Caterina la Tigre Era un’estate di qualche anno fa, calda e afosa, cominciata come tutte le estati fino allora. Nulla poteva farmi presagire che quella sarebbe stata l’estate della svolta, la più importante della mia vita. Avevo preso la laurea da poco tempo ed ero andato ad abitare da solo in un piccolo paesino di montagna, in modo da essere più vicino al mio posto di lavoro. In ogni caso avevo mantenuto i contatti con i miei amici e continuavo a frequentarli. Una sera di fine giugno, non avendo altro da fare, stavo navigando distrattamente nella rete, quando capitai su un sito particolare: conteneva un database di donne lottatrici disposte ad incontri misti con i clienti del sito. Il sito provvedeva a mettere in contatto il cliente con la lottatrice prescelta in modo che si potessero organizzare, il pagamento avveniva poi in seguito all’incontro e la lottatrice provvedeva a versare una percentuale al sito. Fin qui niente di strano, siti come quelli ne avevo già visti.......ma un particolare attirò la mia attenzione: tutte le lottatrici avevano una età compresa tra i venti e i trentasette anni, tranne una cui erano attribuiti cinquantacinque anni! Incuriosito dall’età, nonché dal fatto che avevo sempre apprezzato e fantasticato donne muscolose e dominatrici, cliccai sulla scheda di Caterina S. , questo il nome della veterana. Ci misi un po’ di tempo, mentre scorrevo la scheda ed aumentava il mio stupore, ad accettare il fatto che quella donna, la conoscevo! Era rimasta uguale a sei anni prima, quindi non c’erano più dubbi: era la mia ex insegnante di Lettere durante l’ultimo anno di liceo! Rimasi di stucco. La tariffa era nella media del sito, strano. Subito mi prese il violentissimo desiderio di vederla e verificare con i miei occhi la sua nuova carriera. Scrissi la mail di richiesta di contatto della numero dodici al sito ansimando, poi spensi il computer. Dopo che mi fui calmato cominciai a pensare. Non poteva essere la stessa persona che avevo conosciuto anni fa: una normale insegnante di lettere, 49 anni, media corporatura, capelli bruni mossi non lunghi, naso aquilino, labbra sottili, bei fianchi ma nulla di più. Sempre classica nel vestire, mai gonne sopra il ginocchio e scarpe con tacco molto basso. Anche il carattere era in linea con la figura: mai autoritaria, gentile, comprensiva, quasi materna. Una persona che passava abbastanza inosservata. Pensai di essermi sbagliato e andai a letto: non poteva essere lei. Ma nel dormiveglia non potei fare a meno di fantasticare su quale incredibile amazzone potesse essere diventata, che la parte logica di me rifiutava. Passarono quasi due settimane e, oberato dal lavoro, mi dimenticai completamente della faccenda. Un lunedì sera di inizio luglio risposi al telefono, pensando di parlare con qualche mio amico. Invece una voce femminile ormai sconosciuta mi chiese: "Buonasera, è lei il signore che ha scritto al sito chiedendo di Caterina S:? Sono io." Rimasi veramente interdetto, e ci misi qualche tempo a ricostruire la faccenda, che mi era completamente uscita di mente. Finalmente le risposi e le dissi chi ero, cercando di farla ricordare. Li per li lei non mi riconobbe, ma dopo che ebbe ricordato la classe, mi disse: "Ah, ma certo....certo!.....La quinta B, ricordo......come sta?". Quella voce mi ricordò atmosfere di sei anni fa. Parlammo qualche minuto, del fatto che mi ero laureato, che lei si era licenziata e via discorrendo. Infine, prendendo il coraggio a due mani, le chiesi come mai facesse un’attività così.......insolita. Lei si schermì e mi disse che, insomma, era una cosa così, senza impegno, per provare (e fece morire il discorso). Seguì un silenzio imbarazzante, poi dissi: "Io.....non so....". E lei: "vuole.......provare?...." disse con voce tremante. Io dissi che l’avevo contattata per curiosità, ma se avesse voluto venire una sera, per fare due chiacchiere, poi........"Ma certo.....poi.....se vuole....è un lavoro...." disse. Prendemmo appuntamento per il sabato sera successivo a casa mia, e le diedi le indicazioni per trovarmi. Prima di riappendere mi disse: " Ah, solo per informarla, io non......faccio servizi....al di fuori di quelli indicati dal sito...mi capisce.....". " Ma certo." dissi arrossendo violentemente e posando la cornetta. Durante tutta la settimana mi convinsi che fosse una cosa non troppo importante, per darmi un tono con me stesso. Invece ogni volta mi trovavo a pensare all’incontro e a scandire le ore che mi separavano da esso, in preda ad una eccitazione sempre maggiore. Le donne forti mi avevano sempre eccitato, non c’era nulla da fare. Arrivò finalmente il sabato. Trascorsi la giornata giochicchiando con i gatti, pulendo casa, tutto ciò che poteva distrarmi la mente lo facevo. Cercavo di non pensare, di non immaginare nulla. Probabilmente avevo paura di restare deluso. Alle nove mi infilai sotto la doccia e poi mi vestii, non troppo elegante ne casual. Dalle dieci meno un quarto scrutai dalla finestra di casa cercando due fari che squarciassero la notte. Poco traffico si dirigeva verso il paese, e io le avevo detto di parcheggiare sotto casa mia, visto che i miei vicini immediati erano presenti solo ad Agosto. All’ improvviso, alle dieci e cinque, quando mi stavo già chiedendo se sarebbe venuta, due fari svoltarono nella via, e una Punto scura si fermò sotto casa mia. Scese una figura che non riuscii ad individuare, e il cuore mi balzò in gola quando squillò il citofono. Risposi tremante. "Chi è?". La voce ormai nota mi rispose: " Sono Caterina....". Cercai inutilmente di calmarmi mentre saliva le scale. Quando suonò alla porta feci un profondo respiro, e tirai la maniglia. Nella penombra dell’androne non la distinsi chiaramente, ma l’insieme non mi sembrava per niente cambiato. La feci entrare nel vestibolo e ci demmo la mano. Vedendo la sua figura mi calmai, ma non nascondo di essere rimasto abbastanza deluso, anche se c’era qualcosa che mi suonava strano,in lei, ma non sapevo dire cosa. La feci accomodare sul divano, mentre io servivo il caffè. IL salotto era illuminato e potei distinguerla più chiaramente. Ora capii cosa mi era suonato strano. Lei era quella di sempre, poco vistosa, indossava un tailleur di cotone color amaranto (anche se la stagione era piuttosto calda), aveva un piccolo filo di perle al collo e pochi anelli, e la stessa acconciatura di una volta. Ma era cambiato qualche particolare: il suo portamento, una volta chiuso e incassato, era ora dritto e fiero. Portava un paio di scarpe chiuse dello stesso colore del tailleur, con almeno nove centimetri di tacco, incredibile! Pareva camminare disinvolta. Inoltre la gonna era notevolmente più corta di quanto mi ricordassi, quasi una mini. A parte questo sembrava la stessa di sempre. Dopo qualche convenevole cominciammo a parlare del più e del meno. Anche il suo carattere era rimasto lo stesso, sempre gentile, mai brusca, accondiscendente. Ormai l’incontro aveva perso quasi tutto il suo interesse, per me. Finché non guardai un particolare che fino allora non avevo notato: le sue gambe. Portava un paio di collant leggermente bronzati, e le aveva accavallate. Pian piano mi resi conto, e stentavo a credere ai miei occhi. Per descrivere quelle gambe c’è un solo aggettivo: monumentali. Non erano particolarmente lunghe, ma erano incredibili. Poco sopra la caviglia si sviluppavano un paio di polpacci ENORMI e guizzanti, che dovevano essere duri come la roccia. Le cosce presentavano dei quadricipiti che definire esplosivi è riduttivo: erano delle meraviglie, la circonferenza assurda. Mentre parlavamo lei le muoveva e le riaccavallava, stirandole e spremendole, in modo che i muscoli si dispiegassero in un assaggio di incredibile potenza. Mai avrei creduto che due colonne greche del genere potessero appartenere proprio a LEI!!! Ma era così, erano enormi ma infinitamente armoniose, ogni volta che le muoveva parevano voler esplodere fuori dai collant, che sembravano riuscire a malapena a contenere quei muscoli straripanti. Senza accorgermene il mio membro era gonfiato a dismisura, e strusciava dolorosamente contro la stoffa dei pantaloni. Ma non riuscivo a distogliere lo sguardo da quelle gambe poderose, che probabilmente sarebbero riuscite a stritolare e a devastare qualunque cosa, se solo lei lo avesse voluto. Lei se ne accorse, e smise di parlare. Io la guardai meravigliato, non avevo aperto bocca da dieci minuti. Lei sorrise e disse, un po’ imbarazzata: "Sì, hai ragione, sono un po’ cambiata dall’ ultima volta......" Riuscii solo allora a spiaccicare un "Ma come!....". Mi disse che la mia classe era stata l’ultima, poi era andata in pensione. Quella stessa estate aveva avuto un grave incidente, era rimasta investita ed aveva rischiato la paralisi delle gambe. Era riuscita ad uscirne e aveva cominciato a frequentare una palestra per la riabilitazione, cominciando ad allenarsi coi pesi. Scoprì che non solo aveva recuperato la forma di prima, ma si sentiva più tonica, scattante, potente. Dopo qualche mese divorziò dal marito e si gettò a capofitto negli allenamenti, che ormai erano la sua sola ragione di vita. Mi guardò sottecchi, poi, tremante, disse: "vuoi vedere il risultato di cinque anni di allenamento?". Ebbi appena la forza di annuire. Si alzò, si slacciò i bottoni del tailleur e si tolse la giacca. Avevo il cuore in gola. Sotto aveva un top amaranto con risvolti, che le si allacciava dietro la nuca e dietro la schiena con un semplice laccio. I seni erano grandi e sostenuti da un paio di pettorali definitissimi. Gli addominali risaltavano come una scacchiera, sembravano scolpiti nell’adamantio. Vincendo la timidezza, mi guardò ed esplose, letteralmente esplose in un doppia posa di bicipiti. Erano non eccessivamente grandi, ma si distaccavano nettamente dalle spalle, sembravano due palle da baseball o due pagnotte sotto pelle. Gli avambracci erano molto vascolarizzati e sembravano durissimi. Le spalle erano due colline frementi, e il collo spioveva su di loro in modo divino, incarnazione della potenza. Aveva dei fianchi poderosi, che si indovinavano sotto la gonna. Si girò e tese ogni singolo muscolo della schiena, non amplissima, ma definita in ogni muscolo, quasi fosse un trattato di anatomia, e divisa in basso da un solco pronunciatissimo, segno di una forza raramente associabile ad un corpo femminile. Più che la definizione dei singoli gruppi muscolari, mi colpì la sensazione che il suo corpo fosse scolpito in un blocco di granito, che nulla avesse potuto scalfirla, e che avrebbe potuto fermare un treno in corsa con la sola potenza dei suoi addominali. Se la parte superiore era impressionante, le gambe superavano ogni limite: si era tolta i collant e le mostrava nude. Quando si rizzò sulle punte e gonfiò i polpacci, quasi svenni. Pura dinamite fatta muscolo. Ero quasi sicuro di avere davanti a me la donna più potente del mondo. Finì la sua esibizione e mi chiese: "Che ne dici?", con quella vocina timida e afona. Io non mi capacitavo ancora che una donna di cinquantacinque anni potesse avere tutti quei muscoli potentissimi, quel corpo atomico. Lei si mise a spalle la giacca del tailleur e si sedette. Mormorò qualcosa tipo: "scusami, fa così freddo, quassù". Io riuscii finalmente a dire "Sei stupenda!" senza staccarle gli occhi di dosso. Lei mi guardò a lungo, si prese la faccia tra le mani, e pianse....... Cercai imbarazzato un fazzoletto e mi sedetti accanto a lei. Tra un singhiozzo e l’altro mi raccontò che il periodo dopo l’incidente era stato il più brutto della sua vita. Aveva iniziato ad allenarsi seriamente, ma il marito non approvava e aveva rotto. Lei si era buttata a capofitto negli allenamenti per non pensare ad altro. "Ma la sera, a letto, massacrata dal lavoro in palestra non riuscivo quasi a muovermi.........e mi sembrava che le pareti si stringessero per soffocarmi...." Mi appoggiò la tasta sulle spalle e pianse a lungo senza dire una parola. Io l’avevo tra le braccia e sentivo la forza dei suoi muscoli, ed ero al massimo dell’eccitazione. Si calmò un poco e disse ancora: "Ora ho trovato un equilibrio, ma ogni tanto sento ancora quel vuoto.....". Mi guardò e mi sorrise. "ma non ti voglio annoiare......allora, vogliamo provare?". Si alzò e si tolse la giacca, e mi balzò il cuore in gola a rivedere il suo fisico. Come ipnotizzato spostai le poltrone, poi lei si mise davanti a me: non c’era più traccia di lacrime, ma solo uno sguardo determinato. Mi afferrò le mani e cominciammo una prova di forza. Mi fu subito chiaro che non avrei potuto contrastarla. Le mie mani scricchiolarono dentro le sue e fui costretto a piegare le ginocchia con un gemito. Con grande rapidità si portò alle mie spalle e mi strinse le braccia attorno alla vita, poi mi sollevò da terra come se non avessi peso. La stretta era veramente poderosa, e mi strappò qualche gemito. Tentai invano di allentarla, ma appena toccai quelle braccia di acciaio fu subito chiaro che non avrei potuto farcela. Ora la stretta era veramente dolorosa, e non riuscivo quasi a respirare. Fui colto dal panico e mi agitai in tutti i modi, ma la forza di Caterina era immensamente superiore alla mia, e alla fine mi abbandonai. Stavo per perdere conoscenza, quando lei mi posò a terra. Caddi in ginocchio tenendomi l’addome, mentre a fatica tentavo di respirare. Ma lei mi fu subito sopra, sedendosi sulla mia schiena, mentre mi teneva il busto sollevatola terra tirandomi il mento verso l’alto con forza strepitosa. Vedevo solo i suoi polpacci tremendi che pompavano e a ogni colpo era un dolore terribile. Finalmente finì anche quella tortura, ma lei non mi lasciò le braccia, anzi, me le torse dietro la schiena e mi mise un piede tra le scapole. Con il piede spingeva, mentre mi tirava le braccia. Sentivo il tacco e la punta della scarpa che mi penetravano nella carne, mentre applicava una forza tale che pensavo mi avrebbe staccato le braccia. Urlai: "basta......basta!!! Risparmiami!" ma ero penosamente consapevole che non stesse applicano che poca della sua sconfinata potenza. Mi lasciò andare e io mi afflosciai al suolo, senza più volontà, quando lei mi mise una mano sullo stomaco e, senza il minimo sforzo, con un solo braccio, mi sollevò da terra sopra la sua testa. 85 kg con un solo braccio! Mi rendevo conto di essere completamente in balia della sua volontà, e questo non faceva che eccitarmi di più. Da lassù vedevo le sue potenti spalle, la schiena luccicante di sudore, i muscoli frementi delle sue gambe, e il durissimo bicipite che aveva contratto in segno di assoluta superiorità. Ad un tratto mi ritrovai schiantato per terra, con le sue gambe che, come mortali boa, si stringevano attorno al mio torace. La pressione saliva inesorabilmente, mentre le mie costole cominciavano a scricchiolare. Mai avrei creduto di subire una tortura del genere. Se avesse esercitato fino in fondo la stretta delle gambe, mi avrebbe ridotto ad un ammasso informe di carne ed ossa. Alla fine la pressione pian piano si allentò e mi liberò. Si alzò e si mise in piedi di fronte a me. Io mi trascinai fino a lei, le abbracciai le fantastiche gambe e cominciai a baciarle i piedi e leccarle le scarpe, totalmente dominato da quella donna di oltre cinquant’anni che avrebbe potuto uccidermi con la sola forza delle sue braccia. Poi mi accasciai supino senza parole. Con mia somma sorpresa sentii lei che armeggiava con i miei pantaloni. "ma non avevi detto che non...." "Shhhhhhh...." Disse lei, dolcemente. Il mio membro , al massimo dell’erezione, sgusciò fuori enorme dai pantaloni. Lei cominciò a manipolarlo con dolcezza e forza insieme. In quel momento ero in paradiso. Infine girai lo sguardo e vidi nuovamente le sue gambe. In quel momento venni in modo esplosivo. Mai avrei pensato di poter produrre tanto liquido seminale. Lei si alzò e mi disse: "Ricordati di non farmi mai arrabbiare". "Me ne guardo bene.... sei potentissima" Risposi con un filo di voce. L’ ultimo ricordo di quella sera sono i suoi polpacci che si contraevano ritmicamente mentre lei si allontanava. Poi il mio pensiero volò in quelle regioni dove gioia e sofferenza sono la stessa cosa, e il dolore è il vino del godimento. Mi svegliai il giorno successivo sul divano di casa, e a tutta prima mi chiesi se avessi sognato. Ma il dolore in tutto il corpo che avvertivo come se fossi stato investito da una mandria di bufali mi riportò alla realtà. Mi alzai a fatica e mi diressi verso il bagno. Sul tavolo c’era un bigliettino che lei mi aveva lasciato. C’era un numero di telefono. Luc