzo duro che ti trafigge la carne del seno, del ventre, delle cosce, della schiena, Hai ancora tre secondi per lucidare la terra sotto i miei piedi con il pelo schifoso del tuo petto e per supplicare, poi frantumerò ogni pezzo maschio del tuo corpo, Il mio petto è lo scudo del Pireo, ti dovrai piegare davanti al potere di un petto virile rossonero. Le cosce divaricate del ragazzo sostengono ormai con difficoltà il suo tronco devastato dal massacro della lotta, che ormai ciondola pericolosamente. Il silenzio improvviso rende percettibile a tutti il vento che spazza il terreno del campo di battaglia; poi il sibilo dell’aria tagliata dalla gamba della guerriera annuncia il calcio brutale che la femmina schianta sui coglioni di Anthimos. AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAHHHHHHHHHHH… L’urlo del ragazzo si spezza nello spasimo che gli contrae il corpo paralizzato dal dolore alle palle. Il piede di Zoe continua a stritolare il pacco virile tra le cosce vibranti di dolore; le mani di Anthimos cercano invano di allontanare la gamba della guerriera dai suoi coglioni indifesi, mentre le ossa femminili continuano a macinarli fibra per fibra. AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAH… aaaaaaaaaaaaaaaah… Ogni volta che un filo d’aria arriva ai polmoni del maschio, dalla sua gola esce un lamento pietoso, che da lamento si trasforma sempre più in rantolo. Zoe forza la pressione sulle palle del ragazzo, fino a quando riesce a sollevare il suo corpo e a rovesciarlo a terra di schiena. AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAHHH… Quando il suo corpo si abbatte al suolo, Anthimos erompe un grido inumano, poi i suoi gemiti soffocano in spasmi crudeli che contraggono tutto il suo fisico massacrato. Le braccia e le gambe del ragazzo si dibattono senza controllo, tutto il corpo virile si contorce in preda alle convulsioni del dolore ai coglioni. Gli occhi del maschio sono sbarrati, la coscienza è sparita dal loro fondo; la guerriera lo fissa con disprezzo. Poi la ragazza schiaccia di nuovo il suo piede vittorioso sul petto villoso di Anthimos, e lo blocca spalle a terra. Il corpo virile è battuto e umiliato, stavolta il guerriero non reagisce in alcun modo alla posa vittoriosa dell’avversaria, mentre una macchia scura preoccupante si allarga sul suo pacco virile, fino a quando le gocce di sangue cominciano a scorrere fuori dai bermuda. Solo le femmine sono vere guerriere, guardate bene chi è la campionessa nella sfida diretta, Aaaaah… aaaaaaah…, Potrei farlo a pezzi ed estrargli il cuore, senza incontrare resistenza, Aaaaaah… aaaaaah… cazzo… aaaaaah… hai spezzato il mio corpo… aaaaaaah…, sei troppo forte, aaaaa… hai dilaniato il mio petto e le mie palle… aaaaah… il mio corpo non ha più uno scudo… cazzo mi hai squarciato il corpo di dolore aaaaah… sei troppo potente per il mio petto virile… aaaaaaaaaaaaaaah…, Il tuo cazzo è ferito, ma devi comunque pagare la posta della sfida che hai perso, Aaaaaaaaaaaah…, hai falciato i miei coglioni in battaglia, aaaaaaaaah…, sei padrona del mio corpo e del mio cazzo… aaaaaaaaaaaaah… hai massacrato il mio petto, non ho più uno scudo per difendere il mio uccello… aaaaaaaah… non potrò più generare guerrieri piresti…, non potrò opporti il mio fiero petto mentre attacchi il mio corpo indifeso e mi strappi il cazzo… aaaaaaaaaaaaah… aaaaaaaaaah…, Per un giorno sarò padrona della tua virilità Anthimos, la tua sofferenza sarà lunga e atroce… è svenuto, vi prego, datemi una mano a portarlo dentro. 28 aprile Un vecchio mito che circola nella palestra militare dei maschi piresti raconta di una creatura mostruosa che si trova negli antri della città femminile. Si tratta di una specie di gigantesco insetto, qualcosa di simile ad una formica o ad uno scorpione gigante. La bestia intrattiene buoni rapporti con le donne - o si limita ad ignorarle; ma è golosa della carne virile, ed aspetta nelle viscere della terra qualche maschio che si avventuri spinto dalla fame sessuale a cercare ristoro presso la fica di una ragazza per aggredirlo e divorarlo. Sicuramente è solo una leggenda; ma ogni volta che un ragazzo attraversa il passaggio per raggiungere la donna che brama scopare questo racconto si riaffaccia alla mente per generare qualche brivido. Naturalmente questo non basta: per tutti i maschi cresciuti nelle palestre militari del Pireo una prova di coraggio consiste nell'andare a cercare il mostro, e nello sfidare il terrore di rintracciare la sua tana. Oggi pomeriggio Stachys e io ci siamo fatti travolgere dall'adrenalina e ci siamo dedicati all'impresa. Il sottosuolo del Pireo è un groviglio di cunicoli, non riesco a comprendere a cosa possano essere mai serviti. Il vecchio trucco del filo che si srotola per ritrovare la strada dell'uscita determina anche la durata massima dell'avventura: terminato il rotolo, bisogna tornare indietro. Abbiamo imboccato il corridoio che si apre poco a destra del cancello che separa dalla città delle femmine. Sapevamo che il mostro si annuncia con un ticchettio: sono le chele affamate che schioccano quando il bestione avverte l'odore della carne di maschio, o le antenne che vibrano per l'eccitazione. Chi ascolta il rumore può considerarsi già morto: l'insetto è infallibile nelle sue trappole. E' impossibile sapere in anticipo da che parte arriverà l'imboscata; quando il mostro si presenta, inchioda il ragazzo alla parete trafiggendolo con i suoi aculei nel petto, nelle braccia e nelle cosce. L'insetto però non uccide il maschio con questa mossa: la sua conoscenza del corpo virile è perfetta, cosicché le sue lame trapanano la carne del ragazzo solo per provocare un dolore che paralizza i muscoli, ma senza toccare gli organi vitali. Il mostro è goloso della carne virile non meno del godimento che gli procura fissare la sofferenza del maschio mentre gli dilania il corpo divorandolo pezzo per pezzo. Il suo desiderio di corpi virili lo spinge a seguire una procedura di nutrizione che parte dalle membra più golose e spolpa via via tutte le altre. Naturalmente, l'area del pacco è quella in assoluto più prelibata, dal momento che è fatta con una carne che è solo maschile. La bestia estrae un aculeo che trafigge la sacca delle palle e il cazzo; inietta un acido che scioglie la polpa del pacco, mentre il maschio urla, si contorce e sviene per lo strazio più insostenibile che si possa provare. Ma gli occhi dell'insetto non sono meno avidi della sua gola: esige che il dolore del ragazzo prosegua, che ogni fibra del suo corpo muscoloso frema per le convulsioni di una sofferenza perfettamente cosciente. Quindi la sua bocca spalancata spruzza liquori freddi e di odore putrido sulla faccia del maschio, perché questi riprenda conoscenza mentre i suoi coglioni e la carne dell'uccello si sciolgono in una poltiglia acida. Quindi il mostro comincia a succhiare, aspirando dall'aculeo il liquame schiumoso in cui si è trasformato il pacco del ragazzo. In seguito gli acidi dell'insetto spolpano le cosce e i polpacci virili. Dopo aver dilaniato le gambe, la bestia estrae un altro aculeo e lo conficca dentro il naso del ragazzo; intanto la proboscide che ha risucchiato i coglioni e il cazzo si conficca più a fondo nel corpo virile, risalendo il torso del maschio fino al petto. in una mossa simultanea l'animale scioglie il cuore e il cervello del ragazzo, risucchiandogli tutte le interiora. Al termine del banchetto, il mostro stritola la carcassa del maschio tra le zampe, facendo a pezzi la pelle e le ossa del guerriero completamente risucchiato. La leggenda mi è tornata alla mente con questa completezza e puntualità perché poco oltre i tre quarti del nostro gomitolo, Stachys è io abbiamo sentito distintamente il ticchettio. Mi è scorsa tutta la vita davanti agli occhi, incluse tutte le versioni che avevo sentito di questa storia. Speravo che le orecchie mi avessero ingannato - ma quando ho guardato il volto di Stachys la sua espressione di terrore lasciava pochi dubbi su quanto ci stava capitando: anche lui aveva avvertito il rumore. La minaccia sembrava provenire da una galleria alle nostre spalle; Stachys mi ha afferrato la mano e mi ha trascinato di corsa nella galleria aperta davanti a noi. Abbiamo corso a perdifiato, ma il rumore sembrava cambiare direzione ad ogni ripresa. Non era un segnale continuo: funzionava ad intermittenza - e ad ogni ripresa sembrava provenire da una direzione differente. Abbiamo svoltato a più riprese in gallerie laterali rispetto a quella che stavamo percorrendo, gettandoci sempre alla sinistra del nostro percorso. Poi improvvisamente la galleria è sfociata in una specie di stanza circolare - dove il rumore è diventato intensissimo. Non era un ticchettio, ma una specie di vibrazione fastidiosa. Sembrava una grossa zanzara che si sollevasse e si posasse di continuo - ma non c'era nessun insetto in circolazione, né con le ali né senza. C'era invece una specie di lamento continuo, la voce di un ragazzo, che accompagnava il segnale intermittente. I rumori provenivano da uno spazio illuminato che si trovava oltre la serie di grate aperte nella parete di fronte rispetto a quella dalla quale eravamo entrati nella stanza. Abbiamo spento le nostre torce e ci siamo avvicinati con la massima cautela, cercando di smorzare il fiatone provocato dalla nostra corsa. Quello che è apparso ai nostri occhi quando abbiamo raggiunto le fessure illuminate ci è parso forse ancora più sorprendete del mostro in agguato di cui parlano le leggende. Oltre le grate esisteva una camera di cui nessuna ragazza ci aveva mai parlato: eppure tutte loro dovevano essere al corrente della sua esistenza. Dentro la camera infatti si aggiravano diverse ragazze, tra cui ho riconosciuto Zoe. Non potevo evitare di individuarla tra le prime, perché si trovava proprio di fronte a Anthimos - legato con braccia e gambe divaricate a una grossa X di legno. I lamenti che avevamo ascoltato erano quelli con cui Anthimos accompagnava la tortura che gli stavano infliggendo: il suo cazzo era avvolto in una spirale di metallo, mentre altri due cavi gli erano stati agganciati ai capezzoli sul petto. La vibrazione che si diffondeva per le gallerie circostanti era quella della corrente elettrica che gli stava arrostendo l'uccello e i pettorali - ma con una procedura che rivelava il talento delle femmine nel dilaniare con la massima sofferenza e umiliazione il nostro corpo virile. Il passaggio della corrente stimolava il cazzo di Anthimos a rimanere sempre in tiro; diverse ragazze nude osservavano la scena e ridevano degli spasmi con i quali il maschio veniva condotto periodicamente a sborrare poco sperma mescolato a molto sangue. La sacca delle palle di Anthimos era gonfia e viola di sangue come non avevo mai visto gonfiarsi di botte uno scroto: temevo di sentire da un momento all'altro il rumore dell'esplosione dei coglioni. Invece, prima che le palle andassero in pezzi, il cazzo di Anthimos ha cominciato a sanguinare simultaneamente da tutte le parti. Il metallo ha preso a fumare per il contatto con il sangue; Anthimos urlava e si scuoteva impazzito dal dolore, mentre il suo cazzo bruciava nelle spire della corrente. L’uccello del ragazzo sembrava continuare a ingrossarsi, fino a non poter più essere contenuto nella spirale: forse erano le bolle di carne e di sangue che stavano esplodendo ovunque sul suo grosso cazzo, o erano le vene che si dilatavano mentre il pacco prendeva fuoco. Comunque Anthimos impazziva di dolore, i suoi occhi sembravano uscire dalle orbite, mentre gambe e braccia tremavano senza controllo, il petto peloso schiumava di una traspirazione acida e dalla bocca colava una bava gialla. Non saprei dire in alcun modo se questi metodi di tortura abbiano una vaga parvenza di legalità oppure no: la corrente elettrica è limitata solo agli usi industriali, a quanto mi hanno raccontato, tanto che io non ne ho mai visto fare altro uso. Alla fine comunque, il cazzo di Anthimos e la spirale che lo bruciava sono rimasti avvolti in una nube di fumo; la testa del ragazzo ha smesso di agitarsi ed è rimasta abbandonata a penzolare inerte sul suo petto ancora scosso da sussulti incontrollati: gli occhi erano vitrei e spalancati. Stachys e io ci siamo guardati negli occhi; senza dire nulla abbiamo cominciato a riavvolgere il nostro filo e abbiamo fatto il percorso al contrario. Dopo la fumata nera che aveva avvolto il cazzo di Anthimos, la vibrazione della corrente aveva cessato di colpo di farsi sentire. Il silenzio era assoluto attorno ai nostri passi che attraversavano, di nuovo, le gallerie oscure nel sottosuolo delle femmine. 1 maggio Stanotte finalmente ho scopato. Ho stantuffato il mio cazzo nella fica di Helene per tutta la notte, gliel’ho infilato e l’ho sbattuta per ore tanto che pensavo che mi si sarebbe consumato l’uccello nella sua topa calda e umida. Non so perché finora avevo sottovalutato le mie amicizie più vecchie: Helene è stata una delle prime femmine che ho conosciuto – non saprei nemmeno dire quanti anni, o mesi, avevo la prima volta che ho avuto a che fare con lei. Non ho dovuto pregarla, non ho dovuto insistere; era come se mi aspettasse. Come se si attendesse che un giorno sarei tornato da lei. E davvero dovevo essere accecato per non rendermi conto delle bocce che le sono cresciute – due pere da fartelo diventare duro anche senza nemmeno guardarla. Lei gemeva ad ogni colpo con cui le invadevo la figa col mio cazzo; i miei coglioni le colpivano le grandi labbra schioccando vivacemente – e a brevi intervalli questo rumore veniva sommerso dalle grida del suo piacere. Godeva a ondate con una foga che sembrava dover travolgere tutto il mio corpo: piantava le unghie nella carne della mia schiena, mentre tentava di soffocare le urla della sua eccitazione affondando i denti nel mio petto villoso. Dato il tempo che abbiamo dedicato al sesso, non è rimasto molto per chiacchierare. Tuttavia Helene mi ha assicurato di non aver mai nemmeno sentito parlare della stanza nei sotterranei in cui avremmo spiato la tortura inflitta a Anthimos. Questa storia mi preoccupa non poco, perché in realtà Anthimos è sparito dalla circolazione e nessuno lo ha più incontrato da nessuna parte. La vergogna non può giustificare un’assenza così prolungata, e nessuna delle infermerie della città virile ha visto passare il nostro vecchio compagno.