Culo di ferro Anonimo La storia inizia in un passato abbastanza prossimo, prima che venissero promulgate in molti paesi delle leggi che limitano l'ingegneria genetica e tutti i suoi utilizzi potenzialmente pericolosi. In quegli anni l'Urss aveva finanziato una ricerca per sviluppare soldati geneticamente modificati. Dovevano essere più resistenti, veloci e soprattutto forti. Nessuno seppe più nulla di quel progetto, e il motivo è estremamente semplice: riuscì fin troppo bene. Kirov, Russia, 1987 Stefanov stava riordinando il suo ufficio. Anzi, per la precisione lo stava smantellando. Quanti anni passati fra quelle mura! La piccola base militare di Kirov era diventata per lui una seconda casa. Prende uno scatolone e comincia a metterci i libri presi dalla mensola. Poi continua con i pezzi di un microscopio. Quel vecchio strumento era un gioiello di tecnologia, dieci anni prima. A quell'epoca era iniziato il suo lavoro nella base, insieme ai migliori biologi di tutta la russia. Erano tutti molto entusiasti, tranne quelli che erano stati portati li dal KGB e costretti con la forza a lavorare. Ma ormai è acqua passata. La base stava chiudendo perchè le erano stati tagliati i fondi. "Dannato Gorbaciov" pensava "dannato il suo pacifismo". Proprio in quei giorni stavano arrivando i risultati finali delle loro ricerche. Il primo neonato con il dna modificato era nato da una ragazza di Mosca, che si era fatta volontaria per l'impianto dell'embrione. Il neonato era in realtà una neonata, perchè erano necessari due cromosomi x per accogliere i nuovi geni. Sembrava sana e robusta, e nessuno sapeva quando si sarebbero manifestate le sue caratteristiche mutanti. Stefanof era in macchina. Aveva salutato tutti i suoi colleghi. "Speriamo che non finisca così..." "E' stato un grande lavoro..." "Arrivederci..." In realtà non rincontrerà nessuna di quelle persone. Le loro ricerche erano davvero troppo avanti, così la polizia segreta russa, il KGB, per evitare che le continuassero altrove li fece esiliare, arrestare, uccidere. Mosca, 2007 Natalia camminava in un piazzale affollato di studenti. Neanche lei sapeva perchè era diventata così. Aveva passato l'infanzia in un orfanotrofio, ma la sua vivace intelligenza le aveva fatto guadagnare delle borse di studio per le scuole superiori e l'università. Ma c'era qualcosa che non quadrava in lei: era troppo diversa dalle altre ragazze, più fisicamente che mentalmente. Per cominciare si sentiva ingombrante. Mentre camminava verso la facoltà di veterinaria i suoi due metri e 10 di altezza si facevano notare e attiravano molti sguardi. Era vestita con un maglione a collo alto, di lana rossa elasticizzata. Sotto aveva una tuta da ginnastica, un po' troppo stretta per le sue gambe. Era bionda, con un viso proporzionato e le labbra grosse e carnose. Non si truccava mai, non le sembrava utile: d'altra parte bastava il suo fisico incredibile per farsi notare. Effettivamente aveva un corpo straordinario: due spalle larghe e possenti, che terminavano nelle braccia grosse e sicuramente muscolose. Il maglione a stento conteneva le sue tette grosse come cocomeri. Quelle poppe titaniche non erano fasciate da un reggiseno (non ne facevano di cosi grandi) e minacciavano di strappare il tessuto elasticizzato, già sfibrato e teso al massimo. La maglia era un pò corta e faceva vedere una striscia di pelle sulla vita, chiara come quella di tutte le bionde ed incredibilmente levigata. La tuta era riempita da un culo largo e pesante, molto rialzato grazie ai possenti glutei, larghi ogniuno mezzo metro ed incredibilmente sodi. Quando camminava la contrazione alternata delle due chiappone mostrava a chiunque che quella ragazza era più forte di un cavallo. In mezzo alle coscie, ad un metro e 30 di altezza, una fica turgida e sicuramente profonda, si intravedeva bene fra il tessuto della tuta. Le sue gambe erano grosse come colonne, ricoperte di muscoli ma anche da un pò di grasso. Davano un'idea di potenza e femminilità insieme. Anche se erano davvero enormi. Passando per i corridoi dell'università Lomonosov quasi tutti i ragazzi la fissavano. Soprattutto, per paura di essere scoperti, le fissavano il culo.Una volta un ragazzo le aveva scattato una foto con il cellulare. Grave errore! Lei si era avvicinata, glielo aveva preso e, con una calma surreale, se lo era piazzato in mezzo ai glutei. Una sola contrazione e il sottile involucro di plastica del Nokia si era frantumato sotto la pressione di quei due muri di carne. Da allora la sua celebrità era cresciuta: la chiamavano Culo di Ferro. Arrivò nell'aula e si andò a sedere nell'ultima fila, dove le sedie disposte a semicerchio erano ancora libere. I suoi fianchi debordavano sulle sedie a fianco. Dopo pochi minuti l'aula si riempì completamente. I due ragazzi che le si erano seduti accanto toccavano i suoi fianchi. Dopo pochi minuti di attesa la lezione iniziò: "apparato riproduttore dei mammiferi". Un po' per l'argomento della lezione, un po' per il contatto inusuale, i due ai lati di Natalia sembravano in imbarazzo. Al che lei prende l'iniziativa. Senza indugio lei li solleva per le ascelle, uno per volta, e se li poggia sulle coscie. Poi contrae un quadricipide per volta e da il via ad un ridicolo saltellamento dei due ragazzi. I due non hanno nemmeno il tempo per assimilare la situazione che accade qualcosa di davvero inaspettato. Un colpo di fucile stese a terra il professore, contemporaneamente una decina di uomini si stava lanciando nell'aula dalla porta spalancata. Natalia li aveva riconosciuti, non ci si poteva sbagliare: erano dei terroristi ceceni, armati fino ai denti e sicuramente poco propensi a discutere. Gli studenti scrutavano le armi automatiche mentre camminavano verso il centro dell'aula. Era una stanza semicircolare, ricordava un po' il parlamento. Uno dei dieci sparò una raffica in aria, gettando calcinacci da tutte le parti. da continuare...