CATERINA: IL DUELLO Dopo quella sera non feci altro che pensare a Caterina, ovunque mi trovassi. Anche al lavoro, per esempio, il mio rendimento era parecchio sceso, tentavo di togliermela di mente, di non pensarci, ma sempre tornavo a lei. Come si faceva a non pensare ad una donna del genere? Certe volte mi sembrava di aver sognato tutto, anche i dolori erano scomparsi nel giro di una notte. Evidentemente sapeva come infliggere dolore senza provocare danni (anche perché se avesse voluto provocarli probabilmente non mi sarei più rialzato). Mi aveva lasciato il suo numero di telefono, ma io non la chiamai, forse nella speranza che lo facesse lei. E invece non chiamò. Ad un certo punto, incapace di trattenermi oltre, la chiamai a circa un mese di distanza da quella famosa sera. "Pronto?" mi rispose la sua ormai ben nota voce. Con il cuore in gola, mi identificai. Sentivo la sua voce più rilassata rispetto ad un mese fa, tanto che mi disse: "Come mai non mi ha più chiamato? L’ ho delusa?" disse ridendo. Altrettanto scherzosamente gli dissi che di trattamenti del genere me ne bastava uno ogni tanto. L’atmosfera era cordiale. Le chiesi cosa stesse facendo in quel periodo. "beh....è un po’ difficile da spiegare....diciamo che mi sto allenando....perché non viene una sera da me a prendere un caffè? Così le spiego tutto." Accettai al volo. L’idea di rivedere quella donna fantastica mi eccitava. Qualche sera dopo, avevo fatto i pochi km che ci separavano (abitava in un paese di fondovalle non distante), e mi trovavo sotto casa sua: una zona tranquilla di un piccolo paese. Nessuno per le strade. Da una finestra filtrava luce. Suonai e mi venne aperto. Una volta dentro il piccolo vestibolo, vidi che l’appartamento era immerso nel buio, tranne una soglia da cui filtrava luce e uno strano suono metallico, regolare. Dalla stanza sentii la sua voce. "venga, venga pure....e scusi il disordine". Mi portai sulla soglia della stanza e vidi che metà della casa era stata praticamente adibita a palestra: c’erano macchinari di tutti i tipi, compreso una panca regolabile per gli esercizi con le gambe, che Caterina utilizzava in quel momento. Era quasi eretta, e sollevava ritmicamente una piattaforma appoggiata sulle spalle, alzandosi sulle punte e facendo lavorare i polpacci. Mi ero dimenticato cosa volesse dire avercela davanti. Indossava un intero di colore blu che le lasciava scoperta la schiena, e nient’altro. Pareva al massimo dello sforzo: Pompava furiosamente coi polpacci, enormi e lucidi, e ad ogni colpo la struttura scricchiolava, sembrava voler andare in pezzi da un momento all’altro. Aumentava il ritmo delle alzate progressivamente, fino ad un livello che mi parve insostenibile: la velocità e la potenza erano spaventose, e per un attimo ebbi un brivido di paura. La sua schiena era totalmente lucida sotto un velo di sudore, e questo si raccoglieva come un rigagnolo nel solco della schiena. Finalmente il ritmo parve scemare e poi fermarsi. Lei scese e mi diede la mano: era ansimante ma non sembrava affaticata.....doveva possedere anche una resistenza prodigiosa. "Mi scusi qualche secondo?" mi disse indicando il bagno. "Ma certo" risposi. Vagando per la casa arrivai in corridoio. C’erano parecchie foto appese alle pareti....tutte foto di Caterina: le date in calce alle foto mi permisero di ricostruire il suo sviluppo agonistico. C’era una foto di sei anni prima, la Caterina che ricordavo. Le foto dei tre anni successivi non rivelavano niente di particolare se non una generale migliore tonicità. Tra il quarto ed il quinto anno era avvenuta la trasformazione: si era munita di almeno 15 chili di muscoli in più che prima non c’erano. Le foto successive erano fatte da un fotografo, evidentemente: c’era Caterina in posa, in costume, in abito da sera.....tutte fatte con l’evidente scopo di esaltare il cambiamento che era avvenuto. "Scusa.....mi potresti dare una mano?" la voce mi riscosse, e mi diressi verso la palestra. Filtrava luce da una stanzetta posta di fianco al locale. "Vieni pure....sono qui". Mi presentai sulla soglia, e lei era distesa su un lettino per massaggi, nuda e prona, con un flaconcino in mano. Il cuore mi si arrestò per un momento. "Saresti così gentile da spalmarmi dietro? Ci arrivo a fatica....". Senza voce, annuii e aprii il flacone. Appena le misi le mani sulla schiena ebbi un’erezione istantanea. Seguivo i solchi dei muscoli mentre spalmavo l’unguento, e mi sentivo in paradiso....arrivai ai glutei, che parevano fatti di marmo anche da rilassati, e ebbi paura a soffermarmici di più. Scesi, e quando arrivai alle gambe caddi in un vero e proprio deliquio...ricordo solo che facevo una certa fatica a maneggiare quelle enormi masse muscolari. "Però...che mano"mi disse lei, mentre mi sembrava di risvegliarmi da un sogno...e mi accorgevo di essere venuto nei pantaloni!!! Al colmo della vergogna, le chiesi dov’era il bagno e mi ci fiondai subito. Mentre mi pulivo alla bell’e meglio, pensai a che donna eccezionale fosse Caterina: riusciva a farmi venire senza neanche toccarmi!!! Quando uscii, lei stava versando il tè in salotto. Aveva indossato una vestaglia di un azzurrino satinato stretta in vita che non nascondeva assolutamente le poderose forme, mentre le sue gambe troneggiavano su un paio di ciabattine chiuse con tacco dello stesso colore. Mentre si sedeva dopo avermi versato il te, mi disse: "Se vuoi qualcosa di alcolico non fare complimenti, io non posso farti compagnia.........sai, gli allenamenti....". Colsi subito la palla al balzo chiedendo per cosa si stesse allenando. "Beh....diciamo che mi dedico ad uno sport di combattimento.....poco convenzionale: ci sono due lottatrici, un ring, e tempo infinito. E’ permesso tutto tranne morsi, cavarsi gli occhi e attaccare l’avversario a terra. Chi resta in piedi vince". Mi sogguardò da sopra la tazza di tè. Inutile dire che rimasi interdetto. "Ma....non è pericoloso?" chiesi incredulo. "Non più di altri sport, suppongo" rispose lei con un’alzata di spalle "E in ogni caso un medico è sempre presente.". "Ma perché non pratichi altre....discipline?". Lei sorrise "Non essendo esattamente....legale, la borsa è piuttosto consistente, così integro la pensione....devo mantenere mia figlia che studia in Inghilterra, sai.". "Ah.". Lei mi guardò per un attimo. "Tra un mese incontrerò la campionessa del circolo di lotta "Underground", e avrei bisogno di un secondo......qualcuno che mi aiuti negli allenamenti, solo il sabato e la domenica....te la senti? Ho notato che ti piace vedere che mi alleno". Era inutile negarlo. Il mio pomo d’adamo fece su e giù un paio di volte prima che dicessi: "Con piacere". Rivangammo ancora per un po’ i nostri ricordi di scuola, parlando di compiti in classe e interrogazioni, poi la salutai e mi ritrovai sotto le stelle eccitato come non mai, pronto a cominciare quella nuova avventura. Le settimane seguenti la aiutai tenendo i tempi, regolando gli attrezzi, osservandola mentre si allenava. Lei mi parve molto più aperta, man mano che passava il tempo, rispetto al nostro primo incontro. In breve diventammo amici. Infine arrivò la sera dell’incontro. Ero pronto già due ore prima che lei mi passasse a prendere (l’incontro era in uno scantinato segreto in un paesino vicino a casa mia), e appena arrivò ero già in macchina. Lei era vestita con un tailleur e nell’oscurità sembrava una normalissima ed elegante signora di mezza età. Mi disse che tutto andava bene, poi non parlammo più fino a destinazione. Scendemmo e ci infilammo in un vicolo fuori mano, fermandoci ad una porta del tutto insospettabile. Caterina bussò in codice, e la porta venne aperta da un giovane sui trent’anni, che la salutò per nome. Entrammo in un normale appartamento, e il giovane ci fece segno di seguirlo. Aprì la porta di quello che sembrava un normale sgabuzzino, e che invece conteneva una scala a chiocciola in discesa. Scendemmo per una decina di metri e ci trovammo in uno stretto corridoio illuminato. Ad un tratto Caterina prese una biforcazione "Io vado a cambiarmi...comincia pure a prendere posto. Vai sempre dritto". Arrivai così ad una vasta sala sotterranea, molto fredda. Una serie di gradinate digradavano verso il centro delimitando uno spazio pavimentato in tartan di almeno 10x10 m, che doveva essere il ring. Era separato dalle gradinate da una semplice ringhiera imbottita. Le combattenti sarebbero state veramente a pochi centimetri dal pubblico. La sala era ancora parzialmente vuota, gli spettatori si riunivano in capannelli. Tra la gente riconobbi parecchie persone insospettabili. Evidentemente l’incontro era ancora di là da venire, così passeggiai per un po’. Giunto all’intersezione dove avevo lasciato Caterina, un suono soffocato attirò la mia attenzione. Pareva venire dalla parte opposta del corridoio che aveva imboccato prima. Giunsi ad una porticina socchiusa da cui filtrava un po’ di luce. Non resistetti e buttai lo sguardo. Vidi una donna sui quarant’anni, con una gran massa di capelli castano-grigi a boccoli, lineamenti molto affilati, trucco pesante sugli occhi, ed eye-liner che esaltava un paio di profondissimi occhi neri. Non ebbi nessun dubbio che dovesse essere l’avversaria di Caterina. Stava sollevando ritmicamente un paio di manubri veramente enormi, facendo risaltare i bicipiti più tremendi che avessi visto in vita mia. Erano grandi, certo, ma anche estremamente definiti e lucidi, ed inoltre erano percorsi da una rete di impressionanti vene in rilievo. Indossava un vestito bianco lungo fino a metà polpaccio con due spacchi abissali, mentre le spalline si annodavano dietro la nuca. Il vestito aveva una scollatura che non nascondeva due grandi seni sostenuti da pettorali poderosi. Le gambe chilometriche non erano ipertrofiche ma sembravano molto forti, pur terminando con caviglie molto sottili. L’ impressione che ebbi fu subito di estrema potenza, e non mi sbagliavo......anche a distanza di anni quella donna rimase l’unica in grado di avvicinarsi a Caterina in termini di pura forza fisica. Sgattaiolai via dal corridoio proprio mentre si appendeva ai tubi dello spogliatoio e si tirava su di spalle, mettendo in mostra una schiena non meno impressionante del resto. Raggiunsi lo spogliatoio di Caterina ed entrai trafelato. Lei stava preparando la sua roba e vide che ero parecchio agitato. "Ho visto la tua avversaria........sembra molto forte" dissi. "E lo è!" mi confermò con una alzata di spalle "pensa che ha disputato finora 36 incontri e li ha vinti tutti entro due minuti"continuò. "Si dice che durante un viaggio in oriente abbia ucciso a mani nude un lottatore di sumo di 250 chili, e da allora è stata soprannominata "Maglio" per la potenza dei pugni.". Io esitai "Sono preoccupato per te.", mi venne di impulso. Lei mi si avvicinò e mi diede un bacio sulla guancia "la distruggo." mi rassicurò "ora vai, devo cambiarmi"; mi avviai così verso la sala centrale. Era già quasi piena di gente seduta, non restavano che pochi posti a sedere. Qualche spettatore si tratteneva ancora con gli allibratori. Mi sedetti in un posto nella fila dinanzi, a pochi centimetri dal ring, mentre il cuore mi batteva all’impazzata. Un improvviso mormorio tra la folla seguito da un applauso introdusse le due contendenti. Caterina era davvero spettacolare: indossava un costume intero color lillà, con una striscia centrale di 10 cm di larghezza di un materiale trasparente scuro, in modo che si vedesse la parte interna dei seni e dei pettorali e l’addome cesellato. Ai piedi aveva un paio di sandali con listini di brillanti che sfavillavano, con tacco altissimo, circa 15 cm. Era perfettamente truccata e le unghie di mani e piedi erano laccate rosso fuoco. A completare il tutto un paio di orecchini di perle. I muscoli erano già lucidi e veramente impressionanti. Elegantissima e letale al tempo stesso. L’avversaria si presentava con lo stesso look che avevo visto nello spogliatoio, ed era altrettanto impressionante. Le due si posero ai lati opposti del ring e al centro avanzò lo speaker col microfono. "Benvenuti signore e signori! Stasera sfida per il titolo di campionessa di lotta totale del circolo. Alla mia destra, 165 cm per 67 kg di peso, 55 anni di età........Caterina S.!!!!". L’applauso del pubblico venne spontaneo mentre Caterina salutava a due mani e io mi sgolavo ad incitarla. "Alla mia sinistra la campionessa assoluta, 175 cm per 70 kg di peso, 41 anni di età......Octavia "Maglio" A.!!!!!!". Un boato si levò dal pubblico assieme a grida come "Smontala!", "Distruggila!!", mentre la campionessa si produceva in una posa di bicipite spaventosa. Sotto lo sguardo attento dello speaker le due si avvicinarono guardandosi negli occhi. Caterina concedeva all’avversaria almeno 10 centimetri, ma sostenne lo sguardo con fierezza. Dopo essersi date la mano le combattenti si disposero a pochi metri una dall’altra, pronte a cominciare. Tutte e due fremevano caricandosi e contraendo i muscoli per impressionare l’altra. Forse Caterina era leggermente più possente, ma tutte e due le donne possedevano sicuramente una potenza fisica devastante. Ci fu un attimo di silenzio mozzafiato, poi il gong fatale risuonò per tutto il locale. Il pubblico cominciò ad urlare e ad incitare, mentre le due si giravano intorno ondeggiando sui tacchi, pronte a scaricare la loro incredibile forza. Octavia tentò un paio di colpi in allungo per saggiare la difesa di Caterina, che si infransero senza alcun danno. Caterina invece tentava di ridurre la distanza per poter penetrare la guardia di Octavia. Il primo vero attacco lo sferrò Octavia, tentando un calcio fulmineo al capo di Caterina, che parò appena in tempo col braccio, mentre la violenza del colpo le piegò un ginocchio. Con un balzo indietro si rimise subito in guardia. Octavia, galvanizzata, ruppe gli indugi: accorciò la distanza per scaricare i suoi pugni sull’avversaria. Ma Caterina non era un’avversaria come le altre.....prese la rincorsa e saltò altissimo, atterrando come un ciclone con tacchi e suole sul petto dell’avversaria, scaraventandola indietro di buoni tre metri. Il pubblico ammutolì. Di solito erano abituati a vedere Octavia avanzare senza paura spazzando via qualsiasi avversaria in pochi minuti. Ora non solo era a terra, ma si vedeva che era in difficoltà, tanto che si rialzò a fatica. Il viso contorto in una smorfia di sofferenza e una zona bluastra nel punto d’impatto testimoniavano che aveva accusato il colpo. Caterina urlò selvaggiamente la sua esultanza per atterrire l’avversaria. Ma questa era troppo avvezza ai combattimenti per farsi impressionare; avanzò di nuovo, stavolta con la guardia bene alzata, e cominciò ad esplodere i suoi pugni. Caterina si difendeva ordinatamente, ma era costretta ad indietreggiare, e comunque la potenza di Octavia si faceva sentire sulla sua difesa. Caterina non riusciva a rispondere: l’allungo di Octavia la teneva lontana, e lei non riusciva ad arrivare all’avversaria a causa delle braccia più corte. Tentò un avvicinamento, ma il destro dell’avversaria, sebbene non potente, la scaraventò alle corde. Caterina riuscì a schivare un tremendo destro, ma il successivo sinistro si infranse sulla sua faccia, facendo schizzare il sangue: la mia amica non cadde ma scivolò sulle ginocchia. Poi, la guancia destra tumefatta e un filo di sangue alla bocca, lentamente si rialzò, ma aveva subito un duro colpo. Caterina decise di far leva sulla sua straordinaria agilità, schivando un destro, cingendo fulmineamente la vita di Octavia da dietro, e sollevandola come un fuscello. Poi si inarcò violentemente all’indietro, scaraventando l’avversaria a terra e facendole sbattere il capo con violenza inaudita. Octavia stramazzò al suolo tenendosi la testa che aveva subito un colpo terribile. Con estrema difficoltà si alzò prima che scoccassero i dieci secondi, ma si vedeva che era in grave pericolo: barcollava e aveva lo sguardo vitreo. Caterina si scaraventò sull’avversaria con una tempesta di colpi. Questa, per ripararsi il capo, lasciò scoperto l’addome e fu proprio lì che i pugni di Caterina colpirono: tre potenti martellate al ventre, che gli addominali di Octavia non riuscirono ad arrestare del tutto. La detentrice del titolo cadde in ginocchio, ma con un guizzo da vera campionessa riuscì ad assestare un fulmineo destro al petto di Caterina, che rimase senza fiato. Superando il lancinante dolore, Octavia afferrò Caterina e la scaraventò con la testa contro il montante d’angolo della ringhiera più e più volte. La potenza fu tale che all’ improvviso il capo della sfidante svelse il palo imbottito, poi Octavia venne di nuovo sopraffatta dal dolore e cadde a terra. Caterina invece era rimasta stordita dalla violenza dei colpi contro il palo e cadde a terra urlando di dolore anche lei. Le due tentavano disperatamente di alzarsi prima dell’avversaria, ma gli ultimi colpi erano stati veramente devastanti. Le due si trascinavano penosamente verso la ringhiera per tentare di rialzarsi. Il pubblico era al massimo dell’eccitazione: lo scontro titanico tra le due colosse non aveva ancora emesso il suo verdetto. Chi incitava una, chi l’altra. Visto il valore di Caterina il pubblico era ora equamente diviso tra le due contendenti. La prima a rialzarsi fu Caterina. Si avvicinò faticosamente all’avversaria e tentò di circondarle la vita con le gambe. L’intento era evidente: se fosse riuscita a intrappolare l’avversaria tra le gambe, questa non avrebbe più avuto scampo. Octavia intuì il pericolo e fece in tempo a inserire le mani tra il suo tronco e le gambe che ormai l’avviluppavano. Ora erano le gambe di Caterina contro le braccia di Octavia: un duello di pura, semplice e dirompente potenza. Octavia, a costo di uno sforzo supremo, urlando per lo sforzo, riuscì ad allontanare le gambe dal suo tronco di qualche centimetro. In risposta l’altra applicò tutta la forza di cui ancora disponeva. Ora le due sembravano immobili, ma ognuna faceva una fatica bestiale per contrastare l’altra. I muscoli erano tesissimi, gli abiti intrisi di sudore, le due erano al massimo di quello che potevano dare, ma nessuna prevaleva. Le gambe di Caterina le avevo già viste in azione ed erano spaventose al massimo della loro potenza, ma anche l’altra aveva due stantuffi idraulici al posto delle braccia, e dei pettorali rocciosissimi. Visto lo stallo, Caterina si rialzò lasciando andare l’avversaria. Le due tornarono a contatto presto. Ora l’incontro si era fatto veramente brutale: non avendo più la lucidità per puntare sui rispettivi punti di forza le due si affrontavano a viso aperto, combattendo solo più di potenza. Colpi che avrebbero sfondato un muro si abbattevano su braccia, gambe, spalle, fianchi. Nel silenzio assoluto si sentivano solo i suoni secchi dei colpi contro i corpi e i versi delle contendenti. Il pubblico era ammutolito e con il fiato mozzo. Ormai l’incontro si protraeva da almeno un quarto d’ora, e le due avevano già subito una quantità di ferite che avrebbe abbattuto un rinoceronte, ma continuavano orgogliosamente a massacrarsi a vicenda. Tuttavia, la giovane età di Octavia rispetto alla mia ex professoressa cominciava a farsi sentire. Caterina ansimava vistosamente e indietreggiava, mentre l’avversaria raddoppiava lo sforzo. Ora Caterina era veramente sfinita e si difendeva solo più, e fu presto chiusa in un angolo. I pugni di Octavia, come veri e propri arieti, smontavano poco a poco la difesa di Caterina. Alla fine, un sinistro spazzò via la difesa delle braccia, e il destro più potente che avessi mai visto colpì la mia amica all’addome. Caterina tentò di assorbire contraendo gli addominali, ma il pugno li penetrò facilmente devastando il ventre. La potenza fu tale che il colpo sollevò la professoressa di almeno dieci centimetri dal suolo. Si accasciò penosamente a terra schiumando dalla bocca, e io distolsi lo sguardo, pensando che non si sarebbe mai ripresa dal colpo. Octavia si appoggiò per un attimo alle corde, poi, con passo malfermo, si diresse verso l’avversaria che tentava invano di rialzarsi. Fu un attimo: appena Octavia fu a tiro, Caterina, tirando fuori energie chissà da dove, esplose un destro potentissimo al volto dell’avversaria, che non se lo aspettava. Fu un colpo veramente terrificante: fece volare via il paradenti ad Octavia, insieme ad una scia di sangue. Chi era in prima fila fu investito da una pioggia del liquido caldo, mentre la vittima si voltò su se stessa per la potenza del colpo, rigirò gli occhi e si abbattè a terra. E li rimase, immobile. Caterina tentò con sforzi sovrumani di rimanere in piedi, mentre il pubblico scandiva il tempo. Ma i colpi subiti erano troppo duri. Si lasciò scivolare anche lei e chiuse gli occhi, ansimando. I dieci secondi erano scaduti con tutte e due a terra: tutte e due erano campionesse. Il ring conteneva solo le due distese e numerose macchie di sangue sul pavimento. Era stato veramente un incontro durissimo. Mi precipitai su Caterina e la chiamai. Lei aprì gli occhi e farfugliò qualcosa, così le spruzzai dell’acqua e, siccome non poteva camminare, raccolsi i suoi 67 chili di muscoli e mi avviai verso lo spogliatoio: aveva ecchimosi e lividi dappertutto, perdeva sangue dalla bocca e dal sopracciglio e aveva la guancia sinistra completamente tumefatta. A parte questo i danni erano minori del previsto: il medico riscontrò un paio di costole incrinate e una piccola frattura della clavicola. Mentre la portavo via vidi Octavia che era stata messa in barella col respiratore: aveva l’occhio sinistro completamente chiuso e gonfio, ferite ovunque ed era incosciente: sebbene non fosse in pericolo di vita aveva la mascella frantumata e un serio trauma cranico, oltre a tre costole rotte. D’altronde chiunque altro al posto di Octavia sarebbe morto sul colpo per il pugno di Caterina...... Portai Caterina nello spogliatoio e la medicai sommariamente. Ora sembrava essersi un po’ ripresa. "Come sono andata?" mi chiese sorridendo debolmente. Io mi ero innamorato profondamente di quella donna, della sua forza fisica impossibile, della sua fierezza e del suo coraggio da leonessa. "Sei stata stupenda" risposi. Poi, prendendo il coraggio a due mani: "Vuoi sposarmi, Caterina?". Lei mi guardò un attimo, sorrise e disse "Potrei essere tua madre.....". "Non mi importa". La mia decisione la fece diventare seria. "Devo andare negli Stati Uniti per imparare nuovi metodi di allenamento. La prossima volta voglio essere l’unica vincitrice". "Benissimo! Vengo anch’io". Lei mi guardò per quella che sembrò un’eternità, poi si alzò, mi aprì la zip, si tolse i tacchi altissimi, e cominciò a massaggiarmi dolcemente il pene con i piedi. Io non ero mai stato così felice: avrei passato la mia vita al fianco di quella donna stupefacente. Alla fine venni come una fontana e le inondai i piedi. Quella notte facemmo l’amore per la prima volta.